Biografie di personaggi famosi e storici nato il 25 ottobre


Biografie di personaggi famosi e storici


Biografie di personaggi famosi nella storia e celebrità nate il 25 ottobre

Sommario:

1. Georges Bizet
2. Primo Carnera
3. Evariste Galois
4. Don Carlo Gnocchi
5. Katy Perry
6. Pablo Picasso

1. Biografia di Georges Bizet

Cara Carmen
25 ottobre 1838
3 giugno 1875

Chi è Georges Bizet?


Un posto particolare tra i musicisti dell'Ottocento è occupato da Georges Bizet nato a Parigi il 25 ottobre 1838, che sin dall'infanzia rivelò spiccate tendenze musicali. Il padre, insegnante di canto, fu il suo primo maestro; anche la madre, valente pianista, apparteneva ad una famiglia di musicisti.

I rapidissimi progressi che fece, permisero a Bizet di essere accolto al Conservatorio di Parigi prima di aver raggiunto l'età consentita dai regolamenti. Georges seguì un corso di studi presso il Conservatorio e, dopo aver superato gli esami con esito brillante, si applicò allo studio del pianoforte e della composizione.

Appena diciannovenne, trasferitosi in Italia per approfondire gli studi, vinse il "Premio di Roma". Finito il periodo di studio tornò a Parigi.

La sua prima composizione di rilevante importanza fu l'opera in tre atti "I Pescatori di perle", ambientata in Oriente e rappresentata nel settembre 1863. Le prime opere teatrali non ebbero molto successo: Georges Bizet era accusato di rivelare nella sua musica l'influenza di Gounod e di altri compositori. Nello stesso tempo Bizet fu incaricato di preparare una composizione per accompagnare sulla scena d'Alfonso Daudet "L'Arlesiana". Questa composizione ebbe un successo contrastato all'inizio, ma con il tempo finì per imporsi al pubblico di tutto il mondo. La musica ispirata a motivi folcloristici e popolari della Provenza, fa rivivere l'atmosfera ardente di questa regione mediterranea.

L'opera in cui apparve la piena maturità artistica dell'autore fu quella per cui ancora oggi è ampiamente conosciuto: la "Carmen". Bizet si dedicò con entusiasmo e tenacia alla composizione della Carmen, creando così l'ultima e la più importante delle sue opere (che fra l'altro entusiasmò Nietzsche). L'azione si svolge in Spagna, a Siviglia e sui monti vicini.

La prima rappresentazione dell'opera ebbe luogo a Parigi, al teatro dell'opera Comique, nel 1875, ma non fu un successo. L'intreccio del dramma venne giudicato troppo immorale ed anche la musica non piacque agli amanti della tradizione.

Purtroppo Georges Bizet non conobbe il successo che arrise in seguito alla sua opera e che avrebbe acceso in lui la speranza e la fiducia in se stesso, perché morì a soli 37 anni, il 3 giugno 1875, a tre mesi di distanza dalla prima rappresentazione, in seguito a un attacco di cuore.

Dall'opera di Bizet nasce il mito moderno di Carmen e di questo mito se ne sono impossessati il cinema (dai tempi del muto al musical di Preminger del 1954 fino ai più recenti film di Godard, Rosi, Sauras), la danza (Gades e Petit) ed il teatro in genere.

La trama:

"Sulla allegra piazza di un paese spagnolo sciamano le operaie della manifattura dei tabacchi: è l'ora del cambio della guardia del distaccamento di dragoni della vicina caserma. Irrompe in scena Carmen, sensuale e scatenata gitana, che canta e danza da par suo. Il brigadiere don Josè ne è affascinato né basta a distoglierne gli sguardi la graziosa e giovane Micaèla, che da lontano viene a portargli i saluti ed il bacio della madre, la quale desidera che egli la prenda in sposa. Un improvviso e sanguinoso diverbio fra una sigaraia e Carmen movimenta la scena: per ordine del suo capitano, don Josè porta Carmen in prigione. Ma l'opera di seduzione continua e i due fuggono insieme sulle montagne, dove don Josè, tra contrabbandieri e gitane, diventa un fuorilegge. Micaèla, avventuratasi sui monti per liberarlo dall'incantesimo che pare averlo stregato e strapparlo a Carmen, deve dichiararsi sconfitta e partire sconsolata.

Compare poi all'orizzonte Escamillo, un celebre torero, del quale Carmen fa presto ad incapricciarsi. Spirito libero quale essa è, insofferente di ogni tentennamento altrui, essa arriva ad irridere don Josè che, pur languendo per lei, non vuole disertare e sempre più si chiude in una cupa gelosia. In un duello notturno con il torero, questi lo risparmia: Carmen ormai disprezza il brigadiere e volubilmente punta le sue carte su Escamillo. Nell'arena di Siviglia si svolge una delle consuete tauromachie. Carmen è stata invitata da Escamillo ed arriva con due gitane sue amiche, per ammirare il torero nella sua lotta contro il toro. Don Josè, arrivato anche lui sul posto, chiama fuori del recinto Carmen, per offrirle ancora una volta il proprio amore. Ma ogni suo sforzo è vano. Mentre Escamillo uccide il toro in un tripudio di evviva, don Josè, accecato dalla passione e dalla sua gelosia, pugnala Carmen e si consegna alla giustizia".

Carmen è una donna libera, passionale, forte ed il suo canto è variegato e ricco di sfumature: basti pensare alla civettuola Habanera, alla leggerezza della danza Boema, al canto funereo e meditativo della scena delle carte del terzo atto, alla drammaticità del duetto che chiude l'opera per capire la complessità del personaggio. A Carmen fa da contraltare l'innocenza e la solarità di Micaela, figura di una delicata grazia e che esprime inequivocabilmente il suo innocente e timido amore. Don Josè è una figura complessa che si muove sul piano lirico nei primi due atti e su quello drammatico nel terzo e quarto atto e quindi ha bisogno di un interprete completo e di grande forza e tenuta vocale. Ed anche il toreador Escamillo è molto ben delineato con il suo canto rude e forte.

