Biografie di personaggi famosi e storici nato il 1 ottobre

Biografie di personaggi famosi e storici

Biografie di personaggi famosi nella storia e celebrità nate il 1 ottobre

Sommario:

1. Julie Andrews
2. Richard Avedon
3. Samuele Bersani
4. Milly Carlucci
5. Jimmy Carter
6. Enrico De Nicola
7. Marsilio Ficino
8. Vladimir Horowitz
9. Walter Matthau
10. Walter Mazzarri
11. Youssou N'Dour
12. Davide Oldani
13. George Peppard
14. Santa Rita da Cascia
15. Shlomo Venezia

1. Biografia di Julie Andrews

Magìe sempreverdi
1 ottobre 1935

Chi è Julie Andrews?


Nata il giorno 1 ottobre 1935 a Walton-on-Thames, Julie Andrews mostra fin da piccola un talento innato nel canto e nella recitazione. L'esordio in teatro avviene a Broadway con lo spettacolo "The Boy Friend", poi interpreta anche altri classici come "Camelot" e "My Fair Lady".

Il film che la rende famosa e popolare è "Mary Poppins" girato come protagonista (insieme a Dick Van Dyke) all'età di ventisette anni, e la successiva pellicola "Tutti insieme appassionatamente" la consacra come una delle attrici più richieste degli anni Sessanta. In questo film la Andrews interpreta il personaggio di Maria.

Per il film "Mary Poppins" riceve l'Oscar come migliore attrice protagonista. Nel 1966 viene scritturata dal regista Alfred Hitchcock per il film "Il sipario strappato", insieme a Paul Newman. Ma non è solo il cinema ad appassionare la versatile ed eclettica Julie Andrews: ingaggiata dalla casa editrice "Harper Collins", scrive storie per bambini ed i suoi sono best-seller molto apprezzati.

Negli anni Novanta subisce un intervento alle corde vocali (tra l'altro non riuscito) e per un periodo di tempo deve rinunciare a cantare. Dopo il recupero della sua straordinaria voce, torna ad interpretare commedie al cinema, come "Principe azzurro cercasi" e "Pretty Princess".

Nel 1959 convola a nozze con il costumista e scenografo Tony Walton, dal quale divorzia nel 1967. I due hanno una figlia di nome Emma Walton Hamilton. Due anni dopo, nel 1969, sposa in seconde nozze il regista americano Blake Edwards, con il quale condivide sia la vita privata che il lavoro.

Il primo film realizzato insieme è un musical, intitolato "Operazione Crepes Suzette", che però non riscuote successo. Il sodalizio artistico tra i due raggiunge risultati strepitosi con il film "10",una commedia in cui Julie Andrews recita con Bo Derek e Dudley Moore (nel 1979).

Nel film "Victor/Victoria" la Andrews interpreta il difficile ruolo di una donna che si esibisce come drag queen nei locali parigini degli anni Trenta. Questa pellicola è considerato uno dei capolavori realizzati da Blake Edwards. L'ultimo lavoro condiviso tra marito e moglie risale al 1995.

Julie Andrews non è solo un'attrice molto famosa e apprezzata dal pubblico di tutte le età, ma rappresenta una vera e propria icona culturale. Il suo personaggio riecheggia spesso nella cultura popolare, soprattutto nei Paesi anglosassoni. L'immagine di Julie è spesso legata alle comunità gay inglesi, e l'attrice, in un'intervista, ha dichiarato di esserne lusingata.

Studiosi di cultura femminista e omosessuale hanno approfondito questo aspetto, giungendo a conclusioni alquanto interessanti e curiose. La forte personalità della Andrews conquista gli spettatori gay, che vedono in lei una "Mary Poppins" anarchica, indipendente e al di fuori di ogni schema prestabilito.

Ecco qualche altre curiosità riguardante questa famosa attrice: pare che la rockstar Michael Jackson avesse una predilezione per il brano cantato da Julie Andrews, intitolato "My favorite things"; inoltre la calda voce di Julie è stata utilizzata per dare il benvenuto ai passeggeri negli aerei della linea British Airways; l'attrice è apparsa parecchie volte in televisione per chiedere sostegno alle popolazioni di Haiti.

2. Biografia di Richard Avedon

Occhio all'obiettivo
15 maggio 1923
1 ottobre 2004

Chi è Richard Avedon?


Celebre fotografo noto in tutto il mondo per le sue foto particolarmente elaborate, Richard Avedon è nato il 15 maggio 1923 a New York. Scapestrato e sempre in cerca di forti emozioni, nel 1942 abbandona gli studi, per lui noiosi, per arruolarsi come fotografo nella Marina Militare dove ha modo di girare per il mondo e di fare varie esperienze nelle situazioni più difficili.

Profondamente colpito dalle foto dell'allora celebre Mukancsi, al suo ritorno in America si dà da fare per affinare le sue competenze tecniche. Dopo la dura ma fruttuosa gavetta dell'esercito, alla fine della seconda guerra mondiale diventa fotografo professionista. Finalmente sale il suo primo gradino professionale: riesce a diventare aiuto fotografo in uno studio privato per poi collaborare anche ad una rivista, "The Elm".

Negli anni '40 segue un corso alla New School for Social Research tenuto da Alexy Brodovitch, direttore di Harper's Bazaar. In seguito viene a far parte del gruppo stabile di Bazaar, grazie all'ammirazione che Brodovitch ha sviluppato per lui. Quest'ultimo rappresenta senz'altro una figura di rilievo per il fotografo, come è ben visibile fra l'altro sfogliando il primo libro pubblicitario di Avedon "Observation" (un volume in cui univa le sue immagini al commento di Truman Capote), pubblicato nel 1959 e dedicato al suo mai dimenticato pigmalione.

Nel 1961 Richard Avedon diviene direttore artistico di Bazaar. Marvin Israel è un'altra figura importante per lui nella realizzazione del secondo libro, "Nothing Personal" (sue fotografie con testo di James Baldwin), pubblicato nel 1963 dopo aver visitato gli stati del sud: vi emerge l'attenzione per i diritti civili e la presa di posizione politica ed etica, con tendenza a strutturare ogni lavoro come fosse una storia.

Dall'incontro con la letteratura, proficuo e duraturo, sarebbe scaturito anche il volume "Portraits Photographs" con introduzione di Harold Rosenberg.

Il 22 novembre 1963 realizza in Times Square una serie di foto a persone che mostrano il giornale che parla dell'assassinio di Kennedy. Nel 1965 passa da Bazaar a Vogue.

Nei primi anni '70, con Arbus, pubblica un libro su "Alice nel paese delle meraviglie", nel quale, come in un lavoro dello studio di Andy Warhol, le fotografie hanno un aspetto teatrale per la sequenzialità e la gestualità studiata dei personaggi fotografati. Dal 1979 al 1985 esegue numerosi ritratti di vagabondi e disadattati nel West americano che vengono definiti offensivi per gli abitanti di quelle regioni.

Nel capodanno del 1989 Avedon si reca a Berlino vicino alla Porta di Brandeburgo in occasione della caduta del muro, mostrando ancora una volta che il suo lavoro non è solo rivolto alla moda - per cui è giustamente famoso - ma rappresenta uno strumento sensibile anche per capire mutamenti politici, risvolti psicologici o filosofici. Anche se va sottolineato come Avedon, da intellettuale della fotografia qual è, ha sempre sottolineato il ruolo di elaborazione che svolge il fare stesso della fotografia, un luogo che non rappresenta mai la "verità". Le sue stesse fotografie sono un mirabile risultato di pensiero ed elaborazione e quasi mai si affidano al caso.

Una delle sue foto più famose, "Dovima", ad esempio, ritrae una modella che indossa un abito da sera di Dior in una posa estremamente innaturale in mezzo a due elefanti: è stata scattata a Parigi nel 1955 e rappresenta il massimo dell'artificio.

Altri suoi celebri lavori sono i suoi ritratti di artisti e personaggi famosi, ma anche le serie scattate alla gente comune e all'interno di un ospedale psichiatrico. La sua grandezza artistica è stata celebrata in una bellissima mostra al Metropolitan Museum di New York.

Ottantunenne ancora in attività, mentre stava realizzando un servizio fotografico in vista delle elezioni presidenziali americane per conto del "New Yorker", Richard Avedon è stato colpito da un ictus cerebrale e, dopo due giorni, l'1 ottobre 2004 - a soli due mesi dalla scomparsa di un altro grande maestro, Henri Cartier-Bresson - è morto in un ospedale di San Antonio, in Texas.

3. Biografia di Samuele Bersani

Impegno, umorismo e visioni
1 ottobre 1970

Chi è Samuele Bersani?


