Biografie di personaggi famosi e storici nato il 19 ottobre


Biografie di personaggi famosi e storici

Biografie di personaggi famosi nella storia e celebrità nate il 19 ottobre

Sommario:

1. Luigi Albertini
2. Umberto Boccioni
3. Marsilio Ficino
4. Dario Franceschini
5. John Le Carré
6. Vasco Pratolini
7. Carlo Urbani

1. Biografia di Luigi Albertini

Colonna del “Corriere”
19 ottobre 1871
29 dicembre 1941

Chi è Luigi Albertini?


Luigi Albertini nasce ad Ancona il 19 ottobre 1871. Giovane studente in giurisprudenza, prima a Bologna e poi a Torino - dove conosce e frequenta Luigi Einaudi, Saverio Nitti, Luigi Roux - manifesta già un forte interesse per le scienze sociali ed economiche ed una passione per il giornalismo. Quest'ultima lo porta, nel 1896, dopo una breve permanenza a Londra, al "Corriere della Sera", chiamato dal proprietario Torelli Viollier - l'altro socio comproprietario è l'imprenditore Crespi - che inventa per lui il ruolo di "segretario di redazione", ed egli non tarda a farsi apprezzare.

All'inizio del 1900 è nominato direttore amministrativo e, dopo la morte di Torelli Viollier, avvenuta il 26 aprile, la proprietà gli affida il prestigioso ruolo di direttore responsabile e, implicitamente, quello di direttore politico, in precedenza detenuto dal socio deceduto.

Luigi Albertini imprime al giornale una chiara impronta liberal-conservatrice divenendo un feroce oppositore di Giovanni Giolitti, al quale addebita la responsabilità di una classe politica eticamente biasimevole ed uno scarsissimo interesse per le regioni del Mezzogiorno.

Con la società "Luigi Albertini e C." rileva una quota della proprietà della testata, in un momento di forte crisi di vendite e, entro pochi anni, raddoppia le copie e supera di molto il concorrente storico "Il Secolo". Nasce nel 1899 la gloriosa "Domenica del Corriere". Conserva la guida del "Corriere" per venti anni, trasformandolo in una delle testate più prestigiose d'Europa.

Nominato senatore nel 1914 prende posizione a sostegno dell'intervento bellico, avviando una campagna in tal senso anche dalle pagine del suo giornale. In seguito a nuovi impegni legati alla carica politica nel 1921 affida il giornale al fratello Alberto.

Inizialmente favorevole al Fascismo ne prende subito dopo, e fermamente, le distanze, tanto da essere indotto, in seguito alle pressioni ed intimidazioni sempre più frequenti del regime, ad abbandonare ogni attività e ritirarsi a vita privata, conservando però, per ancora quattro anni, la carica di senatore.

Approfittando della sua condizione di debolezza i Crespi riescono ad acquisire le sue quote di proprietà, estromettendolo del tutto dal giornale.

Negli anni che seguono Albertini si dedica, con ottimi risultati, all'agricoltura, e comincia ad affidare alla penna la sua ventennale esperienza politica. Compone due imponenti opere, entrambe pubblicate dopo la morte: "Le origini della guerra del 1914", in tre volumi, e "Venti anni di vita politica, 1898-1918", in cinque volumi.

Luigi Albertini si spegne all'età di 70 anni, a Roma, il 29 dicembre 1941. Fra le altre opere di Luigi Albertini si ricorda "La questione delle 8 ore di lavoro", del 1894. Altre raccolte di scritti, discorsi e lettere sono uscite postume.

2. Biografia di Umberto Boccioni

Avanguardia dinamica
19 ottobre 1882
17 agosto 1916

Chi è Umberto Boccioni?


Umberto Boccioni, pittore, scultore futurista ed inventore del Dinamismo Plastico, è stato il teorico ed il principale esponente del movimento futurista, nonché maggior esponente dell'arte futurista meridionale italiana. Nasce a Reggio Calabria il 19 ottobre 1882 da Raffaele Boccioni e Cecilia Forlani, genitori romagnoli trasferitisi in Calabria. Trascorre l'infanzia e l'adolescenza in diverse città per via del lavoro del padre che, essendo impiegato statale, è costretto a regolari spostamenti.

