Punti notevoli del libro: Neemia | Lettura della Bibbia

Punti notevoli della lettura della Bibbia: Neemia | Testi spiegati e lezioni pratiche

SCHEMA DEL LIBRO DI NEEMIA

Avvenimenti riguardanti la ricostruzione delle mura di Gerusalemme e la successiva correzione di pratiche errate diffuse fra gli ebrei
Abbraccia un periodo iniziato più di 80 anni dopo il ritorno degli ebrei dall’esilio in Babilonia
Ricostruite le mura di Gerusalemme nonostante l’opposizione
A Susa Neemia viene a sapere che le mura di Gerusalemme giacciono in rovina; invoca l’aiuto di Geova in preghiera, poi chiede ad Artaserse re di Persia il permesso di andare a ricostruire la città e le sue mura; Artaserse acconsente (1:1–2:9)
Arrivato a Gerusalemme, Neemia ispeziona nottetempo le mura diroccate; in seguito rivela agli ebrei la sua intenzione di ricostruirle (2:11-18)
Sanballat, Tobia e Ghesem — tutti stranieri — si oppongono alla ricostruzione; dapprima si limitano agli scherni, poi formano una cospirazione per combattere contro Gerusalemme; Neemia arma gli operai, e la ricostruzione prosegue (2:19–4:23)
I complotti contro Neemia falliscono e le mura vengono completate in 52 giorni (6:1-19)
Le mura vengono inaugurate; durante la cerimonia due cori e processioni di rendimento di grazie marciano in direzioni opposte sulle mura e si ricongiungono presso il tempio; c’è grande allegrezza (12:27-43)
Sistemati gli affari di Gerusalemme
Ricostruite le mura, Neemia fortifica Gerusalemme con porte e nomina portinai, cantori e leviti; affida il comando della città a Hanani e Hanania (7:1-3)
Neemia dispone che il popolo si iscriva nei registri genealogici; trova il registro genealogico di quelli tornati da Babilonia con Zorobabele; i sacerdoti che non sono in grado di stabilire la loro genealogia vengono esclusi ‘finché non ci sia il sacerdote con Urim e Tummim’ (7:5-73)
Gerusalemme è scarsamente popolata, così una persona su dieci viene estratta a sorte per risiedere in città (7:4; 11:1, 2)
Sforzi per migliorare la condizione spirituale degli ebrei
Gli ebrei facoltosi accettano di risarcire i loro fratelli poveri, ai quali hanno ingiustamente fatto pagare interessi sui prestiti (5:1-13)
Nel corso di un’assemblea pubblica, Esdra provvede alla lettura della Legge e alcuni leviti lo aiutano a spiegarla; il popolo piange, ma viene esortato a rallegrarsi perché è un giorno santo; si rallegrano anche per aver compreso ciò che è stato letto loro (8:1-12)
Il giorno seguente, grazie alla lettura della Legge, il popolo viene a conoscenza della necessità di celebrare la festa delle capanne; la festa viene quindi osservata con grande allegrezza (8:13-18)
Si tiene poi un raduno durante il quale il popolo confessa i propri peccati e ricorda ciò che Geova ha fatto per la nazione d’Israele; fa voto di osservare la Legge, di non contrarre i matrimoni misti con stranieri e di assumersi le proprie responsabilità per quanto riguarda il mantenimento del tempio e dei suoi servizi (9:1–10:39)
Dopo l’inaugurazione delle mura la Legge viene nuovamente letta in pubblico; quando il popolo comprende che ammoniti e moabiti non devono essere ammessi nella congregazione, “tutta la compagnia mista” viene separata da Israele (13:1-3)
Dopo una lunga assenza Neemia torna a Gerusalemme e scopre che la situazione è degenerata; purifica le sale da pranzo, dispone che si facciano contribuzioni per sostenere i leviti e i cantori, fa rispettare la legge sul sabato e riprende quelli che hanno sposato donne straniere (13:4-30)

1°-7 febbraio 2016
Neemia 1-4

(NEEMIA 1:1)

“Le parole di Neemia figlio di Acalia: Ora avvenne nel mese di chislev, nel ventesimo anno, che io stesso mi trovavo a Susa il castello.”

*** w06 1/2 p. 8 par. 5 Punti notevoli del libro di Neemia ***
1:1; 2:1: Il “ventesimo anno” menzionato in questi due versetti si conta partendo dallo stesso punto di riferimento? Sì, il 20° anno è quello del regno di Artaserse. Ciò che differisce è il metodo usato in questi versetti per calcolarlo. Le prove storiche additano il 475 a.E.V. come anno in cui Artaserse salì al trono. Dato che gli scribi babilonesi contavano di solito gli anni di regno dei re persiani da nisan (marzo/aprile) a nisan, il primo anno di regno di Artaserse iniziò nel nisan del 474 a.E.V. Quindi il 20° anno menzionato in Neemia 2:1 cominciò nel nisan del 455 a.E.V. Il mese di chislev (novembre/dicembre) menzionato in Neemia 1:1 era logicamente il chislev dell’anno precedente, cioè il 456 a.E.V. Neemia si riferisce anche a quel mese come se cadesse nel 20° anno di regno di Artaserse. Forse in questo caso contava gli anni da quello di ascesa al trono del monarca. È anche possibile che Neemia contasse il tempo in base a ciò che gli ebrei di oggi chiamano anno civile, che comincia con il mese di tishri, corrispondente a settembre/ottobre. Comunque sia, l’anno in cui venne dato il comando di restaurare Gerusalemme fu il 455 a.E.V.

*** it-1 p. 443 Castello ***
“Susa il castello”, circa 360 km a E di Babilonia, era una delle residenze del re di Persia. Neemia, prima di partire per Gerusalemme, vi prestò servizio come coppiere del re. (Ne 1:1)

*** it-2 p. 377 Neemia, Libro di ***
Quando fu scritto e quale periodo abbraccia. Il mese di chislev (novembre-dicembre) di un certo 20° anno è il punto di partenza della narrazione storica. (Ne 1:1) Da Neemia 2:1 risulta trattarsi del 20° anno del regno di Artaserse. Ovviamente in questo caso il 20° anno non viene calcolato a partire dal mese di nisan (marzo-aprile), perché il chislev del 20° anno non avrebbe preceduto il nisan (menzionato in Ne 2:1) dello stesso 20° anno. Può darsi dunque che Neemia seguisse un suo calcolo del tempo, facendo iniziare l’anno lunare col mese di tishri (settembre-ottobre), che per gli ebrei è tuttora il primo mese dell’anno civile. Un’altra possibilità è che la durata del regno del re venisse calcolata a partire dalla data effettiva della sua ascesa al trono. Potrebbe essere così anche se gli scribi babilonesi continuarono a calcolare nel modo consueto gli anni di regno del re di Persia da nisan a nisan, come risulta dalle loro tavolette in cuneiforme.
Attendibili testimonianze storiche e l’adempimento della profezia biblica indicano che l’anno in cui cadde il nisan del 20° anno del regno di Artaserse fu il 455 a.E.V. (Vedi PERSIA, PERSIANI [I regni di Serse e di Artaserse]). Quindi il chislev precedente il nisan di quel 20° anno sarebbe caduto nel 456 a.E.V. e il 32° anno del regno di Artaserse (l’ultima data menzionata in Neemia [13:6]) avrebbe incluso parte del 443 a.E.V. Perciò il libro di Neemia abbraccia un periodo che va dal chislev del 456 a.E.V. fino a qualche tempo dopo il 443 a.E.V.

*** it-2 p. 964 Settanta settimane ***
Tuttavia, a riprova del fatto che Neemia, nel riferire certi avvenimenti, può aver usato un calendario che iniziava in autunno, possiamo confrontare Neemia 1:1-3 con 2:1-8. Nel primo brano egli dice di avere ricevuto cattive notizie sulla condizione di Gerusalemme nel mese di chislev (terzo mese del calendario civile e nono mese del calendario sacro) nel 20° anno di Artaserse. Nel secondo, chiede al re il permesso di andare a ricostruire Gerusalemme, permesso che gli viene concesso nel mese di nisan (settimo mese del calendario civile e primo mese del calendario sacro), ma sempre nel 20° anno di Artaserse. Quindi è ovvio che Neemia non contava gli anni del regno di Artaserse da nisan a nisan.

*** w86 15/2 p. 25 La vera adorazione trionfa ***
♦ 1:1 — Che anno era?
Era il ventesimo anno del re Artaserse (Longimano). (2:1) Dato che in questa narrazione il mese di chislev (novembre-dicembre) viene menzionato prima di quello di nisan (marzo-aprile), sembra che i re persiani contassero gli anni dei rispettivi regni da autunno ad autunno, o dal momento in cui accedevano effettivamente al trono. Fidate prove storiche e profezie bibliche adempiute indicano che il mese di nisan del ventesimo anno di Artaserse cadde nel 455 a.E.V. Perciò il racconto di Neemia inizia nell’autunno del 456 a.E.V. e il decreto di ricostruire Gerusalemme fu emanato nella primavera del 455 a.E.V.

(NEEMIA 1:3)

“Pertanto mi dissero: “Quelli restati, che sono restati dalla cattività, là nel distretto giurisdizionale, sono in una pessima condizione e nel biasimo; e le mura di Gerusalemme sono diroccate, e le sue stesse porte sono state bruciate col fuoco”.”

*** it-1 p. 704 Distretto ***
Evidentemente erano suddivisioni del “distretto giurisdizionale” persiano, o “provincia”, di Giuda. (Ne 1:3; CEI, VR)

*** it-1 p. 705 Distretto giurisdizionale ***
Forse perché avevano vissuto nel distretto giurisdizionale di Babilonia, gli esuli ebrei rimpatriati sono chiamati “figli del distretto giurisdizionale”. (Esd 2:1; Ne 7:6) Oppure questa designazione può alludere al fatto che erano abitanti del distretto giurisdizionale medo-persiano di Giuda. — Ne 1:3.

(NEEMIA 1:11)

“Ah, Geova, ti prego, sia il tuo orecchio attento alla preghiera del tuo servitore e alla preghiera dei tuoi servitori che provano diletto nel temere il tuo nome; e, ti prego, concedi successo oggi al tuo servitore e rendilo oggetto di pietà davanti a quest’uomo”. Ora io stesso ero coppiere del re.”

*** w10 1/7 p. 9 Lo sapevate? ***
In cosa consisteva l’incarico di coppiere del re?
▪ Neemia era il coppiere del re persiano Artaserse. (Neemia 1:11) Nell’antico mondo mediorientale chi aveva l’incarico di coppiere del re non era un umile servo. Era piuttosto un alto funzionario di corte. La letteratura classica e le numerose riproduzioni iconografiche di coppieri giunte fino a noi ci permettono di trarre varie conclusioni in merito al ruolo che Neemia ricopriva alla corte persiana.
Il coppiere assaggiava il vino del re per accertarsi che non fosse avvelenato. Godeva quindi dell’incondizionata fiducia del monarca. “E c’era davvero bisogno di servitori fidati, dal momento che alla corte achemenide [persiana] gli intrighi erano all’ordine del giorno”, dice lo storico Edwin M. Yamauchi. Probabilmente il coppiere era anche uno dei funzionari che più godevano del favore del re e aveva un notevole ascendente su di lui. Essendo ogni giorno così vicino al sovrano, forse aveva anche la facoltà di stabilire chi poteva accedere al suo cospetto.
Una simile posizione potrebbe aver contribuito a far sì che la richiesta di Neemia, di tornare a Gerusalemme per ricostruirne le mura, venisse accolta. Neemia sarà stato molto apprezzato dal re. L’Anchor Bible Dictionary osserva: “In risposta il re si limitò a chiedergli: ‘Quando tornerai?’” — Neemia 2:1-6.
[Diagramma/Illustrazione a pagina 9]
Bassorilievo, palazzo di Persepoli
[Diagramma]
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata
Coppiere
Il principe ereditario Serse
Dario il Grande
[Fonte]
© The Bridgeman Art Library International

*** it-1 p. 560 Coppiere ***
COPPIERE
Funzionario di corte che serviva il vino o altre bevande al re. (Ge 40:1, 2, 11; Ne 1:11; 2:1) Fra le mansioni del capo coppiere c’era quella di assaggiare il vino prima di mescerlo al re. Questo perché c’era sempre la possibilità che qualcuno attentasse alla vita del sovrano mettendo del veleno nel vino.
L’assoluta fedeltà era uno dei principali requisiti del coppiere, dato che era in gioco la vita del re. A corte la sua posizione era fra quelle di maggior prestigio. Il capo coppiere spesso era presente ai colloqui e alle riunioni del re. Essendo a stretto contatto e spesso in confidenza col sovrano, il coppiere esercitava una notevole influenza su di lui. Fu il coppiere del faraone a raccomandare Giuseppe. (Ge 41:9-13) Artaserse re di Persia aveva molta stima per il suo coppiere, Neemia. (Ne 2:6-8) Quando Neemia si recò a Gerusalemme, Artaserse gli fornì una scorta militare per il viaggio. — Ne 2:9.

(NEEMIA 2:1)

“E avvenne, nel mese di nisan, nel ventesimo anno di Artaserse il re, che il vino era davanti a lui, e io presi come al solito il vino e lo diedi al re. Ma io non ero mai stato triste davanti a lui.”

*** w06 1/2 p. 8 par. 5 Punti notevoli del libro di Neemia ***
1:1; 2:1: Il “ventesimo anno” menzionato in questi due versetti si conta partendo dallo stesso punto di riferimento? Sì, il 20° anno è quello del regno di Artaserse. Ciò che differisce è il metodo usato in questi versetti per calcolarlo. Le prove storiche additano il 475 a.E.V. come anno in cui Artaserse salì al trono. Dato che gli scribi babilonesi contavano di solito gli anni di regno dei re persiani da nisan (marzo/aprile) a nisan, il primo anno di regno di Artaserse iniziò nel nisan del 474 a.E.V. Quindi il 20° anno menzionato in Neemia 2:1 cominciò nel nisan del 455 a.E.V. Il mese di chislev (novembre/dicembre) menzionato in Neemia 1:1 era logicamente il chislev dell’anno precedente, cioè il 456 a.E.V. Neemia si riferisce anche a quel mese come se cadesse nel 20° anno di regno di Artaserse. Forse in questo caso contava gli anni da quello di ascesa al trono del monarca. È anche possibile che Neemia contasse il tempo in base a ciò che gli ebrei di oggi chiamano anno civile, che comincia con il mese di tishri, corrispondente a settembre/ottobre. Comunque sia, l’anno in cui venne dato il comando di restaurare Gerusalemme fu il 455 a.E.V.

*** dp cap. 11 Rivelato il tempo della venuta del Messia ***
[Riquadro/Foto a pagina 197]
Quando iniziò il regno di Artaserse?
GLI storici non sono concordi sull’anno in cui iniziò a regnare il monarca persiano Artaserse. Alcuni hanno collocato il suo anno di accessione nel 465 a.E.V. perché il padre, Serse, cominciò a regnare nel 486 a.E.V. e morì nel 21° anno del suo regno. Tuttavia esistono prove che Artaserse salì al trono nel 475 a.E.V. e che il suo primo anno di regno iniziò nel 474 a.E.V.
Iscrizioni e sculture rinvenute nell’antica capitale persiana Persepoli indicano una coreggenza di Serse e suo padre, Dario I. Se questa durò 10 anni e, dopo la morte di Dario nel 486 a.E.V., Serse regnò da solo per 11 anni, il primo anno del regno di Artaserse sarebbe il 474 a.E.V.
Una seconda serie di prove riguarda il generale ateniese Temistocle, che nel 480 a.E.V. sconfisse gli eserciti di Serse. In seguito egli cadde in disgrazia presso i greci e fu accusato di tradimento. Temistocle fuggì e cercò protezione alla corte persiana, dove fu accolto. Secondo lo storico greco Tucidide questo avvenne quando Artaserse “regnava da poco tempo”. Lo storico greco Diodoro Siculo pone la morte di Temistocle nel 471 a.E.V. Poiché Temistocle chiese un anno per imparare il persiano prima di essere ricevuto dal re Artaserse, dovette arrivare in Asia Minore non più tardi del 473 a.E.V. Questa data è confermata dal Chronicon di Eusebio nella versione di Girolamo. Poiché Artaserse “regnava da poco tempo” quando Temistocle arrivò in Asia nel 473 a.E.V., lo studioso tedesco Ernst Hengstenberg in Christologie des Alten Testaments affermava che il regno di Artaserse iniziò nel 474 a.E.V., come fanno altre fonti. E aggiungeva: “Il ventesimo anno di Artaserse è il 455 avanti Cristo”.
[Nota in calce]
Le Storie, I, 137, 3, a cura di G. Donini, UTET, Torino, 1982.
[Foto]
Busto di Temistocle

*** w90 15/10 p. 10 par. 2 Per quale motivo doveva venire il Messia? ***
Erano passati esattamente 483 anni da che il re persiano Artaserse aveva emanato il comando di riedificare Gerusalemme, cosa che fece nel suo 20° anno di regno, il 455 a.E.V. (Neemia 2:1-8)

*** it-1 pp. 208-209 Artaserse ***
Durante il 20° anno del suo regno, Artaserse I Longimano diede a Neemia il permesso di tornare a Gerusalemme per ricostruire le mura e le porte della città. (Ne 2:1-8) Poiché questo fatto è menzionato in Daniele 9:25 in relazione al tempo della promessa venuta del Messia, la data del 20° anno di Artaserse è molto importante.

*** it-1 p. 627 Cronologia ***
La successiva data di notevole importanza è il 20° anno di Artaserse I (Longimano), anno in cui Neemia ricevette il permesso di tornare a Gerusalemme per riedificarla. (Ne 2:1, 5-8) Le ragioni per preferire il 455 a.E.V. come data di tale 20° anno invece di quella tradizionale del 445 a.E.V. sono trattate alla voce PERSIA, PERSIANI. Gli avvenimenti di quell’anno relativi alla ricostruzione di Gerusalemme e delle sue mura costituiscono il punto di partenza della profezia delle “settanta settimane” di Daniele 9:24-27.

*** it-2 p. 377 Neemia, Libro di ***
Quando fu scritto e quale periodo abbraccia. Il mese di chislev (novembre-dicembre) di un certo 20° anno è il punto di partenza della narrazione storica. (Ne 1:1) Da Neemia 2:1 risulta trattarsi del 20° anno del regno di Artaserse. Ovviamente in questo caso il 20° anno non viene calcolato a partire dal mese di nisan (marzo-aprile), perché il chislev del 20° anno non avrebbe preceduto il nisan (menzionato in Ne 2:1) dello stesso 20° anno. Può darsi dunque che Neemia seguisse un suo calcolo del tempo, facendo iniziare l’anno lunare col mese di tishri (settembre-ottobre), che per gli ebrei è tuttora il primo mese dell’anno civile. Un’altra possibilità è che la durata del regno del re venisse calcolata a partire dalla data effettiva della sua ascesa al trono. Potrebbe essere così anche se gli scribi babilonesi continuarono a calcolare nel modo consueto gli anni di regno del re di Persia da nisan a nisan, come risulta dalle loro tavolette in cuneiforme.
Attendibili testimonianze storiche e l’adempimento della profezia biblica indicano che l’anno in cui cadde il nisan del 20° anno del regno di Artaserse fu il 455 a.E.V. (Vedi PERSIA, PERSIANI [I regni di Serse e di Artaserse]). Quindi il chislev precedente il nisan di quel 20° anno sarebbe caduto nel 456 a.E.V. e il 32° anno del regno di Artaserse (l’ultima data menzionata in Neemia [13:6]) avrebbe incluso parte del 443 a.E.V. Perciò il libro di Neemia abbraccia un periodo che va dal chislev del 456 a.E.V. fino a qualche tempo dopo il 443 a.E.V.

*** it-2 p. 964 Settanta settimane ***
Quando ebbero inizio le “settanta settimane” profetiche?
Per quanto riguarda l’inizio delle 70 settimane, Neemia ebbe da Artaserse re di Persia, nel 20° anno del suo regno, nel mese di nisan, il permesso di ricostruire le mura e la città di Gerusalemme. (Ne 2:1, 5, 7, 8) Per le indicazioni relative al regno di Artaserse, Neemia a quanto pare usò un calendario che iniziava col mese di tishri (settembre-ottobre), come l’attuale calendario civile ebraico, e terminava col mese di elul (agosto-settembre), il 12° mese. Non è noto se questo era il suo modo di calcolare il tempo o quello seguito in determinati casi in Persia.
Qualcuno potrebbe obiettare a quanto detto sopra citando Neemia 7:73, dove Neemia parla di Israele radunato nelle sue città nel settimo mese, e questo secondo un calendario che inizia col mese di nisan. Ma in questo caso Neemia stava copiando “il libro della registrazione genealogica di quelli che erano saliti la prima volta” con Zorobabele nel 537 a.E.V. (Ne 7:5) Un’altra volta Neemia descrive la celebrazione della festa delle capanne avvenuta allora nel settimo mese. (Ne 8:9, 13-18) Questo era assolutamente corretto perché la Bibbia dice che trovarono “scritto nella legge” ciò che Geova aveva comandato, e in quella legge, in Levitico 23:39-43, viene detto che la festa delle capanne si doveva celebrare nel “settimo mese” (del calendario sacro, che iniziava col mese di nisan).
Tuttavia, a riprova del fatto che Neemia, nel riferire certi avvenimenti, può aver usato un calendario che iniziava in autunno, possiamo confrontare Neemia 1:1-3 con 2:1-8. Nel primo brano egli dice di avere ricevuto cattive notizie sulla condizione di Gerusalemme nel mese di chislev (terzo mese del calendario civile e nono mese del calendario sacro) nel 20° anno di Artaserse. Nel secondo, chiede al re il permesso di andare a ricostruire Gerusalemme, permesso che gli viene concesso nel mese di nisan (settimo mese del calendario civile e primo mese del calendario sacro), ma sempre nel 20° anno di Artaserse. Quindi è ovvio che Neemia non contava gli anni del regno di Artaserse da nisan a nisan.
Per stabilire il 20° anno di Artaserse, risaliamo alla fine del regno di Serse, suo padre e predecessore, morto verso la fine del 475 a.E.V. L’anno di accessione di Artaserse iniziò dunque nel 475 a.E.V., e il suo primo anno di regno decorrerebbe dal 474 a.E.V., come indicano altre testimonianze storiche. Perciò il 20° anno del regno di Artaserse sarebbe il 455 a.E.V. — Vedi PERSIA, PERSIANI (I regni di Serse e di Artaserse).

*** w86 15/1 p. 7 “Punti notevoli della Bibbia” per fare acquistare più perspicacia ***
474-423 Artaserse I Artaserse Esdra 6:14; 7:1-26;
(Longimano) Neemia 2:1-18

(NEEMIA 2:4)

“A sua volta il re mi disse: “Che cos’è dunque che cerchi di ottenere?” Subito pregai l’Iddio dei cieli.”

*** w87 15/7 p. 12 par. 10 Quanto sono significative le vostre preghiere? ***
È vero, possono esserci occasioni in cui il tempo è limitato. Per esempio, quando il re Artaserse chiese a Neemia, suo coppiere: “Che cos’è dunque che cerchi di ottenere?”, Neemia ‘subito pregò l’Iddio dei cieli’. (Neemia 2:4) Poiché il re attendeva una risposta immediata, Neemia non poté dilungarsi a pregare. Possiamo, però, star certi che la sua fu una preghiera significativa, che scaturì dal cuore, perché Geova la esaudì immediatamente. (Neemia 2:5, 6)

*** w86 15/2 p. 25 La vera adorazione trionfa ***
♦ 2:4 — Era una preghiera fatta per la disperazione, all’ultimo minuto?
No, la condizione desolata di Gerusalemme era già da qualche tempo l’argomento delle preghiere che, “giorno e notte”, Neemia faceva. (1:4, 6) Quando gli fu data la possibilità di parlare al re Artaserse del suo desiderio di ricostruire le mura di Gerusalemme, Neemia pregò di nuovo, ripetendo così quanto aveva già fatto più volte. Siccome Geova esaudì quella preghiera, fu emanato l’ordine di ricostruire le mura della città.

(NEEMIA 2:5)

“Dopo ciò dissi al re: “Se al re in effetti sembra bene, e se il tuo servitore sembra buono davanti a te, che tu mi mandi in Giuda, alla città dei luoghi di sepoltura dei miei antenati, affinché io la riedifichi”.”

*** it-1 p. 627 Cronologia ***
La successiva data di notevole importanza è il 20° anno di Artaserse I (Longimano), anno in cui Neemia ricevette il permesso di tornare a Gerusalemme per riedificarla. (Ne 2:1, 5-8) Le ragioni per preferire il 455 a.E.V. come data di tale 20° anno invece di quella tradizionale del 445 a.E.V. sono trattate alla voce PERSIA, PERSIANI. Gli avvenimenti di quell’anno relativi alla ricostruzione di Gerusalemme e delle sue mura costituiscono il punto di partenza della profezia delle “settanta settimane” di Daniele 9:24-27.