Di Bizet sono da ricordare anche due sinfonie: la prima composta nel 1855 all'età di diciassette anni, e la seconda iniziata nel 1860 durante il soggiorno romano e intitolata proprio sinfonia Roma. Queste due composizioni orchestrali si distinguono per la chiarezza, la leggerezza e l'eleganza tutta francese, ma anche per la solidità della loro struttura e la ricchezza inventiva.

Un'altra celebre composizione è "Giochi di Fanciulli", scritta per pianoforte a quattro mani e poi trascritta per orchestra. E' una musica ispirata ai giochi dei bambini e quindi semplice e lineare, ma piena di inventiva.

2. Biografia di Primo Carnera

Il Gigante italiano più forte del mondo
25 ottobre 1906
29 giugno 1967

Chi è Primo Carnera?


Primo Carnera è stato il più grande pugile italiano del Novecento: parola di Nino Benvenuti, altro grandissimo campione che condivide con Carnera anche una straordinaria grandezza come uomo. Nato il 25 ottobre del 1906, il "gigante dai piedi d'argilla", come venne battezzato a causa della sua triste parabola discendente, Carnera è un personaggio estremamente importante nella storia dello sport nostrano. E' stato infatti il primo pugile italiano a conquistare il titolo mondiale dei massimi. Se pensiamo che lo sport pugilistico non fa parte del dna della razza italica, più propensa a giochi di squadra come il calcio o la pallavolo, questo è stato un evento memorabile.

Alto più di due metri, per 120 chilogrammi, Carnera riuscì a primeggiare in un campo in cui gli americani sono solitamente i padroni incontrastati, ridando fiato e vigore alla magra tradizione pugilistica italiana.

La connotazione altamente commovente della storia di Carnera è derivata anche dall'aver intrapreso la tipica scalata al successo dell'emigrante: da Sequals, il paesino a quaranta chilometri da Udine dove nasce e rimane fino a diciotto anni, a quando decide di trasferirsi presso alcuni parenti in Francia, vicino Le Mans. La sua è la scalata di colui che con il sudore della fronte, i sacrifici e l'immensa fatica si conquista il suo posto al sole e di colui che, se vogliamo, cerca di imporre un'immagine da "duro" quando poi ha dato così ampia prova di un cuore grande (e basti citare la Fondazione Carnera a dimostrazione).

L'aspetto buffo della questione è che Carnera, malgrado la stazza gigantesca che lo contraddistingueva fin da piccolo, per sua natura era lontano dal pensiero di dedicarsi alla boxe. Lui si vedeva meglio come falegname ma, vista la sua intimorente mole, non erano pochi quelli che, in un'Italia povera e ansiosa di riscatto, gli consigliavano di intraprendere una carriera sportiva agonistica. Il ruolo fondamentale per la scelta del gigante buono di dedicarsi al ring si deve alle insistenze dello zio che lo ospitava in Francia.

Nel suo primo incontro un dilettante locale viene massacrato dal gigantesco italiano. Dato l'inizio fulminante, l'America è dietro l'angolo e sogni di gloria e di ricchezza cominciano a stagliarsi davanti agli occhi dell'ingenuo campione.

Le tappe della sua faticosa carriera si aprono con il dramma di Ernie Schaaf, morto dopo il match il 10 febbraio del 1933; seguono la sfida con Uzcudum a Roma (1933) nel momento di massimo trionfo del fascismo, per concludersi con l'exploit della sua vita, il successo per K.O. a New York su Jack Sharkey in sei riprese. Era il 26 giugno 1933 e Carnera diventava campione del mondo dei pesi massimi di pugilato; ed era dal 1914 che un incontro valido per il mondiale dei massimi non si disputava in Europa.

La propaganda mussoliniana lo trasformò in un grande evento di regime, con il Duce in tribuna e Piazza di Siena, il salotto dell'equitazione, trasformata in una grande arena, gremita da settantamila persone molte delle quali affluite fin dal mattino.

All'apice della sua carriera, Carnera, "l'uomo più forte del mondo", presta il volto ammaccato anche a diverse pubblicità: il Punt e mes, gli elettrodomestici Zanussi, la Necchi.

Nonostante la fama, tuttavia, non perde mai la sua disarmante spontaneità.

Si profila all'orizzonte il triste declino. Perde in maniera rovinosa contro Max Baer, nonostante nel 1937 una sconfitta per KO a Budapest contro il rumeno Joseph Zupan venne trasformata dai giornali italiani in brillante vittoria.

Carnera era un mito che non si poteva intaccare, un eroe da lustrare a maggiore gloria dell'Italia. Nella sua storia il gigante buono è stato infatti anche eroe dei fumetti e interprete di una ventina di pellicole cinematografiche tra cui "L'idolo delle donne" (1933) con Myrna Loy, Jack Dempsey e lo stesso Max Baer e "La corona di ferro" (1941), con Gino Cervi, Massimo Girotti, Luisa Ferida, Osvaldo Valenti e Paolo Stoppa.

Nel 1956, il film "Il colosso d'argilla" con Humphrey Bogart, liberamente ispirato alla carriera del Carnera pugile, gettò pesanti ombre di discredito sui suoi incontri, ipotizzando ogni genere di combine dietro le quinte dei suoi match. Un'accusa che Primo Carnera ha sempre respinto fino al giorno della sua morte, avvenuta a Sequals, in Friuli, il 29 giugno del 1967.

E' importante anche smentire il luogo comune che vede Carnera uomo rozzo e dotato di soli muscoli. In realtà questo gigante dal cuore d'oro conosceva la Lirica e, da buon appassionato di poesia, era in grado di recitare a memoria interi versi del prediletto Dante Alighieri.

Nel 2008 è stato presentato al Madison Square Garden di New York il film biografico "Carnera: The Walking Mountain" (dell'italiano Renzo Martinelli); nell'occasione la figlia del campione Giovanna Maria, che svolge la professione di psicologa negli Stati Uniti, circa la vita del padre ha avuto modo di raccontare: "...ci ha trasmesso la dedizione e la cura verso gli altri. Ci ha insegnato che nessuno rimane in cima per sempre e che il vero carattere di una persona si giudica da come affronta la discesa. Era un uomo dolcissimo e tenero. So che il regime fascista lo elesse a icona, ma la verità è che il regime usò mio padre, come usava ogni sportivo di quei tempi. Papà non è mai stato fascista e non apparteneva a nessun partito politico. Adoravo mio padre, ero rapita dal suo coraggio e dalla sua forza, sia fisica sia spirituale. Amava la letteratura classica, l'arte e l'opera. Cercava sempre di migliorarsi e ha voluto fortemente che mio fratello e io studiassimo. Quando mi sono diplomata a Los Angeles, si trovava in Australia e mi ha mandato un telegramma e un mazzo di rose rosse, scusandosi di non poter essere con me. Mentre ricevevo il mio diploma, ho cercato mia mamma seduta in prima fila e vicino a lei c'era mio padre. Aveva fatto il viaggio dall'Australia a Los Angeles per assistere alla cerimonia. Poi ripartì quella sera stessa".