Samuele Bersani già da bambino sognava di diventare un cantautore. Però non uno di quelli pallosi che si ripetono con lo stampino e nemmeno un melodico all'italiana. Nasce a Rimini il primo ottobre 1970, figlio di Raffaele (un flautista, uno sperimentatore o più semplicemente un Pink Floyd di

Cattolica) e di Gloria, che gli trasmette la passione per il cinema e la poesia. La casa di Cattolica è una specie di laboratorio di esperienze sonore, e già nei suoi primi anni Samuele sviluppa una forte sensibilità per la musica, cominciando a suonare spontaneamente qualunque strumento gli capiti a tiro. Gli piace cantare. Anzi non riesce a stare zitto. Inventa storie, accompagnandosi -per modo di dire- alla chitarra o improvvisa movimenti al piano che a sua insaputa vengono quasi sempre registrati dal padre. Se c'è un periodo blu per il pittore, per lui verso i 7/8 anni c'è stato quello del LA minore, e l'uso smodato di tale armonia ha rischiato di lasciargli un segno di malinconia permanente. Per sua fortuna scopre un libretto con tutti gli accordi (anche quelli maggiori...) e allora non ci sono più recinti e si parte a razzo! Mentre si fa ragazzo, fonda e abbandona una serie di gruppi della realtà locale, diventando un bravo tastierista. Si mette in proprio e partecipa ad una serie di concorsi.

Il vero debutto artistico risale al 1991. Bersani esordisce "piano e voce" con la canzone "Il Mostro", all'interno del tour "Cambio" di Lucio Dalla. E' una canzone ipnotica, racconta di un mostro peloso e gigante, a sei zampe che rintanatosi in una specie di cortile globale, viene circondato dalla curiosità dei mostri a due zampe e poi ucciso in nome della sua diversità. I cinque minuti de "Il mostro" nel tour di Dalla diventano una costante, perchè ogni sera che da perfetto sconosciuto Samuele intona le prime note, si instaura immediatamente una magia col pubblico e fra piazze e palazzetti in più di sessanta concerti a conoscerlo sono già in tanti.

Si trasferisce a Bologna e nel 1992 esce il suo primo album. "C'hanno preso tutto", presentato da una canzone-polaroid, "Chicco e Spillo", che diventa in poche settimane un "caso radiofonico", un video riuscitissimo e a distanza di tempo un vero e proprio cult. Nel 1994 scrive per Fiorella Mannoia il testo di "Crazy Boy" e nel 1995 esce con "Freak", (ritratto semiserio di una generazione neo-hippy col bancomat, video girato da Alex Infascelli in India). Oltre 130.000 copie vendute, 56 settimane consecutive di presenza nelle top 100 delle classifiche FIMI/Nielsen. Il disco oltre alla title-track contiene brani di successo come "Spaccacuore", "Cado giù" e "Cosa vuoi da me", cover dei Waterboys (uno dei suoi gruppi preferiti).

Nell'estate del 1997 la partenza fulminante del singolo "Coccodrilli" apre la via al terzo cd, che si intitola semplicemente Samuele Bersani e contiene quello che per molti è un capolavoro, "Giudizi Universali", emozionante ritratto esistenziale che si aggiudica il Premio Lunezia 1998 come miglior testo letterario (la giuria è presieduta dalla scrittrice Fernanda Pivano).

Nell'ottobre 1998 con la supervisione di David Rodhes (storico collaboratore di Peter Gabriel), Bersani incide la canzone "Siamo gatti", motivo trainante della colonna sonora del cartoon "Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare", diretto da Enzo D'Alò e tratto dall'omonimo libro di Luìs Sépulveda. In quello stesso anno scrive per Ornella Vanoni il testo di "Isola", su musica di Ryuchi Sakamoto.

Con il 2000 arriva anche il primo Festival di Sanremo: la canzone che presenta, "Replay", segna il suo ritorno sulle scene musicali dopo tre anni di silenzio e offre un'anticipazione da brividi del suo nuovo album: arrangiato e prodotto insieme a Beppe D'Onghia ecco "L'Oroscopo Speciale". A Sanremo "Replay" si aggiudica il premio della critica. Nel settembre dello stesso anno inizia a comporre la colonna sonora del film di Aldo Giovanni e Giacomo intitolato "Chiedimi se sono felice" che risulterà il più amato della stagione cinematografica. Il suo modo di scrivere diventa successo discografico e ad ottobre mentre la sua "Il pescatore di asterischi" è ancora in alta rotazione in tutte le radio, riceve la Targa Tenco per "L'Oroscopo Speciale" riconosciuto come Miglior Album Dell'Anno.

Nel 2002 contribuisce all'album "Veleno" di Mina, scrivendole un inedito intitolato "In percentuale" e alla fine dell'anno pubblica la sua prima raccolta "Che vita! Il meglio di Samuele Bersani", un "best of" balzato subito ai primi posti delle classifiche, contenente 18 successi, inclusi tre inediti: "Milingo" (con Paola Cortellesi nella parte di Maria Sung), "Le mie parole" (scritto da Pacifico) e l'omonima "Che vita!" (che si avvale della presenza di Roy Paci ai fiati).

Dopo un lunghissimo lavoro di ricerca, diviso insieme al produttore Roberto Guarino, nel 2003 pubblica il suo sesto disco: "Caramella Smog", che segna un'ulteriore passo avanti nella sua lirica visionaria e lo porterà a vincere ben due targhe Tenco (miglior album dell'anno e miglior canzone con "Cattiva"). Quest'ultimo è un brano che trasforma in manifesto musicale la tendenza dei media a spettacolarizzare i fatti di cronaca nera e di attualità.

All'interno del disco, molto ricercato anche dal punto di vista musicale, sono presenti importanti collaborazioni con Fausto Mesolella degli Avion Travel, Zenima, Ferruccio Spinetti, Cesare Picco, Rocco Tanica, Fabio Concato e Sergio Cammariere. E nel 2004, proprio per Cammariere in uscita con il disco intitolato "Sul sentiero", Samuele scriverà il testo di "Ferragosto". "L'Aldiquà", uscito il 19 maggio 2006 e dopo non molte settimane già premiato da un Disco D'Oro viene anticipato dall'istant song "Lo scrutatore non votante", (il ritratto di chi nella vita è incapace di essere coerente), che è il primo esempio in italia di canzone uscita di getto e messa subito su i-Tunes, con il risultato di schizzare subito ai vertici delle classifiche dei download via internet e delle playlist dei videclip con un corto in animazione realizzato niente di meno che dall'olandese Dadara, artista contemporaneo di fama internazionale, che per lui ha anche inventato il dipinto in copertina dell'album.

Ad aprire il cd, (realizzato nella sua Cattolica insieme a Roberto Guarino e Tony Pujia) ci aspetta la dolcezza di "Lascia stare", quella grandissima ballata d'amore che si intitola "Una delirante poesia", e "Occhiali rotti", canzone pacifista dedicata al giornalista Enzo Baldoni.

Altra colonna portante del CD è "Sicuro Precariato", la storia di un supplente che oltre a non avere un posto fisso non ha nemmeno certezze nella vita privata e resta eternamente in prova. Ne "L'Aldiquà" prosegue la collaborazione con Pacifico (autore della musica di "Maciste") e con "Come due somari", si inaugura quella con uno dei più validi e originali chitarristi italiani, Armando Corsi.

Il 21 luglio 2007 Samuele Bersani è stato insignito del premio Amnesty International per il brano "Occhiali rotti", come miglior canzone riguardante i diritti umani. Alla produzione discografica Samuele alterna periodi di buio apparente, perchè "per scrivere bisogna vivere". Sostiene divertito di avere un record di assenza dalla televisione degli ultimi anni, un po' perchè non ama apparire, un po' perchè dice di non essere adatto ai tempi televisivi. La sua vera dimensione in questi anni è diventata quella dei concerti, dove fra teatri, club e piazze prestigiose ha costruito un rapporto straordinario di empatia col pubblico. Sentirlo cantare dal vivo, sentirgli uscire spontaneamente tutto l'umorismo di cui dispone, è una occasione preziosa per capire non solo il cantautore ma anche la persona che abbiamo davanti.

All'inizio del mese di ottobre 2009 pubblica un nuovo disco dal titolo "Manifesto abusivo", preceduto in estate dal singolo "Ferragosto".

4. Biografia di Milly Carlucci

Tra canti, danze e sorrisi
1 ottobre 1954

Chi è Milly Carlucci?