*** it-2 p. 964 Settanta settimane ***
Nel mese di nisan (marzo-aprile) del 20° anno del regno di Artaserse (455 a.E.V.), Neemia rivolse al re una supplica: “Se il tuo servitore sembra buono davanti a te, . . . che tu mi mandi in Giuda, alla città dei luoghi di sepoltura dei miei antenati, affinché io la riedifichi”. (Ne 2:1, 5)

(NEEMIA 2:7)

“E dicevo al re: “Se al re in effetti sembra bene, mi siano date lettere per i governatori che sono oltre il Fiume, perché mi facciano passare finché io giunga in Giuda;”

*** it-1 p. 732 Eber ***
In ebraico l’espressione “oltre il Fiume” (ebr. ʽever hannahàr) si riferisce a volte alla regione a O dell’Eufrate. (Ne 2:7, 9; 3:7).

(NEEMIA 2:8)

“anche una lettera per Asaf il custode del parco che appartiene al re, affinché mi dia alberi per costruire col legname le porte del Castello che appartiene alla casa, e per le mura della città e per la casa in cui devo entrare”. Il re, dunque, me [le] diede, secondo la buona mano del mio Dio su di me.”

*** it-1 p. 150 Antonia, Fortezza ***
La fortezza Antonia era situata all’estremità nordoccidentale del cortile del tempio ed evidentemente occupava l’area su cui Neemia molto tempo prima aveva costruito il Castello, o fortezza, menzionato in Neemia 2:8.

*** it-1 pp. 208-209 Artaserse ***
Durante il 20° anno del suo regno, Artaserse I Longimano diede a Neemia il permesso di tornare a Gerusalemme per ricostruire le mura e le porte della città. (Ne 2:1-8) Poiché questo fatto è menzionato in Daniele 9:25 in relazione al tempo della promessa venuta del Messia, la data del 20° anno di Artaserse è molto importante.

*** it-1 p. 216 Asaf ***
4. “Il custode del parco” del re Artaserse all’epoca del ritorno di Neemia a Gerusalemme (455 a.E.V.). (Ne 2:8) Il parco era una zona boscosa, forse sul Libano, pure sotto la dominazione persiana. Il nome ebraico del custode del parco potrebbe indicare che un ebreo ricopriva questo incarico ufficiale, proprio come Neemia aveva prestato servizio con l’incarico relativamente importante di coppiere del re. — Ne 1:11.

*** it-1 p. 443 Castello ***
Neemia costruì un castello o fortezza immediatamente a NO del tempio ricostruito, lato da cui era più vulnerabile. (Ne 2:8; 7:2) A quanto risulta, i Maccabei eressero un’altra fortezza dove sorgeva la precedente, fortezza che fu poi ricostruita da Erode il Grande, il quale la chiamò Antonia. Qui Paolo venne interrogato dal comandante militare romano. — At 21:31, 32, 37; 22:24; vedi ANTONIA, FORTEZZA.

(NEEMIA 2:13)

“E uscivo di notte dalla Porta della Valle e di fronte alla Fonte della Grossa Serpe e verso la Porta dei Mucchi di Cenere, ed esaminavo di continuo le mura di Gerusalemme, come erano diroccate e come le sue porte erano state divorate dal fuoco.”

*** it-1 p. 847 Escrementi ***
Una delle porte di Gerusalemme era la “Porta dei Mucchi di Cenere”, chiamata di solito “Porta del Letame”. (Ne 2:13; 3:13, 14; 12:31) Era situata mille cubiti (445 m) a E della Porta della Valle, e quindi a S del monte Sion. Questa porta probabilmente si chiamava così a motivo dei rifiuti accumulati nella Valle di Innom, situata sotto di essa e alla quale conduceva; forse le immondizie cittadine venivano portate fuori attraverso questa porta.

*** it-1 p. 943 Fonte della Grossa Serpe ***
FONTE DELLA GROSSA SERPE
L’espressione ebraica fa pensare a una fonte, una sorgente o un pozzo di un mostro marino o terrestre, ed è tradotta in diversi modi: “fonte” o “sorgente del Dragone” (ATE, Ri, VR); “pozzo” o “sorgente del serpente”, “Fonte della Grossa Serpe” (AT, Lu, NM). La Settanta greca ha invece “Fonte dei Fichi”.
Questa fonte d’acqua si trovava lungo la strada percorsa da Neemia durante la prima ispezione delle mura diroccate di Gerusalemme. (Ne 2:12, 13) Poiché questo nome non compare in altri passi delle Scritture, la fonte o il pozzo, se è menzionato altrove, doveva avere un altro nome. Comunemente si pensa che l’altro nome sia En-Roghel. Potrebbe benissimo essere così, perché anche se En-Roghel si trova molto più giù lungo la valle del Chidron, la Bibbia dice semplicemente che Neemia passò “di fronte alla Fonte”, e ciò poteva indicare l’angolo delle mura di fronte a En-Roghel e in vista della fonte, sebbene a qualche distanza da essa. — Vedi EN-ROGHEL.

*** it-2 p. 613 Porta ***
Porta della Valle. La Porta della Valle immetteva nella valle di Innom nel tratto SO delle mura cittadine. Può darsi che la “Porta degli Esseni” menzionata da Giuseppe Flavio si trovasse qui o nelle vicinanze. (Guerra giudaica, V, 145 [iv, 2]) Uzzia, nel programma di fortificazione della città, costruì una torre presso questa porta. (2Cr 26:9) Dalla Porta della Valle Neemia uscì per il suo giro d’ispezione alle mura diroccate, dirigendosi a E lungo la valle di Innom e risalendo poi la valle del Chidron, per rientrare infine nella città dalla stessa porta. (Ne 2:13-15)

*** it-2 p. 613 Porta ***
Porta dei Mucchi di Cenere. Questa porta è nota anche come Porta dei Cocci, ma di solito viene chiamata Porta del Letame. (Ne 2:13; 12:31) Secondo la descrizione di Neemia era situata 1.000 cubiti (445 m) a E della Porta della Valle. (Ne 3:13, 14)

(NEEMIA 2:14)

“E passavo alla Porta della Fonte e alla Piscina del Re, e non c’era posto per cui l’animale domestico sotto di me potesse passare.”

*** it-2 p. 602 Piscina ***
La “Piscina del Re” si trovava evidentemente fra la Porta dei Mucchi di Cenere e la Porta della Fonte. (Ne 2:13-15) Può darsi che si tratti della stessa piscina menzionata in Neemia 3:16.

*** it-2 p. 614 Porta ***
Porta della Fonte. Porta così chiamata perché da essa si accedeva a una vicina fonte o sorgente, forse En-Roghel, che si trovava sotto il punto d’incontro della valle del Chidron con la valle di Innom. Probabilmente la porta era all’estremità S della collina orientale della città (cioè all’estremità S della “Città di Davide”). (Ne 2:14; 3:15; 12:37) La Porta della Fonte permetteva a coloro che vivevano nella Città di Davide di raggiungere comodamente En-Roghel, mentre la Porta dei Mucchi di Cenere, poco più a SO, che pure portava a En-Roghel, era probabilmente un’uscita migliore per gli abitanti del Tiropeon e della collina sudoccidentale della città.

(NEEMIA 2:16)

“E gli stessi governanti delegati non sapevano dove fossi andato e che cosa facessi; e ai giudei e ai sacerdoti e ai nobili e ai governanti delegati e al resto di quelli che facevano il lavoro non avevo ancora fatto sapere nulla.”

*** it-1 p. 673 Delegato ***
L’espressione “governanti delegati” (ebr. seghanìm, usato sempre al plurale) ricorre 17 volte nella Bibbia, per esempio in Esdra 9:2, Neemia 2:16, Isaia 41:25, Geremia 51:23 ed Ezechiele 23:6. Indicava governanti subalterni o piccoli funzionari, distinti da nobili, principi e governatori. Alcuni traduttori la rendono “delegati”. — Mo, Ro.

(NEEMIA 2:17)

“Infine dissi loro: “Voi vedete la cattiva condizione in cui siamo, come Gerusalemme è devastata e le sue porte sono state bruciate col fuoco. Venite e riedifichiamo le mura di Gerusalemme, affinché non continuiamo più a essere un biasimo”.”

*** it-2 p. 964 Settanta settimane ***
Il re diede il consenso e Neemia compì il lungo viaggio da Susa a Gerusalemme. Verso il quarto giorno del mese di ab (luglio-agosto), dopo un’ispezione notturna delle mura, Neemia diede ordine agli ebrei: “Venite e riedifichiamo le mura di Gerusalemme, affinché non continuiamo più a essere un biasimo”. (Ne 2:11-18) Quindi ‘la parola emanata’, l’autorizzazione di Artaserse, di riedificare Gerusalemme, venne messa in atto da Neemia a Gerusalemme quello stesso anno. Questo indica chiaramente il 455 a.E.V. come l’anno da cui si sarebbero cominciate a contare le 70 settimane.

(NEEMIA 2:19)

“Or quando Sanballat l’oronita e Tobia il servitore, l’ammonita, e Ghesem l’arabo l’ebbero udito, ci deridevano e ci guardavano con disprezzo e dicevano: “Che cos’è questa cosa che fate? Vi ribellate contro il re?””

*** it-1 p. 169 Arabia ***
Nel V secolo a.E.V. la Palestina subì una notevole influenza araba, come si capisce dai riferimenti a “Ghesem l’arabo” in Neemia 2:19 e 6:1-7.

*** it-1 p. 466 Chedar ***
Una coppa d’argento (ritenuta del V secolo a.E.V.) scoperta a Tell el-Maskhutah in Egitto porta l’iscrizione aramaica: “Qanu figlio di Ghesem, re di Chedar”. Il Ghesem in questione poteva essere “Ghesem l’arabo” che si oppose alla ricostruzione delle mura di Gerusalemme all’epoca di Neemia. — Ne 2:19; 6:1, 2, 6.

*** it-2 p. 1124 Tobia ***
2. Avversario di Neemia. Tobia era “il servitore”, probabilmente un funzionario alle dipendenze del re di Persia. (Ne 2:19)

(NEEMIA 3:1)

“Ed Eliasib il sommo sacerdote e i suoi fratelli, i sacerdoti, si levavano ed edificavano la Porta delle Pecore. Essi stessi la santificarono e ne ponevano i battenti; e la santificarono fino alla Torre di Mea, fino alla Torre di Ananel.”

*** it-1 p. 359 Betzata ***
L’ubicazione della piscina è indicata dall’evidente riferimento alla “porta delle pecore” (benché nell’originale greco la parola “porta” debba essere aggiunta), porta che in genere si pensa fosse situata nella zona N di Gerusalemme. Neemia 3:1 spiega che questa porta fu costruita dai sacerdoti, e perciò si presume fosse un’entrata vicino all’area del tempio.

*** it-2 pp. 612-613 Porta ***
Porta delle Pecore. La Porta delle Pecore fu ricostruita dal sommo sacerdote Eliasib e dagli altri sacerdoti. (Ne 3:1, 32; 12:39) Questo fa ritenere che si trovasse vicino all’area del tempio, probabilmente nelle mura del secondo quartiere, quelle costruite da Manasse (vedi “Porta dei Pesci”, più avanti), all’estremità NE della città o nelle vicinanze. Può darsi che questa porta fosse così chiamata perché vi passavano pecore e capre destinate ai sacrifici o forse a un vicino mercato. La “porta delle pecore” menzionata in Giovanni 5:2 probabilmente è la stessa porta o una corrispondente d’epoca più tarda, dato che si trovava nella stessa zona, presso la piscina di Betzata.

*** it-2 p. 1130 Torre ***
un po’ più a E, vicino alla Porta delle Pecore, la Torre di Mea. Si ignora la ragione del nome Mea, che significa “cento”. — Ne 3:1; 12:39.

(NEEMIA 3:3)

“E i figli di Assenaa edificarono la Porta dei Pesci; essi stessi ne fecero l’armatura e quindi ne posero i battenti, le serrature e le sbarre.”

*** it-2 p. 611 Porta ***
Vi si tenevano mercati; alcune porte di Gerusalemme (ad esempio la Porta dei Pesci) presero evidentemente nome dai generi che vi si vendevano. — Ne 3:3.

*** it-2 p. 613 Porta ***
Nella descrizione della ricostruzione e della processione inaugurale ai giorni di Neemia, la Porta dei Pesci è collocata a O della Porta delle Pecore, forse vicino all’estremità N della valle del Tiropeon. (Ne 3:3; 12:39)

(NEEMIA 3:5)

“E al loro lato fecero lavoro di riparazione i tecoiti; ma i loro maestosi stessi non misero la loro nuca al servizio dei loro padroni.”

*** w06 1/2 p. 10 par. 1 Punti notevoli del libro di Neemia ***
3:5, 27. Non dovremmo pensare che il lavoro manuale fatto negli interessi della vera adorazione sia umiliante, come lo pensarono i “maestosi” dei tecoiti. Possiamo invece imitare i tecoiti comuni, che si rimboccarono le maniche.

*** w86 15/2 p. 25 La vera adorazione trionfa ***
♦ 3:5 — Chi erano questi “maestosi”?
Erano ebrei di alto rango tra coloro che abitavano o avevano risieduto in precedenza a Tecoa, una città a circa 16 chilometri a sud di Gerusalemme. Questi “maestosi” erano troppo orgogliosi per abbassarsi a lavorare agli ordini dei sorveglianti nominati da Neemia. — Confronta Geremia 27:11.

(NEEMIA 3:6)

“E Ioiada figlio di Pasea e Mesullam figlio di Besodeia ripararono la Porta della [Città] Vecchia; essi stessi ne fecero l’armatura e ne posero quindi i battenti e le serrature e le sbarre.”

*** it-2 p. 613 Porta ***
Porta della Città Vecchia. La Porta della Città Vecchia si trovava sul lato NO della città, fra la Porta dei Pesci e la Porta di Efraim. (Ne 3:6; 12:39) In ebraico è chiamata semplicemente “Porta della Vecchia”, e il termine “città” viene aggiunto dai traduttori. È stata avanzata l’ipotesi che il nome derivi dal fatto che era l’ingresso principale a N della città vecchia. Può darsi che fosse situata nel punto in cui si incontravano il Muro Largo (che cingeva a N la città vecchia) e l’estremità S del muro occidentale del secondo quartiere. Alcuni pensano che questa porta sia la “Prima Porta” menzionata da Zaccaria. Sembra che egli si riferisca ai confini E-O della città quando dice “[1] dalla Porta di Beniamino fino al luogo [2] della Prima Porta, fino [3] alla Porta dell’Angolo”, e ai confini N-S quando dice “dalla Torre di Ananel fino ai tini del re”. (Zac 14:10) Altri metterebbero in relazione la Porta della Città Vecchia con la “Porta di Mezzo” menzionata in Geremia 39:3. Alcuni chiamano questa Porta della Città Vecchia la “Porta Mishneh” e la collocano lungo il muro occidentale del secondo quartiere.

(NEEMIA 3:9)

“E al loro lato fece lavoro di riparazione Refaia figlio di Hur, principe di metà del distretto di Gerusalemme.”

*** it-1 p. 704 Distretto ***
DISTRETTO
Per “distretto” nella Bibbia si intende un’unità amministrativa, la zona circostante una città o una zona delimitata.
Quando organizzò la ricostruzione delle mura di Gerusalemme, Neemia ne assegnò sezioni ai capi, o ‘principi’, e agli abitanti di certi ‘distretti’. Questi distretti prendevano nome dalla città principale, e alcuni (Gerusalemme, Bet-Zur, Cheila) erano doppi. (Ne 3:9, 12, 14-18) Evidentemente erano suddivisioni del “distretto giurisdizionale” persiano, o “provincia”, di Giuda. (Ne 1:3; CEI, VR) Il termine ebraico che indica questi distretti (pèlekh) si dice derivi dall’accadico pilku, forse a indicare che furono istituiti dai babilonesi dopo la caduta di Gerusalemme. — Vedi DISTRETTO GIURISDIZIONALE.

(NEEMIA 3:11)

“Un’altra sezione misurata fu quella che ripararono Malchia figlio di Arim e Assub figlio di Paat-Moab, e anche la Torre dei Forni.”

*** it-1 p. 631 Cuocere al forno ***
Anni dopo, quando furono ricostruite le mura di Gerusalemme sotto la sorveglianza di Neemia, fu ripristinata anche la “Torre dei Forni”. (Ne 3:11; 12:38) Non si sa perché questa torre si chiamasse così, ma può darsi che le fosse stato dato questo nome perché lì si trovavano i forni dei panettieri.

*** it-1 p. 964 Forno ***
A Gerusalemme “la Torre dei Forni” venne riparata sotto la direttiva di Neemia durante la ricostruzione delle mura della città. (Ne 3:11; 12:38) Non si conosce con esattezza l’origine di questo nome, ma è stata avanzata l’ipotesi che la torre fosse così chiamata perché i fornai avevano nelle vicinanze i loro forni commerciali.

*** it-2 p. 613 Porta ***
Presso questa porta Uzzia eresse una torre; non è specificato se si trattasse della Torre dei Forni o no. (2Cr 26:9) Sia Geremia che Zaccaria sembrano collocare la Porta dell’Angolo all’estremità O della città. — Ger 31:38; Zac 14:10.
Non risulta che ci fossero altre porte nel muro occidentale tra la Porta dell’Angolo e la Porta della Valle, situata nel tratto SO delle mura, senza dubbio perché il ripido pendio della valle di Innom rendeva inutile l’apertura di altre porte. Neemia non menziona la Porta dell’Angolo; ancora una volta la ragione potrebbe essere che questa porta non aveva avuto bisogno di estesi restauri. La narrazione accenna comunque al restauro della Torre dei Forni, che sembra facesse parte della Porta dell’Angolo o sorgesse lì vicino. — Ne 3:11.

*** it-2 p. 1130 Torre ***
Le torri di Gerusalemme. La Torre dei Forni si trovava a NO della città presso la Porta dell’Angolo o nelle vicinanze. (Ne 3:11; 12:38) Non si sa bene perché si chiamasse così, ma è molto probabile che nei pressi ci fossero botteghe di fornai. Poteva essere una delle torri costruite da Uzzia, che regnò a Gerusalemme dall’829 al 778 a.E.V. (2Cr 26:9)

(NEEMIA 3:13)

“Anun e gli abitanti di Zanoa ripararono la Porta della Valle; essi stessi la edificarono e ne posero quindi i battenti, le serrature e le sbarre, nonché mille cubiti delle mura fino alla Porta dei Mucchi di Cenere.”

*** it-1 p. 847 Escrementi ***
Una delle porte di Gerusalemme era la “Porta dei Mucchi di Cenere”, chiamata di solito “Porta del Letame”. (Ne 2:13; 3:13, 14; 12:31) Era situata mille cubiti (445 m) a E della Porta della Valle, e quindi a S del monte Sion. Questa porta probabilmente si chiamava così a motivo dei rifiuti accumulati nella Valle di Innom, situata sotto di essa e alla quale conduceva; forse le immondizie cittadine venivano portate fuori attraverso questa porta.

*** it-2 p. 613 Porta ***
Porta dei Mucchi di Cenere. Questa porta è nota anche come Porta dei Cocci, ma di solito viene chiamata Porta del Letame. (Ne 2:13; 12:31) Secondo la descrizione di Neemia era situata 1.000 cubiti (445 m) a E della Porta della Valle. (Ne 3:13, 14)

(NEEMIA 3:14)

“E Malchia figlio di Recab, principe del distretto di Bet-Accherem, riparò la Porta dei Mucchi di Cenere; egli stesso la edificava e ne poneva i battenti, le serrature e le sbarre.”

*** jr cap. 13 pp. 159-160 par. 13 “Geova ha fatto ciò che aveva in mente” ***
I recabiti furono fedeli a Geova e ai comandi del loro antenato, quindi Dio disse che sarebbero sopravvissuti alla caduta di Gerusalemme. In effetti sopravvissero, come attestato probabilmente dalla successiva menzione di “Malchia figlio di Recab”, che aiutò a ricostruire Gerusalemme nel periodo in cui Neemia era governatore. (Nee. 3:14; Ger. 35:18, 19)

*** it-1 p. 704 Distretto ***
DISTRETTO
Per “distretto” nella Bibbia si intende un’unità amministrativa, la zona circostante una città o una zona delimitata.
Quando organizzò la ricostruzione delle mura di Gerusalemme, Neemia ne assegnò sezioni ai capi, o ‘principi’, e agli abitanti di certi ‘distretti’. Questi distretti prendevano nome dalla città principale, e alcuni (Gerusalemme, Bet-Zur, Cheila) erano doppi. (Ne 3:9, 12, 14-18) Evidentemente erano suddivisioni del “distretto giurisdizionale” persiano, o “provincia”, di Giuda. (Ne 1:3; CEI, VR) Il termine ebraico che indica questi distretti (pèlekh) si dice derivi dall’accadico pilku, forse a indicare che furono istituiti dai babilonesi dopo la caduta di Gerusalemme. — Vedi DISTRETTO GIURISDIZIONALE.

*** it-1 p. 847 Escrementi ***
Una delle porte di Gerusalemme era la “Porta dei Mucchi di Cenere”, chiamata di solito “Porta del Letame”. (Ne 2:13; 3:13, 14; 12:31) Era situata mille cubiti (445 m) a E della Porta della Valle, e quindi a S del monte Sion. Questa porta probabilmente si chiamava così a motivo dei rifiuti accumulati nella Valle di Innom, situata sotto di essa e alla quale conduceva; forse le immondizie cittadine venivano portate fuori attraverso questa porta.

*** it-2 p. 613 Porta ***
Porta dei Mucchi di Cenere. Questa porta è nota anche come Porta dei Cocci, ma di solito viene chiamata Porta del Letame. (Ne 2:13; 12:31) Secondo la descrizione di Neemia era situata 1.000 cubiti (445 m) a E della Porta della Valle. (Ne 3:13, 14)

*** it-2 p. 714 Recab ***
3. Padre o antenato del Malchia che aiutò Neemia a riparare una porta delle mura di Gerusalemme. (Ne 3:14) Nel caso si tratti dello stesso Recab n. 2, la presenza di Malchia confermerebbe l’adempimento della promessa fatta da Geova ai recabiti e riportata in Geremia 35:19.

*** it-2 p. 715 Recabiti ***
Geova si compiacque della rispettosa ubbidienza che mostrarono. La loro incrollabile ubbidienza a un padre terreno era in netto contrasto con la disubbidienza dei giudei al loro Creatore. (Ger 35:12-16) Dio ricompensò i recabiti promettendo loro: “Non sarà stroncato da Gionadab figlio di Recab un uomo che stia sempre dinanzi a me”. — Ger 35:19.
Dopo l’esilio, durante il governatorato di Neemia, “Malchia figlio di Recab” riparò la Porta dei Mucchi di Cenere. Se questo Recab è lo stesso che era stato padre o antenato di Gionadab, ciò è una prova che alcuni recabiti erano sopravvissuti all’esilio ed erano tornati nel paese. (Ne 3:14)

(NEEMIA 3:15)

“E Sallun figlio di Coloze, principe del distretto di Mizpa, riparò la Porta della Fonte; egli stesso la edificava e le faceva di sopra il tetto e ne poneva i battenti, le serrature e le sbarre, e anche il muro della Piscina del Canale verso il Giardino del Re e fino alla Gradinata che scende dalla Città di Davide.”

*** it-1 p. 1103 Giardino, Orto ***
Il Giardino del Re si trovava vicino al luogo da cui Sedechia e i suoi uomini tentarono di fuggire da Gerusalemme durante l’assedio dei caldei, probabilmente appena fuori delle mura a SE della città. (2Re 25:4; Ne 3:15)

*** it-2 p. 602 Piscina ***
I riferimenti biblici alla “vecchia piscina” (Isa 22:11), alla “piscina superiore” (2Re 18:17; Isa 7:3; 36:2) e alla “piscina inferiore” (Isa 22:9) non forniscono alcuna indicazione circa la loro esatta posizione rispetto alla città di Gerusalemme. È opinione comune fra gli studiosi che la “piscina inferiore” (forse la stessa chiamata “Piscina del Canale” in Ne 3:15) possa essere identificata con Birket el-Hamra, all’estremità meridionale della valle del Tiropeon, mentre le opinioni differiscono sull’ubicazione della “piscina superiore”. — Vedi PISCINA DEL CANALE.