3. Biografia di Evariste Galois

25 ottobre 1811
31 maggio 1832

Chi è Evariste Galois?


Evariste Galois nasce il 25 ottobre 1811 a Bourg La Reine (vicino Parigi), in Francia. Il padre Nicholas Gabriel Galois, e sua madre, Adelaide Marie Demante, erano entrambi intelligenti e ben preparati in filosofia, letteratura classica e religione. Ma, non c'è nessun segno di alcuna abilità matematica in nessun membro della famiglia di Galois. Sua madre fu la sola insegnante di Galois fino all'età di dodici anni. Ella gli insegnò greco, latino, e religione, dove impartì il suo naturale scetticismo a suo figlio. Il padre di Galois era un uomo importante nella comunità e nel 1815 fu eletto capo di Bourg-la-Reine.

Il punto di inizio degli eventi storici che giocarono un ruolo determinante nella vita di Galois fu sicuramente la presa della Bastiglia il 14 luglio del 1789. Da qui in poi la monarchia di Luigi 16° ebbe grandi difficoltà, poiché la maggior parte degli uomini francesi misero da parte le loro differenze e si unirono dietro il tentativo di distruggere i privilegi della chiesa e dello stato.

Nonostante i tentativi per un compromesso, Luigi XVI fu catturato dopo tentativi di lasciare il paese. In seguito all'esecuzione del re, il 21 gennaio 1793, seguì un regno di terrore con molti processi giuridici. Entro la fine del 1793 c'erano 4595 prigionieri politici a Parigi. Comunque, la Francia cominciò ad avere tempi migliori quando le loro armate, sotto il comando di Napoleone Bonaparte, ottennero vittorie su vittorie.

Napoleone divenne primo console nel 1800 e, in seguito, imperatore nel 1804. Le armate francesi continuarono la conquista dell'Europa, mentre il potere di Napoleone diventava sempre più stabile. Nel 1801, Napoleone era all'apogeo del suo potere. Ma nel 1805 ci furono dei cambiamenti. La campagna di Russia fallita del 1812 fu seguita da alcune sconfitte, e gli Alleati entrarono a Parigi il 31 marzo 1814. Napoleone abdicò il 6 aprile e Luigi XVIII fu nominato come re degli Alleati. L'anno 1815 vide i famosi cento giorni. Napoleone entrò a Parigi il 20 marzo, fu sconfitto a Waterloo il 18 giugno, e abdicò per la seconda volta il 22 giugno. Luigi XVIII fu rinominato re, ma morì nel settembre 1824, e Carlo X divenne il nuovo sovrano.

Galois era a scuola in questo periodo. Egli si iscrisse al Liceo Louis le Grand come collegiale nella quarta classe il 6 ottobre 1823. Durante li primo periodo ci fu una piccola ribellione e quaranta alunni furono espulsi dalla scuola. Galois non fu coinvolto e durante il 1824-25 la sua media scolastica fu buona e ricevette molti riconoscimenti. Comunque nel 1826 Galois dovette ripetere l'anno perché il suo lavoro sulla retorica non era sufficiente allo standard richiesto.

Il mese di febbraio 1827 fu un punto di cambiamento nella vita di Galois. Egli si iscrisse alla sua prima classe matematica, la classe di M. Vernier. Rapidamente fu assorbito dalla matematica e il suo direttore di studi scrisse: "È la passione per la matematica che lo domina, penso che sarebbe meglio per lui che i suoi genitori gli permettessero di studiare soltanto questo, sta sprecando il suo tempo qui a non fare niente, ma tormenta i suoi insegnanti e distrugge se se stesso con funzioni."

Le voci della scuola di Galois cominciarono a descriverlo come singolare, bizzarro, originale e chiuso. È interessante che forse il matematico più originale che sia mai vissuto sia stato criticato per essere originale. M. Vernier riportava comunque "Intelligenza, notevole progresso ma non c'è abbastanza metodo.".

Nel 1828 Galois diede l'esame alla Scuola Politecnica, ma fu bocciato. Era la principale Università di Parigi e Galois deve aver desiderato entrarvi per ragioni accademiche. Comunque, voleva anche entrare in questa scuola per motivi politici che esistevano tra i suoi studenti, poiché Galois seguì l'esempio dei suoi genitori nell'essere un acceso repubblicano.

Tornato a Louise-le-Grand, Galois si iscrisse nella classe di matematica di Louis Richard. Comunque, egli lavorò sempre di più alle sue ricerche personali e sempre di meno nel suo lavoro scolastico. Egli studiò sul libro La Geometria di Legendre e sui trattati di Lagrange. Come riporta Richard "Questo studente lavora solo nei rami più alti della matematica".

Nell'aprile 1829 Galois ebbe il suo primo giornale matematico pubblicato sulle frazioni continue negli Annali di matematica. Il 25 maggio e il 1 giugno egli sottopose articoli sulla soluzione algebrica delle equazioni alla Accademia delle Scienze. Cauchy fu nominato come giudice del giornale di Galois.

Una tragedia sconvolse Galois il 2 luglio 1829 quando suo padre si suicidò. Il prete di Bourg-la-Reine forgiò il nome di Mayor Galois su epigrammi maligni diretti ai parenti stretti di Galois. Il padre di Galois fu di indole buona e lo scandalo che ne venne fuori fu maggiore di quanto potesse pensare. Egli si impiccò nel suo appartamento di Parigi, solo a pochi passi da Louis-le-Grand, dove studiava suo figlio. Galois fu profondamente segnato dalla morte di suo padre e ciò influenzò molto la direzione che prese la sua vita in seguito.