Camilla Patrizia Carlucci nasce a Sulmona (L'Aquila) il giorno 1 ottobre 1954. Dopo aver vinto nel 1972 il concorso di bellezza Miss Teenager, la famiglia, in particolare il padre generale, sono poco favorevoli alle aspirazioni televisive della giovane Milly, così la spingono a frequentare la facoltà di architettura. Milly non si sente portata per quella strada così abbandona gli studi senza rimpianti.

Inizia la sua carriera televisiva presso l'emittente tv GBR, dove appare in ruoli di presentatrice, insieme ad altre giovanissime debuttanti. Vien poi notata da Renzo Arbore che la vuole con sé ne "L'Altra Domenica". Grazie al successo di questa prima esperienza gli impegni televisivi si susseguono numerosi: prima con "Giochi senza frontiere" e "Crazy Bus", poi nel 1981 è la volta de "Il Sistemone" e "Blitz", con Gianni Minà. Nel 1984 è la prima donna di "Risatissima", per le reti Fininvest. Poi lo show "Evviva", di scarso successo, fino ad arrivare nel 1987 ad interpretare al fianco di Gianni Morandi "Voglia di vincere", sceneggiato in tre puntate trasmesso dalla Rai.

Da qui debutta come interprete teatrale al Piccolo di Roma in "Scylla non deve sapere", per la regia di Bruno Colella.

Negli anni '80 aveva provato ad avviare parallelamente anche una carriera di cantante: messa sotto contratto dalla Lupus nel 1979, incide alcuni 45 giri. Passa poi alla Five Record, e nel 1984 incide l'album "Milly Carlucci", in cui interpreta canzoni come "Personalità", "Voglio amarti così", "Magic Moments", "Sentimental Journey" e "It's Now Or Never" (versione inglese di O sole mio, portata al successo da Elvis Presley). Incide poi nel 1989 una versione disco music del successo dei Los Marcellos Ferial, "Quando calienta el sol", mentre nel 1991 incide una cover del successo di Rod Stewart "Da Ya Think I'm Sexy". Passa poi alla Dischi Ricordi, per cui incide il secondo album nel 1993, in cui duetta con Fausto Leali nella canzone "Che vuoi che sia".

Il grande successo televisivo arriva tra il 1990 e il 1991 al fianco di Fabrizio Frizzi per il programma del sabato sera di Rai Uno "Scommettiamo che...". Nel 1992 conduce insieme a Pippo Baudo il Festival di Sanremo; nel 1994 "Luna park"; presenta a Modena il concerto di beneficenza per i bambini della Bosnia "Pavarotti and friends" nelle edizioni 1995, 1996 e 1998.

Conduce poi il programma "Sulla soglia della speranza", in occasione dei vent'anni di pontificato di Giovanni Paolo II. Nel gennaio 2000 conduce il Giubileo bambini, incontro dedicato ai bambini e ai ragazzi provenienti dai Paesi visitati da Papa Giovanni Paolo II.

Conduce diverse edizioni del Gran Premio internazionale della TV affiancando Mike Bongiorno, Corrado Mantoni, Pippo Baudo. Dal 2001 è conduttrice delle maratone televisive di Telethon.

Dal 2005 ottiene grandi successi di pubblico grazie alla conduzione su Rai Uno di "Ballando con le stelle".

Dopo i XX Giochi olimpici invernali di Torino 2006, dei quali è stata tedofora, conduce "Notti sul ghiaccio", programma confermato anche nel 2007 e promosso al sabato sera primaverile.

Dal 12 al 15 settembre 2009, è la prima donna a condurre il concorso di bellezza Miss Italia.

Parla quattro lingue oltre all'italiano: l'inglese, il francese, il tedesco e lo spagnolo.

Sposata con Angelo Donati, ingegnere, dal quale ha avuto i figli Angelica e Patrizio, Milly Carlucci ha due sorelle, entrambe con esperienze nella conduzione televisiva, Anna Carlucci (conduttrice e regista), e Gabriella Carlucci (conduttrice e politica).

5. Biografia di Jimmy Carter

Mediazione da Nobel
1 ottobre 1924

Chi è Jimmy Carter?


Nobel per la pace nel 2002, James Earl Carter detto Jimmy, 39° presidente degli Stati Uniti, nasce il giorno 1 ottobre 1924 a Plains (Georgia) in una famiglia di religione battista con interessi nel settore dell'agricoltura.

Dopo la laurea alla Accademia navale di Annapolis (Maryland), conseguita nel 1946, Carter sposa Rosalynn Smith. Dal loro matrimonio nascono quattro figli: John William, James Earl II, Donnel Jeffrey e Amy Lynn.

Dopo sette anni di servizio come ufficiale di marina il futuro presidente americano torna a Plains per gettarsi a capofitto nell'agone politico, da cui ricaverà i primi sostanziosi frutti a partire dal 1979, diventando governatore della Georgia. Già da questo momento Carter si pone come un amministratore attento e all'avanguardia, soprattutto nei confronti dei problemi che affronta. Uno su tutti: l'ecologia argomento che sul finire degli anni '60, è da conisderarsi straordinario; ma si occupa anche delle barriere razziali, che disprezza apertamente.

Forte dei consensi ottenuti con battaglie comunque difficili, impopolari ed impegnative, annuncia la sua candidatura alla presidenza nel dicembre del 1974 dando l'avvio ad una campagna elettorale lunga due anni.

Alla Convention democratica viene nominato al primo ballottaggio; sceglie il senatore Walter F. Mondale come suo compagno di corsa. In seguito conduce una dura campagna contro Ford, peraltro brillantemente vinta.

Nel corso della sua presidenza Carter lavora molto per combattere la continua crescita dell'inflazione e l'aumento della disoccupazione. Sfortunatamente al concludersi della sua amministrazione il tasso d'interesse e l'inflazione registrano valori record e gli sforzi per ridurli causano una breve recessione.

In politica interna mette a punto un piano per la politica energetica volto a contrastare la carenza d'energia, basato sulla liberalizzazione del prezzo del greggio nazionale per stimolare la produzione.

Aumenta l'efficienza governativa attraverso la riforma del servizio pubblico e procede alla liberalizzazione dell'industria aerea e dei trasporti. Sempre forte in lui è l'attenzione al problema ambientale.

In politica estera invece il sostegno di Carter alla questione dei diritti umani viene accolto con freddezza dall'Unione Sovietica e da altri paesi. In Medio Oriente, attraverso l'accordo di Camp David del 1978, Carter dà il suo contributo per la risoluzione delle divergenze tra Egitto e Israele. Costruisce una fitta rete di relazioni diplomatiche con la Repubblica popolare cinese. Conclude il trattato sulla limitazione della energia nucleare (Salt II) con l'Unione Sovietica. Ma la ratifica del trattato viene sospesa in seguito alla invasione dell'Afghanistan da parte di Mosca.

Gli ultimi quattordici mesi dell'amministrazione Carter sono dominati dalle notizie riguardanti il sequestro dello staff dell'ambasciata americana in Iran. Le conseguenze del sequestro e il costante aumento dell'inflazione contribuiscono alla sua sconfitta ad opera di Ronald Reagan nel 1980.

Dopo aver lasciato la Casa Bianca Carter torna in Georgia dove nel 1982 fonda ad Atlanta il nonprofit Carter Center per promuovere la pace e i diritti umanitari nel mondo.

Il Nobel a Jimmy Carter è stato motivato per "i decenni di sforzi dedicati a cercare soluzioni pacifiche ai conflitti internazionali, a fare avanzare la democrazia e i diritti umani, e a promuovere lo sviluppo economico e sociale".

"Durante la sua presidenza - si legge nel comunicato diffuso dal Comitato norvegese per il Nobel - tra il 1977 e il 1981, la mediazione di Carter è stata un contributo vitale agli accordi di Camp David tra Israele e l'Egitto, di per se stessi un risultato sufficiente a qualificarsi per il premio Nobel per la pace. In un tempo in cui la guerra fredda tra Est e Ovest era ancora predominante, Carter ha posto una enfasi rinnovata al ruolo dei diritti umani nella politica internazionale".

6. Biografia di Enrico De Nicola

Storia d'Italia repubblicana
9 novembre 1877
1 ottobre 1959

Chi è Enrico De Nicola?


Enrico De Nicola nasce a Napoli il 9 novembre 1877. È passato alla storia nazionale per essere diventato il primo Presidente della Repubblica Italiana, eletto il 1° gennaio del 1948. Ma durante la sua lunga vita ha ricoperto più incarichi, da quello di giornalista a quello di avvocato.