*** it-2 pp. 602-603 Piscina del canale ***
PISCINA DEL CANALE
Piscina o cisterna d’acqua, situata a quanto pare a S della Città di Davide dove si incontravano la valle centrale (Tiropeon) e quella di Innom. (Ne 3:15) Sembra che questa fosse la cosiddetta “piscina inferiore”. — Isa 22:9.
In Neemia 3:15 il testo masoretico la chiama “Piscina di Sela”. Alcuni studiosi ritengono che “Sela” vada emendato in “Siloe”, che significa “mandante”, con riferimento a un canale che immette acqua in una piscina. (Isa 8:6) Perciò mentre alcune Bibbie lasciano “Sela” intradotto, altre lo traducono “cisterna della condotta” (The Jerusalem Bible) o “Piscina del Canale” (NM).
Sono stati scoperti i resti di un canale che dalla sorgente di Ghihon scendeva a S seguendo il contorno della riva del Chidron e terminava in un’antica cisterna che attualmente si chiama Birket el-Hamra. Parti del canale erano coperte con lastre di pietra, ma sembra che ci fossero delle aperture in modo da poter attingere l’acqua per irrigare parti della valle. Può darsi che le parole “le acque di Siloe che scorrono dolcemente” si riferiscano alla lieve pendenza di questo canale. (Isa 8:6) La posizione di Birket el-Hamra corrisponde a quella della Piscina del Canale indicata da Neemia, nelle vicinanze del Giardino del Re e della Gradinata che scendeva dall’estremità S della Città di Davide.

*** it-2 p. 614 Porta ***
Porta della Fonte. Porta così chiamata perché da essa si accedeva a una vicina fonte o sorgente, forse En-Roghel, che si trovava sotto il punto d’incontro della valle del Chidron con la valle di Innom. Probabilmente la porta era all’estremità S della collina orientale della città (cioè all’estremità S della “Città di Davide”). (Ne 2:14; 3:15; 12:37) La Porta della Fonte permetteva a coloro che vivevano nella Città di Davide di raggiungere comodamente En-Roghel, mentre la Porta dei Mucchi di Cenere, poco più a SO, che pure portava a En-Roghel, era probabilmente un’uscita migliore per gli abitanti del Tiropeon e della collina sudoccidentale della città.

(NEEMIA 3:16)

“Dopo di lui fece lavoro di riparazione Neemia figlio di Azbuc, principe di metà del distretto di Bet-Zur, fino di fronte ai Luoghi di Sepoltura di Davide e fino alla piscina che era stata fatta e fino alla Casa dei Potenti.”

*** it-2 p. 602 Piscina ***
La “Piscina del Re” si trovava evidentemente fra la Porta dei Mucchi di Cenere e la Porta della Fonte. (Ne 2:13-15) Può darsi che si tratti della stessa piscina menzionata in Neemia 3:16.

*** it-2 p. 940 Sepoltura, Luoghi di sepoltura ***
L’ubicazione di questi luoghi di sepoltura reali non è stata individuata con certezza. In base al riferimento ai “Luoghi di Sepoltura di Davide” in Neemia 3:16 e alla menzione dell’“ascesa ai luoghi di sepoltura dei figli di Davide” in 2 Cronache 32:33, alcuni ritengono che si trovassero sulla collina a SE della città vicino alla valle del Chidron. Nella zona sono state rinvenute quelle che sembrano antiche tombe scavate nella roccia, a cui si accedeva da aperture rettangolari infossate a guisa di pozzo. Comunque non possono essere identificate con sicurezza; qualsiasi tentativo di identificazione è reso complicato non solo dalla distruzione della città avvenuta nel 70 E.V. e di nuovo nel 135 E.V., ma anche dal fatto che i romani usarono la parte S della città come cava di pietra. Quindi le tombe summenzionate sono in pessimo stato.

(NEEMIA 3:26)

“E i netinei stessi dimoravano a Ofel; essi [fecero lavoro di riparazione] fino di fronte alla Porta delle Acque ad est e alla torre sporgente.”

*** it-2 p. 614 Porta ***
Porta delle Acque. Il nome di questa porta può essere dovuto alla vicinanza, o almeno alla facilità d’accesso, alla sorgente di Ghihon situata circa a metà del lato E della città. Questa porta si trovava vicino all’Ofel, non lontano dall’area del tempio. (Ne 3:26)

(NEEMIA 3:28)

“Sopra la Porta dei Cavalli fecero lavoro di riparazione i sacerdoti, ciascuno di fronte alla sua propria casa.”

*** it-2 p. 614 Porta ***
Porta dei Cavalli. I lavori di ricostruzione sopra la Porta dei Cavalli furono compiuti dai sacerdoti, il che fa pensare che si trovasse vicino al tempio. (Ne 3:28)

(NEEMIA 3:29)

“Dopo di loro Zadoc figlio di Immer fece lavoro di riparazione di fronte alla sua propria casa. E dopo di lui Semaia figlio di Secania, guardiano della Porta Orientale, fece lavoro di riparazione.”

*** it-2 p. 615 Porta ***
Porte del tempio. Porta Orientale. Nel descrivere i lavori di ricostruzione Neemia dice che vi prese parte il custode della Porta Orientale. (Ne 3:29) Quindi la Porta Orientale non è una delle porte delle mura di Gerusalemme, come qualcuno ha pensato. La Porta Orientale poteva trovarsi più o meno alla stessa altezza della Porta dell’Ispezione nelle mura cittadine. Questa dev’essere la porta che in 1 Cronache 9:18 è chiamata “porta del re ad est”, essendo la porta dalla quale il re entrava o usciva dal tempio.

(NEEMIA 3:31)

“Dopo di lui Malchia, membro della corporazione degli orefici, fece lavoro di riparazione fino alla casa dei netinei e dei trafficanti, di fronte alla Porta dell’Ispezione e fino alla camera in terrazza dell’angolo.”

*** it-2 p. 614 Porta ***
Porta dell’Ispezione. La Porta dell’Ispezione (ebr. hammifqàdh) è chiamata da alcuni porta della Sorveglianza o porta della Rassegna. (Ne 3:31, ATE; CEI; Ga) In Ezechiele 43:21 mifqàdh (lo stesso vocabolo ebraico senza l’articolo ha) è tradotto “luogo stabilito”. Secondo alcuni si trattava della Porta della Guardia. Il fatto che sia menzionata da Neemia nel descrivere la ricostruzione sembrerebbe avallare l’ipotesi che si trattasse di una porta delle mura a E della città di fronte all’area del tempio e a N della Porta dei Cavalli. (Ne 3:27-31) Neemia accenna a un angolo nelle mura oltre la Porta dell’Ispezione, il che collocherebbe questa porta lungo il muro orientale, a S del punto in cui esso voltava (probabilmente in direzione NO).
Neemia afferma che furono eseguiti lavori di riparazione “di fronte alla Porta dell’Ispezione”. Alcuni hanno inteso queste parole nel senso che i lavori avrebbero interessato un settore delle mura cittadine di fronte a una porta del tempio così chiamata. Questa spiegazione però non sembra esatta, perché la stessa espressione è usata in relazione alla Porta delle Acque, riconosciuta come una porta nelle mura cittadine. (Ne 3:26, 31) La Porta dell’Ispezione non è nominata nella descrizione della processione, evidentemente perché i partecipanti non percorsero il tratto di mura a E del tempio.

(NEEMIA 3:32)

“E fra la camera in terrazza dell’angolo e la Porta delle Pecore fecero lavoro di riparazione gli orefici e i trafficanti.”

*** it-2 pp. 612-613 Porta ***
Porta delle Pecore. La Porta delle Pecore fu ricostruita dal sommo sacerdote Eliasib e dagli altri sacerdoti. (Ne 3:1, 32; 12:39) Questo fa ritenere che si trovasse vicino all’area del tempio, probabilmente nelle mura del secondo quartiere, quelle costruite da Manasse (vedi “Porta dei Pesci”, più avanti), all’estremità NE della città o nelle vicinanze. Può darsi che questa porta fosse così chiamata perché vi passavano pecore e capre destinate ai sacrifici o forse a un vicino mercato. La “porta delle pecore” menzionata in Giovanni 5:2 probabilmente è la stessa porta o una corrispondente d’epoca più tarda, dato che si trovava nella stessa zona, presso la piscina di Betzata.

(NEEMIA 4:1)

“Ora avvenne che, appena Sanballat udì che riedificavamo le mura, si adirò e si offese grandemente, e derideva i giudei.”

*** it-1 p. 796 Egitto, Egiziani ***
Infatti c’era una colonia ebraica a Elefantina (Yeb, in egiziano), isola sul Nilo presso Assuan, circa 690 km a S del Cairo. La scoperta di preziosi papiri rivela le condizioni che vi esistevano nel V secolo a.E.V., più o meno all’epoca dell’attività di Esdra e Neemia a Gerusalemme. Questi documenti in aramaico contengono il nome di Sanballat di Samaria (Ne 4:1, 2)

(NEEMIA 4:17)

“In quanto agli edificatori sulle mura e a quelli che portavano il carico dei portatori di pesi, [ciascuno] era attivo nel lavoro con una mano mentre l’altra [mano] teneva il dardo.”

*** w06 1/2 p. 9 par. 1 Punti notevoli del libro di Neemia ***
4:17, 18: Come poteva un uomo lavorare alla ricostruzione con una mano sola? Per i portatori di pesi non era un problema. Una volta che il carico era sistemato sulla testa o sulle spalle, potevano facilmente tenerlo in equilibrio con una mano “mentre l’altra mano teneva il dardo”. In quanto agli edificatori che avevano bisogno di entrambe le mani per fare il lavoro, “erano cinti, ciascuno con la spada al fianco, mentre edificavano”. Se il nemico attaccava, erano pronti a passare all’azione.

*** w86 15/2 p. 25 La vera adorazione trionfa ***
♦ 4:17 — Come facevano a lavorare con una sola mano?
I muratori dovevano adoperare tutt’e due le mani per lavorare. Costoro portavano la spada al fianco. (4:18) I portatori di pesi potevano facilmente tenere in una mano un’arma e trasportare carichi di malta o di pietrisco sulle spalle o in testa. — Genesi 24:15, 45.

(NEEMIA 4:18)

“E gli edificatori erano cinti, ciascuno con la spada al fianco, mentre edificavano; e colui che suonava il corno era accanto a me.”

*** w06 1/2 p. 9 par. 1 Punti notevoli del libro di Neemia ***
4:17, 18: Come poteva un uomo lavorare alla ricostruzione con una mano sola? Per i portatori di pesi non era un problema. Una volta che il carico era sistemato sulla testa o sulle spalle, potevano facilmente tenerlo in equilibrio con una mano “mentre l’altra mano teneva il dardo”. In quanto agli edificatori che avevano bisogno di entrambe le mani per fare il lavoro, “erano cinti, ciascuno con la spada al fianco, mentre edificavano”. Se il nemico attaccava, erano pronti a passare all’azione.

8-14 febbraio 2016
Neemia 5-8

(NEEMIA 5:7)

“Il mio cuore prese dunque a considerare dentro di me, e trovavo da ridire sui nobili e sui governanti delegati, e dicevo loro: “Ciò che esigete, ciascuno dal suo proprio fratello, è un’usura”. Inoltre, disposi di tenere una grande assemblea a motivo loro.”

*** w06 1/2 p. 9 par. 2 Punti notevoli del libro di Neemia ***
5:7: In che senso Neemia cominciò a trovare “da ridire sui nobili e sui governanti delegati”? Questi uomini esercitavano l’usura a danno degli altri ebrei, trasgredendo la Legge mosaica. (Levitico 25:36; Deuteronomio 23:19) L’interesse che chiedevano era alto. Se riscosso mensilmente, “il centesimo” equivaleva al 12 per cento annuo. (Neemia 5:11) Era crudele imporre un simile interesse a persone che erano già gravate da ingenti tasse e soffrivano per la penuria di cibo. Neemia trovò da ridire sui ricchi nel senso che, usando la legge di Dio, li rimproverò, denunciando così il loro errato comportamento.

*** w86 15/2 p. 25 La vera adorazione trionfa ***
♦ 5:7 — Perché l’usura era sbagliata?
Era una diretta violazione della legge di Geova. (Levitico 25:36; Deuteronomio 23:19) Se veniva riscosso ogni mese, nel giro di un anno “il centesimo” equivaleva al 12 per cento. (5:11) Il popolo versava già in condizioni difficili per la carestia e le pesanti tasse imposte dai persiani. (5:3, 4) Tuttavia, i ricchi imponevano senza alcuna compassione interessi molto alti ai loro fratelli poveri.

(NEEMIA 5:11)

“Vi prego, restituite loro in questo giorno i loro campi, le loro vigne, i loro oliveti e le loro case, e il centesimo del denaro e del grano, del vino nuovo e dell’olio che esigete da loro come interesse”.”

*** it-1 p. 288 Banca, Banchiere ***
Certi israeliti tornati da Babilonia nel paese di Giuda furono condannati per l’esosità mostrata nei confronti dei loro fratelli nel bisogno, esigendo come garanzia nelle operazioni bancarie case, terreni, vigne, e persino i figli, e chiedendo un interesse del 12 per cento annuo (una centesima parte al mese). I debitori insolventi subivano così la perdita delle loro proprietà. (Ne 5:1-11)

(NEEMIA 5:13)

“Inoltre, scossi il mio seno e quindi dissi: “In questa maniera il [vero] Dio scuota dalla sua casa e dalla sua acquistata proprietà ogni uomo che non esegua questa parola; e in questa maniera sia scosso e vuoto”. A ciò tutta la congregazione disse: “Amen!” E lodavano Geova. E il popolo faceva secondo questa parola.”

*** it-1 p. 247 Atteggiamenti e gesti ***
Quando Neemia scosse il suo “seno”, cioè il davanti della sua veste, voleva indicare il completo rigetto da parte di Dio. — Ne 5:13.

(NEEMIA 6:1)

“Ora avvenne che, appena fu detto a Sanballat e a Tobia e a Ghesem l’arabo e al resto dei nostri nemici che avevo riedificato le mura e non vi era stata lasciata nessuna breccia (benché fino a quel tempo io non avessi posto i battenti stessi delle porte),”

*** it-1 p. 466 Chedar ***
Una coppa d’argento (ritenuta del V secolo a.E.V.) scoperta a Tell el-Maskhutah in Egitto porta l’iscrizione aramaica: “Qanu figlio di Ghesem, re di Chedar”. Il Ghesem in questione poteva essere “Ghesem l’arabo” che si oppose alla ricostruzione delle mura di Gerusalemme all’epoca di Neemia. — Ne 2:19; 6:1, 2, 6.

(NEEMIA 6:2)

“Sanballat e Ghesem immediatamente mandarono a dirmi: “Vieni, sì, e diamoci convegno nei villaggi della pianura della valle di Ono”. Ma essi tramavano di farmi danno.”

*** w07 1/7 p. 30 par. 13 “Continua a vincere il male col bene” ***
13 Primo, i nemici di Neemia cercarono di ingannarlo, dicendogli: “Vieni, sì, e diamoci convegno nei villaggi della pianura della valle di Ono”. La valle di Ono si trovava fra Gerusalemme e Samaria. Quindi i nemici proposero a Neemia di incontrarsi a metà strada per trovare un accordo. Neemia avrebbe potuto pensare: ‘Questo sembra ragionevole. È meglio parlare che combattere’. Ma rifiutò, spiegando perché: “Essi tramavano di farmi danno”. Intuendo cosa tramavano non fu ingannato. Quattro volte disse agli oppositori: “Non posso scendere. Perché dovrebbe cessare il lavoro mentre me ne allontanerei per scendere a voi?” I tentativi dei nemici di farlo venire a compromessi erano falliti. Neemia continuò a concentrarsi sul lavoro di costruzione. — Neemia 6:1-4.

*** it-2 p. 435 Ono ***
La “valle di Ono” (Ne 6:2) potrebbe essere l’ampia vallata in cui sorge Kafr ʽAna. Questa “valle” è stata anche associata con la “valle degli artefici [geh hacharashìm]”. (Ne 11:35) Ma alcuni ritengono che l’espressione ebraica geh hacharashìm designi un’altra località e la traslitterano come un nome proprio, “Ge-harashim”. — The Holy Scriptures According to the Masoretic Text; cfr. 1Cr 4:14 in NM e ATE; Ge, nt.

(NEEMIA 6:5)

“Infine Sanballat mi mandò il suo servitore con la stessa parola una quinta volta, con una lettera aperta nella sua mano.”

*** w07 1/7 p. 30 par. 14 “Continua a vincere il male col bene” ***
14 Secondo, i nemici diffusero notizie false, accusando Neemia di ‘tramare di ribellarsi’ contro il re Artaserse. Una volta ancora gli dissero: “Consultiamoci insieme”. Di nuovo Neemia rifiutò, perché intuì le loro intenzioni: “Cercavano tutti di incuterci timore, dicendo: ‘Cascheranno loro le mani dal lavoro così che non sarà fatto’”. Questa volta però Neemia respinse le accuse dei suoi nemici dicendo a uno di loro: “Cose come quelle che tu dici non sono state compiute, ma le inventi dal tuo proprio cuore”. Inoltre chiese aiuto a Geova, pregando: “Rafforza le mie mani”. Era fiducioso che con l’aiuto di Geova sarebbe riuscito a sventare quella malvagia cospirazione e a mandare avanti la costruzione. — Neemia 6:5-9.

*** w06 1/2 p. 9 par. 3 Punti notevoli del libro di Neemia ***
6:5: Dal momento che le lettere private erano messe di solito in sacchetti sigillati, perché Sanballat mandò a Neemia “una lettera aperta”? Può darsi che in questo modo Sanballat abbia voluto rendere pubbliche le false accuse. Forse sperava che Neemia si sarebbe arrabbiato così tanto da abbandonare i lavori e andare a difendersi. Magari Sanballat pensò che il contenuto della lettera avrebbe causato una tale agitazione fra gli ebrei che avrebbero interrotto i lavori. Neemia non si lasciò intimidire e continuò con calma l’opera affidatagli da Dio.

*** it-2 p. 126 Lettere ***
Le lettere confidenziali di solito erano sigillate. (1Re 21:8) Sanballat mancò di rispetto verso Neemia inviandogli una lettera aperta, forse con l’intenzione che le false accuse ivi contenute diventassero di dominio pubblico. — Ne 6:5.

*** w86 15/2 p. 25 La vera adorazione trionfa ***
♦ 6:5 — Perché una “lettera aperta”?
Le lettere riservate erano di solito poste in sacchetti accuratamente sigillati. Sanballat, quindi, inviò forse una “lettera aperta” nell’intenzione di offendere. Oppure, dato che l’accusa contenuta nella lettera poteva essere letta da altri, forse sperava che Neemia si sarebbe adirato a tal punto da lasciare Gerusalemme per andare di persona a dimostrare la propria innocenza. Può darsi che, nelle speranze di Sanballat, la lettera dovesse suscitare negli ebrei un tale allarme da farli desistere dal lavoro.

(NEEMIA 6:6)

“C’era scritto: “È stato udito fra le nazioni, e Ghesem [lo] dice, che tu e i giudei state tramando di ribellarvi. Perciò edifichi le mura; e stai divenendo per essi un re, secondo queste parole.”

*** w07 1/7 p. 30 par. 14 “Continua a vincere il male col bene” ***
14 Secondo, i nemici diffusero notizie false, accusando Neemia di ‘tramare di ribellarsi’ contro il re Artaserse. Una volta ancora gli dissero: “Consultiamoci insieme”. Di nuovo Neemia rifiutò, perché intuì le loro intenzioni: “Cercavano tutti di incuterci timore, dicendo: ‘Cascheranno loro le mani dal lavoro così che non sarà fatto’”. Questa volta però Neemia respinse le accuse dei suoi nemici dicendo a uno di loro: “Cose come quelle che tu dici non sono state compiute, ma le inventi dal tuo proprio cuore”. Inoltre chiese aiuto a Geova, pregando: “Rafforza le mie mani”. Era fiducioso che con l’aiuto di Geova sarebbe riuscito a sventare quella malvagia cospirazione e a mandare avanti la costruzione. — Neemia 6:5-9.

*** it-1 p. 1086 Ghesem ***
GHESEM
(Ghèsem) [forse, rovescio di pioggia].
Arabo che insieme a Sanballat e Tobia si oppose alla ricostruzione delle mura di Gerusalemme all’epoca di Neemia. Costoro in un primo tempo derisero Neemia e i suoi collaboratori. (Ne 2:19) Poi invano cospirarono e complottarono contro Neemia. (Ne 6:1-4) Infine Sanballat inviò a Neemia una lettera, in cui citava le parole di Ghesem che accusava Neemia e gli ebrei di tramare una ribellione e Neemia stesso di voler diventare loro re. Anche in questo i nemici fallirono. (Ne 6:5-7) Il fatto che Sanballat citasse Ghesem nella lettera sembra indicare che questi era un uomo influente. È opinione generale che dopo l’invasione persiana dell’Egitto i rapporti fra la corte persiana e le tribù arabe fossero buoni.

(NEEMIA 6:10)

“E io stesso entrai nella casa di Semaia figlio di Delaia figlio di Meetabel mentre era rinchiuso. E diceva: “Diamoci convegno nella casa del [vero] Dio, dentro il tempio, e chiudiamo le porte del tempio; poiché verranno per ucciderti, sì, di notte verranno per ucciderti”.”

*** w07 1/7 p. 30 par. 15 “Continua a vincere il male col bene” ***
15 Terzo, i nemici si servirono di un traditore, l’israelita Semaia, per cercare di indurre Neemia a infrangere la Legge di Dio. Semaia disse a Neemia: “Diamoci convegno nella casa del vero Dio, dentro il tempio, e chiudiamo le porte del tempio; poiché verranno per ucciderti”. Semaia affermò che Neemia stava per essere assassinato, ma che poteva salvarsi la vita nascondendosi nel tempio. Neemia però non era un sacerdote. Avrebbe commesso un peccato nascondendosi nella casa di Dio. Avrebbe infranto la Legge nel tentativo di salvarsi la vita? Neemia rispose: “Chi è come me che potrebbe entrare nel tempio e vivere? Non entrerò!” Perché non cadde nella trappola che gli era stata tesa? Perché sapeva che per quanto Semaia fosse un israelita “non l’aveva mandato Dio”. Infatti un vero profeta non gli avrebbe mai consigliato di infrangere la Legge di Dio. Ancora una volta Neemia non si lasciò vincere dal male tramato dagli oppositori. Poco dopo poté riferire: “Alla fine le mura furono completate il venticinquesimo giorno di elul, in cinquantadue giorni”. — Neemia 6:10-15; Numeri 1:51; 18:7.

(NEEMIA 6:14)

“Ricorda, sì, o mio Dio, Tobia e Sanballat, secondo queste opere di [ciascuno], e anche Noadia la profetessa e il resto dei profeti che cercavano continuamente di incutermi timore.”

*** it-2 p. 665 Profetessa ***
Neemia parla negativamente della profetessa Noadia, che, insieme al “resto dei profeti”, cercò di intimorirlo per ostacolare la ricostruzione delle mura di Gerusalemme. (Ne 6:14) Quantunque agisse in modo contrario alla volontà di Dio, ciò non significa necessariamente che fino a quel momento Noadia non fosse stata una profetessa riconosciuta.

(NEEMIA 7:1)

“E avvenne che, appena le mura furono riedificate, subito posi le porte. Quindi furono nominati i portinai e i cantori e i leviti.”

*** it-2 p. 350 Musica ***
È quindi comprensibile che, pur essendo i cantori tutti leviti, la Bibbia li menzioni come un corpo speciale, distinguendo “i cantori e i leviti”. — Ne 7:1; 13:10.

(NEEMIA 7:2)

“E mettevo al comando di Gerusalemme Hanani mio fratello e Hanania il principe del Castello, poiché era davvero un uomo fidato e temeva il [vero] Dio più di molti altri.”

*** it-1 p. 443 Castello ***
Neemia costruì un castello o fortezza immediatamente a NO del tempio ricostruito, lato da cui era più vulnerabile. (Ne 2:8; 7:2) A quanto risulta, i Maccabei eressero un’altra fortezza dove sorgeva la precedente, fortezza che fu poi ricostruita da Erode il Grande, il quale la chiamò Antonia. Qui Paolo venne interrogato dal comandante militare romano. — At 21:31, 32, 37; 22:24; vedi ANTONIA, FORTEZZA.

(NEEMIA 7:6)

“Questi sono i figli del distretto giurisdizionale che salirono dalla cattività del popolo esiliato che Nabucodonosor re di Babilonia aveva portato in esilio e che in seguito tornarono a Gerusalemme e in Giuda, ciascuno alla sua propria città;”

*** it-1 p. 705 Distretto giurisdizionale ***
Forse perché avevano vissuto nel distretto giurisdizionale di Babilonia, gli esuli ebrei rimpatriati sono chiamati “figli del distretto giurisdizionale”. (Esd 2:1; Ne 7:6) Oppure questa designazione può alludere al fatto che erano abitanti del distretto giurisdizionale medo-persiano di Giuda. — Ne 1:3.