Alcune settimane dopo la morte di suo padre, Galois sostenne l'esame di entrata alla Scuola Politecnica per la seconda volta. E per la seconda volta egli venne bocciato, forse in parte perché lo sostenne sotto le peggiori circostanze possibili, cioè troppo presto dopo la morte di suo padre, in parte perché non fu mai molto bravo ad esprimere le sue profonde idee matematiche. Galois perciò si accontentò di entrare nella Scuola Normale, di cui c'era una succursale a Louis-le-Grand, e per cui dovette sostenere gli esami Baccalaureat, cosa che avrebbe potuto evitare entrando nella Scuola Politecnica.

Egli li passò, e ricevette la sua laurea il 29 dicembre 1829. Il suo esaminatore in matematica scrisse: "L'alunno è qualche volta in difficoltà nell'esprimere le sue idee, ma è intelligente e dimostra un notevole spirito di ricerca."

Il suo esaminatore di letteratura scrisse: "Questo è l'unico studente che mi ha risposto miseramente, non sa assolutamente niente. Mi è stato detto che questo studente ha una capacità straordinaria in matematica. Ciò mi stupisce enormemente, poiché, dopo il suo esame, io credo che egli abbia una scarsissima intelligenza".

Galois mandò a Cauchy il nuovo lavoro sulla teoria delle equazioni, ma, in seguito, seppe dal Bullentin de Fèrussac, di un articolo postumo di Abel che coincideva con una parte del suo lavoro. Galois, dopo, accolse il consiglio di Cauchy e presentò un nuovo articolo Sulla condizione affinché un'equazione sia risolvibile attraverso i radicali nel febbraio 1830. Il giornale fu inviato a Fourier, il segretario dell'Accademia, per essere esaminato per il Grande Premio di matematica. Fourier morì nell'aprile del 1830 e il giornale di Galois non fu mai successivamente trovato e per cui mai considerato per il premio.

Galois, dopo aver letto il lavoro di Abel e Jacobi, lavorò sulla teoria delle funzioni ellittiche e sugli integrali abeliani. Con il supporto di Jacques Sturm, egli pubblicò tre giornali nel Bullentin de Férussac nell'aprile del 1830. Comunque, egli seppe a giugno che il Premio dell'Accademia era stato assegnato all'unanimità ad Abel (dopo la sua morte) e a Jacobi, e che il suo lavoro personale non era neppure stato considerato.

Il luglio 1830 vide una rivoluzione. Carlo X scappò dalla Francia. Ci furono rivoltosi nelle strade di Parigi e il direttore dell'Ecole Normale, M. Guigniault, chiuse gli studenti nella scuola per evitare che ne facessero parte. Galois cercò di scalare il muro per unirsi ai rivoltosi, ma fallì. Nel dicembre del 1830 M. Guigniault scrisse articoli di giornale attaccando gli studenti e Galois replicò nel Gazette des Ecole, attaccando M. Guigniault per la sua decisione di chiudere gli studenti nella scuola. Galois fu espulso a causa di questa lettera e si unì all'Artiglieria della Guardia Nazionale, il braccio repubblicano delle milizie. Il 31 dicembre 1830 l'Artiglieria della Guardia Nazionale fu abolita da un Decreto Reale, dal momento che il nuovo re Luigi-Filippo la sentiva come una minaccia al suo trono.

Due pubblicazioni minori, un estratto negli Annales de Gergonne (dicembre 1830) e una lettera sull'insegnamento della scienza nella Gazette des Ecoles (2 gennaio 1831) furono le ultime pubblicazioni durante la sua vita. Nel gennaio 1831 Galois tentò di ritornare alla matematica. Egli organizzò alcune classi di matematica sull'algebra più elevata che attirarono quaranta studenti al primo incontro, ma in seguito il numero diminuì rapidamente. Galois fu spronato da Poisson a presentare una terza versione del suo saggio sulle equazioni all'Accademia ed egli lo ascoltò, portandolo a termine il 17 gennaio.

Il 18 aprile Sophie Germain scrisse una lettera ad un suo amico, il matematico Libri, che descrive la situazione di Galois. "...la morte del Sig. Fourier, è stata troppo per questo studente, Galois, che, nonostante la sua impertinenza, dimostra segni di una disposizione notevole. Tutto

questo ha influito così tanto che è stato espulso dalla Ecole Normale. Non ha denaro. Dicono che diventerà completamente pazzo. Ho paura che sia vero".

Più tardi nel 1830 diciannove ufficiali dell'Artiglieria della Guardia Nazionale furono arrestati e accusati di cospirazione al fine di rovesciare il governo. Essi furono assolti e il 9 maggio 1831, 200 repubblicani si riunirono per una cena per celebrare l'assoluzione. Durante la cena, Galois sollevò il suo bicchiere e, con un pugnale nella sua mano, sembra che abbia fatto minacce contro il re, Luigi-Filippo. Dopo la cena, Galois fu arrestato e portato alla prigione Sainte-Pélagie. Al suo processo, il 15 giugno, il suo avvocato difensivo sostenne che Galois avesse detto "A Luigi-Filippo, se tradisce" ma le ultime parole furono mascherate dal rumore. Galois, piuttosto a sorpresa, poiché egli aveva essenzialmente ripetuto le minacce dal banco degli imputati, fu assolto.

Il 14 luglio fu il giorno della ricorrenza della presa della Bastiglia e Galois fu di nuovo arrestato. Egli indossava l'uniforme dell'Artiglieria della Guardia Nazionale, che era illegale. Portava anche un fucile carico, alcune pistole e un pugnale. Galois fu di nuovo mandato nella prigione di Sainte-Pélagie. Mentre era in prigione ricevette il rifiuto del suo saggio. Poisson riportava che: "Il suo argomento non è né sufficientemente chiaro né sufficientemente ben

sviluppato per permetterci di giudicare il suo valore".

Egli, comunque, incoraggiò Galois a pubblicare una relazione più completa del suo lavoro. Nella prigione Sainte-Pélagie, intanto, Galois cercò di suicidarsi, colpendosi con un pugnale, ma gli altri prigionieri glielo impedirono. Mentre era ubriaco in prigione fece emergere la sua anima: "Sapete cosa mi manca amici miei? Lo confido solo a voi: qualcuno che io possa amare e amare solo nello spirito. Ho perso mio padre e nessuno lo ha mai rimpiazzato, mi state ascoltando?".