La laurea in giurisprudenza infatti, conseguita presso l'Università di Napoli, gli apre subito le porte della professione. Sceglie l'ambito penalista e ben presto si fa conoscere a livello nazionale per le sue capacità forensi. Tuttavia, il suo primo impegno di rilievo è nel campo giornalistico. Nel 1895 infatti, diventa redattore per il "Don Marzio", curando la rubrica quotidiana di vita giudiziaria.

Nel 1909 invece, ha inizio la sua brillante carriera politica, con l'elezione a Deputato del Parlamento, all'interno delle liste cosiddette liberal-conservatrici. Da laico, Enrico De Nicola si riconosce nell'area che ha come punto di riferimento Giovanni Giolitti, all'epoca uno dei politici di spicco del panorama italiano. La legislatura cui prende parte per la prima volta è la XXIII, il collegio quello di Afragola.

Alle successive elezioni del 1913, De Nicola viene rieletto e nominato Sottosegretario di Stato per le Colonie, carica che ricopre anche l'anno dopo, il 1914, all'interno del IV Governo presieduto da Giolitti. Sono anni problematici per l'Italia e per i suoi governi, i quali devono subire le spinte delle fazioni politiche appartenenti alle correnti più estreme, oltre che fronteggiare l'emergenza bellica, e l'avvocato e politico napoletano si ritrova ad appoggiare l'area degli interventisti.

Anche nel 1919, al termine della Prima Guerra Mondiale, Enrico De Nicola viene rieletto in Parlamento. Dopo aver ricoperto l'incarico di Sottosegretario di Stato per il Tesoro, sempre durante il 1919 del Governo Orlando, De Nicola viene eletto Presidente della Camera dei Deputati, esattamente il 26 giugno del 1920. Questa importante carica di governo la mantiene anche durante le successive elezioni, in cui viene riconfermato, ossia nel 1921 e nel 1924, pur non prestando giuramento a queste ultime e non partecipando, quindi, alle funzioni parlamentari.

Nel frattempo, Mussolini compie la marcia su Roma, il 1922, e De Nicola si ritrova a ricoprire il difficile ruolo di garante del patto nazionale di pacificazione tra fascisti e socialisti, poi abortito. Anche lui, come molti politici dell'area liberale e conservatrice, appoggia la fiducia all'esecutivo del Duce. In ogni caso, a salvare la sua condotta ideologica, per così dire, soprattutto in chiave post-regime, almeno in apparenza, è la decisione che sembra aver preso una volta lasciato l'incarico di presidente della Camera, nel 1924. È bastato un breve confronto con il regime, al futuro Presidente della Repubblica, a dargli un'idea chiara del momento storico vissuto dalla politica nazionale. De Nicola ha a che fare, infatti, con l'esperienza fascista, prendendo parte anche ad alcune commissioni, per quanto solo in virtù della sua esperienza e perizia giuridica.

E nel 1929 viene nominato senatore del Regno, senza mai prendere parte ai lavori parlamentari veri e propri. Da questo momento, parte il suo progressivo allontanamento dalla politica nazionale, in favore della sua attività di avvocato. L'immagine che lascia De Nicola in questi anni, è quella di una figura autorevole della politica pre-fascista. Così nel 1943, con la caduta di Mussolini, viene direttamente richiamato in causa a ricoprire il ruolo di mediatore fra gli Alleati e la Corona con il fine di consentire un agevole passaggio dei poteri. Si deve a lui, secondo le fonti dell'epoca, la soluzione di evitare l'abdicazione di Vittorio Emanuele III in virtù dell'istituzione della figura del Luogotenente, affidata all'erede al trono Umberto.

È, De Nicola, a conti fatti, uno degli artefici del Compromesso, insieme con altre figure di spicco che faranno parte della Prima Repubblica, come Bonomi, Nitti e Orlando. In questo stesso periodo, viene anche nominato componente della Consulta Nazionale.

Dopo il voto a favore della Repubblica del 2 giugno 1946 i partiti di massa (Dc, Psi e Pci) sono alla ricerca di un accordo per eleggere un Capo dello Stato provvisorio. Secondo molti, un uomo meridionale era quello giusto, meglio se appartenente alla schiera dei moderati, persino simpatizzante con la Monarchia la quale, com'è noto, perde con uno scarto minimo il referendum postbellico, vinto dalla Repubblica.

A decidere sono De Gasperi, Nenni e Togliatti, i quali si accordano sul nome di De Nicola. Così, nella seduta del 28 giugno del 1946, l'Assemblea nomina Enrico De Nicola come Capo provvisorio dello Stato a norma dell'articolo 2 del decreto legislativo luogotenenziale del 16 marzo 1946, n. 98. De Nicola ha alla meglio sin dal primo scrutinio, con 396 voti a favore su 501.

Qualche giorno dopo, esattamente il 1° luglio del 1946, De Nicola viene insediato.

Sono gli anni difficili in cui l'Italia "tenta" di trasformarsi in una Repubblica, ma non senza conflitti interni. Il politico napoletano svolge il suo incarico dal Quirinale, come previsto, rifiutandosi però di risiedervi, in omaggio, come disse egli stesso, a quella che ritiene la "sua monarchia". Preferisce dunque la sede di Palazzo Giustiniani.

A conferma di questo periodo turbolento, c'è la dichiarazione da parte di Enrico De Nicola, il 25 giugno del 1947, di rassegnare le proprie dimissioni dall'incarico di Presidente, apparentemente in polemica con le forze governative impegnate durante l'assemblea costituente. Ma il giorno dopo, il 26 giugno del 1947, De Nicola viene rieletto Capo provvisorio dello Stato. Da qui alla presidenza vera e propria il passo è breve. E in osservanza della prima disposizione transitoria della Costituzione, dal 1° gennaio del 1948 Enrico De Nicola assume il titolo di Presidente della Repubblica Italiana.

Sempre in questo stesso anno, firma con Alcide De Gasperi (Presidente del Consiglio in carica e leader democristiano), Giuseppe Grassi (Pli, Guardasigilli in Carica) e Umberto Terracini (Pci, Presidente dell'Assemblea Costituente) la nuova Costituzione dell'Italia repubblicana.

Il suo mandato da Capo dello Stato è il più breve di tutti. Il 18 aprile del 1948 avvengono le elezioni e i "centristi", guidati sempre da De Gasperi, propendono per il liberale Luigi Einaudi, il quale succede a De Nicola alla Presidenza della Repubblica . In base alle leggi costituzionali poi, De Nicola viene nominato senatore a vita in qualità di ex Presidente della Repubblica.

Passano pochi anni e l'avvocato napoletano viene nominato Presidente del Senato, il 28 aprile del 1951. È e resta l'unica volta in cui un politico italiano è stato sia Capo dello Stato che Presidente dei senatori. In ogni caso, De Nicola si dimette dalla carica un anno dopo, esattamente il 24 giugno del 1952.

Nasce la Corte Costituzionale e forte della sua esperienza leguleia, Enrico De Nicola assume la nomina di giudice di questo nuovo organo nazionale, il 3 dicembre del 1955, con nomina del Presidente della Repubblica. L'anno dopo poi, il 23 gennaio del 1956, il Collegio alla sua prima riunione lo nomina Presidente della Corte. Anche in questo mandato istituzionale De Nicola rivela la propria indipendenza ideologica e lo fa tramite l'ennesimo atto di rassegnare le dimissioni.

L'anno dopo infatti, abbandona la carica di presidente, in aperto contrasto con il governo italiano accusato, a suo dire, di intralciare l'opera di democratizzazione delle istituzioni giudiziarie e delle norme giuridiche, impregnate com'erano ancora delle precedenti disposizioni di marca fascista. Alcuni mesi prima però, De Nicola riceve l'onorificenza di Cavaliere di gran croce decorato di gran cordone dell'ordine al merito della Repubblica Italiana, esattamente il 5 giugno del 1956.

Il primo Presidente della Repubblica italiana allora, ormai anziano, si ritira a vita privata, lasciando la città di Roma. Il 1° ottobre del 1959, nella sua casa di Torre del Greco, Enrico De Nicola muore, all'età di ottantuno anni.

7. Biografia di Marsilio Ficino

Anima mundi
19 ottobre 1433
1 ottobre 1499

Chi è Marsilio Ficino?


Figlio di un medico della Val d'Arno, Marsilio Ficino nacque il 19 ottobre 1433, a Figline (Firenze). È il massimo rappresentante insieme a Nicola Cusano del platonismo rinascimentale e di quell'Umanesimo fiorentino che, con Giovanni Pico della Mirandola, rimane all'origine dei grandi sistemi di pensiero del Rinascimento e della filosofia del Seicento, basti pensare a Giordano Bruno o a Campanella.