*** w86 15/2 p. 26 La vera adorazione trionfa ***
♦ 7:6 — Perché questo elenco è diverso da quello di Esdra?
Entrambi i racconti concordano nel dire che, a parte schiavi e cantori, in tutto tornarono 42.360 persone. (Esdra 2:64, 65; Neemia 7:66, 67) Ma ci sono differenze nel numero dei componenti di certe famiglie che tornarono. Con tutta probabilità Esdra e Neemia seguirono metodi diversi nel compilare i loro elenchi. Uno, ad esempio, forse elencò coloro che avevano fatto richiesta di ritornare, mentre l’altro menzionò quelli che effettivamente tornarono. Alcuni sacerdoti, e forse anche altri, non furono in grado di stabilire da chi discendevano. (7:64) Questo spiega il motivo per cui le singole cifre sommate tra loro non danno il totale di 42.360.

(NEEMIA 7:7)

“quelli che vennero con Zorobabele, Iesua, Neemia, Azaria, Raamia, Naamani, Mardocheo, Bilsan, Misperet, Bigvai, Neum, Baana. Il numero degli uomini del popolo d’Israele:”

*** it-1 p. 260 Azaria ***
22. Uno di coloro che nel 537 a.E.V. tornarono a Gerusalemme con Zorobabele dopo l’esilio in Babilonia. (Ne 7:6, 7) Chiamato Seraia in Esdra 2:2.

(NEEMIA 7:15)

“i figli di Binnui, seicentoquarantotto;”

*** it-1 p. 288 Bani ***
4. Capofamiglia i cui discendenti, più di 600, tornarono a Gerusalemme con Zorobabele. (Esd 2:1, 10) In Neemia 7:15 è chiamato Binnui. — Vedi n. 3.

(NEEMIA 7:21)

“i figli di Ater, di Ezechia, novantotto;”

*** it-1 p. 242 Ater ***
ATER
(Àter) [chiuso; impedito].
1. Israelita, 98 figli o discendenti del quale tornarono dall’esilio in Babilonia con Zorobabele nel 537 a.E.V. (Esd 2:1, 2, 16; Ne 7:21) Questi sono così elencati: “I figli di Ater, di Ezechia, novantotto”, forse a indicare che erano progenie di Ater, discendente di un certo Ezechia (ma probabilmente non l’omonimo re di Giuda), oppure che erano discendenti di Ater tramite un certo Ezechia. Può darsi che un discendente di questo Ater fosse uno dei capi del popolo che autenticarono mediante sigillo la “disposizione degna di fede” dei giorni di Neemia. — Ne 9:38; 10:1, 17.

(NEEMIA 7:33)

“gli uomini dell’altra Nebo, cinquantadue;”

*** it-2 p. 373 Nebo ***
2. Città, alcuni rappresentanti della quale fecero ritorno dall’esilio in Babilonia. (Esd 2:1, 29) All’epoca di Esdra alcuni dei “figli [prob., abitanti] di Nebo” mandarono via le mogli straniere. (Esd 10:43, 44) Forse per distinguerla dalla Nebo n. 1 è chiamata l’“altra Nebo”. (Ne 7:33) Una delle possibili identificazioni è quella con l’odierna Nuba, circa 11 km a NO di Ebron.

(NEEMIA 7:46)

“I netinei: I figli di Ziha, i figli di Asufa, i figli di Tabbaot,”

*** w92 15/4 pp. 13-17 Geova provvede uomini che sono “dati” ***
Ritornano anche non israeliti
8 Quando coloro che amavano Geova in Babilonia furono invitati a tornare nella Terra Promessa, migliaia di non israeliti risposero all’invito. Negli elenchi compilati da Esdra e Neemia leggiamo dei “netinei” (che significa “dati”) e dei “figli dei servitori di Salomone”, che insieme assommavano a 392 unità. Vi si menzionano anche più di 7.500 altri: ‘schiavi e schiave’, oltre a “cantori e cantatrici” non leviti. (Esdra 2:43-58, 65; Neemia 7:46-60, 67) Cosa spinse così tanti non israeliti a fare ritorno?
9 Esdra 1:5 parla di “ognuno di cui il vero Dio aveva destato lo spirito, per salire a riedificare la casa di Geova”. Pertanto fu Geova a spingere tutti quelli che tornarono. Egli stimolò il loro spirito, cioè la loro impellente inclinazione mentale. Dio poté farlo anche dai cieli servendosi dello spirito santo, la sua forza attiva. Perciò tutti quelli che si levarono “per salire a riedificare la casa di Geova” furono aiutati ‘mediante lo spirito di Dio’. — Zaccaria 4:1, 6; Aggeo 1:14.
Un parallelo odierno
10 Chi prefigurarono quei reduci non israeliti? Molti cristiani potrebbero rispondere: ‘I netinei corrispondono alle odierne “altre pecore”’. È vero, ma non solo i netinei: infatti tutti i non israeliti che tornarono rappresentano i cristiani che oggi non fanno parte dell’Israele spirituale.
11 Il libro (inglese) Potete sopravvivere ad Armaghedon per entrare nel nuovo mondo di Dio osservava: “Il rimanente composto di 42.360 israeliti non fu il solo a lasciare Babilonia insieme al governatore Zorobabele . . . C’erano migliaia di non israeliti . . . Oltre ai netinei c’erano altri non israeliti, gli schiavi, i cantori e le cantatrici di professione e i discendenti dei servitori del re Salomone”. Il libro spiegava: “I netinei, gli schiavi, i cantori e i figli dei servitori di Salomone, nessuno dei quali era israelita, lasciarono il paese dell’esilio e tornarono insieme al rimanente israelita . . . Quindi, ci sono motivi per ritenere che oggi persone di varie nazionalità che non sono israeliti spirituali si sarebbero unite al rimanente dell’Israele spirituale per promuovere insieme ad esso l’adorazione di Geova Dio? Sì”. Esse ‘sono diventate moderni o antitipici netinei, cantori e figli dei servitori di Salomone’.
12 Come nel modello antico, Dio dà il suo spirito anche a questi che sperano di vivere per sempre sulla terra. È vero che non sono nati di nuovo. Ognuno dei 144.000 ha l’esperienza — unica — di nascere di nuovo come figlio spirituale di Dio e di essere unto con lo spirito santo. (Giovanni 3:3, 5; Romani 8:16; Efesini 1:13, 14) Ovviamente questa unzione è una speciale manifestazione dello spirito di Dio riservata al piccolo gregge. Ma lo spirito di Dio è necessario anche per compiere la Sua volontà. Per questo Gesù disse: ‘Il Padre che è in cielo dà spirito santo a quelli che glielo chiedono’. (Luca 11:13) Sia che il richiedente nutra la speranza celeste o che appartenga alle altre pecore, lo spirito di Geova è disponibile in abbondanza perché si compia la Sua volontà.
13 Lo spirito di Dio spinse sia israeliti che non israeliti a tornare a Gerusalemme, e oggi rafforza e aiuta tutti i suoi leali servitori. Sia che un cristiano nutra la speranza data da Dio di vivere in cielo o di vivere sulla terra, deve predicare la buona notizia, e lo spirito santo gli consente di farlo fedelmente. Ciascuno di noi, a prescindere dalla nostra speranza, dovrebbe coltivare i frutti dello spirito, di cui tutti abbiamo bisogno in piena misura. — Galati 5:22-26.
“Dati” per un servizio speciale
14 Fra le migliaia di non israeliti che lo spirito spinse a tornare c’erano due piccoli gruppi di cui la Parola di Dio fa speciale menzione: i netinei e i figli dei servitori di Salomone. Chi erano? Cosa facevano? E che significato potrebbe avere questo oggi?
15 I netinei erano un gruppo di origine non israelita che aveva il privilegio di servire insieme ai leviti. Ricordate i cananei di Gabaon che divennero “raccoglitori di legna e attingitori d’acqua per l’assemblea e per l’altare di Geova”? (Giosuè 9:27) Probabilmente fra i netinei che tornarono da Babilonia c’erano alcuni loro discendenti, come pure altri che si erano aggiunti in qualità di netinei durante il regno di Davide e in altri periodi. (Esdra 8:20) Cosa facevano i netinei? I leviti erano stati dati per aiutare i sacerdoti, e i netinei furono successivamente dati per aiutare i leviti. Anche per degli stranieri circoncisi, questo era un privilegio.
16 Quando il gruppo tornò da Babilonia, comprendeva pochi leviti, in paragone con i sacerdoti o con i netinei e i “figli dei servitori di Salomone”. (Esdra 8:15-20) Un dizionario biblico (Dictionary of the Bible, a cura di James Hastings) osserva: “Dopo qualche tempo troviamo [i netinei] così ben affermati come classe sacra ufficiale che vengono accordati loro dei privilegi”. L’autorevole periodico Vetus Testamentum osserva: “Si verificò un cambiamento. Dopo il Ritorno dall’Esilio, questi [stranieri] non furono più considerati schiavi del Tempio, ma officianti in esso, con uno status simile a quelli di altri gruppi che officiavano nel Tempio”. — Vedi il riquadro “Un cambiamento di condizione”.
17 Ovviamente i netinei non divennero uguali ai sacerdoti e ai leviti. Questi due ultimi gruppi erano israeliti, scelti da Geova stesso, e non potevano essere sostituiti da non israeliti. Eppure nella Bibbia ci sono indicazioni che, a motivo del ridotto numero dei leviti, ai netinei fu affidato più lavoro da compiere nel servizio di Dio. Furono concessi loro degli alloggi in prossimità del tempio. Ai giorni di Neemia lavorarono insieme ai sacerdoti alla riparazione delle mura vicino al tempio. (Neemia 3:22-26) E il re di Persia decretò che i netinei fossero esentati dalle tasse, proprio come ne erano esenti i leviti a motivo del servizio che compivano nel tempio. (Esdra 7:24) Ciò indica quanto questi uomini che erano stati “dati” (leviti e netinei) fossero allora intimamente uniti nelle attività spirituali e come ai netinei venissero affidati maggiori incarichi man mano che la necessità aumentava, quantunque non fossero mai annoverati fra i leviti. Quando in seguito Esdra radunò gli esiliati per il ritorno, inizialmente fra loro non c’era nessun levita. Perciò egli intensificò gli sforzi per trovarne alcuni. Fu così che 38 leviti e 220 netinei tornarono per servire come “ministri per la casa del nostro Dio”. — Esdra 8:15-20.
18 Un secondo gruppo di non israeliti che viene messo in evidenza erano i figli dei servitori di Salomone. La Bibbia fornisce poche informazioni su di loro. Alcuni erano “i figli di Soferet”. Esdra aggiunge a questo nome l’articolo determinativo, e così esso diventa hassofèreth, che forse significa “lo scriba”. (Esdra 2:55; Neemia 7:57) Poteva quindi trattarsi di un corpo di scribi o copisti, forse scribi del tempio o con funzioni amministrative. Pur essendo di origine straniera, i figli dei servitori di Salomone dimostrarono la loro devozione a Geova lasciando Babilonia e tornando per partecipare al ripristino della Sua adorazione.
Diamo noi stessi oggi
19 Nel nostro tempo Dio ha impiegato in maniera grandiosa l’unto rimanente per promuovere la pura adorazione e dichiarare la buona notizia. (Marco 13:10) Come si sono rallegrati i suoi componenti nel vedere prima decine di migliaia, poi centinaia di migliaia e infine milioni di altre pecore unirsi a loro nell’adorazione! E che splendida cooperazione esiste fra il rimanente e le altre pecore! — Giovanni 10:16.
20 Tutti i non israeliti che tornarono dall’esilio nell’antica Babilonia trovano riscontro nelle altre pecore che ora prestano servizio con il rimanente dell’Israele spirituale. Ma perché, fra tutti, la Bibbia dà risalto ai netinei e ai figli dei servitori di Salomone? Nel modello antico, ai netinei e ai figli dei servitori di Salomone furono affidati privilegi in più rispetto agli altri reduci non israeliti. Questo potrebbe ben prefigurare il fatto che oggi Dio ha affidato certi privilegi e maggiori responsabilità ad alcuni componenti maturi e volenterosi delle altre pecore.
21 Gli accresciuti privilegi dei netinei avevano direttamente a che fare con le attività spirituali. I figli dei servitori di Salomone ricevettero a quanto pare responsabilità di carattere amministrativo. Similmente oggi, Geova ha benedetto i suoi servitori con “doni negli uomini” che hanno cura dei loro bisogni. (Efesini 4:8, 11, 12) In questo provvedimento sono incluse molte centinaia di fratelli maturi ed esperti che contribuiscono a ‘pascere i greggi’, prestando servizio come sorveglianti di circoscrizione e di distretto e come membri dei Comitati di Filiale nelle 98 filiali della Società (Watch Tower). (Isaia 61:5, Ge) Alla sede mondiale della Società, sotto la guida dell’“economo fedele” e del suo Corpo Direttivo, uomini capaci vengono addestrati per aiutare a preparare porzioni di cibo spirituale. (Luca 12:42) Altri volontari dedicati da molto tempo sono stati addestrati per mandare avanti le case Betel e i relativi stabilimenti e per soprintendere in tutto il mondo a programmi di costruzione di nuovi edifici delle filiali e di sale da adibire all’adorazione cristiana. Essi si sono distinti per il loro servizio in qualità di stretti collaboratori dell’unto rimanente, che appartiene al regal sacerdozio. — Confronta 1 Corinti 4:17; 14:40; 1 Pietro 2:9.
22 Nell’antichità sacerdoti e leviti continuarono a prestare servizio fra i giudei. (Giovanni 1:19) Oggi, invece, il rimanente dell’Israele spirituale sulla terra deve continuare a diminuire. (Nota il contrasto in Giovanni 3:30). Infine, dopo la distruzione di Babilonia la Grande, tutti i 144.000 ‘suggellati’ saranno in cielo per il matrimonio dell’Agnello. (Rivelazione 7:1-3; 19:1-8) Ma ora le altre pecore devono continuare ad aumentare. Il fatto che ad alcuni di loro, come nel caso dei netinei e dei figli dei servitori di Salomone, vengano ora affidate onerose responsabilità sotto la sorveglianza dell’unto rimanente non li rende presuntuosi né li fa sentire importanti. (Romani 12:3) Questo ci fa avere fiducia che, quando il popolo di Dio avrà superato la “grande tribolazione”, ci saranno uomini esperti — “principi” — pronti a prendere la direttiva fra le altre pecore. — Rivelazione 7:14; Isaia 32:1; confronta Atti 6:2-7.
23 Tutti quelli che tornarono da Babilonia erano disposti a lavorare strenuamente e a dimostrare che l’adorazione di Geova era al primo posto nella loro mente e nel loro cuore. Lo stesso può dirsi oggi. Insieme all’unto rimanente ci sono ‘stranieri che pascono i greggi’. (Isaia 61:5, Ge) Perciò, indipendentemente dalla speranza che Dio ci ha dato e dai privilegi che prima del giorno della rivendicazione di Geova ad Armaghedon possono essere offerti ad anziani costituiti dallo spirito, ci sia concesso di coltivare tutti un sano e altruistico spirito di abnegazione. Anche se non potremo mai ripagare Geova per tutti i benefìci di cui ci colma, possa ognuno di noi rendere servizio con tutta l’anima, qualunque cosa facciamo in seno alla sua organizzazione. (Salmo 116:12-14; Colossesi 3:23) In questo modo, mentre le altre pecore prestano servizio a stretto contatto con gli unti, destinati a ‘regnare sulla terra’, noi tutti potremo dare noi stessi spendendoci per la vera adorazione. — Rivelazione 5:9, 10.

(NEEMIA 7:57)

“I figli dei servitori di Salomone: I figli di Sotai, i figli di Soferet, i figli di Perida,”

*** w92 15/4 pp. 13-17 Geova provvede uomini che sono “dati” ***
Ritornano anche non israeliti
8 Quando coloro che amavano Geova in Babilonia furono invitati a tornare nella Terra Promessa, migliaia di non israeliti risposero all’invito. Negli elenchi compilati da Esdra e Neemia leggiamo dei “netinei” (che significa “dati”) e dei “figli dei servitori di Salomone”, che insieme assommavano a 392 unità. Vi si menzionano anche più di 7.500 altri: ‘schiavi e schiave’, oltre a “cantori e cantatrici” non leviti. (Esdra 2:43-58, 65; Neemia 7:46-60, 67) Cosa spinse così tanti non israeliti a fare ritorno?
9 Esdra 1:5 parla di “ognuno di cui il vero Dio aveva destato lo spirito, per salire a riedificare la casa di Geova”. Pertanto fu Geova a spingere tutti quelli che tornarono. Egli stimolò il loro spirito, cioè la loro impellente inclinazione mentale. Dio poté farlo anche dai cieli servendosi dello spirito santo, la sua forza attiva. Perciò tutti quelli che si levarono “per salire a riedificare la casa di Geova” furono aiutati ‘mediante lo spirito di Dio’. — Zaccaria 4:1, 6; Aggeo 1:14.
Un parallelo odierno
10 Chi prefigurarono quei reduci non israeliti? Molti cristiani potrebbero rispondere: ‘I netinei corrispondono alle odierne “altre pecore”’. È vero, ma non solo i netinei: infatti tutti i non israeliti che tornarono rappresentano i cristiani che oggi non fanno parte dell’Israele spirituale.
11 Il libro (inglese) Potete sopravvivere ad Armaghedon per entrare nel nuovo mondo di Dio osservava: “Il rimanente composto di 42.360 israeliti non fu il solo a lasciare Babilonia insieme al governatore Zorobabele . . . C’erano migliaia di non israeliti . . . Oltre ai netinei c’erano altri non israeliti, gli schiavi, i cantori e le cantatrici di professione e i discendenti dei servitori del re Salomone”. Il libro spiegava: “I netinei, gli schiavi, i cantori e i figli dei servitori di Salomone, nessuno dei quali era israelita, lasciarono il paese dell’esilio e tornarono insieme al rimanente israelita . . . Quindi, ci sono motivi per ritenere che oggi persone di varie nazionalità che non sono israeliti spirituali si sarebbero unite al rimanente dell’Israele spirituale per promuovere insieme ad esso l’adorazione di Geova Dio? Sì”. Esse ‘sono diventate moderni o antitipici netinei, cantori e figli dei servitori di Salomone’.
12 Come nel modello antico, Dio dà il suo spirito anche a questi che sperano di vivere per sempre sulla terra. È vero che non sono nati di nuovo. Ognuno dei 144.000 ha l’esperienza — unica — di nascere di nuovo come figlio spirituale di Dio e di essere unto con lo spirito santo. (Giovanni 3:3, 5; Romani 8:16; Efesini 1:13, 14) Ovviamente questa unzione è una speciale manifestazione dello spirito di Dio riservata al piccolo gregge. Ma lo spirito di Dio è necessario anche per compiere la Sua volontà. Per questo Gesù disse: ‘Il Padre che è in cielo dà spirito santo a quelli che glielo chiedono’. (Luca 11:13) Sia che il richiedente nutra la speranza celeste o che appartenga alle altre pecore, lo spirito di Geova è disponibile in abbondanza perché si compia la Sua volontà.
13 Lo spirito di Dio spinse sia israeliti che non israeliti a tornare a Gerusalemme, e oggi rafforza e aiuta tutti i suoi leali servitori. Sia che un cristiano nutra la speranza data da Dio di vivere in cielo o di vivere sulla terra, deve predicare la buona notizia, e lo spirito santo gli consente di farlo fedelmente. Ciascuno di noi, a prescindere dalla nostra speranza, dovrebbe coltivare i frutti dello spirito, di cui tutti abbiamo bisogno in piena misura. — Galati 5:22-26.
“Dati” per un servizio speciale
14 Fra le migliaia di non israeliti che lo spirito spinse a tornare c’erano due piccoli gruppi di cui la Parola di Dio fa speciale menzione: i netinei e i figli dei servitori di Salomone. Chi erano? Cosa facevano? E che significato potrebbe avere questo oggi?
15 I netinei erano un gruppo di origine non israelita che aveva il privilegio di servire insieme ai leviti. Ricordate i cananei di Gabaon che divennero “raccoglitori di legna e attingitori d’acqua per l’assemblea e per l’altare di Geova”? (Giosuè 9:27) Probabilmente fra i netinei che tornarono da Babilonia c’erano alcuni loro discendenti, come pure altri che si erano aggiunti in qualità di netinei durante il regno di Davide e in altri periodi. (Esdra 8:20) Cosa facevano i netinei? I leviti erano stati dati per aiutare i sacerdoti, e i netinei furono successivamente dati per aiutare i leviti. Anche per degli stranieri circoncisi, questo era un privilegio.
16 Quando il gruppo tornò da Babilonia, comprendeva pochi leviti, in paragone con i sacerdoti o con i netinei e i “figli dei servitori di Salomone”. (Esdra 8:15-20) Un dizionario biblico (Dictionary of the Bible, a cura di James Hastings) osserva: “Dopo qualche tempo troviamo [i netinei] così ben affermati come classe sacra ufficiale che vengono accordati loro dei privilegi”. L’autorevole periodico Vetus Testamentum osserva: “Si verificò un cambiamento. Dopo il Ritorno dall’Esilio, questi [stranieri] non furono più considerati schiavi del Tempio, ma officianti in esso, con uno status simile a quelli di altri gruppi che officiavano nel Tempio”. — Vedi il riquadro “Un cambiamento di condizione”.
17 Ovviamente i netinei non divennero uguali ai sacerdoti e ai leviti. Questi due ultimi gruppi erano israeliti, scelti da Geova stesso, e non potevano essere sostituiti da non israeliti. Eppure nella Bibbia ci sono indicazioni che, a motivo del ridotto numero dei leviti, ai netinei fu affidato più lavoro da compiere nel servizio di Dio. Furono concessi loro degli alloggi in prossimità del tempio. Ai giorni di Neemia lavorarono insieme ai sacerdoti alla riparazione delle mura vicino al tempio. (Neemia 3:22-26) E il re di Persia decretò che i netinei fossero esentati dalle tasse, proprio come ne erano esenti i leviti a motivo del servizio che compivano nel tempio. (Esdra 7:24) Ciò indica quanto questi uomini che erano stati “dati” (leviti e netinei) fossero allora intimamente uniti nelle attività spirituali e come ai netinei venissero affidati maggiori incarichi man mano che la necessità aumentava, quantunque non fossero mai annoverati fra i leviti. Quando in seguito Esdra radunò gli esiliati per il ritorno, inizialmente fra loro non c’era nessun levita. Perciò egli intensificò gli sforzi per trovarne alcuni. Fu così che 38 leviti e 220 netinei tornarono per servire come “ministri per la casa del nostro Dio”. — Esdra 8:15-20.
18 Un secondo gruppo di non israeliti che viene messo in evidenza erano i figli dei servitori di Salomone. La Bibbia fornisce poche informazioni su di loro. Alcuni erano “i figli di Soferet”. Esdra aggiunge a questo nome l’articolo determinativo, e così esso diventa hassofèreth, che forse significa “lo scriba”. (Esdra 2:55; Neemia 7:57) Poteva quindi trattarsi di un corpo di scribi o copisti, forse scribi del tempio o con funzioni amministrative. Pur essendo di origine straniera, i figli dei servitori di Salomone dimostrarono la loro devozione a Geova lasciando Babilonia e tornando per partecipare al ripristino della Sua adorazione.
Diamo noi stessi oggi
19 Nel nostro tempo Dio ha impiegato in maniera grandiosa l’unto rimanente per promuovere la pura adorazione e dichiarare la buona notizia. (Marco 13:10) Come si sono rallegrati i suoi componenti nel vedere prima decine di migliaia, poi centinaia di migliaia e infine milioni di altre pecore unirsi a loro nell’adorazione! E che splendida cooperazione esiste fra il rimanente e le altre pecore! — Giovanni 10:16.
20 Tutti i non israeliti che tornarono dall’esilio nell’antica Babilonia trovano riscontro nelle altre pecore che ora prestano servizio con il rimanente dell’Israele spirituale. Ma perché, fra tutti, la Bibbia dà risalto ai netinei e ai figli dei servitori di Salomone? Nel modello antico, ai netinei e ai figli dei servitori di Salomone furono affidati privilegi in più rispetto agli altri reduci non israeliti. Questo potrebbe ben prefigurare il fatto che oggi Dio ha affidato certi privilegi e maggiori responsabilità ad alcuni componenti maturi e volenterosi delle altre pecore.
21 Gli accresciuti privilegi dei netinei avevano direttamente a che fare con le attività spirituali. I figli dei servitori di Salomone ricevettero a quanto pare responsabilità di carattere amministrativo. Similmente oggi, Geova ha benedetto i suoi servitori con “doni negli uomini” che hanno cura dei loro bisogni. (Efesini 4:8, 11, 12) In questo provvedimento sono incluse molte centinaia di fratelli maturi ed esperti che contribuiscono a ‘pascere i greggi’, prestando servizio come sorveglianti di circoscrizione e di distretto e come membri dei Comitati di Filiale nelle 98 filiali della Società (Watch Tower). (Isaia 61:5, Ge) Alla sede mondiale della Società, sotto la guida dell’“economo fedele” e del suo Corpo Direttivo, uomini capaci vengono addestrati per aiutare a preparare porzioni di cibo spirituale. (Luca 12:42) Altri volontari dedicati da molto tempo sono stati addestrati per mandare avanti le case Betel e i relativi stabilimenti e per soprintendere in tutto il mondo a programmi di costruzione di nuovi edifici delle filiali e di sale da adibire all’adorazione cristiana. Essi si sono distinti per il loro servizio in qualità di stretti collaboratori dell’unto rimanente, che appartiene al regal sacerdozio. — Confronta 1 Corinti 4:17; 14:40; 1 Pietro 2:9.
22 Nell’antichità sacerdoti e leviti continuarono a prestare servizio fra i giudei. (Giovanni 1:19) Oggi, invece, il rimanente dell’Israele spirituale sulla terra deve continuare a diminuire. (Nota il contrasto in Giovanni 3:30). Infine, dopo la distruzione di Babilonia la Grande, tutti i 144.000 ‘suggellati’ saranno in cielo per il matrimonio dell’Agnello. (Rivelazione 7:1-3; 19:1-8) Ma ora le altre pecore devono continuare ad aumentare. Il fatto che ad alcuni di loro, come nel caso dei netinei e dei figli dei servitori di Salomone, vengano ora affidate onerose responsabilità sotto la sorveglianza dell’unto rimanente non li rende presuntuosi né li fa sentire importanti. (Romani 12:3) Questo ci fa avere fiducia che, quando il popolo di Dio avrà superato la “grande tribolazione”, ci saranno uomini esperti — “principi” — pronti a prendere la direttiva fra le altre pecore. — Rivelazione 7:14; Isaia 32:1; confronta Atti 6:2-7.
23 Tutti quelli che tornarono da Babilonia erano disposti a lavorare strenuamente e a dimostrare che l’adorazione di Geova era al primo posto nella loro mente e nel loro cuore. Lo stesso può dirsi oggi. Insieme all’unto rimanente ci sono ‘stranieri che pascono i greggi’. (Isaia 61:5, Ge) Perciò, indipendentemente dalla speranza che Dio ci ha dato e dai privilegi che prima del giorno della rivendicazione di Geova ad Armaghedon possono essere offerti ad anziani costituiti dallo spirito, ci sia concesso di coltivare tutti un sano e altruistico spirito di abnegazione. Anche se non potremo mai ripagare Geova per tutti i benefìci di cui ci colma, possa ognuno di noi rendere servizio con tutta l’anima, qualunque cosa facciamo in seno alla sua organizzazione. (Salmo 116:12-14; Colossesi 3:23) In questo modo, mentre le altre pecore prestano servizio a stretto contatto con gli unti, destinati a ‘regnare sulla terra’, noi tutti potremo dare noi stessi spendendoci per la vera adorazione. — Rivelazione 5:9, 10.