Nel marzo 1832, un'epidemia di colera ripulì Parigi e i prigionieri, incluso Galois, furono trasferiti alla pensione Sieur Faultrier. Qui egli apparentemente si innamorò di Stephanie-Felice du Motel, la figlia del fisico del luogo. Dopo averlo capito, il 29 aprile Galois si scambiò delle lettere con Stephanie, ed è chiaro che cercava di allontanarsi da tale relazione.

Il nome Stephanie appare molte volte come nota a margine in uno dei manoscritti di Galois.

Galois combatté in un duello con Perscheux d'Herbinville il 30 maggio, la ragione del duello non è chiara ma era sicuramente collegata a Stephanie.

È questo che ha portato alla leggenda che egli abbia passato la sua ultima notte scrivendo tutto ciò che sapeva sulla teoria dei gruppi. Questa storia sembra, comunque, troppo esagerata.

Galois fu ferito nel duello e fu abbandonato da d'Herbinville e dai suoi padrini personali e trovato da un contadino. Morì all'età di 21 anni nell'ospedale Cochin il giorno 31 maggio 1832 e il suo funerale si svolse il 2 giugno. Fu l'occasione per il raduno dei Repubblicani e ne seguirono tumulti che durarono per alcuni giorni.

Il fratello di Galois e il suo amico Chevalier copiarono i suoi giornali matematici e li inviarono a Gauss, Jacobi e altri. Era stato un desiderio di Galois che Jacobi e Gauss dessero le loro opinioni sul suo lavoro. Non esiste nessun documento di alcun commento fatto da questi due uomini. Comunque, i giornali pervennero a Liouville che, nel settembre 1843, annunciò all'Accademia che aveva trovato nei giornali di Galois una soluzione concisa: "...tanto corretto quanto profondo è tale amabile problema. Data un'equazione non riducibile di primo grado, decidere se è risolvibile o meno attraverso i radicali".

Liouville pubblicò questi giornali di Galois nel suo giornale nel 1846. La teoria, che Galois abbozzò in questi giornali, è oggi chiamata "Teoria di Galois".

4. Biografia di Don Carlo Gnocchi

Anima ardente, traboccante di carità
25 ottobre 1902

Chi è Don Carlo Gnocchi?


Carlo Gnocchi, terzogenito di Enrico Gnocchi, marmista, e Clementina Pasta, sarta, nasce a San Colombano al Lambro, vicino Lodi, il 25 ottobre 1902. Rimasto orfano del padre all'età di cinque anni Carlo si trasferisce a Milano con la madre e i due fratelli Mario e Andrea. Non molto tempo dopo entrambi i fratelli moriranno di tubercolosi.

Carlo, di salute cagionevole, trascorre sovente lunghi periodi di convalescenza presso una zia a Montesiro, frazione di Besana, in provincia di Monza, nella Brianza. Carlo Gnocchi entra in seminario alla scuola del cardinale Andrea Ferrari e nel 1925 viene ordinato sacerdote dall'Arcivescovo di Milano, Eugenio Tosi. Don Gnocchi celebra la sua prima messa il 6 giugno a Montesiro.

Il primo impegno del giovane Don Carlo Gnocchi è quello di assistente d'oratorio: prima a Cernusco Sul Naviglio, vicino Milano, poi dopo solo un anno nella popolosa parrocchia di San Pietro in Sala, a Milano. Grazie al suo operato raccoglie stima, consensi e affetto tra la gente tanto che la fama delle sue doti di ottimo educatore giunge fino in Arcivescovado. Nel 1936 il Cardinale Ildefonso Schuster lo nomina direttore spirituale di una delle scuole più prestigiose di Milano: l'Istituto Gonzaga dei Fratelli delle Scuole Cristiane. In questo periodo Don Gnocchi studia intensamente e scrive brevi saggi di pedagogia. Sul finire degli anni '30 il Cardinale Schuster gli affida l'incarico dell'assistenza spirituale degli universitari della Seconda Legione di Milano, che comprende in buona parte studenti dell'Università Cattolica oltre che molti ex allievi del Gonzaga.

Nel 1940 l'Italia entra in guerra e molti giovani studenti vengono chiamati al fronte. Don Carlo, coerente alla tensione educativa che lo vuole sempre presente con i suoi giovani anche nel pericolo, si arruola come cappellano volontario nel battaglione "Val Tagliamento" degli alpini: la sua destinazione è il fronte greco albanese.

Terminata la campagna nei Balcani, dopo un breve intervallo a Milano, nel 1942 Don Carlo Gnocchi riparte per il fronte. Questa volta la meta è la Russia, con gli alpini della Tridentina. Nel gennaio del 1943 inizia la drammatica ritirata del contingente italiano: Don Gnocchi, caduto stremato ai margini della pista dove passava la fiumana dei soldati, viene miracolosamente soccorso, raccolto da una slitta e salvato. È proprio in questa tragica esperienza che, assistendo gli alpini feriti e morenti e raccogliendone le ultime volontà, matura in lui l'idea di realizzare una grande opera di carità che troverà compimento, dopo la guerra, nella "Fondazione Pro Juventute". Ritornato in Italia nel 1943, Don Gnocchi inizia il suo pellegrinaggio attraverso le vallate alpine, alla ricerca dei familiari dei caduti, per dare loro un conforto morale e materiale. In questo stesso periodo aiuta molti partigiani e politici a fuggire in Svizzera, rischiando in prima persona la vita: viene arrestato dalle SS con la grave accusa di spionaggio e di attività contro il regime.

A partire dal 1945 comincia a prendere forma concreta quel progetto di aiuto ai sofferenti pensato negli anni della guerra: Don Gnocchi viene nominato direttore dell'Istituto Grandi Invalidi di Arosio (Como), e accoglie i primi orfani di guerra e i bambini mutilati. Inizia così l'opera che porterà Don Carlo Gnocchi a guadagnare sul campo il titolo più meritorio di "padre dei mutilatini". Le richieste di ammissione arrivano da tutta Italia e ben presto la struttura di Arosio si rivela insufficiente ad accogliere i piccoli ospiti. Nel 1947 viene concessa in affitto - ad una cifra del tutto simbolica - una grande casa a Cassano Magnano, nel varesotto.