Dopo aver studiato sui testi di Galieno, Ippocrate, Aristotele, Averroè ed Avicenna, Ficino fu scelto da Cosimo de' Medici il Vecchio (chiamato da lui stesso "secondo padre") per riportare a Firenze la tradizione platonica, già reintrodotta da Leonardo Bruni, dal Traversari e dai bizantini Bessarione e Pletone fin dai tempi del Concilio del 1439. A tale missione si aggiunse per Marsilio, nell'arco di trent'anni, l'incarico di tradurre il "Corpus Hermeticum", ossia gli scritti del leggendario Ermete Trismegisto, le Enneadi di Plotino e altri testi neoplatonici ancora.

Ben presto fu al centro di un cenacolo di dotti, filosofi, artisti, letterati e scienziati, noto col nome di "Accademia Platonica", e si dedicò alla traduzione in latino dei dialoghi di Platone che verrà stampata nel 1484.

Oltre a Platone Ficino tradusse Orfeo, Esiodo, i "Libri ermetici", le "Enneadi" di Plotino, opere di Proclo, Porfirio, Giamblico, Psello, ecc.

"In questo monumentale corpus di traduzioni, che ebbe una diffusione

enorme nella cultura europea, si rispecchia la concezione della filosofia propria di Ficino. Esiste per lui una tradizione filosofica, che muove, senza soluzioni di continuità, dagli antichi poeti e, attraverso Pitagora e Platone, arriva a Dionigi Areopagita. Essa non è altro che il progressivo rivelarsi del Logos divino; e il compIto del filosofo consiste nel portare alla luce la verità religiosa che si cela dietro le varie credenze mitiche e le filosofie. Su questa base Ficino afferma il sostanziale accordo fra platonismo e cristianesimo. In polemica contro l'aristotelismo delle scuole del suo tempo, accusato di distruggere la religione, e contro l'estetismo dei letterati, accusati di non comprendere la verità nascosta nelle "favole" degli antichi, Ficino rivendica una "pia philosophia", una "docta religio": appunto la tradizione platonica, che (attraverso i padri della chiesa) arriva fino ai tempi moderni e che Ficino ritiene suo compito, anzi quasi sua missione, riaffermare e propagandare attraverso una nuova apologetica.

(quella che, ad esempio, emerge nel "De Christiana religione" del 1474) [Enciclopedia Garzanti di Filosofia] .

Dopo la morte di Cosimo, furono Piero, suo figlio, e poi Lorenzo il Magnifico a sostenere l'opera di traduttore e di pensatore del Ficino.

Per ciò che concerna la sua opera più strettamente filosofica di stampo personale, invece, egli arrivò a completare, fra il 1458 e il 1493, una quantità considerevole di lavori, fra cui citiamo il "Di Dio et anima", il "De divino furore" o la "Teologia Platonica", trattato sistematico sull'immortalità dell'anima. Da non dimenticare anche il "De vita libri tres" sull'igiene fisica e mentale degli studiosi, libro quest'ultimo ricco di spunti magici ed astrologici, derivati da Plotino, da Porfirio, dall'Asclepius e dal Picatrix.

Una fondamentale importanza nell'opera di questo grande umanista rivestono i numerosi "argumenta" e "commentarii" elaborati in occasione delle sue traduzioni, tra cui spiccano il commento al "Timeo" e quello al "Parmenide". Mentre il "De amore", destinato ad esercitare una formidabile influenza su tutta la letteratura fino all'Ottocento, da Leone Ebreo a Shelley, prendendo spunto dal "Convivio" di Platone, può considerarsi un'opera d'autore. Un ulteriore aspetto, determinante per capire la fama europea del Ficino, è costituito dalle sue "Lettere", tutte ispirate ad un ideale di saggezza platonica impregnata di forti venature ora poetiche, ora esoteriche.

Non è difficile capire come l'opera di Ficino fosse destinata a rivoluzionare una cultura occidentale fino a poco in gran parte estranea al Plotino ed al Proclo "originali", a "tutto" Platone così come al "Corpus Hermeticum". Lo si evince da opere assai suggestive quali il "De Sole", il "De vita" e il "De amore": il pensiero ficiniano propone una visione dell'uomo con forti affinità cosmiche e magiche, al centro di una "machina mundi" animata, altamente spiritualizzata proprio perché pervasa dallo "spiritus mundi". La funzione essenziale del pensiero umano è di accedere, attraverso una illuminazione immaginativa ("spiritus" e "fantasia"), razionale ("ratio") e intellettuale ("mens") all'autocoscienza della propria immortalità e all'"indiarsi" dell'uomo grazie a quei "signa" e "symbola", segni cosmici ed astrali paragonabili a geroglifici universali originati dal mondo celeste. L'agire umano in tutte le sue sfumature, artistiche, tecniche, filosofiche e religiose esprime in fondo la presenza divina di una "mens" infinita nella natura, all'interno di una visione ciclica della storia, scandita dal mito del "grande ritorno" platonico.

Marsilio Ficino morì il 1 ottobre 1499 nella sua Firenze, dopo la caduta del Savonarola, mentre l'Europa, di lì a poco, avrebbe riconosciuto la portata epocale del suo pensiero affidato a molte stampe italiane, svizzere, tedesche e francesi delle sue opere.

8. Biografia di Vladimir Horowitz

Dalla Russia con passione
1 ottobre 1903
5 novembre 1989

Chi è Vladimir Horowitz?


Il grande pianista Vladimir Horowitz nasce in Ucraina il giorno 1 ottobre 1903. All'età di cinque anni prende le sue prime lezioni di pianoforte dalla madre Sophie. Sembra mostrare interesse per la composizionea partire dai dodici anni. Nel 1912 inizia a studiare al Conservatorio di Kiev con Sergei Tarnovsky e Felix Blumenfeld. Nel 1914 conosce e suona per Alexander Skjabin; nel 1919 lascia il conservatorio, suonando il Concerto N.3 di Rachmaninov.

Horowitz debutta a Kiev nel 1920 e in due anni effettua concerti in tutta la Russia. Lascia il suo Paese per l'Europa occidentale nell'autunno del 1925, debuttando a Berlino nel 1926.

Nello stesso anno ha l'occasione di suonare il Concerto N.1 di Tchaikovsky con la Amburgo Philharmonic: l'enorme successo ottenuto da quell'esecuzione contribuirà molto per affermare la sua fama in Germania e nelle maggiori capitali musicali europee.

Nel 1928 Horowitz debutta a New York, con il concerto di Tchaikovsky, con la New York Philharmonic diretta da sir Thomas Beecham, seguito da un recital e da un vasto tour americano. Lo stesso anno suona il Concerto N.3 di Rachmaninov per il compositore. I due grandi pianisti rimarranno intimi amici fino alla morte di Rachmaninov, nel 1943.

Nel 1930 Horowitz efffettua la prima delle sue tre registrazioni del Concerto N.3 di Rachmaninov con la London Symphony Orchestra diretta da Albert Coates.

Ormai Horowitz aveva suonato con quasi tutti i più grandi direttori del mondo, tranne che con Arturo Toscanini. Nel mese di ottobre del 1932, durante un ciclo di concerti dedicati a Beethoven che lo stesso direttore propose per la Carnegie Hall con la New York Philharmonic, Toscanini dirige Horowitz nel Quinto Concerto di Beethoven (Imperatore). Il grande direttore italiano rimane immediatamente entusiasta dell'interpretazione di Vladimir Horowitz: sarà l'inizio di una lunga collaborazione fra i due artisti sia nei concerti che nelle registrazioni.

Il 21 dicembre 1933 Horowitz sposa Wanda, figlia di Arturo Toscanini.

Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, nel 1939, le famiglie di Horowitz e di Toscanini si trasferiscono in America: Horowitz tornerà a suonare in Europa fino al 1951.

Nel 1943 esegue il Concerto N.1 di Tchaikovsky alla Carnegie Hall sotto la direzione di Toscanini: nell'occasione si raccolgono oltre 10 milioni di dollari per le fatiche di guerra. Horowitz diviene cittadino americano nel 1945.

Vladimir Horowitz si ritira dall'attività concertistica nel 1953, continuando tuttavia ad effettuare registrazioni e firmando un contratto esclusivo con la CBS Masterworks nel 1962.

Il 9 maggio 1965 tiene uno storico concerto che segna il suo definitivo ritorno e l'inizio di uno straordinario periodo produttivo della sua carriera. Nel 1968 un suo concerto viene trasmesso in televisione dalla CBS, per la durata di un'ora. Continuerà a registrare per la CBS Masterworks fino al 1973, poi tornerà alla RCA.