(NEEMIA 7:60)

“Tutti i netinei e i figli dei servitori di Salomone furono trecentonovantadue.”

*** w92 15/4 pp. 13-17 Geova provvede uomini che sono “dati” ***
Ritornano anche non israeliti
8 Quando coloro che amavano Geova in Babilonia furono invitati a tornare nella Terra Promessa, migliaia di non israeliti risposero all’invito. Negli elenchi compilati da Esdra e Neemia leggiamo dei “netinei” (che significa “dati”) e dei “figli dei servitori di Salomone”, che insieme assommavano a 392 unità. Vi si menzionano anche più di 7.500 altri: ‘schiavi e schiave’, oltre a “cantori e cantatrici” non leviti. (Esdra 2:43-58, 65; Neemia 7:46-60, 67) Cosa spinse così tanti non israeliti a fare ritorno?
9 Esdra 1:5 parla di “ognuno di cui il vero Dio aveva destato lo spirito, per salire a riedificare la casa di Geova”. Pertanto fu Geova a spingere tutti quelli che tornarono. Egli stimolò il loro spirito, cioè la loro impellente inclinazione mentale. Dio poté farlo anche dai cieli servendosi dello spirito santo, la sua forza attiva. Perciò tutti quelli che si levarono “per salire a riedificare la casa di Geova” furono aiutati ‘mediante lo spirito di Dio’. — Zaccaria 4:1, 6; Aggeo 1:14.
Un parallelo odierno
10 Chi prefigurarono quei reduci non israeliti? Molti cristiani potrebbero rispondere: ‘I netinei corrispondono alle odierne “altre pecore”’. È vero, ma non solo i netinei: infatti tutti i non israeliti che tornarono rappresentano i cristiani che oggi non fanno parte dell’Israele spirituale.
11 Il libro (inglese) Potete sopravvivere ad Armaghedon per entrare nel nuovo mondo di Dio osservava: “Il rimanente composto di 42.360 israeliti non fu il solo a lasciare Babilonia insieme al governatore Zorobabele . . . C’erano migliaia di non israeliti . . . Oltre ai netinei c’erano altri non israeliti, gli schiavi, i cantori e le cantatrici di professione e i discendenti dei servitori del re Salomone”. Il libro spiegava: “I netinei, gli schiavi, i cantori e i figli dei servitori di Salomone, nessuno dei quali era israelita, lasciarono il paese dell’esilio e tornarono insieme al rimanente israelita . . . Quindi, ci sono motivi per ritenere che oggi persone di varie nazionalità che non sono israeliti spirituali si sarebbero unite al rimanente dell’Israele spirituale per promuovere insieme ad esso l’adorazione di Geova Dio? Sì”. Esse ‘sono diventate moderni o antitipici netinei, cantori e figli dei servitori di Salomone’.
12 Come nel modello antico, Dio dà il suo spirito anche a questi che sperano di vivere per sempre sulla terra. È vero che non sono nati di nuovo. Ognuno dei 144.000 ha l’esperienza — unica — di nascere di nuovo come figlio spirituale di Dio e di essere unto con lo spirito santo. (Giovanni 3:3, 5; Romani 8:16; Efesini 1:13, 14) Ovviamente questa unzione è una speciale manifestazione dello spirito di Dio riservata al piccolo gregge. Ma lo spirito di Dio è necessario anche per compiere la Sua volontà. Per questo Gesù disse: ‘Il Padre che è in cielo dà spirito santo a quelli che glielo chiedono’. (Luca 11:13) Sia che il richiedente nutra la speranza celeste o che appartenga alle altre pecore, lo spirito di Geova è disponibile in abbondanza perché si compia la Sua volontà.
13 Lo spirito di Dio spinse sia israeliti che non israeliti a tornare a Gerusalemme, e oggi rafforza e aiuta tutti i suoi leali servitori. Sia che un cristiano nutra la speranza data da Dio di vivere in cielo o di vivere sulla terra, deve predicare la buona notizia, e lo spirito santo gli consente di farlo fedelmente. Ciascuno di noi, a prescindere dalla nostra speranza, dovrebbe coltivare i frutti dello spirito, di cui tutti abbiamo bisogno in piena misura. — Galati 5:22-26.
“Dati” per un servizio speciale
14 Fra le migliaia di non israeliti che lo spirito spinse a tornare c’erano due piccoli gruppi di cui la Parola di Dio fa speciale menzione: i netinei e i figli dei servitori di Salomone. Chi erano? Cosa facevano? E che significato potrebbe avere questo oggi?
15 I netinei erano un gruppo di origine non israelita che aveva il privilegio di servire insieme ai leviti. Ricordate i cananei di Gabaon che divennero “raccoglitori di legna e attingitori d’acqua per l’assemblea e per l’altare di Geova”? (Giosuè 9:27) Probabilmente fra i netinei che tornarono da Babilonia c’erano alcuni loro discendenti, come pure altri che si erano aggiunti in qualità di netinei durante il regno di Davide e in altri periodi. (Esdra 8:20) Cosa facevano i netinei? I leviti erano stati dati per aiutare i sacerdoti, e i netinei furono successivamente dati per aiutare i leviti. Anche per degli stranieri circoncisi, questo era un privilegio.
16 Quando il gruppo tornò da Babilonia, comprendeva pochi leviti, in paragone con i sacerdoti o con i netinei e i “figli dei servitori di Salomone”. (Esdra 8:15-20) Un dizionario biblico (Dictionary of the Bible, a cura di James Hastings) osserva: “Dopo qualche tempo troviamo [i netinei] così ben affermati come classe sacra ufficiale che vengono accordati loro dei privilegi”. L’autorevole periodico Vetus Testamentum osserva: “Si verificò un cambiamento. Dopo il Ritorno dall’Esilio, questi [stranieri] non furono più considerati schiavi del Tempio, ma officianti in esso, con uno status simile a quelli di altri gruppi che officiavano nel Tempio”. — Vedi il riquadro “Un cambiamento di condizione”.
17 Ovviamente i netinei non divennero uguali ai sacerdoti e ai leviti. Questi due ultimi gruppi erano israeliti, scelti da Geova stesso, e non potevano essere sostituiti da non israeliti. Eppure nella Bibbia ci sono indicazioni che, a motivo del ridotto numero dei leviti, ai netinei fu affidato più lavoro da compiere nel servizio di Dio. Furono concessi loro degli alloggi in prossimità del tempio. Ai giorni di Neemia lavorarono insieme ai sacerdoti alla riparazione delle mura vicino al tempio. (Neemia 3:22-26) E il re di Persia decretò che i netinei fossero esentati dalle tasse, proprio come ne erano esenti i leviti a motivo del servizio che compivano nel tempio. (Esdra 7:24) Ciò indica quanto questi uomini che erano stati “dati” (leviti e netinei) fossero allora intimamente uniti nelle attività spirituali e come ai netinei venissero affidati maggiori incarichi man mano che la necessità aumentava, quantunque non fossero mai annoverati fra i leviti. Quando in seguito Esdra radunò gli esiliati per il ritorno, inizialmente fra loro non c’era nessun levita. Perciò egli intensificò gli sforzi per trovarne alcuni. Fu così che 38 leviti e 220 netinei tornarono per servire come “ministri per la casa del nostro Dio”. — Esdra 8:15-20.
18 Un secondo gruppo di non israeliti che viene messo in evidenza erano i figli dei servitori di Salomone. La Bibbia fornisce poche informazioni su di loro. Alcuni erano “i figli di Soferet”. Esdra aggiunge a questo nome l’articolo determinativo, e così esso diventa hassofèreth, che forse significa “lo scriba”. (Esdra 2:55; Neemia 7:57) Poteva quindi trattarsi di un corpo di scribi o copisti, forse scribi del tempio o con funzioni amministrative. Pur essendo di origine straniera, i figli dei servitori di Salomone dimostrarono la loro devozione a Geova lasciando Babilonia e tornando per partecipare al ripristino della Sua adorazione.
Diamo noi stessi oggi
19 Nel nostro tempo Dio ha impiegato in maniera grandiosa l’unto rimanente per promuovere la pura adorazione e dichiarare la buona notizia. (Marco 13:10) Come si sono rallegrati i suoi componenti nel vedere prima decine di migliaia, poi centinaia di migliaia e infine milioni di altre pecore unirsi a loro nell’adorazione! E che splendida cooperazione esiste fra il rimanente e le altre pecore! — Giovanni 10:16.
20 Tutti i non israeliti che tornarono dall’esilio nell’antica Babilonia trovano riscontro nelle altre pecore che ora prestano servizio con il rimanente dell’Israele spirituale. Ma perché, fra tutti, la Bibbia dà risalto ai netinei e ai figli dei servitori di Salomone? Nel modello antico, ai netinei e ai figli dei servitori di Salomone furono affidati privilegi in più rispetto agli altri reduci non israeliti. Questo potrebbe ben prefigurare il fatto che oggi Dio ha affidato certi privilegi e maggiori responsabilità ad alcuni componenti maturi e volenterosi delle altre pecore.
21 Gli accresciuti privilegi dei netinei avevano direttamente a che fare con le attività spirituali. I figli dei servitori di Salomone ricevettero a quanto pare responsabilità di carattere amministrativo. Similmente oggi, Geova ha benedetto i suoi servitori con “doni negli uomini” che hanno cura dei loro bisogni. (Efesini 4:8, 11, 12) In questo provvedimento sono incluse molte centinaia di fratelli maturi ed esperti che contribuiscono a ‘pascere i greggi’, prestando servizio come sorveglianti di circoscrizione e di distretto e come membri dei Comitati di Filiale nelle 98 filiali della Società (Watch Tower). (Isaia 61:5, Ge) Alla sede mondiale della Società, sotto la guida dell’“economo fedele” e del suo Corpo Direttivo, uomini capaci vengono addestrati per aiutare a preparare porzioni di cibo spirituale. (Luca 12:42) Altri volontari dedicati da molto tempo sono stati addestrati per mandare avanti le case Betel e i relativi stabilimenti e per soprintendere in tutto il mondo a programmi di costruzione di nuovi edifici delle filiali e di sale da adibire all’adorazione cristiana. Essi si sono distinti per il loro servizio in qualità di stretti collaboratori dell’unto rimanente, che appartiene al regal sacerdozio. — Confronta 1 Corinti 4:17; 14:40; 1 Pietro 2:9.
22 Nell’antichità sacerdoti e leviti continuarono a prestare servizio fra i giudei. (Giovanni 1:19) Oggi, invece, il rimanente dell’Israele spirituale sulla terra deve continuare a diminuire. (Nota il contrasto in Giovanni 3:30). Infine, dopo la distruzione di Babilonia la Grande, tutti i 144.000 ‘suggellati’ saranno in cielo per il matrimonio dell’Agnello. (Rivelazione 7:1-3; 19:1-8) Ma ora le altre pecore devono continuare ad aumentare. Il fatto che ad alcuni di loro, come nel caso dei netinei e dei figli dei servitori di Salomone, vengano ora affidate onerose responsabilità sotto la sorveglianza dell’unto rimanente non li rende presuntuosi né li fa sentire importanti. (Romani 12:3) Questo ci fa avere fiducia che, quando il popolo di Dio avrà superato la “grande tribolazione”, ci saranno uomini esperti — “principi” — pronti a prendere la direttiva fra le altre pecore. — Rivelazione 7:14; Isaia 32:1; confronta Atti 6:2-7.
23 Tutti quelli che tornarono da Babilonia erano disposti a lavorare strenuamente e a dimostrare che l’adorazione di Geova era al primo posto nella loro mente e nel loro cuore. Lo stesso può dirsi oggi. Insieme all’unto rimanente ci sono ‘stranieri che pascono i greggi’. (Isaia 61:5, Ge) Perciò, indipendentemente dalla speranza che Dio ci ha dato e dai privilegi che prima del giorno della rivendicazione di Geova ad Armaghedon possono essere offerti ad anziani costituiti dallo spirito, ci sia concesso di coltivare tutti un sano e altruistico spirito di abnegazione. Anche se non potremo mai ripagare Geova per tutti i benefìci di cui ci colma, possa ognuno di noi rendere servizio con tutta l’anima, qualunque cosa facciamo in seno alla sua organizzazione. (Salmo 116:12-14; Colossesi 3:23) In questo modo, mentre le altre pecore prestano servizio a stretto contatto con gli unti, destinati a ‘regnare sulla terra’, noi tutti potremo dare noi stessi spendendoci per la vera adorazione. — Rivelazione 5:9, 10.

(NEEMIA 7:65)

“Di conseguenza il Tirsata disse loro che non avrebbero dovuto mangiare delle cose santissime finché non ci fosse stato il sacerdote con Urim e Tummim.”

*** it-2 p. 1171 Urim e Tummim ***
Uso cessato nel 607 a.E.V. Secondo la tradizione ebraica, l’uso degli Urim e dei Tummim cessò nel 607 a.E.V., quando Gerusalemme fu desolata e il tempio distrutto dagli eserciti babilonesi al comando del re Nabucodonosor. (Talmud babilonese, Sotah 48b) Questa idea è confermata da quanto si legge a proposito di questi oggetti nei libri di Esdra e Neemia. Qui a certi uomini, che si dichiaravano di discendenza sacerdotale ma non riuscivano a trovare i loro nomi nel pubblico registro, fu detto che non dovevano mangiare delle cose santissime provvedute per il sacerdozio finché non si fosse presentato un sacerdote con Urim e Tummim. Ma non risulta che questi oggetti sacri siano stati usati in quel tempo, e in seguito la Bibbia non ne parla più. — Esd 2:61-63; Ne 7:63-65.

(NEEMIA 7:66)

“L’intera congregazione come un solo gruppo fu di quarantaduemilatrecentosessanta,”

*** it-2 pp. 378-379 Neemia, Libro di ***
Sia il libro di Esdra (2:1-67) che quello di Neemia (7:6-69) indicano il numero degli uomini delle varie case o famiglie che tornarono con Zorobabele dall’esilio in Babilonia. Concordano sul numero complessivo di 42.360 uomini che tornarono dall’esilio, a parte gli schiavi e i cantori. (Esd 2:64; Ne 7:66) Tuttavia ci sono differenze nel numero degli appartenenti a ciascuna casa o famiglia, e in entrambi gli elenchi le varie cifre danno un totale molto inferiore a 42.360. Molti studiosi vorrebbero attribuire queste divergenze a errori di trascrizione. Anche se questa ipotesi non può essere scartata a priori, esistono altre possibili spiegazioni.
Può darsi che Esdra e Neemia abbiano compilato i rispettivi elenchi basandosi su fonti diverse. Per esempio, Esdra può aver usato un documento in cui erano elencati coloro che avevano chiesto di tornare in patria, mentre Neemia può aver copiato da un documento in cui erano elencati quelli effettivamente tornati. Poiché c’erano dei sacerdoti che non erano in grado di stabilire la propria genealogia (Esd 2:61-63; Ne 7:63-65), non è illogico ritenere che molti altri israeliti avessero lo stesso problema. Quindi i 42.360 uomini potevano essere il totale complessivo degli appartenenti a ciascuna famiglia più molti altri che non erano in grado di dimostrare la loro origine. Più tardi però alcuni possono essere riusciti a stabilire la propria genealogia. Questo spiegherebbe come mai da cifre diverse si possa arrivare allo stesso totale.

(NEEMIA 7:68)

“I loro cavalli furono settecentotrentasei, i loro muli duecentoquarantacinque.]”

*** it-1 p. 452 Cavallo ***
Cavalli sono menzionati fra le bestie da soma che avrebbero riportato a Gerusalemme il popolo di Dio che era stato disperso. (Isa 66:20) È perciò degno di nota che nel primo adempimento delle profezie sulla restaurazione gli ebrei tornarono con 736 cavalli. — Esd 2:1, 66; Ne 7:68.

(NEEMIA 7:69)

“I cammelli furono quattrocentotrentacinque. Gli asini furono seimilasettecentoventi.”

*** it-1 p. 398 Cammello ***
Cammelli sono menzionati anche fra le bestie da soma che da tutte le nazioni portano i fratelli dei servitori di Dio a Gerusalemme “come dono a Geova”. (Isa 60:6; 66:20) È interessante notare che, nel primo adempimento della profezia di Isaia relativa alla restaurazione, fra il bestiame degli ebrei che tornarono da Babilonia nel 537 a.E.V. c’erano 435 cammelli. — Esd 2:67; Ne 7:69.

(NEEMIA 7:70)

“E una parte dei capi delle case paterne diedero [contribuzioni] per l’opera. Il Tirsata stesso diede al tesoro mille dramme d’oro, cinquanta scodelle, cinquecentotrenta lunghe vesti da sacerdoti.”

*** it-1 p. 729 Dramma ***
La dramma d’argento greca non va confusa con la “dramma” (darkemòhn) d’oro delle Scritture Ebraiche, moneta che aveva generalmente valore pari al darico persiano (8,4 g; ca. 134.000 lire). — Esd 2:69; Ne 7:70-72.

(NEEMIA 8:2)

“Esdra il sacerdote portò pertanto la legge davanti alla congregazione degli uomini e delle donne e di tutti quelli abbastanza intelligenti da ascoltare, il primo giorno del settimo mese.”

*** w98 15/10 p. 20 Una Gerusalemme all’altezza del suo nome ***
Un meraviglioso giorno di assemblea
4 Le mura di Gerusalemme furono completate giusto in tempo per l’importante mese festivo di tishri, settimo mese del calendario religioso di Israele. Il primo giorno di tishri era una speciale festa di novilunio detta festa dello squillo di tromba. Quel giorno i sacerdoti suonavano le trombe mentre venivano offerti sacrifici a Geova. (Numeri 10:10; 29:1) Era un giorno che preparava gli israeliti per l’annuale giorno di espiazione, che cadeva il 10 di tishri, e per la gioiosa festa della raccolta, che andava dal 15° al 21° giorno dello stesso mese.
5 “Il primo giorno del settimo mese”, “tutto il popolo” si radunò, probabilmente dietro incoraggiamento di Neemia e di Esdra. C’erano uomini, donne e “tutti quelli abbastanza intelligenti da ascoltare”. Perciò anche i bambini erano presenti e attenti mentre Esdra leggeva la Legge sul podio “dall’alba fino a mezzogiorno”. (Neemia 8:1-4)

(NEEMIA 8:6)

“Esdra benedisse quindi Geova il [vero] Dio, il Grande, al che tutto il popolo rispose: “Amen! Amen!” con l’alzata delle loro mani. Quindi si inchinarono e si prostrarono dinanzi a Geova con le facce a terra.”

*** it-1 p. 243 Atteggiamenti e gesti ***
L’espressione ‘cadere sulla propria faccia’ ricorre spesso nelle Scritture per indicare che una persona si prostra. Questo di solito avviene cadendo sulle ginocchia e chinandosi in avanti, appoggiati sulle mani o, più spesso, sui gomiti, con la testa che tocca terra. (Ge 24:26, 48; Ne 8:6; Nu 16:22, 45; Mt 26:39) Nel gran dolore o pregando con molto fervore ci si poteva effettivamente stendere con la faccia a terra.

(NEEMIA 8:7)

“E Iesua e Bani e Serebia, Iamin, Accub, Sabbetai, Odia, Maaseia, Chelita, Azaria, Iozabad, Hanan, Pelaia, sì, i leviti, spiegavano la legge al popolo, mentre il popolo stava in piedi.”

*** it-2 pp. 26-27 Intendimento ***
Tuttavia, anche se uno capisce grosso modo quello che gli viene detto, l’intendimento può andare oltre tale semplice comprensione, nel senso che la persona afferra il vero significato del messaggio ed è in grado di valutarlo, trarne beneficio e agire di conseguenza. Quando il sacerdote Esdra lesse la Legge al popolo radunato a Gerusalemme, erano presenti “tutti quelli abbastanza intelligenti [dall’ebr. bin] da ascoltare”. Anche se questi avevano una mente matura capace di intendere tutte le parole, i leviti “spiegavano la legge al popolo [istruivano il popolo nella legge, o davano intendimento (forma di bin)] . . . E continuarono a leggere ad alta voce dal libro, dalla legge del vero Dio, esponendola, e dandole significato; e continuarono a dare intendimento nella lettura”. — Ne 8:2, 3, 7, 8.

(NEEMIA 8:8)

“E continuarono a leggere ad alta voce dal libro, dalla legge del [vero] Dio, esponendola, e dando[le] significato; e continuarono a dare intendimento nella lettura.”

*** w06 1/2 p. 11 par. 4 Punti notevoli del libro di Neemia ***
8:8. Poiché siamo insegnanti della Parola di Dio ‘le diamo significato’ con una buona dizione ed enfasi orale, spiegando correttamente le Scritture e rendendone chiara l’applicazione.

*** w96 15/5 p. 16 par. 2 Leggete la Parola di Dio e servitelo in verità ***
Si legge: “Continuarono a leggere ad alta voce dal libro, dalla legge del vero Dio, esponendola, e dandole significato; e continuarono a dare intendimento nella lettura”. (Neemia 8:8) Alcuni studiosi pensano che gli ebrei non capissero più bene l’ebraico e che si ricorresse a parafrasi in aramaico. Ma il testo non allude a semplici chiarimenti linguistici. Esdra e altri esposero la Legge in modo che il popolo potesse afferrarne i princìpi e metterli in pratica. Anche le pubblicazioni e le adunanze cristiane aiutano a ‘dare significato’ alla Parola di Dio. La stessa cosa fanno gli anziani nominati, che sono ‘qualificati per insegnare’. — 1 Timoteo 3:1, 2; 2 Timoteo 2:24.