Nel 1949 l'Opera di Don Gnocchi ottiene un primo riconoscimento ufficiale: la "Federazione Pro Infanzia Mutilata", da lui fondata l'anno precedente per meglio coordinare gli interventi assistenziali nei confronti delle piccole vittime della guerra, viene riconosciuta ufficialmente con Decreto del Presidente della Repubblica. Nello stesso anno il Capo del Governo, Alcide De Gasperi, promuove Don Carlo Gnocchi consulente della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il problema dei mutilatini di guerra. Da questo momento, uno dopo l'altro, vengono aperti nuovi collegi: Parma (1949), Pessano (1949), Torino (1950), Inverigo (1950), Roma (1950), Salerno (1950) e Pozzolatico (1951). Nel 1951 la "Federazione Pro Infanzia Mutilata" viene sciolta e tutti i beni e le attività vengono attribuiti al nuovo soggetto giuridico creato da Don Gnocchi: la "Fondazione Pro Juventute", riconosciuta con Decreto del Presidente della Repubblica l'11 febbraio 1952.

Nel 1955 Don Carlo lancia la sua ultima grande sfida: si tratta di costruire un moderno centro che costituisca la sintesi della sua metodologia riabilitativa. Nel settembre dello stesso anno, alla presenza del Capo dello Stato, Giovanni Gronchi, viene posata la prima pietra della nuova struttura nei pressi dello stadio Meazza (San Siro) a Milano. Vittima di una malattia incurabile Don Gnocchi non riuscirà a vedere completata l'opera nella quale aveva investito le maggiori energie: il 28 febbraio 1956, la morte lo raggiunge prematuramente presso la Columbus, clinica di Milano dove è da tempo ricoverato per una grave forma di tumore.

I funerali, celebrati il giorno 1 marzo dall'arcivescovo Montini (poi Papa Paolo VI), furono grandiosi per partecipazione e commozione. La sensazione generale era che la scomparsa di Don Carlo Gnocchi avesse privato la comunità di un vero santo. Durante il rito venne portato al microfono un bambino. Un'ovazione seguì le parole del fanciullo: "Prima ti dicevo: ciao don Carlo. Adesso ti dico: ciao, san Carlo". A sorreggere la bara c'erano quattro alpini; altri portavano sulle spalle i piccoli mutilatini in lacrime. Tra amici, conoscenti e semplici cittadini erano in centomila a gremire il Duomo di Milano e la sua piazza. L'intera città listata a lutto.

Proprio il giorno del funerale esce un piccolo libro da lui scritto con le sue ultime forze, come una sorta di testamento, che condensa tutta la sua vita e il suo sacerdozio, la sua opera in mezzo alla gioventù delle parrocchie, dell'Istituto Gonzaga, di cappellano militare, ma soprattutto in mezzo al dolore dei piccoli e dei più giovani, per dare ad ogni lacrima, a ogni goccia di sangue sparsa, il significato e il valore più alto.

L'ultimo gesto apostolico di Don Gnocchi è stato la donazione delle cornee a due ragazzi non vedenti - Silvio Colagrande e Amabile Battistello - quando in Italia il trapianto di organi non era ancora disciplinato da apposite leggi. Il doppio intervento, eseguito dal prof. Cesare Galeazzi, riuscì perfettamente. La generosità di Don Carlo che ebbe anche in punto di morte e l'enorme impatto che il trapianto e i risultati dell'operazioni ebbero sull'opinione pubblica impressero un'accelerazione decisiva al dibattito. Nel giro di poche settimane venne varata una legge sul tema.

Trent'anni dopo la mortedi Don Carlo Gnocchi il cardinale Carlo Maria Martini istituirà il Processo di Beatificazione. La fase diocesana avviata nel 1987 si è conclusa nel 1991. Il 20 dicembre 2002 Papa Giovanni Paolo II lo ha dichiarato venerabile. Nel 2009 il cardinale Dionigi Tettamanzi annuncia che la beatificazione avverrà il 25 ottobre dello stesso anno.

5. Biografia di Katy Perry

Irriverenti confessioni

Chi è Katy Perry?


Katheryn Elizabeth Hudson nasce a Santa Barbara (California, USA) il giorno 25 ottobre 1984. Figlia di due pastori metodisti, Katy Perry cresce ascoltando musica gospel. All'età di 15 anni ha già in sé la determinazione necessaria per seguire la carriera musicale. Inizia a lavorare per qualche tempo a Nashville con alcuni importanti autori e compositori professionisti: a 17 anni Katy entra in contatto con il leggendario produttore e songwriter Glen Ballard, che per alcuni anni la guida, intuisce e sviluppa il suo talento nonché le sua capacità di scrittura dei testi. Nel 2001 ottiene quindi un contratto con la Red Hill Records, etichetta per la quale pubblica il suo primo disco, che porta il suo vero nome, "Katy Hudson"; l'album è di genere gospel cristiano.

In seguito comincia ad essere influenzata dalla musica rock, dai Queen di Freddie Mercury ad Alanis Morissette. La forza delle canzoni e la bella voce di Katy catturano l'attenzione di Jason Flom, dirigente del gruppo Capitol Music, che la mette sotto contratto nella primavera del 2007. A questo punto della carriera decide di cambiare il proprio cognome adottando il cognome da nubile della madre; si fa conoscere così come Katy Perry, abbandonando Katy Hudson perchè è un nome troppo assonante a quello dell'attrice Kate Hudson.

Katy Perry comincia a lavorare con il team di produzione «The Matrix» e, in particolare, con il produttore Glen Ballard. In questo periodo, incide anche una canzone che viene inserita nella colonna sonora del film "4 amiche e un paio di jeans" (Sisterhood of the Travelling Pants). Nei primi mesi del 2007 firma un contratto con la Capitol Records, con la quale il 17 giugno 2008 pubblica l'album "One of the Boys". L'album viene preceduto da un EP, nel 2007, intitolato "Ur So Gay", prodotto e scritto insieme a Greg Wells (produttore degli OneRepublic e di Mika). La canzone che dà il titolo all'EP, "Ur So Gay", attira l'attenzione di Madonna; quest'ultima ha modo di dichiarare più volte il suo apprezzamento per Katy Perry.