La famiglia si trasferisce a Genova, nel 1888 a Padova ed in seguito nel 1897 a Catania, dove consegue il Diploma in un Istituto Tecnico e comincia a collaborare ad alcuni giornali locali. Nel 1899 Umberto Boccioni si trasferisce a Roma dove frequenta la Scuola Libera del Nudo e lavora presso lo studio di un cartellonista. In questo periodo il pittore dallo stile realista, conosce Gino Severini e con lui frequenta lo studio di Giacomo Balla che è ritenuto un maestro molto importante, e ad Umberto serve per approfondire la ricerca sulle tecniche divisioniste: entrambi diventeranno discepoli di Balla.

Dal 1903 al 1906 Umberto Boccioni partecipa alle esposizioni annuali della Società Amatori e Cultori, ma nel 1905 in polemica con il conservatorismo delle giurie ufficiali, organizza con Severini, nel foyer del Teatro Costanzi, la "Mostra dei rifiutati".

Per sfuggire l'atmosfera provinciale italiana, nella primavera del 1906 Boccioni si reca a Parigi, dove rimane affascinato dalla modernità della metropoli. Da Parigi, dopo alcuni mesi, fa un viaggio in Russia prima di tornare in Italia e stabilirsi a Padova per iscriversi all'Accademia di Belle Arti di Venezia, dove si laurea.

Per conoscere a fondo le nuove correnti pittoriche, derivate dall'evoluzione dell'impressionismo e dal simbolismo, Boccioni intraprende un altro viaggio fermandosi a Monaco, incontrando il movimento "Sturm und drang" tedesco ed osserva l'influsso dei preraffaelliti inglesi. Al ritorno disegna, dipinge attivamente, pur restando frustrato perché sente i limiti della cultura italiana che reputa ancora essenzialmente "cultura di provincia". Nel frattempo affronta le prime esperienze nel campo dell'incisione.

L'Italia del primo Novecento ha una vita artistica ancora legata alle vecchie tradizioni, ma Milano è diventata una città dinamica, ed è qui che Boccioni si stabilisce al ritorno dal suo ultimo viaggio in Europa per sperimentare varie tecniche, soprattutto sotto l'influenza del divisionismo e del simbolismo. Nell'autunno del 1907 si trasferisce quindi a Milano, la città che in quel momento più di altre è in ascesa e risponde alle sue aspirazioni dinamiche. Diventa amico di Romolo Romani e comincia a frequentare Gaetano Previati, di cui risente qualche influsso nella sua pittura che sembra rivolgersi al simbolismo. Diventa inoltre socio della Permanente.

Dal gennaio 1907 all'agosto 1908, Umberto Boccioni tiene un dettagliato diario nel quale annota gli esperimenti stilistici, i dubbi e le ambizioni che scuotono l'artista che si barcamena fra il divisionismo, il simbolismo, verso il Futurismo, dipingendo ritratti, quadri a carattere simbolico e qualche veduta di città.

Dopo aver conosciuto Marinetti, Boccioni si avvicina al movimento avanguardista e nel 1910 scrive con Carlo Carrà e Luigi Russolo, il "Manifesto dei pittori futuristi" ed il "Manifesto tecnico della pittura futurista", firmati anche da Severini e Balla. L'obiettivo dell'artista moderno deve essere, secondo gli autori, liberarsi dai modelli e dalle tradizioni figurative del passato, per volgersi risolutamente al mondo contemporaneo, dinamico, vivace, in continua evoluzione.

Nelle sue opere, Boccioni esprime in modo perfetto il movimento delle forme e la concretezza della materia attraverso le moltitudini di soggetti che la città offre dalle macchine alla frenesia caotica della realtà quotidiana. Diventa l'artista che meglio degli altri sa ritrarre la vita moderna, frettolosa e stressante, di cui la macchina in movimento è il simbolo principale.

Sebbene influenzato dal cubismo, cui ammonisce l'eccessiva staticità, Boccioni evita nei suoi dipinti le linee rette e usa colori complementari. In quadri come "Dinamismo di un ciclista" (1913), o "Dinamismo di un giocatore di calcio" (1911), la raffigurazione di uno stesso soggetto in stadi successivi nel tempo suggerisce efficacemente l'idea dello spostamento nello spazio.

Simile attenzione e studio domina di conseguenza anche la scultura di Boccioni, per la quale spesso l'artista trascura i materiali nobili come marmo e bronzo, preferendo il legno, il ferro o il vetro, cominciando ad incorporare frammenti di oggetti nei modelli in gesso delle sculture.

Il suo impegno è incentrato sull'interazione di un oggetto in movimento con lo spazio circostante. Purtroppo pochissime sue sculture sono sopravvissute.