*** si p. 89 par. 10 Libro biblico numero 16: Neemia ***
Viene poi convocata un’assemblea di otto giorni nella pubblica piazza, presso la Porta delle Acque. Esdra, stando su un podio di legno, dà inizio al programma. Benedice Geova e quindi legge il libro della Legge di Mosè dall’alba a mezzogiorno. È abilmente assistito da altri leviti, che spiegano la Legge al popolo e continuano ‘a leggere ad alta voce dal libro, dalla Legge del vero Dio, esponendola, e dandole significato; e continuano a dare intendimento nella lettura’. (8:8)

*** it-1 p. 174 Aramaico ***
Alcuni anni dopo il ritorno dall’esilio in Babilonia, il sacerdote Esdra lesse il libro della Legge agli ebrei radunati a Gerusalemme, e diversi leviti lo spiegarono al popolo, come dice Neemia 8:8: “Continuarono a leggere ad alta voce dal libro, dalla legge del vero Dio, esponendola, e dandole significato; e continuarono a dare intendimento nella lettura”. Questa esposizione o interpretazione poté richiedere di parafrasare il testo ebraico in aramaico, lingua che probabilmente era stata adottata dagli ebrei in Babilonia. Inoltre l’esposizione poteva senza dubbio richiedere una spiegazione affinché gli ebrei, pur capendo l’ebraico, comprendessero il profondo significato di ciò che veniva letto.

*** it-1 p. 735 Ebraico ***
Neemia 8:8 menziona il ‘dare significato’ e “intendimento” nella lettura della Legge. Si è ipotizzato che i reduci dall’esilio non comprendessero bene l’ebraico e che quindi si ricorresse a parafrasi in aramaico. Ma il brano in sé fa pensare più a un’esposizione del senso e dell’applicazione della Legge che non a chiarificazioni linguistiche o grammaticali. — Cfr. Mt 13:14, 51, 52; Lu 24:27; At 8:30, 31.

*** w86 15/2 p. 26 La vera adorazione trionfa ***
♦ 8:8 — In che modo fu ‘dato significato’ alla Legge?
A quanto pare, oltre che con una buona pronuncia ed enfasi orale, Esdra e i suoi assistenti spiegarono la Legge e ne applicarono i princìpi, perché il popolo potesse comprenderla meglio. Anche le pubblicazioni basate sulla Bibbia e le adunanze dei testimoni di Geova servono a ‘dare significato’ alla Parola di Dio.

(NEEMIA 8:10)

“Ed egli diceva loro: “Andate, mangiate le cose grasse e bevete le cose dolci, e mandate porzioni a colui per il quale non è stato preparato nulla; poiché questo giorno è santo al nostro Signore, e non vi contristate, poiché la gioia di Geova è la vostra fortezza”.”

*** w08 15/12 p. 32 Domande dai lettori ***
Domande dai lettori
In Neemia 8:10 leggiamo che agli ebrei viene detto di mangiare “le cose grasse”, eppure in Levitico 3:17 la Legge dice: “Non dovete mangiare alcun grasso”. Come si possono conciliare queste due dichiarazioni?
Nella lingua originale, i termini usati in Neemia 8:10 per “le cose grasse” e in Levitico 3:17 per “grasso” sono diversi. Il termine ebraico chèlev, reso “grasso” in Levitico 3:17, si riferisce al grasso sia animale che umano. (Lev. 3:3; Giud. 3:22) Il contesto del versetto 17 indica che gli israeliti non dovevano mangiare lo strato di grasso intorno agli intestini e ai reni degli animali sacrificati, e nemmeno il grasso sopra i lombi, perché “tutto il grasso appartiene a Geova”. (Lev. 3:14-16) Quindi il grasso degli animali sacrificati a Geova non doveva essere mangiato.
In Neemia 8:10, invece, l’espressione “le cose grasse” traduce l’ebraico mashmannìm. Questo è l’unico caso in cui compare nelle Scritture Ebraiche. Deriva dal verbo shamèn, che significa “essere grasso” o “ingrassare”. I vocaboli che appartengono alla stessa famiglia lessicale di questo verbo sembrano essere accomunati dall’idea di prosperità e benessere. (Confronta Isaia 25:6). Fra questi, uno dei più comuni è il sostantivo shèmen, spesso tradotto “olio”, anche nell’espressione ‘olio di olive’. (Deut. 8:8; Lev. 24:2) In Neemia 8:10 mashmannìm pare riferirsi a cibo preparato con abbondante olio che poteva includere carne contenente grasso, ma certo non strati di grasso animale.
Anche se agli israeliti era proibito consumare quegli strati di grasso animale, potevano comunque mangiare piatti ricchi e gustosi. Alcuni cibi, come le focacce di grano, erano cotti non nel grasso animale ma nell’olio vegetale, di solito olio d’oliva. (Lev. 2:7) Ecco perché Perspicacia nello studio delle Scritture spiega che le “‘cose grasse’ possono essere porzioni abbondanti, non scarne o asciutte, ma succulente, fra cui gustosi piatti preparati con oli vegetali”.
I cristiani, ovviamente, sanno che era la Legge a proibire di mangiare grasso. Non essendo sotto la Legge, i cristiani non hanno l’obbligo di soddisfarne i requisiti in merito ai sacrifici animali. — Rom. 3:20; 7:4, 6; 10:4; Col. 2:16, 17.

*** w06 1/2 p. 11 par. 5 Punti notevoli del libro di Neemia ***
8:10. Per avere “la gioia di Geova” bisogna rendersi conto del proprio bisogno spirituale, soddisfarlo e seguire la guida teocratica. È essenziale studiare con diligenza la Bibbia, assistere con regolarità alle adunanze cristiane e partecipare con zelo all’opera di predicare il Regno e fare discepoli.

*** w98 15/10 p. 20 par. 6 Una Gerusalemme all’altezza del suo nome ***
6 Ma quella non era un’occasione per piangere e fare cordoglio. Era una festa, e avevano appena finito di ricostruire le mura di Gerusalemme. Perciò Neemia li aiutò ad avere il giusto spirito dicendo: “Andate, mangiate le cose grasse e bevete le cose dolci, e mandate porzioni a colui per il quale non è stato preparato nulla; poiché questo giorno è santo al nostro Signore, e non vi contristate, poiché la gioia di Geova è la vostra fortezza”. Ubbidientemente “tutto il popolo se ne andò . . . a mangiare e a bere e a mandare porzioni e a darsi a grande allegrezza, poiché avevano compreso le parole che erano state loro rese note”. — Neemia 8:10-12.

*** w95 15/1 p. 11 par. 3 La gioia di Geova è la nostra fortezza ***
3 La gioia che Geova dà è una salda fortezza per quelli che camminano nelle sue vie e mantengono l’integrità. (Proverbi 2:6-8; 10:29) Per avere la gioia di Dio, naturalmente, occorre fare la sua volontà. A questo proposito, considerate ciò che accadde a Gerusalemme ai giorni di Esdra. Il copista Esdra e altri impartirono intendimento leggendo la Legge in modo da evidenziarne il significato. Dopo ciò al popolo fu data questa esortazione: “Andate, mangiate le cose grasse e bevete le cose dolci, e mandate porzioni a colui per il quale non è stato preparato nulla; poiché questo giorno è santo al nostro Signore, e non vi contristate, poiché la gioia di Geova è la vostra fortezza”. Gli ebrei misero in pratica la conoscenza impartita loro e tennero una gioiosa festa delle capanne: ne risultò “grande allegrezza”. (Neemia 8:1-12) Coloro che avevano ‘la gioia di Geova come loro fortezza’ ricevettero la forza necessaria per adorarlo e servirlo.

*** w94 1/9 p. 14 par. 2 Rallegratevi in Geova! ***
“La gioia di Geova è la vostra fortezza”, oppure, secondo La Nuova Diodati: “La gioia dell’Eterno è la vostra forza”. (Neemia 8:10) La gioia dà forza ed è simile a una fortezza in cui ci si può rifugiare per avere conforto e protezione. La gioia fu una delle cose che aiutarono persino il perfetto Gesù a perseverare. “Per la gioia che gli fu posta dinanzi egli sopportò il palo di tortura, disprezzando la vergogna, e si è messo a sedere alla destra del trono di Dio”. (Ebrei 12:2) È chiaro che potersi rallegrare nonostante le difficoltà è essenziale per la salvezza.

*** w92 15/3 p. 19 La libertà che Dio dà reca gioia ***
La gioia di Geova è la nostra fortezza
3 Nel corso di quella festa gli ebrei compresero quanto erano vere le parole: “La gioia di Geova è la vostra fortezza”. (Neemia 8:10) Questa gioia è anche la nostra fortezza se stiamo saldi nella libertà che Geova Dio ci dà in qualità di suoi Testimoni dedicati e battezzati. Alcuni di noi sono stati unti con lo spirito santo e adottati nella famiglia di Dio quali celesti coeredi di Cristo. (Romani 8:15-23) La stragrande maggioranza di noi oggi ha la prospettiva di vivere in un paradiso terrestre. (Luca 23:43) Come dovremmo essere gioiosi!

*** it-1 p. 1192 Grasso ***
L’idea che il divieto si applicasse a tutto il grasso non è smentita da Deuteronomio 32:14, dove si legge che Geova dà da mangiare a Israele il “grasso dei montoni”. Questa è un’espressione figurativa per indicare il meglio del gregge o, come rende la frase La Bible de Jérusalem (BJ), “il grasso dei pascoli”. Tale significato poetico è indicato dalla seconda parte dello stesso versetto che menziona il “grasso dei reni del frumento” e il “sangue dell’uva”. Lo stesso si può dire di Neemia 8:10, dove al popolo viene comandato: “Andate, mangiate le cose grasse”. Non si deve concludere che mangiassero letteralmente il grasso. “Cose grasse” possono essere porzioni abbondanti, non scarne o asciutte, ma succulente, fra cui gustosi piatti preparati con oli vegetali. Infatti altri traducono “mangiate grassi manicaretti”. — PIB.

(NEEMIA 8:13)

“E il secondo giorno i capi dei padri di tutto il popolo, i sacerdoti e i leviti, si raccolsero presso Esdra il copista, sì, per acquistare perspicacia delle parole della legge.”

*** w98 15/10 pp. 20-21 Una Gerusalemme all’altezza del suo nome ***
Un altro raduno gioioso
8 Il secondo giorno di quel mese speciale, “i capi dei padri di tutto il popolo, i sacerdoti e i leviti, si raccolsero presso Esdra il copista, sì, per acquistare perspicacia delle parole della legge”. (Neemia 8:13) Esdra era sicuramente idoneo per condurre quell’adunanza, perché “aveva preparato il suo cuore per consultare la legge di Geova e per metterla in pratica e per insegnare in Israele regolamento e giustizia”. (Esdra 7:10) Senza dubbio quell’adunanza diede risalto ad aspetti in cui il popolo di Dio doveva aderire più strettamente al patto della Legge. Era urgente fare i dovuti preparativi per celebrare l’imminente festa delle capanne.

(NEEMIA 8:14)

“Trovarono quindi scritto nella legge che Geova aveva comandato per mezzo di Mosè che i figli d’Israele avrebbero dovuto dimorare in capanne durante la festa del settimo mese,”

*** it-1 p. 916 Festa delle capanne ***
Dovevano abitare in capanne (ebr. sukkòhth) per i sette giorni della festa. Di solito c’era una capanna per ogni famiglia. (Eso 34:23; Le 23:42) Gli israeliti le erigevano nei cortili e sulle terrazze delle abitazioni, nei cortili del tempio, nelle pubbliche piazze e sulle strade a meno di un sabato di viaggio dalla città. Dovevano usare “il frutto di alberi splendidi”, foglie di palme e anche rami di altri alberi. (Le 23:40) Ai giorni di Esdra, per costruire queste strutture temporanee si usavano fronde di olivo e di albero oleifero, mirto (molto profumato), foglie di palma e anche rami di altri alberi. Il fatto che tutti, ricchi e poveri, dimoravano in capanne, prendendovi anche i pasti per sette giorni, e che le capanne erano tutte fatte con lo stesso materiale, preso dalle colline e dalle valli del paese, sottolineava che rispetto alla festa erano tutti uguali. — Ne 8:14-16.

(NEEMIA 8:15)

“e che avrebbero dovuto fare una proclamazione e far passare un bando in tutte le loro città e in tutta Gerusalemme, dicendo: “Uscite verso la regione montagnosa e portate foglie di olivo e foglie di alberi oleiferi e foglie di mirto e foglie di palma e foglie di alberi ramosi per fare le capanne, secondo ciò che è scritto”.”

*** it-1 p. 916 Festa delle capanne ***
Dovevano abitare in capanne (ebr. sukkòhth) per i sette giorni della festa. Di solito c’era una capanna per ogni famiglia. (Eso 34:23; Le 23:42) Gli israeliti le erigevano nei cortili e sulle terrazze delle abitazioni, nei cortili del tempio, nelle pubbliche piazze e sulle strade a meno di un sabato di viaggio dalla città. Dovevano usare “il frutto di alberi splendidi”, foglie di palme e anche rami di altri alberi. (Le 23:40) Ai giorni di Esdra, per costruire queste strutture temporanee si usavano fronde di olivo e di albero oleifero, mirto (molto profumato), foglie di palma e anche rami di altri alberi. Il fatto che tutti, ricchi e poveri, dimoravano in capanne, prendendovi anche i pasti per sette giorni, e che le capanne erano tutte fatte con lo stesso materiale, preso dalle colline e dalle valli del paese, sottolineava che rispetto alla festa erano tutti uguali. — Ne 8:14-16.

(NEEMIA 8:16)

“E il popolo usciva e [le] portava e si faceva capanne, ciascuno sul suo proprio tetto e nei loro cortili e nei cortili della casa del [vero] Dio e nella pubblica piazza della Porta delle Acque e nella pubblica piazza della Porta di Efraim.”

*** it-1 p. 916 Festa delle capanne ***
Dovevano abitare in capanne (ebr. sukkòhth) per i sette giorni della festa. Di solito c’era una capanna per ogni famiglia. (Eso 34:23; Le 23:42) Gli israeliti le erigevano nei cortili e sulle terrazze delle abitazioni, nei cortili del tempio, nelle pubbliche piazze e sulle strade a meno di un sabato di viaggio dalla città. Dovevano usare “il frutto di alberi splendidi”, foglie di palme e anche rami di altri alberi. (Le 23:40) Ai giorni di Esdra, per costruire queste strutture temporanee si usavano fronde di olivo e di albero oleifero, mirto (molto profumato), foglie di palma e anche rami di altri alberi. Il fatto che tutti, ricchi e poveri, dimoravano in capanne, prendendovi anche i pasti per sette giorni, e che le capanne erano tutte fatte con lo stesso materiale, preso dalle colline e dalle valli del paese, sottolineava che rispetto alla festa erano tutti uguali. — Ne 8:14-16.

15-21 febbraio 2016
Neemia 9-11

(NEEMIA 9:1)

“E il ventiquattresimo giorno di questo mese i figli d’Israele si raccolsero con digiuno e con sacco e terra sopra di sé.”

*** w86 15/2 p. 26 La vera adorazione trionfa ***
♦ 9:1 — Perché gli israeliti si misero addosso sacchi e terra?
Ci si rivestiva di sacco — un indumento scuro fatto di pelo di capra — in segno di dolore. In modo simile, ci si metteva terra o cenere sul capo o sul corpo per denotare cordoglio o profonda umiliazione. (I Samuele 4:12; II Samuele 13:19) Gli ebrei compirono questo gesto per esprimere la loro triste e umile consapevolezza di aver peccato. A ciò fece seguito un ‘contratto’, “una disposizione degna di fiducia”. (9:38) In modo simile, dobbiamo umilmente riconoscere e confessare i nostri peccati, se intendiamo custodire la nostra relazione con Dio. — I Giovanni 1:6-9.

(NEEMIA 9:6)

““Tu solo sei Geova; tu stesso hai fatto i cieli, [sì], il cielo dei cieli, e tutto il loro esercito, la terra e tutto ciò che è su di essa, i mari e tutto ciò che è in loro; e li conservi tutti in vita; e l’esercito dei cieli si inchina davanti a te.”

*** it-1 pp. 484-485 Cielo ***
“I cieli dei cieli”. L’espressione “i cieli dei cieli” si riferisce ai cieli più alti. Poiché i cieli si estendono dalla terra in ogni direzione, “i cieli dei cieli” abbraccerebbero i cieli fisici in tutta la loro ampiezza, per quanto immensa. — De 10:14; Ne 9:6.

(NEEMIA 9:27)

“Per questo li desti in mano ai loro avversari, che causavano loro angustia; ma nel tempo della loro angustia gridavano a te, e tu stesso udivi dai medesimi cieli; e secondo la tua abbondante misericordia davi loro dei salvatori che li salvavano dalla mano dei loro avversari.”

*** w86 1/6 p. 31 Domande dai lettori ***
Dopo la morte di Giosuè, Israele si allontanò dalla vera adorazione e cadde sotto la tirannide di altri popoli. Giudici 2:16 dice: “Geova suscitava dunque dei giudici, ed essi li salvavano dalla mano dei loro saccheggiatori”. Il primo giudice, o ‘salvatore’, che Geova suscitò fu Otniel. (Giudici 3:9) Dopo di lui vennero Eud, Samgar, Barac, Gedeone, Tola, Iair, Iefte, Ibzan, Elon, Abdon e Sansone.
A parte questi 12, la Bibbia dice che anche Debora, Eli e Samuele giudicarono. (Giudici 4:4; I Samuele 4:16-18; 7:15, 16) Debora, però, è chiamata prima di tutto profetessa, e viene messa in relazione col giudice Barac: fu soprattutto quest’ultimo a prendere il comando nel liberare il popolo dall’oppressione. In maniera simile, Eli era in primo luogo un sommo sacerdote e non un ‘salvatore’ che, combattendo, guidasse Israele verso la libertà. (Neemia 9:27)

(NEEMIA 9:38)

““In vista di tutto questo noi concordiamo dunque una disposizione degna di fede, sia per iscritto che autenticata mediante il sigillo dei nostri principi, dei nostri leviti [e] dei nostri sacerdoti”.”

*** w98 15/10 p. 21 parr. 10-11 Una Gerusalemme all’altezza del suo nome ***
Poi i leviti passarono in rassegna gli atti misericordiosi compiuti da Dio verso il suo popolo ribelle, elevarono a Geova toccanti espressioni di lode e concordarono “una disposizione degna di fede”, autenticata mediante sigillo dai principi, dai leviti e dai sacerdoti. — Neemia 9:1-38.
11 Tutto il popolo giurò di osservare la “disposizione degna di fede” che era stata messa per iscritto. Gli ebrei si dissero disposti a “camminare nella legge del vero Dio”. E acconsentirono a non stringere alleanze matrimoniali con i “popoli del paese”. (Neemia 10:28-30) Inoltre promisero solennemente di osservare il sabato, di fare ogni anno una contribuzione monetaria per sostenere la vera adorazione, di fornire legna per l’altare dei sacrifici, di offrire in sacrificio i primi nati dei greggi e delle mandrie e di portare le primizie della terra nelle sale da pranzo del tempio. Chiaramente erano determinati a ‘non trascurare la casa del loro Dio’. — Neemia 10:32-39.

*** it-1 p. 65 Adonia ***
3. Uno dei “capi del popolo” il cui discendente, se non lui stesso, si unì a certi principi e leviti nell’autenticare mediante sigillo la confessione solenne fatta dagli israeliti ai giorni di Neemia ed Esdra. (Ne 9:38; 10:1, 14, 16) Secondo alcuni sarebbe l’Adonicam di Esdra 2:13, i cui discendenti, 666 di numero, nel 537 a.E.V. tornarono da Babilonia sotto Zorobabele. Questa ipotesi sembra confermata dal confronto fra i nomi di coloro che, quali rappresentanti del popolo, suggellarono la risoluzione, riportati in Neemia 10 e l’elenco dei capi di coloro che tornarono dall’esilio contenuto in Esdra 2.

*** it-1 p. 1008 Genealogia ***
In Neemia capitolo 10 troviamo i nomi di alcuni che autenticarono, apponendovi il loro sigillo, una “disposizione degna di fede” che li impegnava a osservare i comandamenti di Dio. (Ne 9:38) I nomi che compaiono in questi elenchi non sono necessariamente i nomi di coloro che presero gli accordi, ma possono riferirsi alle famiglie interessate, indicate col nome del capo patriarcale. (Cfr. Esd 10:16). Questo può essere confermato dal fatto che molti dei nomi ivi elencati compaiono anche nell’elenco di coloro che erano tornati da Babilonia con Zorobabele circa 80 anni prima. Perciò, anche se i presenti in alcuni casi potevano avere lo stesso nome di un avo, potevano anche semplicemente rappresentare le famiglie elencate sotto quei nomi.

*** it-2 p. 376 Neemia ***
fu redatto un documento con la confessione scritta. Questo documento, o “disposizione degna di fede”, fu autenticato dai principi, dai leviti e dai sacerdoti. Neemia, il “Tirsata [governatore]”, fu il primo ad autenticarlo imprimendovi il sigillo. (Ne 8:13–10:1) Tutto il popolo si impegnò a non contrarre matrimoni misti con stranieri, a osservare i sabati e a sostenere il servizio del tempio. Quindi venne scelta a sorte una persona su dieci perché risiedesse a Gerusalemme in modo permanente. — Ne 10:28–11:1.

*** it-2 p. 974 Sigillo, Suggello ***
Apponendo il proprio sigillo su un documento si poteva indicare che se ne accettavano i termini. (Ne 9:38; 10:1)

(NEEMIA 10:1)

“Ora ad autenticarla mediante sigillo c’erano: Neemia il Tirsata, figlio di Acalia, e Sedechia,”

*** it-1 p. 65 Adonia ***
3. Uno dei “capi del popolo” il cui discendente, se non lui stesso, si unì a certi principi e leviti nell’autenticare mediante sigillo la confessione solenne fatta dagli israeliti ai giorni di Neemia ed Esdra. (Ne 9:38; 10:1, 14, 16) Secondo alcuni sarebbe l’Adonicam di Esdra 2:13, i cui discendenti, 666 di numero, nel 537 a.E.V. tornarono da Babilonia sotto Zorobabele. Questa ipotesi sembra confermata dal confronto fra i nomi di coloro che, quali rappresentanti del popolo, suggellarono la risoluzione, riportati in Neemia 10 e l’elenco dei capi di coloro che tornarono dall’esilio contenuto in Esdra 2.

*** it-1 p. 1008 Genealogia ***
In Neemia capitolo 10 troviamo i nomi di alcuni che autenticarono, apponendovi il loro sigillo, una “disposizione degna di fede” che li impegnava a osservare i comandamenti di Dio. (Ne 9:38) I nomi che compaiono in questi elenchi non sono necessariamente i nomi di coloro che presero gli accordi, ma possono riferirsi alle famiglie interessate, indicate col nome del capo patriarcale. (Cfr. Esd 10:16). Questo può essere confermato dal fatto che molti dei nomi ivi elencati compaiono anche nell’elenco di coloro che erano tornati da Babilonia con Zorobabele circa 80 anni prima. Perciò, anche se i presenti in alcuni casi potevano avere lo stesso nome di un avo, potevano anche semplicemente rappresentare le famiglie elencate sotto quei nomi.

*** it-2 p. 974 Sigillo, Suggello ***
Apponendo il proprio sigillo su un documento si poteva indicare che se ne accettavano i termini. (Ne 9:38; 10:1)

(NEEMIA 10:14)

“I capi del popolo: Paros, Paat-Moab, Elam, Zattu, Bani,”

*** it-1 p. 65 Adonia ***
3. Uno dei “capi del popolo” il cui discendente, se non lui stesso, si unì a certi principi e leviti nell’autenticare mediante sigillo la confessione solenne fatta dagli israeliti ai giorni di Neemia ed Esdra. (Ne 9:38; 10:1, 14, 16) Secondo alcuni sarebbe l’Adonicam di Esdra 2:13, i cui discendenti, 666 di numero, nel 537 a.E.V. tornarono da Babilonia sotto Zorobabele. Questa ipotesi sembra confermata dal confronto fra i nomi di coloro che, quali rappresentanti del popolo, suggellarono la risoluzione, riportati in Neemia 10 e l’elenco dei capi di coloro che tornarono dall’esilio contenuto in Esdra 2.

(NEEMIA 10:16)

“Adonia, Bigvai, Adin,”

*** it-1 p. 65 Adonia ***
3. Uno dei “capi del popolo” il cui discendente, se non lui stesso, si unì a certi principi e leviti nell’autenticare mediante sigillo la confessione solenne fatta dagli israeliti ai giorni di Neemia ed Esdra. (Ne 9:38; 10:1, 14, 16) Secondo alcuni sarebbe l’Adonicam di Esdra 2:13, i cui discendenti, 666 di numero, nel 537 a.E.V. tornarono da Babilonia sotto Zorobabele. Questa ipotesi sembra confermata dal confronto fra i nomi di coloro che, quali rappresentanti del popolo, suggellarono la risoluzione, riportati in Neemia 10 e l’elenco dei capi di coloro che tornarono dall’esilio contenuto in Esdra 2.