Il 29 aprile 2008 viene estratto e promosso il primo singolo dall'album "One of the Boys"; la canzone si intitola "I Kissed a Girl", debutta nella Billboard Hot 100 alla posizione numero 76, scala la classifica e arriva alla vetta il 25 giugno 2008. Al successo contribuiscono forse le polemiche e le controversie relative alla rappresentazione di sessualità, omosessualità e promiscuità che il testo esprime. Katy Perry ha anche lavorato come attrice nella soap opera "Febbre d'amore"; appare inoltre in alcuni videoclips, uno dei P.O.D. e uno della canzone "Cupid's Chokehold" dei Gym Class Heroes, il cui leader Travis McCoy, è stato suo fidanzato fino all'inizio del 2009.

Perezhilton.com, uno dei massimi anticipatori di nuove tendenze, ha scritto "Se Avril Lavigne avesse davvero talento e fosse realmente carina e seducente, sarebbe Katy Perry. Lei ha tutte queste doti". A sottolineare quanto faccia tendenza il personaggio di Katy Perry vi sono anche i suoi passaggi televisivi dal vivo nelle trasmissioni italiane, come "Quelli che il calcio" di Simona Ventura, nel 2008, e il Festival di Sanremo 2009, voluta e invitata da Paolo Bonolis, conduttore e direttore artistico.

Il 23 ottobre 2010 sposa l'attore inglese Russell Brand in India, in una tradizionale cerimonia hindu; il matrimonio però è brevissimo: dopo solo quattordici mesi i due divorziano.


6. Biografia di Pablo Picasso

Un fiume in piena
25 ottobre 1881
8 aprile 1973

Chi è Pablo Picasso?


Pablo Ruiz Picasso nasce il 25 ottobre 1881, di sera, a Malaga, in Plaza de la Mercede. Il padre, Josè Ruiz Blasco, è professore alla Scuola delle Arti e dei Mestieri e conservatore del museo della città. Durante il tempo libero è anche pittore. Si dedica soprattutto alla decorazione delle sale da pranzo: foglie, fiori, pappagalli e soprattutto colombi che ritrae e studia nelle abitudini e negli atteggiamenti - in modo quasi ossessivo - tanto da allevarli e farli svolazzare liberamente in casa.

Si racconta che la prima parola pronunciata dal piccolo Pablo non sia stata la tradizionale "mamma", ma "Piz!", da "lapiz", che significa matita. E prima ancora di incominciare a parlare Pablo disegna. Gli riesce talmente bene che, qualche anno dopo, il padre lo lascia collaborare ad alcuni suoi quadri, affidandogli - strano il caso - proprio la cura e la definizione dei particolari. Il risultato sorprende tutti: il giovane Picasso rivela subito una precoce inclinazione per il disegno e la pittura. Il padre favorisce le sue attitudini, sperando di trovare in lui la realizzazione delle sue ambizioni deluse.

Nel 1891 la famiglia si trasferisce a La Coruna, dove Don José ha accettato un posto da insegnante di disegno nel locale Istituto d'Arte; qui Pablo a partire dal 1892 frequenta i corsi di disegno della Scuola di Belle Arti.

Intanto i genitori mettono al mondo altre due bambine, una delle quali morirà quasi subito. In questo stesso periodo il giovane Picasso rivela un nuovo interesse: dà vita a molte riviste (realizzate in un unico esemplare) che redige e illustra da solo, battezzandole con nomi di fantasia come "La torre de Hercules", "La Coruna", "Azuly Blanco".

Nel Giugno 1895 Josè Ruiz Blasco ottiene un posto a Barcellona. Nuovo trasferimento della famiglia: Pablo prosegue i suoi studi artistici presso l'Accademia della capitale catalana. Ha perfino uno studio, in calle de la Plata, che divide con il suo amico Manuel Pallarès.

Negli anni successivi troviamo Pablo a Madrid, dove vince il concorso dell'Accademia Reale. Lavora moltissimo, mangia poco, vive in un tugurio mal riscaldato e, alla fine, si ammala. Con la scarlattina ritorna a Barcellona dove per un periodo frequenta la taverna artistica letteraria "Ai quattro gatti" ("Els Quatre Gats"), così chiamata in onore de "Le Chat Noir" di Parigi. Qui si ritrovano artisti, politicanti, poeti e vagabondi di ogni tipo e razza.

L'anno seguente, è il 1897, porta a termine una serie di capolavori, fra cui la famosa tela "Scienza e carità", ancora assai legata alla tradizione pittorica dell'Ottocento. Il quadro ottiene una menzione all'Esposizione nazionale di Belle Arti di Madrid. Mentre prosegue diligentemente la frequentazione dell'Accademia e il padre pensa di mandarlo a Monaco, la sua natura esplosiva e rivoluzionaria comincia pian piano a manifestarsi. Proprio in questo periodo, fra l'altro, adotta anche il nome di sua madre come nome d'arte. Egli stesso spiegherà questa decisione, dichiarando che "i miei amici di Barcellona mi chiamavano Picasso perché questo nome era più strano, più sonoro di Ruiz. E' probabilmente per questa ragione che l'ho adottato".

In questa scelta, molti vedono in realtà un conflitto sempre più grave tra padre e figlio, una decisione che sottolinea il vincolo d'affetto nei confronti della madre, dalla quale secondo numerose testimonianze, sembra che abbia preso molto. Tuttavia, malgrado i contrasti, anche il padre continua a rimanere un modello per lo scapigliato artista, in procinto di effettuare una rottura radicale con il clima estetico del suo tempo. Picasso lavora con furore. Le tele, gli acquerelli, i disegni a carboncino e a matita che escono dal suo studio di Barcellona in questi anni sorprendono per il loro eclettismo.

Fedele alle sue radici e ai suoi affetti, è proprio nella sala delle rappresentazioni teatrali di "Els Quatre Gats" che Picasso allestisce la sua prima mostra personale, inaugurata il primo febbraio 1900. Malgrado l'intento di fondo dell'artista (e della sua cerchia di amici) sia quella di scandalizzare il pubblico, la mostra sostanzialmente piace, malgrado le solite riserve dei conservatori, e si vendono molte opere su carta.