Tra le opere pittoriche più rilevanti di Boccioni ricordiamo "Rissa in galleria" (1910), "Stati d'animo n. 1. Gli addii" (1911) e "Forze di una strada" (1911). Boccioni modernizza lo stile pittorico utilizzando un linguaggio proprio, mentre partecipa attivamente a tutte le iniziative futuriste diventando il pittore più rappresentativo di questa corrente.

Allestisce nelle varie capitali europee mostre dei pittori futuristi e scrive il "Manifesto della scultura futurista", dove espone le sue teorie sulla simultaneità e sul dinamismo, già parzialmente espressa nel "Manifesto tecnico della pittura futurista".

Dal 1912, anno della prima esposizione futurista a Parigi, presso la Galerie Bernheim-Jeune, Boccioni applica il concetto di "Dinamismo plastico" anche alla scultura, mentre continua lo studio del dinamismo del corpo umano, attraverso una lunga serie di disegni ed acquarelli.

Dal 1913 collabora alla rivista "Lacerba", organizzata dal gruppo futurista fiorentino capeggiato da Ardengo Soffici, ma il Dinamismo Plastico incontra l'ostilità di alcuni ambienti culturali futuristi ed il disinteresse del pubblico.

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale Umberto Boccioni, come molti intellettuali, è favorevole all'entrata in guerra dell'Italia: si arruola da volontario nel Battaglione Lombardo Ciclisti e parte per il fronte con Marinetti, Russolo, Sant'Elia e Sironi. Durante il suo impegno bellico si ricrede riguardo la teoria futurista enunciata da Marinetti, secondo cui la guerra è "unica igiene del mondo". Conia quindi la sua famosa equazione "guerra = insetti + noia".

Negli anni di guerra Umberto Boccioni collabora con la rivista "Avvenimenti" e si riavvicina al suo vecchio maestro Balla. Nel dicembre del 1915 il suo battaglione viene sciolto e nel luglio dell'anno successivo Boccioni viene assegnato all'artiglieria da campo e destinato a Verona.

Applica il Dinamismo Plastico ai suoi dipinti ed abbandona l'impostazione tradizionale fondendo interno ed esterno, i dati reali e quelli del ricordo, in una singola immagine. Con questo intento sviluppa le caratteristiche "linee-forza" che tracciano le traiettorie di un oggetto in movimento nello spazio.

Il suo stile personalissimo, alla ricerca di dinamismo, lo porta ad accostarsi all'espressionismo ed al cubismo allo scopo di mettere lo spettatore al centro del quadro per farlo sentire coinvolto e partecipe.

Il 17 agosto 1916 Umberto Boccioni muore a Sorte (Verona), in seguito ad una banale una caduta da cavallo, nel pieno della sua rivoluzione pittorica che lo ha portato dal Futurismo al Dinamismo Plastico.

3. Biografia di Marsilio Ficino

Anima mundi
19 ottobre 1433
1 ottobre 1499

Chi è Marsilio Ficino?


Figlio di un medico della Val d'Arno, Marsilio Ficino nacque il 19 ottobre 1433, a Figline (Firenze). È il massimo rappresentante insieme a Nicola Cusano del platonismo rinascimentale e di quell'Umanesimo fiorentino che, con Giovanni Pico della Mirandola, rimane all'origine dei grandi sistemi di pensiero del Rinascimento e della filosofia del Seicento, basti pensare a Giordano Bruno o a Campanella.

Dopo aver studiato sui testi di Galieno, Ippocrate, Aristotele, Averroè ed Avicenna, Ficino fu scelto da Cosimo de' Medici il Vecchio (chiamato da lui stesso "secondo padre") per riportare a Firenze la tradizione platonica, già reintrodotta da Leonardo Bruni, dal Traversari e dai bizantini Bessarione e Pletone fin dai tempi del Concilio del 1439. A tale missione si aggiunse per Marsilio, nell'arco di trent'anni, l'incarico di tradurre il "Corpus Hermeticum", ossia gli scritti del leggendario Ermete Trismegisto, le Enneadi di Plotino e altri testi neoplatonici ancora.

Ben presto fu al centro di un cenacolo di dotti, filosofi, artisti, letterati e scienziati, noto col nome di "Accademia Platonica", e si dedicò alla traduzione in latino dei dialoghi di Platone che verrà stampata nel 1484.

Oltre a Platone Ficino tradusse Orfeo, Esiodo, i "Libri ermetici", le "Enneadi" di Plotino, opere di Proclo, Porfirio, Giamblico, Psello, ecc.