Nel 1978 celebra il "Golden Jubilee" del suo debutto americano suonando il Concerto N.3 di Rachmaninov con la New York Philharmonic Orchestra, diretta da Eugene Ormandy. Durante lo stesso anno suona alla Casa Bianca per il presidente Carter. Del 1982 è il primo recital di Horowitz, a Londra "all'invito del principe Carlo".

Nel 1986 torna per la prima volta in Russia, tenendo concerti a Mosca e Leningradoche raccolgono entusiastici successi. Nel 1989 registra la "Sonata per pianoforte in Mi maggiore" di Haydn; Weinen, Klagen, Sorgen, Zagen e la trascrizione del Liebestod di Isolde di Liszt, e una selezione di musiche di Chopin per la Sony Classical.

Vladimir Horowitz muore il 5 novembre 1989 per un attacco di cuore. La sua salma è sepolta nella tomba della famiglia Toscanini, presso il Cimitero Monumentale di Milano.

9. Biografia di Walter Matthau

Senso dell'umorismo nel DNA
1 ottobre 1920
1 luglio 2000

Chi è Walter Matthau?


Walter Matthau, nato il primo ottobre del 1920 a New York, era figlio di poveri emigrati ebrei russi. Il suo vero nome era Walter Matuschanskavasky, poi cambiato in Matthau dai responsabili degli Studios hollywoodiani per comprensibili ragioni di pronuncia e di memorizzazione.

Il piccolo Walter comincia a recitare fin da ragazzino, e precisamente nel teatro yiddish della seconda strada, fedele alle sue origini ebraiche.

Quando compie vent'anni, però, intorno a lui il mondo sta andando in pezzi a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale, e benchè l'America entri tardi nel conflitto, ben presto si ritrova combattente nell'aviazione, con i gradi di soldato semplice. Fortunatamente, il suo innato senso dell'umorismo gli permette di affrontare al meglio questa drammatica esperienza, senza uscirne irrimediabilmente segnato.

In seguito, al ritorno dal fronte, si iscrive al dramatic workshop di New York. Comincia a lavorare Broadway con i primi spettacoli in cui già si apprezza la sua vena surreale poi, nel '48, approda alla tanta agognata Hollywood, un mondo aggressivo e variopinto dove il suo talento non viene colto così velocemente come ci si aspetterebbe. All'inizio, infatti, gli sono riservati solo ruoli come caratterista, basandosi sull'impatto che il suo volto stralunato sapeva comunicare allo spettatore.

Poco soddisfatto di questa scarsa considerazione, si mette in proprio (per così dire), e si cimenta con una regia personale, la quale dà vita al film "Gangster story", accolto malamente dalla critica e anche dal pubblico. Ancora non riesce a venir fuori la sua carica esplosiva e la sua ironia del tutto speciale. Deluso dal cinema, torna al teatro. Per lui Neil Simon (non propriamente uno sconosciuto ma anzi un commediografo di punta), scrive "La strana coppia", commedia in cui interpreta il giornalista sportivo Oscar Madison. E' la svolta radicale della sua carriera. Il mondo scopre un attore comico completo e straordinariamente duttile, capace di una gamma assai vasta di possibilità espressive. Insomma, non il classico attore comico come di solito lo si intende. Da quel momento si può dire che Matthau diventa realmente famoso. Lui stesso dichiarò durante un'intervista che: ''Tutto è cominciato dopo La strana coppia".

Ma la strada è ancora lunga e altri innumerevoli successi attendono l'attore, soprattutto a partire dal fortunato incontro con il genio della commedia (e non solo): Billy Wilder. Il regista ha l'acuta intuizione di farlo recitare insieme a Jack Lemmon, in modo da formare una coppia che si integri per compensazione e da quel momento nascono alcuni dei momenti più divertenti e significativi della storia di Hollywood. Arrivano sia l'Oscar, con "Non per soldi...ma per denaro" ('66), e alcuni titoli storici come "Prima pagina", "Buddy Buddy", e poi ancora una volta il suo "portafortuna", ossia quel "La strana coppia", che tanta gloria gli aveva regalato e che anche questa volta non smentisce le aspettative, riportando, questa volta insieme a Lemmon, un successo anche superiore a quello teatrale. Anzi, si può dire oltretutto che quel titolo diverrà una sorta di "marchio di fabbrica" per indicare proprio loro due, Mattahu e Lemmon, quando capitò che recitassero insieme in altri film.

Moltissimi sono comunque i ruoli che hanno visto Matthau protagonista durante la sua strepitosa carriera. Spassoso ed enigmatico nei diversi episodi di "Appartamento al Plaza" ('71) e in "Vedovo, aitante, bisognoso d'affetto offresi anche baby sitter" ('71). Malandato ma efficace rapinatore, al fianco di Glenda Jackson (altra sua storica spalla), in "Chi ucciderà Charley Varrick?" ('73), elegante e di classe in "Visite e domicilio" ('78) e soprattutto "Due sul divano" ('80). Ovunque, ad ogni modo, emerge la sua irresistibile comicità, il suo carisma inesprimibile, capace di imporsi anche con una sola alzata di sopracciglio.

Successivamente, con gli anni Matthau tenderà ad incarnare, attraverso ruoli più sofisticati e complessi, lo stereotipo dell'americano borghese, riuscendo ad esempio ad essere credibile nei panni del padre alcolizzato di "Quel giardino di aranci fatti in casa" ('82) o del benzinaio disoccupato in "Come ti ammazzo un killer" ('83). Una strada colta e di alta classe, indubbiamente, anche se qualcuno comincia a sentire la mancanza della sua comicità fracassona ma sempre elegante. Di certo, registi e sceneggiatori non sembrano essere più in grado di confezionare ruoli adatti alla sua misura d'attore. Il risultato lo si riscontra in film poco riusciti come "Pirati" o "Dinosauri a colazione" fino a quando Roberto Benigni gli offre la parte del prete esorcista in "Il piccolo diavolo". Fra i due sono letteralmente fuochi d'artificio e l'intesa è perfetta. Il film incassa tantissimo e sia l'uno che l'altro entrano nel cuore degli spettatori, fornendo prove che sono ormai un culto della cinematografia, come in quella dove il "diavolo" Benigni provoca il "prete" Matthau.

Malgrado l'exploit del "Piccolo diavolo", purtroppo, nel prosieguo degli anni Novanta la musica è sempre la stessa: scarsità di ruoli adeguati. E' incisivo nella parte del senatore Long in "JFK" ma, ad esempio, non resta certo negli annali della cinematografia il suo Einstein di "Genio per amore". Apparentemente, dunque, a Matthau non resta che tornare alla vecchia commedia hollywoodiana e alle vecchie gag con il fidato Lemmon in "Due irresistibili brontoloni" (dove compare anche Sofia Loren), e soprattutto in "La strana coppia II" in cui i due attori rivestono i panni di Felix e Oscar a trent'anni dall'originale.

Walter Matthau nella sua carriera ha interpretato oltre settanta film vincendo un solo Oscar, come detto, con la commedia "Non per soldi...ma per denaro". Negli ultimi anni la salute gli aveva dato parecchi problemi ed era anche stato anche costretto a rinunciare ai suoi amatissimi tre pacchetti di sigarette al giorno. Già nel 1976, comunque, gli avevano impiantato un bypass, mentre nel '93 era stato ricoverato per una polmonite. Nel '95, invece, gli era stato rimosso un tumore benigno al colon. Il grande attore si è poi spento la mattina del 1 luglio 2000 a causa di un attacco cardiaco.

10. Biografia di Walter Mazzarri

1 ottobre 1961

Chi è Walter Mazzarri?


Walter Mazzarri nasce il 1° ottobre del 1961 a San Vincenzo, in provincia di Livorno. Inizia a giocare a calcio nelle giovanili del Follonica, prima di passare alla Fiorentina, dove si mette in luce per le sue doti di centrocampista. Trasferitosi al Pescara, viene in seguito ceduto al Cagliari; dalla Sardegna si sposta alla Reggiana, e poi all'Empoli, dove nella stagione 1985-86 contribuisce alla prima promozione in serie A del club toscano. Gli azzurri lo cedono poi, nel 1988, al Licata; dopo la breve esperienza in Sicilia, Walter Mazzarri gioca a Modena (conquistando il campionato di Serie C1), e in Campania a Nola.

Torna, quindi, nella sua regione a Viareggio, prima di militare nelle file dell'Acireale e di concludere la carriera da calciatore con la maglia della Torres di Sassari nel 1995: appende gli scarpini al chiodo dopo aver totalizzato 33 presenze in Serie A, condite da cinque reti, e 118 presenze in Serie B, impreziosite da nove gol.