Pablo diventa un "personaggio", odiato e amato. Il ruolo dell'artista maledetto per un po' lo soddisfa. Ma alla fine dell'estate 1900, soffocato dall' "ambiente" che lo circonda, prende un treno per Parigi.

Si stabilisce a Montmartre, ospite del pittore barcellonese Isidro Nonell, e incontra molti dei suoi compatrioti tra i quali Pedro Manyac, mercante di quadri che gli offre 150 franchi al mese in cambio della sua produzione: la somma è discreta e permette a Picasso di vivere qualche mese a Parigi senza troppe preoccupazioni. Non sono momenti facili dal punto di vista economico, nonostante le importanti amicizie che stringe in questi anni, tra cui quella con il critico e poeta Max Jacob che cerca di aiutarlo in ogni modo. Intanto conosce una ragazza della sua età: Fernande Olivier, che ritrae in moltissimi suoi quadri.

Il clima parigino, e più specificamente quello di Montmartre, ha una profonda influenza. In particolare Picasso rimane colpito da Toulouse-Lautrec, a cui si ispira per alcune opere di quel periodo.

Alla fine dello stesso anno torna in Spagna forte di questa esperienza. Soggiorna a Malaga, poi trascorre qualche mese a Madrid, dove collabora alla realizzazione di una nuova rivista "Artejoven", pubblicata dal catalano Francisco de Asis Soler (Picasso illustra quasi interamente il primo numero con scene caricaturali di vita notturna). Nel febbraio del 1901 riceve però una terribile notizia: l'amico Casagemas si è suicidato per un dispiacere d'amore. L'evento colpisce profondamente Picasso, segnando a lungo la sua vita e la sua arte.

Riparte per Parigi: questa volta vi torna per allestire una mostra presso l'influente mercante Ambroise Vollard.

A venticinque anni Picasso é riconosciuto ed ammirato non solo come pittore, ma anche come scultore ed incisore. Durante una visita al Musée de l'Homme, al palazzo Trocadero a Parigi, rimane colpito dalle maschere dell'Africa Nera, lì esposte, e dal fascino che emanano. I sentimenti più contrastanti, la paura, il terrore, l'ilarità si manifestano con un'immediatezza che Picasso vorrebbe anche nelle sue opere. Viene alla luce l'opera "Les Demoiselles d'Avignon", che inaugura uno dei più importanti movimenti artistici del secolo: il cubismo.

Nel 1912 Picasso incontra la seconda donna della sua vita: Marcelle, da lui detta Eva, ad indicare che é diventata lei la prima di tutte le donne. La scritta "Amo Eva" compare su molti quadri del periodo cubista.

Nell'estate 1914 si incomincia a respirare aria di guerra. Alcuni degli amici di Pablo, tra cui Braque e Apollinaire, partono per il fronte. Montmartre non é più il quartiere di prima. Molti circoli artistici si svuotano.

Purtroppo poi nell'inverno 1915 Eva si ammala di tubercolosi e dopo pochi mesi muore. Per Picasso é un duro colpo. Cambia casa, si trasferisce alle porte di Parigi. Conosce il poeta Cocteau che, in stretti contatti con i "Ballets Russes" (gli stessi per i quali componeva Stravinskij, al quale Picasso dedicherà un memorabile ritratto ad inchiostro), gli propone di disegnare i costumi e le scene del prossimo spettacolo. I "Ballets Russes" hanno anche un'altra importanza, questa volta strettamente privata: grazie a loro l'artista conosce una nuova donna, Olga Kokhlova, che diventerà ben presto moglie e sua nuova musa ispiratrice, da lì a qualche anno sostituita però con Marie-Thérése Walter, di appena diciassette anni, anche se indubbiamente assai matura. Anche quest'ultima entrerà come linfa vitale nelle opere dell'artista in qualità di modella preferita.

Nel 1936, in un momento non facile anche dal punto di vista personale, in Spagna scoppia la guerra civile: i repubblicani contro i fascisti del generale Franco. Per il suo amore per la libertà Picasso simpatizza per i repubblicani. Molti amici dell'artista partono per unirsi alle Brigate Internazionali.

Una sera, in un caffé di Saint-German, presentatagli dal poeta Eluard, conosce Dora Maar, pittrice e fotografa. Immediatamente, i due si capiscono, grazie anche all'interesse comune per la pittura, e tra loro nasce un'intesa.

Nel frattempo le notizie dal fronte non sono buone: i fascisti avanzano.

Il 1937 é l'anno dell'Esposizione Universale di Parigi. Per i repubblicani del Frente Popular é importante che il legittimo governo spagnolo vi sia ben rappresentato. Per l'occasione Picasso crea un'opera enorme: "Guernica", dal nome della città basca appena bombardata dai tedeschi. Attacco che aveva provocato moltissimi morti, tra la gente intenta a compiere spese al mercato. La "Guernica" diventerà l'opera simbolo della lotta al fascismo.

Negli anni '50 Pablo Picasso é ormai un'autorità in tutto il mondo. Ha settant'anni ed é finalmente sereno, negli affetti e nella vita lavorativa. Negli anni seguenti il successo aumenta e spesso la privacy dell'artista viene violata da giornalisti e fotografi senza scrupoli. Si succedono mostre e personali, opere su opere, quadri su quadri. Fino al giorno 8 aprile 1973 quando Pablo Picasso, all'età di 92 anni, improvvisamente, si spegne.

L'ultimo quadro di quel genio - come dice André Malraux - "che solo la morte ha saputo dominare", reca la data 13 gennaio 1972: è il celebre "Personaggio con uccello".

L'ultima dichiarazione che ci rimane di Picasso è questa: "Tutto ciò che ho fatto è solo il primo passo di un lungo cammino. Si tratta unicamente di un processo preliminare che dovrà svilupparsi molto più tardi. Le mie opere devono essere viste in relazione tra loro, tenendo sempre conto di ciò che ho fatto e di ciò che sto per fare".

Opre di Picasso: approfondimento di alcuni quadri significativi

La bevitrice di assenzio (1901)
Margot (1901)
Les Demoiselles d'Avignon (1907)
Autoritratto (1907)
Tre donne (1909)
Arlecchino allo specchio (1923)
Guernica (1937)

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