"In questo monumentale corpus di traduzioni, che ebbe una diffusione

enorme nella cultura europea, si rispecchia la concezione della filosofia propria di Ficino. Esiste per lui una tradizione filosofica, che muove, senza soluzioni di continuità, dagli antichi poeti e, attraverso Pitagora e Platone, arriva a Dionigi Areopagita. Essa non è altro che il progressivo rivelarsi del Logos divino; e il compIto del filosofo consiste nel portare alla luce la verità religiosa che si cela dietro le varie credenze mitiche e le filosofie. Su questa base Ficino afferma il sostanziale accordo fra platonismo e cristianesimo. In polemica contro l'aristotelismo delle scuole del suo tempo, accusato di distruggere la religione, e contro l'estetismo dei letterati, accusati di non comprendere la verità nascosta nelle "favole" degli antichi, Ficino rivendica una "pia philosophia", una "docta religio": appunto la tradizione platonica, che (attraverso i padri della chiesa) arriva fino ai tempi moderni e che Ficino ritiene suo compito, anzi quasi sua missione, riaffermare e propagandare attraverso una nuova apologetica.

(quella che, ad esempio, emerge nel "De Christiana religione" del 1474) [Enciclopedia Garzanti di Filosofia] .

Dopo la morte di Cosimo, furono Piero, suo figlio, e poi Lorenzo il Magnifico a sostenere l'opera di traduttore e di pensatore del Ficino.

Per ciò che concerna la sua opera più strettamente filosofica di stampo personale, invece, egli arrivò a completare, fra il 1458 e il 1493, una quantità considerevole di lavori, fra cui citiamo il "Di Dio et anima", il "De divino furore" o la "Teologia Platonica", trattato sistematico sull'immortalità dell'anima. Da non dimenticare anche il "De vita libri tres" sull'igiene fisica e mentale degli studiosi, libro quest'ultimo ricco di spunti magici ed astrologici, derivati da Plotino, da Porfirio, dall'Asclepius e dal Picatrix.

Una fondamentale importanza nell'opera di questo grande umanista rivestono i numerosi "argumenta" e "commentarii" elaborati in occasione delle sue traduzioni, tra cui spiccano il commento al "Timeo" e quello al "Parmenide". Mentre il "De amore", destinato ad esercitare una formidabile influenza su tutta la letteratura fino all'Ottocento, da Leone Ebreo a Shelley, prendendo spunto dal "Convivio" di Platone, può considerarsi un'opera d'autore. Un ulteriore aspetto, determinante per capire la fama europea del Ficino, è costituito dalle sue "Lettere", tutte ispirate ad un ideale di saggezza platonica impregnata di forti venature ora poetiche, ora esoteriche.

Non è difficile capire come l'opera di Ficino fosse destinata a rivoluzionare una cultura occidentale fino a poco in gran parte estranea al Plotino ed al Proclo "originali", a "tutto" Platone così come al "Corpus Hermeticum". Lo si evince da opere assai suggestive quali il "De Sole", il "De vita" e il "De amore": il pensiero ficiniano propone una visione dell'uomo con forti affinità cosmiche e magiche, al centro di una "machina mundi" animata, altamente spiritualizzata proprio perché pervasa dallo "spiritus mundi". La funzione essenziale del pensiero umano è di accedere, attraverso una illuminazione immaginativa ("spiritus" e "fantasia"), razionale ("ratio") e intellettuale ("mens") all'autocoscienza della propria immortalità e all'"indiarsi" dell'uomo grazie a quei "signa" e "symbola", segni cosmici ed astrali paragonabili a geroglifici universali originati dal mondo celeste. L'agire umano in tutte le sue sfumature, artistiche, tecniche, filosofiche e religiose esprime in fondo la presenza divina di una "mens" infinita nella natura, all'interno di una visione ciclica della storia, scandita dal mito del "grande ritorno" platonico.

Marsilio Ficino morì il 1 ottobre 1499 nella sua Firenze, dopo la caduta del Savonarola, mentre l'Europa, di lì a poco, avrebbe riconosciuto la portata epocale del suo pensiero affidato a molte stampe italiane, svizzere, tedesche e francesi delle sue opere.

4. Biografia di Dario Franceschini

La carriera del reggente
19 ottobre 1958

Chi è Dario Franceschini?


Dario Franceschini nasce a Ferrara il 19 ottobre 1958. Laureatosi in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Ferrara con una tesi in Storia delle Dottrine e delle Istituzioni politiche, dal 1985 esercita la libera professione come avvocato civilista.

Sempre nel 1985 pubblica il libro "Il Partito Popolare a Ferrara. Cattolici, socialisti e fascisti nella terra di Grosoli e Don Minzoni", e sullo stesso argomento ha partecipato a convegni e a varie pubblicazioni.