(NEEMIA 10:32)

“Inoltre, ci imponemmo comandamenti per dare, ciascuno di noi, un terzo di siclo ogni anno per il servizio della casa del nostro Dio,”

*** it-2 p. 1077 Tassazione ***
Al tempo di Neemia gli ebrei si impegnarono a versare ogni anno la terza parte di un siclo (L. 1.140) per il servizio del tempio. — Ne 10:32.

(NEEMIA 10:34)

“Inoltre, gettammo le sorti circa la provvista di legna che i sacerdoti, i leviti e il popolo avrebbero dovuto portare alla casa del nostro Dio, secondo la casa dei nostri antenati, ai tempi fissati, di anno in anno, per bruciare sull’altare di Geova nostro Dio, secondo ciò che è scritto nella legge;”

*** w06 1/2 p. 11 par. 1 Punti notevoli del libro di Neemia ***
10:34: Perché si richiedeva che il popolo provvedesse la legna? La Legge mosaica non prescriveva offerte di legna. Erano le circostanze a renderla necessaria. Ci volevano infatti grandi quantità di legna per bruciare i sacrifici sull’altare. Evidentemente non c’erano sufficienti netinei, gli schiavi non israeliti che servivano nel tempio. Quindi per garantire un rifornimento costante di legna si gettarono le sorti.

*** w86 15/2 p. 26 La vera adorazione trionfa ***
♦ 10:34 — La Legge prescriveva offerte di legna?
No, ma occorreva molta legna per il fuoco che ardeva sull’altare. Evidentemente tra coloro che erano tornati non c’erano sufficienti netinei, cioè gli schiavi non israeliti che lavoravano nel tempio come “raccoglitori di legna”. (Giosuè 9:23, 27) Per garantire un rifornimento di legna costante, si tirarono le sorti per stabilire quale divisione tribale doveva provvederla e in che periodo.

(NEEMIA 10:39)

“Poiché alle sale da pranzo i figli d’Israele e i figli dei leviti devono portare la contribuzione di grano, vino nuovo e olio, e là sono gli utensili del santuario e i sacerdoti che prestano servizio, e i portinai e i cantori; e non avremmo dovuto trascurare la casa del nostro Dio.”

*** w98 15/10 pp. 21-22 Una Gerusalemme all’altezza del suo nome ***
Non dovremmo trascurare la casa di Dio
10 C’è un tempo e un luogo appropriato per correggere eventuali serie carenze del popolo di Dio. Comprendendo a quanto pare che era giunto il momento di fare questo, Esdra e Neemia proclamarono un digiuno il 24° giorno del mese di tishri. Ancora una volta fu letta la Legge di Dio e il popolo fece confessione dei propri peccati. Poi i leviti passarono in rassegna gli atti misericordiosi compiuti da Dio verso il suo popolo ribelle, elevarono a Geova toccanti espressioni di lode e concordarono “una disposizione degna di fede”, autenticata mediante sigillo dai principi, dai leviti e dai sacerdoti. — Neemia 9:1-38.
11 Tutto il popolo giurò di osservare la “disposizione degna di fede” che era stata messa per iscritto. Gli ebrei si dissero disposti a “camminare nella legge del vero Dio”. E acconsentirono a non stringere alleanze matrimoniali con i “popoli del paese”. (Neemia 10:28-30) Inoltre promisero solennemente di osservare il sabato, di fare ogni anno una contribuzione monetaria per sostenere la vera adorazione, di fornire legna per l’altare dei sacrifici, di offrire in sacrificio i primi nati dei greggi e delle mandrie e di portare le primizie della terra nelle sale da pranzo del tempio. Chiaramente erano determinati a ‘non trascurare la casa del loro Dio’. — Neemia 10:32-39.
12 Oggi i servitori di Geova devono stare attenti a non trascurare il privilegio di ‘rendere sacro servizio’ nei cortili del grande tempio spirituale di Geova. (Rivelazione [Apocalisse] 7:15) Questo include il fare regolarmente fervide preghiere per il progresso dell’adorazione di Geova. Per vivere in armonia con tali preghiere occorre prepararsi per le adunanze cristiane e prendervi parte attiva, valersi delle disposizioni per predicare la buona notizia e aiutare gli interessati rivisitandoli e tenendo con loro, se possibile, studi biblici. Molti che non vogliono trascurare la casa di Dio fanno contribuzioni finanziarie per l’opera di predicazione e per la manutenzione dei luoghi in cui si pratica la vera adorazione. Forse possiamo anche partecipare alla costruzione di luoghi di adunanza, di cui c’è tanto bisogno, e contribuire a mantenerli puliti e in ordine. Un modo importante in cui possiamo dimostrare il nostro amore per la casa spirituale di Dio è quello di operare per la pace tra i compagni di fede e di assistere coloro che hanno bisogno di aiuto materiale o spirituale. — Matteo 24:14; 28:19, 20; Ebrei 13:15, 16.

*** it-2 p. 1134 Trascurare ***
Uno dei vari termini ebraici che hanno il senso di “trascurare” è il verbo faràʽ, che alla lettera significa “sciogliere”. (Nu 5:18) È usato nel senso di “andare scompigliati” nell’aspetto fisico (Le 10:6), di “essere sfrenati” nella condotta (Eso 32:25) e di “trascurare” o “evitare” la disciplina. (Pr 13:18; 15:32; cfr. Eso 5:4, dove è reso “distogliere”). Un altro termine è ʽazàv, che letteralmente significa “abbandonare; lasciare”. (De 29:25; 1Re 12:8) Neemia incoraggiò i veri adoratori a non “trascurare” la casa del vero Dio. (Ne 10:39; cfr. 13:11).

(NEEMIA 11:1)

“Ora i principi del popolo avevano la loro dimora a Gerusalemme; ma in quanto al resto del popolo, gettarono le sorti per portare uno su dieci a dimorare a Gerusalemme, la città santa, e le altre nove parti nelle altre città.”

*** it-1 p. 1054 Gerusalemme ***
Ora Gerusalemme era “ampia e grande, [ma] dentro c’era poca gente”. (Ne 7:4) Dopo la lettura pubblica delle Scritture e le celebrazioni tenute “nella pubblica piazza che era davanti alla Porta delle Acque” nella parte E della città (Ne 3:26; 8:1-18), si presero disposizioni per aumentare la popolazione della città stabilendo che un israelita su dieci vi andasse ad abitare. Questo fu deciso a sorte, ma evidentemente ci furono anche dei volontari. (Ne 11:1, 2)

(NEEMIA 11:2)

“Inoltre, il popolo benedisse tutti gli uomini che si offrirono volontariamente di dimorare a Gerusalemme.”

*** w06 1/2 p. 11 par. 6 Punti notevoli del libro di Neemia ***
11:2. Abbandonare il proprio possedimento ereditario e trasferirsi a Gerusalemme comportò delle spese e alcuni svantaggi. Coloro che si offrirono di farlo dimostrarono spirito di sacrificio. Anche noi possiamo dimostrare tale spirito quando ci si presenta l’occasione di spenderci per gli altri alle assemblee e in altre circostanze.

*** it-1 p. 1054 Gerusalemme ***
Ora Gerusalemme era “ampia e grande, [ma] dentro c’era poca gente”. (Ne 7:4) Dopo la lettura pubblica delle Scritture e le celebrazioni tenute “nella pubblica piazza che era davanti alla Porta delle Acque” nella parte E della città (Ne 3:26; 8:1-18), si presero disposizioni per aumentare la popolazione della città stabilendo che un israelita su dieci vi andasse ad abitare. Questo fu deciso a sorte, ma evidentemente ci furono anche dei volontari. (Ne 11:1, 2)

*** w86 15/2 p. 26 La vera adorazione trionfa ***
♦ 11:2 — Perché i volontari furono ‘benedetti’?
Lasciare i possedimenti ereditari per trasferirsi a Gerusalemme avrà comportato delle spese e certi svantaggi. Gli abitanti della città inoltre potevano essere esposti a vari pericoli. In tali circostanze, gli altri consideravano i volontari degni di lode e pregavano indubbiamente Geova di benedirli.

(NEEMIA 11:5)

“e Maaseia figlio di Baruc figlio di Coloze figlio di Azaia figlio di Adaia figlio di Ioiarib figlio di Zaccaria figlio del selanita.”

*** it-1 p. 216 Asaia ***
4. Il primogenito dei siloniti (1Cr 9:1-3, 5), elencato fra coloro che tornarono da Babilonia dopo l’esilio. In Neemia 11:5 si parla di Maaseia, un “selanita” discendente di Giuda, e per il significato simile dei nomi (Maaseia infatti significa “opera di Geova”) alcuni ritengono che si tratti della stessa persona, discendente di Sela, figlio minore di Giuda e della figlia di Sua il cananeo. — Ge 38:2, 5; vedi MAASEIA n. 17.

(NEEMIA 11:10)

“Dei sacerdoti: Iedaia figlio di Ioiarib, Iachin,”

*** it-1 p. 1243 Iedaia ***
4. Sacerdote, o forse diversi appartenenti alla summenzionata casa paterna, residente a Gerusalemme dopo il ritorno da Babilonia. In Neemia 11:10 Iedaia è chiamato “figlio di” Ioiarib, ma, come rivela un confronto con 1 Cronache 9:10, potrebbe trattarsi dell’aggiunta di un copista.

(NEEMIA 11:11)

“Seraia figlio di Ilchia figlio di Mesullam figlio di Zadoc figlio di Meraiot figlio di Ahitub, conduttore della casa del [vero] Dio;”

*** it-1 p. 260 Azaria ***
23. Uno dei sacerdoti che vissero a Gerusalemme dopo l’esilio. (1Cr 9:11) In un elenco parallelo (Ne 11:11) il nome è Seraia. Forse lo stesso del n. 22.

(NEEMIA 11:23)

“Poiché c’era un comandamento del re a loro favore, e c’era una provvisione fissa per i cantori come richiedeva ciascun giorno.”

*** it-2 p. 350 Musica ***
In seguito il re ordinò “una provvisione fissa per i cantori come richiedeva ciascun giorno”. Anche se questo ordine è attribuito ad Artaserse, è più probabile che sia stato emanato da Esdra grazie al potere concessogli da Artaserse. (Ne 11:23; Esd 7:18-26)

(NEEMIA 11:29)

“e a En-Rimmon e a Zora e a Iarmut,”

*** it-1 p. 83 Ain ***
Ain si trovava vicino alla città di Rimmon, e sembra che quando venne ripopolata dopo l’esilio in Babilonia i nomi delle due località si siano fusi in uno solo: En-Rimmon. (Ne 11:29) Come tale di solito viene identificata con Khirbet Umm er-Ramamin (Horvat Remalya), circa 15 km a N di Beer-Seba. — Vedi RIMMON n. 2.

(NEEMIA 11:30)

“Zanoa, Adullam e i loro abitati, Lachis e i suoi campi, Azeca e le sue borgate dipendenti. E si accampavano da Beer-Seba fino alla valle di Innom.”

*** it-1 p. 307 Beer-Seba ***
Beer-Seba rappresentava il punto più meridionale della Terra Promessa, e come tale ricorreva nell’espressione proverbiale “da Dan fino a Beer-Seba” (Gdc 20:1), o viceversa, “da Beer-Seba a Dan”. (1Cr 21:2; 2Cr 30:5) Dopo la divisione della nazione in due regni, Beer-Seba continuò a indicare l’estremità S del regno di Giuda nelle espressioni “da Gheba fino a Beer-Seba” (2Re 23:8) e “da Beer-Seba alla regione montagnosa di Efraim” (dove iniziava il regno settentrionale d’Israele). (2Cr 19:4) Dopo l’esilio l’espressione fu usata in senso ancor più limitato in riferimento alla zona occupata dai rimpatriati di Giuda, che si estendeva da Beer-Seba “fino alla valle di Innom”. — Ne 11:27, 30.
In realtà c’erano altri villaggi nella Terra Promessa più a S di Beer-Seba, come c’erano altri villaggi israeliti più a N di Dan. Comunque, sia Dan che Beer-Seba si trovavano ai confini naturali del paese. Beer-Seba, per esempio, si trovava sotto le montagne di Giuda al limite del deserto. Inoltre era una delle principali città di Giuda (insieme a Gerusalemme e a Ebron), e questo non solo grazie all’eccellente riserva idrica (rispetto alla regione circostante), che favoriva sia l’agricoltura che la pastorizia, ma anche perché vi convergevano diverse strade importanti. Dall’Egitto un’antica strada carovaniera passando per Cades-Barnea risaliva la “Via dei Pozzi” fino a Beer-Seba, dove si congiungeva con un’altra strada percorsa dalle carovane di cammelli provenienti dai regni della Penisola Arabica, dirette in Filistea o in Giuda. Da Ezion-Gheber, all’estremità N del golfo di ʽAqaba, un’altra strada percorreva l’Araba e poi piegava a O, risalendo le alture di Acrabbim fino a Beer-Seba. A Gaza, nella pianura della Filistea, una strada secondaria si diramava da quella principale e portava a SE fino a Beer-Seba. E per collegarla col resto di Giuda, una strada da Beer-Seba si dirigeva verso NE risalendo l’altopiano fra i monti di Giuda fino a Gerusalemme e ancora più a N. — Ge 22:19.

(NEEMIA 11:35)

“Lod e Ono, la valle degli artefici.”

*** it-2 p. 435 Ono ***
La “valle di Ono” (Ne 6:2) potrebbe essere l’ampia vallata in cui sorge Kafr ʽAna. Questa “valle” è stata anche associata con la “valle degli artefici [geh hacharashìm]”. (Ne 11:35) Ma alcuni ritengono che l’espressione ebraica geh hacharashìm designi un’altra località e la traslitterano come un nome proprio, “Ge-harashim”. — The Holy Scriptures According to the Masoretic Text; cfr. 1Cr 4:14 in NM e ATE; Ge, nt.

22-28 febbraio 2016
Neemia 12-13

(NEEMIA 12:11)

“E Ioiada stesso generò Gionatan, e Gionatan stesso generò Iaddua.”

*** it-1 p. 1126 Gionatan ***
12. Figlio di Ioiada e nipote del sommo sacerdote Eliasib. (Ne 12:10, 11) Si pensa che al versetto 11 si dovrebbe leggere “Ioanan” invece di “Gionatan” dato che in Neemia 12:22, 23 viene detto che Ioanan era “figlio di Eliasib” e “figlio” può significare anche “nipote”. — Vedi IOANAN n. 7.

*** it-2 p. 34 Ioanan ***
7. Nipote di Eliasib, il sommo sacerdote contemporaneo di Neemia. In Neemia 12:11 è chiamato Gionatan, probabilmente a causa di un errore di copiatura, in quanto in ebraico “Ioanan” e “Gionatan” sono molto simili. Ioanan è menzionato in Neemia 12:22, 23 e in una lettera trovata fra i papiri di Elefantina, nella quale è chiamato sommo sacerdote. — Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, XI, 297 (vii, 1).

(NEEMIA 12:22)

“I leviti ai giorni di Eliasib, Ioiada e Ioanan e Iaddua furono registrati come capi delle case paterne, nonché i sacerdoti, fino al regno di Dario il persiano.”

*** it-1 p. 652 Dario ***
3. Neemia 12:22 menziona il censimento dei leviti, capi delle rispettive case paterne, “ai giorni di Eliasib, Ioiada e Ioanan e Iaddua . . . fino al regno di Dario il persiano”. Dato che Eliasib era sommo sacerdote al tempo del ritorno di Neemia a Gerusalemme (Ne 3:1) e che, quando Neemia si recò una seconda volta a Gerusalemme (dopo il 32° anno di Artaserse [443 a.E.V.]), Ioiada aveva un figlio sposato (Ne 13:28), probabilmente il “Dario” qui menzionato era Dario Oco (chiamato anche Noto), che regnò dal 423 al 405 a.E.V.
Fra i papiri di Elefantina è stata ritrovata una lettera che risale agli ultimi anni del V secolo a.E.V., dov’è menzionato un certo “Ioanan” sommo sacerdote a Gerusalemme in quel tempo.

*** it-1 p. 796 Egitto, Egiziani ***
Infatti c’era una colonia ebraica a Elefantina (Yeb, in egiziano), isola sul Nilo presso Assuan, circa 690 km a S del Cairo. La scoperta di preziosi papiri rivela le condizioni che vi esistevano nel V secolo a.E.V., più o meno all’epoca dell’attività di Esdra e Neemia a Gerusalemme. Questi documenti in aramaico contengono il nome di Sanballat di Samaria (Ne 4:1, 2) e del sommo sacerdote Ioanan. (Ne 12:22)

*** it-2 p. 574 Persia, Persiani ***
Fino alla caduta e alla divisione dell’impero. Circa i successori di Artaserse Longimano al trono di Persia, Diodoro Siculo (XII, 71, 1) fornisce questa informazione: “In Asia il re Serse morì dopo aver regnato un anno, o, secondo alcuni, due mesi; gli succedette suo fratello Sogdiano, che regnò sette mesi. Questi fu ucciso da Dario, che regnò diciannove anni”. Questo Dario (conosciuto come Dario II) in origine si chiamava Oco, ma una volta salito al trono assunse il nome di Dario. Sembra che sia il “Dario” menzionato in Neemia 12:22.

(NEEMIA 12:27)

“E all’inaugurazione delle mura di Gerusalemme cercarono i leviti, per condurli da tutti i loro luoghi a Gerusalemme per fare l’inaugurazione e allegrezza anche con rendimenti di grazie e con canto, cembali [e] strumenti a corda e con arpe.”

*** w86 15/2 p. 26 La vera adorazione trionfa ***
♦ 12:27 — Quando vennero inaugurate le mura?
Le mura furono completate il venticinquesimo giorno del sesto mese, elul, del 455 a.E.V., e il mese seguente si tennero importanti raduni. (6:15; 8:2; 9:1) L’inaugurazione ebbe probabilmente luogo subito dopo, al culmine di quei gioiosi avvenimenti.

(NEEMIA 12:31)

“Feci quindi salire i principi di Giuda sulle mura. Inoltre, costituii due grandi cori e processioni di rendimento di grazie, [e l’uno camminava] a destra sulle mura verso la Porta dei Mucchi di Cenere.”

*** it-1 p. 847 Escrementi ***
Una delle porte di Gerusalemme era la “Porta dei Mucchi di Cenere”, chiamata di solito “Porta del Letame”. (Ne 2:13; 3:13, 14; 12:31) Era situata mille cubiti (445 m) a E della Porta della Valle, e quindi a S del monte Sion. Questa porta probabilmente si chiamava così a motivo dei rifiuti accumulati nella Valle di Innom, situata sotto di essa e alla quale conduceva; forse le immondizie cittadine venivano portate fuori attraverso questa porta.

*** it-2 p. 351 Musica ***
Sembra che in Israele il canto di gruppo fosse prevalentemente antifonale, con due semicori che si alternavano cantando strofe parallele, o con un solista che si alternava con un coro. Questo evidentemente è quello che le Scritture chiamano ‘rispondere’. (Eso 15:21; 1Sa 18:6, 7) Questo tipo di canto è indicato dal modo stesso in cui sono scritti alcuni salmi, come il Salmo 136. La descrizione dei due grandi cori di rendimento di grazie all’epoca di Neemia e della parte che ebbero durante l’inaugurazione delle mura di Gerusalemme indica che venivano cantati in questo modo. — Ne 12:31, 38, 40-42; vedi CANTICO.

*** it-2 p. 613 Porta ***
Pur non essendo menzionata per nome, sembra che la Porta della Valle fosse il punto di partenza della processione inaugurale: un corteo si diresse verso la Porta dei Mucchi di Cenere marciando sulle mura in senso antiorario, e l’altro in senso orario verso la Porta dell’Angolo e la Torre dei Forni. — Ne 12:31-40.

*** it-2 p. 613 Porta ***
Porta dei Mucchi di Cenere. Questa porta è nota anche come Porta dei Cocci, ma di solito viene chiamata Porta del Letame. (Ne 2:13; 12:31) Secondo la descrizione di Neemia era situata 1.000 cubiti (445 m) a E della Porta della Valle. (Ne 3:13, 14)

(NEEMIA 12:37)

“E alla Porta della Fonte e diritto davanti a loro salirono la Gradinata della Città di Davide per l’ascesa delle mura sopra la Casa di Davide e fino alla Porta delle Acque ad est.”

*** it-1 p. 503 Città di Davide ***
Dai versetti summenzionati è evidente che, per quanto Gerusalemme si sia estesa nel corso del tempo, la Città di Davide rimase un settore a sé. Questo anche dopo il ritorno dall’esilio in Babilonia, perché certi aspetti della città vengono menzionati in relazione alle squadre che ne riparavano le mura. (Ne 3:15, 16) “La Gradinata della Città di Davide” scendeva a quanto pare dall’estremità S della città. (Ne 12:37) Gli scavi compiuti sul luogo hanno riportato alla luce parti di una gradinata del genere, e in questo punto una serie di rozzi gradini tagliati nella roccia scende ancora dalla collina.

*** it-2 p. 614 Porta ***
Porta della Fonte. Porta così chiamata perché da essa si accedeva a una vicina fonte o sorgente, forse En-Roghel, che si trovava sotto il punto d’incontro della valle del Chidron con la valle di Innom. Probabilmente la porta era all’estremità S della collina orientale della città (cioè all’estremità S della “Città di Davide”). (Ne 2:14; 3:15; 12:37) La Porta della Fonte permetteva a coloro che vivevano nella Città di Davide di raggiungere comodamente En-Roghel, mentre la Porta dei Mucchi di Cenere, poco più a SO, che pure portava a En-Roghel, era probabilmente un’uscita migliore per gli abitanti del Tiropeon e della collina sudoccidentale della città.

(NEEMIA 12:38)

“E l’altro coro di rendimento di grazie camminava di fronte, e io dietro ad esso, nonché metà del popolo, sulle mura in cima alla Torre dei Forni e più avanti al Muro Largo,”

*** it-1 p. 631 Cuocere al forno ***
Anni dopo, quando furono ricostruite le mura di Gerusalemme sotto la sorveglianza di Neemia, fu ripristinata anche la “Torre dei Forni”. (Ne 3:11; 12:38) Non si sa perché questa torre si chiamasse così, ma può darsi che le fosse stato dato questo nome perché lì si trovavano i forni dei panettieri.

*** it-1 p. 964 Forno ***
A Gerusalemme “la Torre dei Forni” venne riparata sotto la direttiva di Neemia durante la ricostruzione delle mura della città. (Ne 3:11; 12:38) Non si conosce con esattezza l’origine di questo nome, ma è stata avanzata l’ipotesi che la torre fosse così chiamata perché i fornai avevano nelle vicinanze i loro forni commerciali.

*** it-2 p. 1130 Torre ***
Le torri di Gerusalemme. La Torre dei Forni si trovava a NO della città presso la Porta dell’Angolo o nelle vicinanze. (Ne 3:11; 12:38) Non si sa bene perché si chiamasse così, ma è molto probabile che nei pressi ci fossero botteghe di fornai. Poteva essere una delle torri costruite da Uzzia, che regnò a Gerusalemme dall’829 al 778 a.E.V. (2Cr 26:9)

(NEEMIA 12:39)

“e in cima alla Porta di Efraim e più avanti alla Porta della [Città] Vecchia e fino alla Porta dei Pesci e alla Torre di Ananel e alla Torre di Mea e più avanti alla Porta delle Pecore; e vennero a fermarsi alla Porta della Guardia.”

*** it-2 pp. 612-613 Porta ***
Porta delle Pecore. La Porta delle Pecore fu ricostruita dal sommo sacerdote Eliasib e dagli altri sacerdoti. (Ne 3:1, 32; 12:39) Questo fa ritenere che si trovasse vicino all’area del tempio, probabilmente nelle mura del secondo quartiere, quelle costruite da Manasse (vedi “Porta dei Pesci”, più avanti), all’estremità NE della città o nelle vicinanze. Può darsi che questa porta fosse così chiamata perché vi passavano pecore e capre destinate ai sacrifici o forse a un vicino mercato. La “porta delle pecore” menzionata in Giovanni 5:2 probabilmente è la stessa porta o una corrispondente d’epoca più tarda, dato che si trovava nella stessa zona, presso la piscina di Betzata.