Mazzarri, quindi, intraprende la carriera di tecnico, inizialmente come secondo di Renzo Ulivieri al Bologna e al Napoli. Divenuto allenatore professionista di prima categoria, viene chiamato alla guida della Primavera del Bologna, per poi debuttare su una panchina semi-professionistica in Serie C2 ad Acireale: con i siciliani conclude il campionato al nono posto. Giunto in Serie C1, ottiene un decimo posto sulla panchina della Pistoiese, prima di essere chiamato, nella stagione 2003-2004, dal Livorno, in Serie B. Walter Mazzarri conduce i labronici alla promozione in Serie A, e l'anno successivo viene chiamato alla guida della Reggina. I campionati sullo Stretto si rivelano di successo: la stagione 2004-2005 viene conclusa al decimo posto, e la stagione successiva termina con un'altra salvezza sofferta.

In seguito a Calciopoli, la Reggina viene penalizzata di quindici punti, e nonostante ciò Mazzarri riesce a salvare la squadra anche nel 2006-2007, con una rincorsa eccezionale conclusasi all'ultima giornata. Nel 2007, l'allenatore toscano, in procinto di ricevere la cittadinanza onoraria da Reggio Calabria, conclude la propria esperienza con gli amaranto e approda alla Sampdoria. La prima stagione con i blucerchiati termina con la qualificazione alla Coppa Uefa, grazie al sesto posto in classifica, giunto anche per merito delle reti di Antonio Cassano. Nonostante la competizione europea, tuttavia, la stagione 2008-2009 si rivela decisamente difficile: la posizione finale in classifica è poco soddisfacente, anche a causa della doppia sconfitta rimediata nei derby contro il Genoa. E così il 31 maggio del 2009 Walter Mazzarri annuncia la fine del rapporto con la Sampdoria.

Dopo un'estate senza panchina, in ottobre il tecnico viene chiamato al posto di Roberto Donadoni sulla panchina del Napoli, sottoscrivendo un contratto di 1.3 milioni di euro a stagione. Con gli azzurri, nella stagione 2009-2010, festeggia anche le 200 panchine in Serie A, il 20 dicembre 2009, in occasione di Napoli-Chievo, ma soprattutto porta gioco e risultati vincenti: il girone di andata si conclude con il Napoli al terzo posto (i partenopei non erano così in alto in classifica da diciotto anni) e la prima sconfitta in campionato si verifica solamente a febbraio, contro l'Udinese, al termine di una striscia di quindici risultati utili consecutivi, fatta di sette pareggi e otto vittorie. Alla fine il Napoli conclude la stagione al sesto posto, a quota 59 punti, validi per la qualificazione all'Europa League.

Dopo aver ricevuto il premio "Eccellenza Napoletana", a maggio del 2010 Walter Mazzarri rinnova il contratto fino al 2013, e inizia a preparare la nuova stagione. Il Napoli è l'unica squadra d'Italia che riesce a superare la fase a gironi dell'Europa League, anche se viene eliminato dal Villarreal al turno successivo. L'annata, comunque, è più che positiva, visto che i campani si qualificano in Champions League in virtù del terzo posto in classifica: il Napoli, così, torna nell'Europa dei grandi a ventuno anni di distanza dall'ultima volta. Dopo aver ricevuto il premio "Timone d'Oro" dalla sezione di Arezzo dell'Associazione Italiana Allenatori, Mazzarri si concentra sulla Champions League che verrà: il Napoli viene inserito nello stesso girone del Manchester City, del Bayern Monaco e del Villarreal. Il primo match, contro il City di Roberto Mancini, si conclude con un pareggio; l'ultima partita del girone, invece, si concretizza in una vittoria ai danni del Villarreal, che vale il passaggio al turno successivo, insieme con il Bayern Monaco. Agli ottavi di finale, però, il Napoli viene eliminato dal Chelsea, nonostante la vittoria per 3 a 1 nella gara d'andata in Italia, con un 4 a 1 dopo i tempi supplementari a Londra: i Blues, poi, vinceranno la Champions League.

Più difficile il percorso in campionato, con gli azzurri che si classificano al quinto posto; la stagione, comunque, viene salvata dalla conquista della Coppa Italia, ai danni della Juventus, che vale anche la qualificazione all'Europa League della stagione successiva. Il 2012-2013 è l'ultima stagione di Walter Mazzarri sulla panchina del Napoli, e si apre con la sconfitta in Supercoppa Italiana contro la stessa Juventus. Eliminato dall'Europa League, il team partenopeo conclude comunque il campionato al secondo posto, alle spalle dei bianconeri, ottenendo nuovamente il passaggio in Champions League.

Mazzarri, dopo aver migliorato il record di punti della squadra, annuncia che la propria esperienza sulla panchina del Napoli si concluderà alla scadenza del contratto: il 24 maggio del 2013 l'Inter di Massimo Moratti ne annuncia l'ingaggio, al posto di Andrea Stramaccioni.

La presidenza dell'Inter passa poi nelle mani dell'indonesiano Erick Thohir: Mazzarri a causa degli scarsi risultati viene esonerato nel mese di novembre del 2014: a sostituirlo viene chiamato il collega Roberto Mancini, già ex allenatore nerazzurro.

11. Biografia di Youssou N'Dour

Prodigi africani
1 ottobre 1959
Tweet

Chi è Youssou N'Dour?


Youssou N’Dour nasce a Dakar in Senegal il giorno 1 ottobre 1959 da un padre meccanico e da una madre che fa la cantastorie. Il suo grande apporto alla musica internazionale è legato allo sviluppo di un genere di musica popolare Senegalese, oggi noto come “mbalax” (si legge “mala”), che crea modernizzando le tradizionali percussioni (“griot”) usate nei canti di preghiera, con arrangiamenti Afro-cubani.

Fin da ragazzino Youssou si esibisce in pubblico in contesti religiosi ed in contesti laici, spesso suonando in concerti improvvisati nei parcheggi fuori dai locali notturni a cui né lui né i suoi amici hanno accesso. Gli viene così affibbiata la fama di bambino prodigio e attira attorno a sé piccole folle di ascoltatori, fan e sostenitori.

Nel 1975 entra a far parte dell’orchestra Star Band di Ibra Kasse iniziando così una lunga esperienza tra le band di Dakar. A 21 anni Youssou, con il musicista El Hadj Fave, crea il suo primo gruppo, gli “Etoile de Dakar”, dove nasce e cresce lo “mbalax”, vale a dire l’ultima evoluzione della musica senegalese. In questo periodo la sua prima hit è la canzone “Xaalis”.

Nel 1979 la musica diventa un impegno sempre più serio tanto che comincia ad uscire dai confini del suo paese grazie anche ai suoi compatrioti emigrati all’estero, che lo sostengono e lo aiutano.

Nel 1981 i due musicisti si separano e Youssou fonda il gruppo “Super Etoile de Dakar”. Con le canzoni “Waalo Waalo”, “Ndakaaru” e “Independence” getta le basi per il suo successo e grazie alla sua voce, alla sua autorità all'interno del gruppo ed il suo carisma crescente che lo portano ad essere il punto di riferimento della musica senegalese in tutto il mondo.

I primi album sono prodotti dall'etichetta Editions Madingo e vengono pubblicati solo su musicassetta. Youssou istituisce la sua immagine di un buon musulmano, non beve, non fuma e, da figlio esemplare, continua a vivere a Medina, il quartiere di Dakar dove è nato e cresciuto.

Nel 1984 partendo da Parigi, comincia il suo primo tour in Europa che lo porta in Germania, Svezia, Finlandia, Norvegia e Svizzera. In Francia contatta l'etichetta discografica Celluloid e comincia a lavorare con loro.

Al rientro in patria i Super Etoile iniziano un tour africano che li porta dalla Mauritania alla Costa d'Avorio riscuotendo un numero sempre maggiore di consensi. Nel 1985 arriva l’incontro con una star internazionale come Peter Gabriel, che invita Youssou N’ Dour a duettare con lui nel brano “In your eyes” (dall’album “So”) e che co-produce la canzone “Shaking the tree”.

Nel 1989 esce il suo primo album internazionale intitolato “The Lion” (Gaïnde in Wolof), prodotto e distribuito dalla Virgin.

Nell'ottobre 1990, in contemporaneità con il suo nuovo tour europeo, esce “Set” il suo secondo album (sempre prodotto dalla Virgin). Ad esso seguono “Eyes Open” (1992), “The Guide” (1994), che contiene la hit “7 seconds” - il celebre duetto con Neneh Cherry che vende 1.500.000 copie - e “Joko” (2000).