Iscritto al Registro dei Revisori contabili, è stato poi membro effettivo del collegio sindacale dell'Eni s.p.a. nei primi tre anni della privatizzazione. Franceschini ha curato per sei anni la rivista bimestrale "Rassegna di documentazione legislativa regionale" edita dal Formez.

E' socio ordinario di Astrid (Associazione per gli Studi e le ricerche sulla Riforma delle Istituzioni Democratiche e sull'innovazione nelle amministrazioni pubbliche) e della sezione italiana dell'Istituto Internazionale "Jacques Maritain".

Dal 2003 al 2006 è Presidente dell'Ente Palio di Ferrara. Nel gennaio 2006 pubblica il suo primo romanzo "Nelle vene quell'acqua d'argento" (Bompiani), con il quale vince nel 2007 in Francia il Premio Chambery Premier Roman e in Italia il Premio Bacchelli e il Premio Opera Prima Città di Penne. Nell'ottobre 2007 pubblica il suo secondo romanzo "La follia improvvisa di Ignazio Rando" (Bompiani).

L'impegno politico di Dario Franceschini inizia nell'autunno del 1974 quando fonda al Liceo Scientifico "Roiti" di Ferrara, l'Associazione Studentesca Democratica di ispirazione cattolica e centrista. L'ASD si presenta in quasi tutti gli istituti superiori della città alle prime elezioni previste dai "decreti delegati". Dal 1974 al 1977 viene eletto nei vari organismi (consigli di classe, disciplina e istituto).

Successivamente viene eletto in rappresentanza degli studenti nel Consiglio di Amministrazione dell'Università di Ferrara. Si iscrive alla Democrazia Cristiana dopo l'elezione a segretario di Benigno Zaccagnini e dopo due anni viene eletto Delegato Provinciale dei giovani DC.

Nel 1980 è eletto Consigliere Comunale di Ferrara e nel 1983 capogruppo consiliare. Alle successive elezioni amministrative del 1985 e del 1990 è capolista della DC e primo degli eletti.

Nel 1984 entra nella Direzione Nazionale del Movimento giovanile dc per il quale fonda la rivista mensile "Nuova Politica".

Chiusa l'esperienza dei giovani Dc entra negli organismi provinciali e regionali del partito e dirige a Roma il mensile "Settantasei" che raccoglie i giovani quadri della sinistra dc.

Diviene anche vice direttore del mensile "Il Confronto" e nella redazione del settimanale del partito "La Discussione".

Nella fase di trasformazione della DC in PPI, all'Assemblea Costituente di Roma del 1993, invita il partito a scegliere con determinazione, come conseguenza del nuovo sistema elettorale maggioritario, la via dell'alleanza tra centro e sinistra.

Conseguentemente, dopo la decisione del PPI di candidarsi alle elezioni del 1994 come "terzo polo", aderisce ai Cristiano Sociali, fondando il movimento a Ferrara e divenendone Consigliere Nazionale.

Nel 1994 è Assessore alla Cultura e Turismo del Comune di Ferrara. Nel 1995, a seguito di una spaccatura nel centrosinistra della provincia, accetta di candidarsi a Sindaco per una lista composta da Cristiano Sociali, Laburisti e Verdi e raccoglie il 20% dei voti.

Dopo la scissione del PPI e l'adesione dello stesso all'Ulivo rientra nel partito.

Dal 1997 al 1999 è chiamato all'incarico di vicesegretario nazionale.

Entra poi a far parte della Direzione nazionale e dell'Ufficio di segreteria con l'incarico per le politiche della Comunicazione. Entra nel secondo Governo D'Alema come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle Riforme Istituzionali e viene confermato nello stesso incarico nel successivo governo Amato.

A nome del Governo segue in particolare il tema della legge elettorale, e sino all'approvazione definitiva, la legge costituzionale di riforma degli Statuti delle Regioni a Statuto speciale, l'introduzione del Diritto di voto per gli italiani all'estero e le modifiche al Titolo V della Costituzione.

Alle elezioni politiche del 2001 è candidato dell'Ulivo alla Camera dei Deputati nel Collegio maggioritario di Ferrara e capolista della Margherita nella quota proporzionale nelle Marche.

Eletto Deputato diviene componente della Giunta delle elezioni e della I Commissione permanente Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni.

E' stato componente dell'Assemblea Parlamentare dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE). E' socio fondatore dell'Associazione interparlamentare per il commercio equo e solidale.