*** it-2 p. 613 Porta ***
Nella descrizione della ricostruzione e della processione inaugurale ai giorni di Neemia, la Porta dei Pesci è collocata a O della Porta delle Pecore, forse vicino all’estremità N della valle del Tiropeon. (Ne 3:3; 12:39)

*** it-2 p. 613 Porta ***
Porta della Città Vecchia. La Porta della Città Vecchia si trovava sul lato NO della città, fra la Porta dei Pesci e la Porta di Efraim. (Ne 3:6; 12:39) In ebraico è chiamata semplicemente “Porta della Vecchia”, e il termine “città” viene aggiunto dai traduttori. È stata avanzata l’ipotesi che il nome derivi dal fatto che era l’ingresso principale a N della città vecchia. Può darsi che fosse situata nel punto in cui si incontravano il Muro Largo (che cingeva a N la città vecchia) e l’estremità S del muro occidentale del secondo quartiere. Alcuni pensano che questa porta sia la “Prima Porta” menzionata da Zaccaria. Sembra che egli si riferisca ai confini E-O della città quando dice “[1] dalla Porta di Beniamino fino al luogo [2] della Prima Porta, fino [3] alla Porta dell’Angolo”, e ai confini N-S quando dice “dalla Torre di Ananel fino ai tini del re”. (Zac 14:10) Altri metterebbero in relazione la Porta della Città Vecchia con la “Porta di Mezzo” menzionata in Geremia 39:3. Alcuni chiamano questa Porta della Città Vecchia la “Porta Mishneh” e la collocano lungo il muro occidentale del secondo quartiere.

*** it-2 p. 614 Porta ***
La Porta dei Cavalli non è menzionata nella descrizione della processione inaugurale, evidentemente perché i due cortei lasciarono le mura rispettivamente alla Porta delle Acque e alla Porta della Guardia, senza percorrere il tratto delle mura a E del tempio, dove si trovavano la Porta dei Cavalli e la Porta dell’Ispezione. — Ne 12:37-40.

*** it-2 p. 1130 Torre ***
un po’ più a E, vicino alla Porta delle Pecore, la Torre di Mea. Si ignora la ragione del nome Mea, che significa “cento”. — Ne 3:1; 12:39.

(NEEMIA 13:1)

“Quel giorno si lesse dal libro di Mosè agli orecchi del popolo; e vi fu trovato scritto che l’ammonita e il moabita non dovevano entrare nella congregazione del [vero] Dio a tempo indefinito,”

*** it-1 p. 117 Ammoniti ***
Matrimoni misti con gli israeliti. Dopo il ritorno degli ebrei dall’esilio (537 a.E.V.), un ammonita di nome Tobia ebbe una parte importante nel tentativo di impedire la ricostruzione delle mura di Gerusalemme. (Ne 4:3, 7, 8) In seguito ebbe pure l’impudenza di servirsi di una sala da pranzo entro l’area del tempio, finché Neemia indignato non buttò fuori il suo mobilio. (Ne 13:4-8; vedi TOBIA n. 2). Molti esuli ebrei rimpatriati avevano inoltre preso moglie fra gli ammoniti e altri popoli stranieri e furono per questo severamente rimproverati, con conseguente ripudio generale di tali mogli. — Esd 9:1, 2; 10:10-19, 44; Ne 13:23-27.
Espulso Tobia dall’area del tempio, fu letta e applicata la legge di Dio riportata in Deuteronomio 23:3-6 che proibiva l’ingresso di ammoniti e moabiti nella congregazione d’Israele. (Ne 13:1-3) In genere si pensa che questa restrizione, imposta un migliaio d’anni prima perché ammoniti e moabiti si erano rifiutati di soccorrere gli israeliti che si avvicinavano alla Terra Promessa, significasse che questi popoli non potessero entrare legalmente a far parte della nazione d’Israele con tutti i relativi diritti e privilegi che ciò avrebbe comportato. Questo non significa necessariamente che singoli ammoniti e moabiti non potessero unirsi agli israeliti o vivere in mezzo a loro e così beneficiare delle benedizioni divine sul popolo di Dio, com’è dimostrato dall’inclusione di Zelec, menzionato sopra, fra i principali guerrieri di Davide, e anche dal racconto di Rut la moabita. — Ru 1:4, 16-18.
In quest’ultimo caso, il matrimonio di Rut con Boaz indica che uomini ebrei potevano sposare donne di queste nazioni che si volgevano all’adorazione del vero Dio. Poiché i termini “ammonita” e “moabita” nel testo ebraico di Deuteronomio 23:3-6 sono al maschile, la Mishnàh ebraica (Jebamoth 8:3) sostiene che solo gli uomini ammoniti e moabiti erano esclusi da Israele. Comunque l’insistenza di Esdra che gli ebrei mandassero via le mogli straniere e l’atteggiamento simile di Neemia, già menzionato, indicano che l’ammissione di donne ammonite e moabite fra gli israeliti era possibile solo se accettavano la vera adorazione.

(NEEMIA 13:3)

“Avvenne dunque che, appena ebbero udito la legge, separavano tutta la compagnia mista da Israele.”

*** it-1 p. 522 Compagnia mista ***
In Neemia 13:3 e Geremia 25:20 l’espressione “compagnia mista” si riferisce a non israeliti. In Neemia si trattava di stranieri moabiti e ammoniti. (Ne 13:1) Potevano essere inclusi anche i figli di questi stranieri (per metà israeliti), com’è suggerito dal fatto che in precedenza gli israeliti avevano mandato via le mogli e i figli stranieri. — Esd 10:44.

*** w86 15/2 p. 26 La vera adorazione trionfa ***
♦ 13:3 — Chi componeva questa “compagnia mista”?
Sembra che la “compagnia mista” includesse stranieri, quali moabiti, ammoniti, e i figli delle unioni tra israeliti e donne straniere. (13:1, 2) Questa conclusione viene suggerita dal fatto che in precedenza gli ebrei avevano mandato via sia le mogli straniere che i loro figli. (Esdra 10:44) Gli ebrei avevano nuovamente preso mogli straniere, per cui occorreva allontanare queste donne e la loro prole dalla comunità, dallo stesso paese, e quindi dai privilegi derivanti dall’adorare Geova con il Suo popolo. — Neemia 13:23-31.

(NEEMIA 13:6)

“E durante tutto questo [tempo] io non mi trovavo a Gerusalemme, poiché nel trentaduesimo anno di Artaserse re di Babilonia ero venuto dal re, e qualche tempo dopo chiesi licenza al re.”

*** w06 1/2 p. 11 par. 2 Punti notevoli del libro di Neemia ***
13:6, nota in calce: Per quanto tempo Neemia fu assente da Gerusalemme? La Bibbia dice solo che “qualche tempo dopo” o “alla fine di giorni” Neemia chiese al re il permesso di tornare a Gerusalemme. Perciò è impossibile stabilire per quanto tempo rimase assente. Comunque, tornato a Gerusalemme, Neemia riscontrò che il sacerdozio non veniva sostenuto e la legge del Sabato non veniva osservata. Molti avevano preso mogli straniere e i loro figli non parlavano neppure la lingua degli ebrei. Visto che le condizioni peggiorarono tanto, Neemia dev’essere stato lontano per un bel po’ di tempo.

*** si p. 173 par. 3 Libro biblico numero 39: Malachia ***
Comunque, si parla molto degli abusi del sacerdozio, cosa che collegherebbe Malachia con la situazione esistente quando Neemia tornò una seconda volta a Gerusalemme, dopo che era stato richiamato a Babilonia da Artaserse nel 443 a.E.V., 32° anno di regno del re. (Mal. 2:1; Nee. 13:6)

*** it-1 p. 209 Artaserse ***
Neemia 13:6 riferisce che nel “trentaduesimo anno di Artaserse”, cioè nel 443 a.E.V., Neemia era tornato per qualche tempo alla corte di questo re.

*** it-2 p. 377 Neemia, Libro di ***
Quindi il chislev precedente il nisan di quel 20° anno sarebbe caduto nel 456 a.E.V. e il 32° anno del regno di Artaserse (l’ultima data menzionata in Neemia [13:6]) avrebbe incluso parte del 443 a.E.V. Perciò il libro di Neemia abbraccia un periodo che va dal chislev del 456 a.E.V. fino a qualche tempo dopo il 443 a.E.V.
Nel 32° anno del regno di Artaserse, Neemia partì da Gerusalemme. Al suo ritorno trovò che gli ebrei non avevano sostenuto i sacerdoti e i leviti, la legge del sabato era stata violata, molti avevano sposato donne straniere, e i figli nati da tali matrimoni misti non sapevano neanche parlare la lingua dei giudei. (Ne 13:10-27) Se le condizioni si erano deteriorate a tal punto, l’assenza di Neemia doveva essersi protratta per un considerevole periodo di tempo. Ma non c’è modo di determinare con esattezza quanto tempo dopo il 443 a.E.V. Neemia abbia terminato il libro che porta il suo nome.

(NEEMIA 13:10)

“E venni a sapere che le stesse porzioni dei leviti non erano state date [loro], tanto che i leviti e i cantori che facevano il lavoro erano fuggiti, ciascuno al suo proprio campo.”

*** it-2 p. 350 Musica ***
È quindi comprensibile che, pur essendo i cantori tutti leviti, la Bibbia li menzioni come un corpo speciale, distinguendo “i cantori e i leviti”. — Ne 7:1; 13:10.

*** it-2 p. 377 Neemia, Libro di ***
Nel 32° anno del regno di Artaserse, Neemia partì da Gerusalemme. Al suo ritorno trovò che gli ebrei non avevano sostenuto i sacerdoti e i leviti, la legge del sabato era stata violata, molti avevano sposato donne straniere, e i figli nati da tali matrimoni misti non sapevano neanche parlare la lingua dei giudei. (Ne 13:10-27) Se le condizioni si erano deteriorate a tal punto, l’assenza di Neemia doveva essersi protratta per un considerevole periodo di tempo. Ma non c’è modo di determinare con esattezza quanto tempo dopo il 443 a.E.V. Neemia abbia terminato il libro che porta il suo nome.

(NEEMIA 13:11)

“E trovavo da ridire sui governanti delegati e dicevo: “Perché è stata trascurata la casa del [vero] Dio?” Di conseguenza li radunai e li collocai ai loro posti.”

*** it-2 p. 377 Neemia, Libro di ***
Nel 32° anno del regno di Artaserse, Neemia partì da Gerusalemme. Al suo ritorno trovò che gli ebrei non avevano sostenuto i sacerdoti e i leviti, la legge del sabato era stata violata, molti avevano sposato donne straniere, e i figli nati da tali matrimoni misti non sapevano neanche parlare la lingua dei giudei. (Ne 13:10-27) Se le condizioni si erano deteriorate a tal punto, l’assenza di Neemia doveva essersi protratta per un considerevole periodo di tempo. Ma non c’è modo di determinare con esattezza quanto tempo dopo il 443 a.E.V. Neemia abbia terminato il libro che porta il suo nome.

(NEEMIA 13:16)

“E i tiri stessi dimoravano nella [città], portando pesce e ogni sorta di merce e vendendo di sabato ai figli di Giuda e in Gerusalemme.”

*** it-2 p. 613 Porta ***
Porta dei Pesci. Pare che Ezechia avesse fatto costruire una parte delle mura che cingevano il secondo quartiere fino alla Porta dei Pesci. (2Cr 32:5; 33:14) Nella descrizione della ricostruzione e della processione inaugurale ai giorni di Neemia, la Porta dei Pesci è collocata a O della Porta delle Pecore, forse vicino all’estremità N della valle del Tiropeon. (Ne 3:3; 12:39) In Sofonia 1:10 è menzionata insieme al secondo quartiere. Il suo nome potrebbe derivare dalla vicinanza del mercato dove i tiri vendevano il pesce. — Ne 13:16.

(NEEMIA 13:22)

“E dicevo ai leviti che regolarmente dovevano purificarsi e venire, facendo la guardia alle porte per santificare il giorno del sabato. Ricorda anche questo a mio favore, sì, o mio Dio, e prova commiserazione per me, sì, secondo l’abbondanza della tua amorevole benignità.”

*** w96 15/9 p. 16 par. 2 Possa Geova ricordarsi favorevolmente di voi ***
2 Un uomo che diede buon conto di sé a Dio fu Neemia, coppiere del re persiano Artaserse (Longimano). (Neemia 2:1) Neemia divenne governatore degli ebrei e ricostruì le mura di Gerusalemme nonostante i nemici e i pericoli. Animato dallo zelo per la vera adorazione, fece rispettare la Legge di Dio e si interessò degli oppressi. (Neemia 5:14-19) Neemia esortò i leviti a purificarsi regolarmente, a fare la guardia alle porte e a santificare il sabato. Poté quindi dire in preghiera: “Ricorda anche questo a mio favore, sì, o mio Dio, e prova commiserazione per me, sì, secondo l’abbondanza della tua amorevole benignità”. Appropriatamente, inoltre, Neemia concluse il suo libro ispirato con la supplica: “Ricordati di me, sì, o mio Dio, in bene”. — Neemia 13:22, 31.

*** w96 15/9 p. 16 Possa Geova ricordarsi favorevolmente di voi ***
“Ricorda anche questo a mio favore, sì, o mio Dio, . . . Ricordati di me, sì, o mio Dio, in bene”. — NEEMIA 13:22, 31.

(NEEMIA 13:23)

“Inoltre, in quei giorni vidi i giudei che avevano dato dimora a mogli asdodite, ammonite [e] moabite.”

*** it-1 p. 117 Ammoniti ***
Matrimoni misti con gli israeliti. Dopo il ritorno degli ebrei dall’esilio (537 a.E.V.), un ammonita di nome Tobia ebbe una parte importante nel tentativo di impedire la ricostruzione delle mura di Gerusalemme. (Ne 4:3, 7, 8) In seguito ebbe pure l’impudenza di servirsi di una sala da pranzo entro l’area del tempio, finché Neemia indignato non buttò fuori il suo mobilio. (Ne 13:4-8; vedi TOBIA n. 2). Molti esuli ebrei rimpatriati avevano inoltre preso moglie fra gli ammoniti e altri popoli stranieri e furono per questo severamente rimproverati, con conseguente ripudio generale di tali mogli. — Esd 9:1, 2; 10:10-19, 44; Ne 13:23-27.
Espulso Tobia dall’area del tempio, fu letta e applicata la legge di Dio riportata in Deuteronomio 23:3-6 che proibiva l’ingresso di ammoniti e moabiti nella congregazione d’Israele. (Ne 13:1-3) In genere si pensa che questa restrizione, imposta un migliaio d’anni prima perché ammoniti e moabiti si erano rifiutati di soccorrere gli israeliti che si avvicinavano alla Terra Promessa, significasse che questi popoli non potessero entrare legalmente a far parte della nazione d’Israele con tutti i relativi diritti e privilegi che ciò avrebbe comportato. Questo non significa necessariamente che singoli ammoniti e moabiti non potessero unirsi agli israeliti o vivere in mezzo a loro e così beneficiare delle benedizioni divine sul popolo di Dio, com’è dimostrato dall’inclusione di Zelec, menzionato sopra, fra i principali guerrieri di Davide, e anche dal racconto di Rut la moabita. — Ru 1:4, 16-18.
In quest’ultimo caso, il matrimonio di Rut con Boaz indica che uomini ebrei potevano sposare donne di queste nazioni che si volgevano all’adorazione del vero Dio. Poiché i termini “ammonita” e “moabita” nel testo ebraico di Deuteronomio 23:3-6 sono al maschile, la Mishnàh ebraica (Jebamoth 8:3) sostiene che solo gli uomini ammoniti e moabiti erano esclusi da Israele. Comunque l’insistenza di Esdra che gli ebrei mandassero via le mogli straniere e l’atteggiamento simile di Neemia, già menzionato, indicano che l’ammissione di donne ammonite e moabite fra gli israeliti era possibile solo se accettavano la vera adorazione.

(NEEMIA 13:24)

“E in quanto ai loro figli, metà parlavano asdodita e non ce n’era nessuno che sapesse parlare il giudaico, ma la lingua dei diversi popoli.”

*** it-1 p. 220 Asdoditi ***
In Neemia 13:24 il termine “asdodita” è riferito alla lingua. A motivo dell’assenza di qualsiasi documento nella loro lingua, non si può stabilire se parlassero ancora l’antica lingua filistea o un dialetto formatosi in seguito a secoli di dominazione straniera.

*** it-2 p. 145 Linguaggio ***
Neemia si mostrò molto preoccupato nell’apprendere che i figli nati da matrimoni misti fra gli ebrei rimpatriati non parlavano “giudaico” (ebraico). (Ne 13:23-25) Si preoccupava per la pura adorazione, perché riconosceva l’importanza di comprendere le Sacre Scritture (allora solo in ebraico) quando venivano lette e spiegate. (Cfr. Ne 13:26, 27; 8:1-3, 8, 9). L’avere una sola lingua di per sé avrebbe contribuito a unificare la popolazione. Senza dubbio le Scritture Ebraiche furono un fattore determinante per la stabilità della lingua ebraica. Nei mille anni durante i quali furono scritte, non si nota praticamente nessun cambiamento nella lingua.

(NEEMIA 13:25)

“E trovavo da ridire su di loro e invocavo su di loro il male e ne colpivo alcuni e strappavo loro i capelli e li facevo giurare dinanzi a Dio: “Non dovreste dare le vostre figlie ai loro figli, e non dovreste accettare alcuna delle loro figlie per i vostri figli o per voi stessi.”

*** it-1 p. 422 Capelli, Peli ***
Si poteva esprimere vergogna, disprezzo o biasimo per qualcuno strappandogli i capelli o la barba. — Ne 13:25; Isa 50:6; vedi BARBA.

*** it-2 pp. 376-377 Neemia ***
Inoltre Neemia prese provvedimenti per assicurare le contribuzioni per i leviti e far osservare rigorosamente il sabato. Adottò pure misure disciplinari nei confronti di coloro che avevano preso mogli straniere e i cui figli, avuti da queste donne, non erano neanche in grado di parlare la lingua dei giudei. “E trovavo da ridire su di loro e invocavo su di loro il male e ne colpivo alcuni e strappavo loro i capelli e li facevo giurare dinanzi a Dio: ‘Non dovreste dare le vostre figlie ai loro figli, e non dovreste accettare alcuna delle loro figlie per i vostri figli o per voi stessi’”.
Il fatto che Neemia ‘trovasse da ridire’ su quegli uomini significa senza dubbio che li riprese e li rimproverò mediante la legge di Dio, denunciando il loro errore. Costoro attiravano il disfavore di Dio sulla nazione ristabilita, dopo che Dio li aveva benignamente fatti tornare da Babilonia per ripristinare la vera adorazione a Gerusalemme. Neemia ‘invocò su di loro il male’ nel senso che pronunciò i giudizi della legge di Dio contro quei trasgressori. Li ‘colpì’, probabilmente non di persona, ma ordinando che venissero fustigati nel corso di un’azione giudiziaria ufficiale. ‘Strappò loro [parte dei] capelli’, in segno di indignazione morale e ignominia di fronte al popolo. (Cfr. Esd 9:3). Neemia poi scacciò il nipote del sommo sacerdote Eliasib, che era diventato genero dell’oronita Sanballat. — Ne 13:1-28.

(NEEMIA 13:31)

“anche per la provvista della legna ai tempi fissati e per i primi frutti maturi. Ricordati di me, sì, o mio Dio, in bene.”

*** w11 1/2 p. 14 “Ricordati di me, sì, o mio Dio, in bene” ***
Accostiamoci a Dio
“Ricordati di me, sì, o mio Dio, in bene”
“PENSAVO che Geova, visto che mi conosce veramente bene, non mi avrebbe mai potuto amare o accettare”. Questo è ciò che scrisse una fedele cristiana alle prese con sentimenti di scarsa autostima. Siete mai stati afflitti da sentimenti come questi, che vi hanno indotto a pensare di non meritare l’attenzione di Geova né tanto meno la sua approvazione? Se è così, le parole riportate in Neemia 13:31 possono incoraggiarvi.
Neemia, governatore degli ebrei nel V secolo a.E.V., fece del suo meglio per piacere a Dio: diresse i lavori di ricostruzione delle mura di Gerusalemme nonostante l’opposizione dei nemici, fece rispettare la Legge di Dio, si interessò degli oppressi e cercò di rafforzare la fede degli israeliti suoi connazionali. Dio notò le cose buone che quell’uomo fedele aveva fatto? Neemia ebbe l’approvazione di Geova? Possiamo dedurre la risposta dalle parole conclusive del libro omonimo.
Neemia prega: “Ricordati di me, sì, o mio Dio, in bene”. Teme forse che le sue buone azioni siano passate inosservate agli occhi di Dio o che Dio si dimentichi di lui? No. Neemia conosce senza dubbio quello che precedenti scrittori biblici hanno detto sul profondo interesse che Geova nutre per i suoi fedeli servitori e per il bene da loro compiuto. (Esodo 32:32, 33; Salmo 56:8) Ma allora cosa sta chiedendo a Dio? Un’opera di consultazione fa notare che il termine ebraico tradotto “ricordare” implica l’affetto o “l’attaccamento che si prova a livello mentale e l’azione che accompagna i ricordi”. (Wilson’s Old Testament Word Studies) Con piena fiducia nel potere della preghiera, Neemia sta quindi chiedendo a Dio di ricordarlo con affetto e di benedirlo. — Neemia 2:4.
Geova esaudirà la preghiera di Neemia? In un certo senso l’ha già esaudita. Il fatto stesso che abbia ritenuto opportuno conservare in modo permanente quella preghiera come parte delle Scritture ispirate ci assicura che si ricorda di lui con affetto. Ma l’“Uditore di preghiera” farà qualcos’altro per rispondere alla sentita richiesta di Neemia. — Salmo 65:2.
Dio lo ricompenserà ulteriormente per tutte le buone opere che compì a favore della pura adorazione. (Ebrei 11:6) Lo benedirà risuscitandolo nel giusto nuovo mondo che ha promesso. (2 Pietro 3:13; Rivelazione [Apocalisse] 21:3, 4) Lì Neemia avrà la prospettiva di vivere per sempre su una terra paradisiaca, riscontrando così che Geova si è davvero ricordato di lui in bene.
La preghiera di Neemia attesta la veridicità delle parole del re Davide: “Tu stesso benedirai ogni giusto, o Geova; come con un grande scudo, li circonderai di approvazione”. (Salmo 5:12) È indubbio che Dio nota e apprezza i vostri sinceri sforzi di piacergli. Se farete del vostro meglio per servirlo potete star certi che si ricorderà di voi con affetto e vi benedirà riccamente.

*** w96 15/9 p. 16 par. 2 Possa Geova ricordarsi favorevolmente di voi ***
2 Un uomo che diede buon conto di sé a Dio fu Neemia, coppiere del re persiano Artaserse (Longimano). (Neemia 2:1) Neemia divenne governatore degli ebrei e ricostruì le mura di Gerusalemme nonostante i nemici e i pericoli. Animato dallo zelo per la vera adorazione, fece rispettare la Legge di Dio e si interessò degli oppressi. (Neemia 5:14-19) Neemia esortò i leviti a purificarsi regolarmente, a fare la guardia alle porte e a santificare il sabato. Poté quindi dire in preghiera: “Ricorda anche questo a mio favore, sì, o mio Dio, e prova commiserazione per me, sì, secondo l’abbondanza della tua amorevole benignità”. Appropriatamente, inoltre, Neemia concluse il suo libro ispirato con la supplica: “Ricordati di me, sì, o mio Dio, in bene”. — Neemia 13:22, 31.

*** w96 15/9 p. 16 Possa Geova ricordarsi favorevolmente di voi ***
“Ricorda anche questo a mio favore, sì, o mio Dio, . . . Ricordati di me, sì, o mio Dio, in bene”. — NEEMIA 13:22, 31.

*** it-2 p. 377 Neemia ***
Il notevole esempio di Neemia. Neemia è uno straordinario esempio di fedeltà e devozione. Fu altruista poiché abbandonò l’importante posizione di coppiere alla corte di Artaserse per intraprendere la ricostruzione delle mura di Gerusalemme. Nonostante i molti nemici, Neemia non esitò a esporsi al pericolo per difendere il suo popolo e la vera adorazione. Non solo diresse i lavori di ricostruzione delle mura di Gerusalemme, ma vi prese parte personalmente. Non perse tempo, fu coraggioso e intrepido, confidò pienamente in Geova e agì sempre con avvedutezza. Zelante per la vera adorazione, Neemia conosceva la legge di Dio e la applicava. Si preoccupò di rafforzare la fede degli altri israeliti. Dimostrò di avere giusto timore di Geova Dio. Pur facendo rispettare con zelo la legge di Dio non tiranneggiava egoisticamente gli altri, ma si occupava degli oppressi. Non chiese mai il pane che spettava al governatore, anzi provvide a proprie spese viveri per un buon numero di persone. (Ne 5:14-19) Giustamente Neemia poté pregare: “Ricordati di me, sì, o mio Dio, in bene”. — Ne 13:31.

Punti notevoli del libro: Neemia

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