Tra i fondatori della Margherita, nel luglio 2001 entra a far parte del Comitato Costituente del partito, del quale diventa Coordinatore dell'Esecutivo Nazionale. Viene confermato in Direzione e in Assemblea Federali e nell'incarico di Coordinatore al Congresso Costituente di Parma del 2002 e al Congresso di Rimini del 2004.

Membro del Direttivo del Partito Democratico Europeo, alle elezioni politiche del 2006 è capolista dell'Ulivo nella circoscrizione Lombardia II e candidato in Emilia-Romagna, per la quale opta. E' stato Presidente del nuovo gruppo parlamentare "L'Ulivo" alla Camera dei Deputati dal maggio 2006 all'ottobre 2007. Dopo aver ricoperto l'incarico di Vicesegretario del Partito Democratico, in seguito alle dimissioni di Walter Veltroni, il 21 febbraio 2009 durante l'Assemblea Nazionale si candida a Segretario Nazionale e viene eletto con 1.047 voti.

5. Biografia di John Le Carré

Scritture segrete
19 ottobre 1931

Chi è John Le Carre?


John Le Carrè è il nome con cui è conosciuto in tutto il mondo l'ex dipendente dei servizi britannici David J. M. Cornwell. Nato il 19 ottobre 1931 a Poole, nella regione inglese del Dorsetshire, Le Carrè è stato definito, forse non a torto, il più importante scrittore di spy story del Novecento; un autore che con i suoi romanzi impregnati dell'atmosfera della guerra fredda ha fatto scuola, e sulla cui scia si sono accodati centinaia di imitatori, pochi dei quali però riescono ad eguagliare quella miscela di "suspence", brillante scrittura e umorismo sapido che rendono grandi i romanzi di questo agente segreto prestato alla macchina da scrivere.

Forse la sua straordinarietà risiede proprio nella biografia, facendone un uomo con una marcia in più e con così tanto da raccontare. Entrato a far parte dell'intelligence britannica durante la Seconda Guerra mondiale in qualità di traduttore di documenti segreti per ben cinque primi ministri britannici, nel 1947 si iscrive all'università di Berna, in Svizzera, per poi abbandonarla e tornare a Oxford, dove si specializza in letteratura tedesca. E' dalle sue esperienze professionali al servizio di Sua Maestà che prende l'ispirazione per realizzare i suoi primi libri.

A partire dagli anni '60 inizia a scrivere spy stories: "Chiamata per il morto" (1961) segna l'atto di nascita di un personaggio che ha conquistato i lettori di tutto il mondo: il leggendario agente segreto George Smiley. Il successo arride però a Le Carrè con la sua terza prova "La spia che venne dal freddo", titolo poi diventato simbolico di tutti i libri di spionaggio. Inizialmente il successo di pubblico è enorme; meno entusiastica la reazione della critica che da lì a pochi anni dovrà tristemente ricredersi.

In seguito il libro verrà anche ripreso sul grande schermo sotto l'egida attoriale di Richard Burton.

Dopo la fine della guerra fredda, il genere "spy story" subisce un duro contraccolpo: sembra quasi che sia venuta a mancare la materia prima per la narrazione. La crisi non risparmia neanche l'autore inglese, apparentemente incapace di trovare nuove categorie narrative forti.

Tuttavia con "Il sarto di Panama" (1999) e con l'entusiasmante "Il giardiniere tenace" (2001) lo scrittore ha ritrovato il successo e la vena narrativa dei tempi migliori torcendo la spy stories a nuove esigenze: comiche nel primo dei due titoli, civili nel secondo dove accusa il mondo delle multinazionali farmaceutiche e lancia un accorato grido d'allarme per la tragica situazione africana.

Altri celebri titoli, tratti dalla vasta produzione di Le Carrè sono: "La talpa", "Tutti gli uomini di Smiley", "La tamburina", "La casa Russia" e "La passione del suo tempo".

Attualmente John Le Carrè vive ritirato tra Cornovaglia e Hampstead.

6. Biografia di Vasco Pratolini

Pagine di neorealismo
19 ottobre 1913
12 gennaio 1991

Chi è Vasco Pratolini?


Vasco Pratolini nasce a Firenze il 19 ottobre del 1913. La sua famiglia è di estrazione operaia e il piccolo Vasco perde la madre quando ha solo cinque anni; finisce così per trascorrere la sua infanzia con i nonni materni. Una volta tornato dal fronte, il padre si risposa, ma Vasco non riesce ad inserirsi nella nuova famiglia. Compie studi irregolari e ben presto è costretto ad andare a lavorare. Lavora come operaio in una bottega di tipografi, ma anche come cameriere, venditore ambulante e rappresentate.

Questi anni, apparentemente sterili, saranno fondamentali per il suo apprendistato letterario: gli daranno infatti la possibilità di osservare la vita di quelle persone comuni che poi diventeranno le protagoniste dei suo romanzi. A diciotto anni lascia il lavoro e si dedica ad una intensa preparazione da autodidatta.

Negli anni compresi tra il 1935 e il 1937 gli viene diagnosticata la tubercolosi e viene ricoverato in sanatorio. Tornato a Firenze nel 1937 comincia a frequentare la casa del pittore Ottone Rosai che lo spinge a scrivere di politica e letteratura sulla rivista "Il Bargello". Fonda con l'amico poeta Alfonso Gatto la rivista "Campo di Marte", e viene in contatto con Elio Vittorini che lo induce a focalizzarsi più sulla letteratura che sulla politica.

Vasco Pratolini si trasferisce intanto a Roma dove nel 1941 pubblica il suo primo romanzo "Il tappeto verde". Partecipa attivamente alla resistenza e, dopo un breve periodo a Milano dove lavora come giornalista, si trasferisce a Napoli dove rimane fino al 1951. Qui insegna all'Istituto d'arte e intanto scrive "Cronache di poveri amanti" (1947). L'idea del romanzo risale addirittura al 1936. Lo spunto, come racconta lo stesso Pratolini, è la vita degli abitanti della via del Corno, dove ha abitato insieme ai nonni materni. Una via lunga cinquanta metri e larga cinque che è una sorta di oasi, di isola protetta dall'infuriare della lotta fascista e antifascista. Nel 1954 Carlo Lizzani trarrà dal romanzo l'omonimo film.

Il periodo napoletano è particolarmente prolifico da un punto di vista letterario; Pratolini scrive i romanzi: "Un eroe del nostro tempo"(1949) e "Le ragazze di San Frediano" (1949), portato sul grande schermo da Valerio Zurlini nel 1954.

I suoi romanzi vengono definiti neorealisti per la capacità di descrivere la gente, il quartiere, il mercato e la vita fiorentina con perfetta aderenza alla realtà. Con il suo stile semplice, Pratolini descrive il mondo che lo circonda, rievoca i ricordi della sua vita in Toscana e i drammi familiari come quello della morte del fratello, con il quale instaura un vero e proprio dialogo immaginario nel romanzo "Cronaca familiare" (1947). Dal romanzo Valerio Zurlini trae un film nel 1962.

Spesso i protagonisti dei romanzi di Pratolini sono ritratti in condizioni di miseria e di infelicità, ma sono tutti animati dalla convinzione e dalla speranza di potersi affidare alla solidarietà collettiva.

Torna definitivamente a Roma nel 1951 e pubblica "Metello" (1955), primo romanzo della trilogia "Una storia Italiana" con la quale si prefissa di descrivere diversi mondi: quello operaio con Metello, quello borghese con "Lo scialo" (1960) e quello degli intellettuali in "Allegoria e derisione" (1966). La trilogia ha un'accoglienza non molto calorosa da parte dei critici che la definiscono ancora troppo fiorentina e non ancora italiana.

Con la storia del manovale Metello lo scrittore desidera superare i confini ristretti del quartiere, che fino ad ora è stato il protagonista dei suo i romanzi. Pratolini tenta di fornire un affresco più completo della società italiana a partire dalla fine dell'Ottocento. In Metello, infatti, le vicende del protagonista abbracciano un arco di tempo che va dal 1875 al 1902.

Si dedica anche all'attività di sceneggiatore partecipando alle sceneggiature di: "Paisà" di Roberto Rossellini, "Rocco e i suoi fratelli" di Luchino Visconti, e "Le quattro giornate di Napoli" di Nanni Loy.

Alla pubblicazione della trilogia fa seguito un lungo periodo di silenzio, interrotto solo nel 1981 dalla pubblicazione de "Il mannello di Natascia" contenente testimonianze e ricordi risalenti agli anni Trenta.

Vasco Pratolini muore a Roma il 12 gennaio del 1991 all'età di 77 anni.

7. Biografia di Carlo Urbani

Le frontiere dell'aiuto umanitario
19 ottobre 1956
29 marzo 2003

Chi è Carlo Urbani?


Carlo Urbani nasce a Castelplanio, in provincia di Ancona, il 19 Ottobre 1956. Già da giovane si dedica ai più bisognosi ed è una presenza costante nell'ambito parrocchiale: collabora alla raccolta delle medicine per Mani Tese, promuove un Gruppo di solidarietà che organizza vacanze per i disabili, entra a far parte del Consiglio Pastorale Parrocchiale; inoltre suona l'organo e anima i canti. Il suo grande amore non è solo per il prossimo, ma anche per la bellezza, per la musica e per l'arte.

Il desiderio di prendersi cura delle persone sofferenti lo porta a scegliere gli studi di Medicina e la specializzazione in malattie infettive. Dopo la laurea lavora in un primo tempo come medico di base, poi diviene aiuto nel reparto di malattie infettive dell'Ospedale di Macerata, dove rimane per dieci anni.

Sposa Giuliana Chiorrini, insieme avranno tre figli: Tommaso, Luca e Maddalena. Sono gli anni in cui Carlo Urbani comincia a sentire più forte il richiamo ad assistere i malati dimenticati, trascurati dai paesi opulenti, dai giochi di potere, dagli interessi delle case farmaceutiche. Con altri medici organizza, dal 1988-89, dei viaggi in Africa centrale, per portare aiuto ai villaggi meno raggiungibili. Ancora una volta la sua comunità parrocchiale lo accompagna e lo sostiene con un ponte di aiuti alla Mauritania.

La conoscenza diretta della realtà africana gli rivela con chiarezza che le cause di morte delle popolazioni del Terzo Mondo sono troppo spesso malattie curabili - diarrea, crisi respiratorie - per le quali mancano i farmaci che nessuno ha interesse a fare giungere a un mercato così povero. Questa realtà lo coinvolge al punto che decide di lasciare l'ospedale, quando ormai ha la possibilità di diventare primario.

Nel 1996 entra a fare parte dell'organizzazione "Médecins Sans Frontières" e parte insieme alla sua famiglia per la Cambogia, dove si impegna in un progetto per il controllo della schistosomiasi, una malattia parassitaria intestinale. Anche qui rileva le forti ragioni sociali ed economiche del diffondersi delle malattie e della mancanza di cure: si muore di diarrea e di Aids, ma i farmaci per curare la infezione e le complicanze sono introvabili.

Nella sua veste di consulente dell'Organizzazione Mondiale della Sanità per le malattie parassitarie ha l'opportunità di ribadire ulteriormente che la causa primaria del diffondersi delle malattie è la povertà. Come Medico Senza Frontiere, l'interesse primario di Carlo è nella cura dei malati, tuttavia non può tacere sulle cause che provocano quelle sofferenze.

Nel gennaio del 2000 Carlo Urbani dichiara al quotidiano Avvenire: "Io mi occupo come consulente dell'OMS delle malattie parassitarie. In tutti i consessi internazionali si ripete che la causa è solo una: la povertà. In Africa ci sono arrivato fresco di studi. E sono stato 'deluso' dallo scoprire che la gente non moriva di malattie stranissime: moriva di diarrea, di crisi respiratorie. La diarrea è ancora una delle cinque principali cause di morte al mondo. E non si cura con farmaci introvabili. Una delle ultime sfide che Msf ha accolto è la partecipazione alla campagna globale per l'accesso ai farmaci essenziali. Ed è lì che abbiamo destinato i fondi del Nobel".

Nell'aprile del 1999 viene eletto presidente di Msf Italia. In questa veste partecipa alla delegazione che ritira il premio Nobel per la pace assegnato all' organizzazione.

Dopo la Cambogia il suo impegno lo porta nel Laos, e quindi in Vietnam. Nelle ultime settimane di vita si dedica con coraggio alla cura e alle ricerche sulla Sars, la terribile malattia respiratoria che minaccia il mondo intero. E' perfettamente conscio dei rischi che corre, tuttavia, parlando con la moglie, osserva: "Non dobbiamo essere egoisti, io devo pensare agli altri".

All'inizio di marzo si reca a Bangkok per un convegno, nulla lascia intuire che abbia contratto il contagio. Dopo l'arrivo i sintomi si manifestano con forza e Carlo Urbani, tra i primi a occuparsi della malattia, capisce la propria situazione. Ricoverato in ospedale ad Hanoi avverte la moglie di far tornare in Italia i figli, che vengono subito fatti partire.

L'amore per il prossimo che lo ha accompagnato tutta la vita, lo fa rinunciare anche all'ultimo abbraccio per evitare ogni possibilità di contagio. La moglie gli resta vicina, ma nessun incontro diretto è più possibile.

Dopo avere ricevuto i sacramenti Carlo Urbani muore il 29 marzo 2003.

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