Il successo a questo punto è di portata mondiale tanto è che nel 1994, il nuovo album “Wommat” è al vertice delle classifiche europee, portando così la star senegalese alla conquista dei mercati al di fuori dell'Africa. L'album contiene anche due canzoni di Bob Dylan, “Chimes of Freedom” e “Undecided”.

Youssou N’ Dour si dedica a manifestazioni benefiche a livello mondiale che lo portano a viaggiare molto come Ambasciatore dell’UNICEF ma viaggia anche molto per suo interesse personale: attraversa Africa, Spagna, Inghilterra, Francia, Stati Uniti. Oltre a questo ogni anno si occupa dell’organizzazione del “Great African Ball”, un momento di festa e musica che si tiene a Parigi e a New York, in cui hanno luogo performance di artisti senegalesi e naturalmente dei Super Etoile.

Negli ultimi anni l’artista ha aperto il suo studio di registrazione “Xippi” e la sua casa di produzione, la “Jololi”.

Nel 2004 viene pubblicato “Egypt”, mentre nel 2006, N'Dour interpreta la parte dell’abolizionista afro - inglese Olaudah Equiano nel film “Amazing Grace”, che racconta il contributo di William Wilberforce alla fine dell’Impero Britannico in Africa.

Canta la cover della canzone di John Lennon “Jealous guy” per il cd “Istant Karma: The Amnesty International Campaign To Save Darfur”.

Nel 2007 partecipa al progetto “Stock exchange of visions” ed esce conl’album ROKKU MI ROKKA - pensato alla fine degli anni Novanta - che raccoglie le collaborazione dell’artista con altri musicisti.

Nel 2009 partecipa al Festival di Sanremo, accompagnando Pupo e Paolo Belli nella canzone "L’opportunità".

12. Biografia di Davide Oldani

Cucina "pop" d'autore
1 ottobre 1967

Chi è Davide Oldani?


Davide Oldani nasce il 1 ottobre del 1967 a Milano. Dopo aver conseguito il diploma dell'istituto alberghiero, inizia la propria carriera con la guida dei più importanti cuochi del mondo: il primo ad accoglierlo è Gualtiero Marchesi, per il quale lavora negli anni in cui Marchesi è già Marchesi, cioè uno dei personaggi più famosi del Bel Paese, e non solo per questioni gastronomiche. In seguito Oldani si sposta a Londra al "Le Gavroche" di Albert Roux, prima di lavorare a Montecarlo per Alain Ducasse al ristorante "Le Louis XV".

Il giro d'Europa nei piani alti prosegue con una tappa a Parigi, con Pierre Hermè presso "Fauchon"; nel frattempo, il cuoco milanese diventa consulente e Food and Beverage Manager per un gruppo francese, diffondendo la cucina italiana - e in particolare la cucina di Gualtiero Marchesi - in tutto il mondo, specialmente negli Stati Uniti e in Giappone.

Tornato a Milano nel 2003, apre a San Pietro all'Olmo, frazione di Cornaredo - in provincia di Milano - la trattoria "D'O", che riceve immediatamente critiche entusiaste da parte degli addetti ai lavori. Nel corso degli anni, il ristorante si vede assegnare un voto di 16.5 su 20 dalla "Guida Espresso", una forchetta e coltello e una stella dalla "Guida Michelin", tre tempietti su quattro dall'Accademia Italiana della Cucina, la corona radiosa dalla "Guida Critica Golosa Massobrio", due stelle da Veronelli, il punteggio di 80 dal "Gambero Rosso" e due forchette e una medaglia dal "Touring Club".

Ottenuto nel 2008 l'Ambrogino d'Oro, premio consegnato dall'amministrazione comunale di Milano a personalità che si sono particolarmente distinte nel corso dell'anno, pubblica tre libri: "Cuoco andata e ritorno" (nel 2008, per Touring Editore), "La mia cucina pop" (nel 2009, per Rizzoli) e "POP la nuova grande cucina italiana" (nel 2010, sempre per Rizzoli). Testimonial Philips per la Robust Collection e autore del design di numerosi oggetti da tavola per Lavazza e Schonhuber Franchi, Oldani diventa uno degli chef più apprezzati dell'intero panorama internazionale.

Dal punto di vista più prettamente culinario, Oldani ritiene di aver imparato da Roux il modo di lavorare in un locale a tre stelle con duecento coperti ogni giorno, oltre che numerosi segreti sulla cucina francese, e da Ducasse la parte manageriale del mestiere. A Marchesi, invece, deve l'opportunità di essere entrato nella cucina più importante al mondo, mentre con Hermè ha potuto apprezzare la pasticceria francese.

Il piatto emblema della cucina oldaniana è la cipolla caramellata, che si propone di realizzare un equilibrio tra i contrasti croccante e morbido, zuccherato e salato, freddo e caldo. La cucina di Davide Oldani, in effetti, si basa nella maggior parte dei casi su materie prime piuttosto povere, in linea con quella sua tendenza a definirsi "cuoco pop", cioè popolare nel senso più classico della parola.

Una curiosità: non tutti sanno che Davide Oldani, prima di diventare cuoco, ha tentato la carriera di calciatore. Quando aveva sedici anni, infatti, ha militato nella Rhodense, squadra di Rho, in serie C2, prima che un grave infortunio (frattura di perone e tibia) interrompesse i suoi sogni di ragazzo.

Personalità di rilievo nel mondo culturale italiano, lo chef milanese ha tenuto anche lezioni di design presso l'Istituto Europeo di Design, e di filosofia del marketing destrutturato alla Cattolica.

13. Biografia di George Peppard

Fascino ed eleganza
1 ottobre 1928
8 maggio 1994

Chi è George Peppard?


George Peppard nasce il giorno 1 ottobre 1928 a Detroit (Michigan, U.S.A.), da una famiglia benestante: il padre gestisce diversi edifici, mentre la madre è una cantante di opera lirica. Il giovane George deve presto abbandonare i suoi studi superiori in quanto è costretto ad arruolarsi nel corpo dei Marines dove raggiunge il grado di Sergente.

Finito il servizio militare si cimenta in diversi lavori, dal Dj all'impiegato di banca, dal taxista, al meccanico di motociclette. In seguito riprende gli studi frequentando l'univeristà di Purdue, dove consegue una laurea in Belle Arti. Decide poi di spostarsi a New York City per imparare l'arte della recitazione nel mitico Actors Studio.

La sua prima interpretazione è in una radio; poco tempo dopo nel 1949 debutta su un palcoscenico, nel teatro "Pittsburg Playhouse". Nel 1954 sposa Helen Davis, da cui acrà due bambini. Il matrimonio dura dieci anni, poi arriva il divorzio nel 1964. Nel 1966 George Peppard sposa Elizabeth Ashley, che darà alla luce un'altro figlio. Il secondo matrimonio dura sei anni. Nel frattempo Peppard esordisce nel mondo del cinema nel 1955 con il film dal titolo "The U.S. Steel Hour".

Nel 1958 si fa notare a livello mondiale con il film "38° Parallelo Missione Compiuta". Due anni più tardi è protagonista assieme a Robert Mitchum nel film "A casa dopo l'uragano", diretto da Vincente Minelli. Nel 1960 viene scelto come protagonista nel movie-cult "I magnifici sette", nella parte di Vin: George Peppard però rifiuta e viene sostituito da Steve McQueen.

Nel 1961, con il film "Colazione da Tiffany" di Blake Edwards, accanto a Audrey Hepburn, Peppard raggiunge la sua definitiva consacrazione cinematografica. I lavori successivi sono "La conquista del west" (1963), "L'uomo che non sapeva amare" (1964), "Operazione Crossbow" (1965), il film di guerra "La caduta delle aquile" (1966), "Due stelle nella polvere" (1967, con Dean Martin), "Tobruk" (1967).

Nel 1968 Peppard è protagonista in tre pellicole "Il castello di carte" (dove è presente anche il grande attore e regista Orson Welles), "Facce per l'inferno", e la commedia "Una meravigliosa realtà". Nel 1969 si distingue recitando nel lungometraggio-poliziesco "Pendulum" mentre nel 1970 è protagonista nello spy-movie "l'Esecutore".

Nel 1975 la sua terza moglie è Sherry Boucher, ma nel 1979 dopo quattro anni di matrimonio divorziano.

Nel 1978, dirige, produce e interpreta come attore protagonista, il film dal titolo "Cinque giorni ancora": il clamoroso flop che ne consegue fa precipitare l'attore in una profonda crisi che trova rifugio nell'alcol. Dopo qualche altro lavoro e diversi alti e bassi dovuti al problema dell'alcol, nel 1983 riesce a disintossicarsi e risollevarsi, recitando in una serie di telefilm - cult degli anni '80 - dal titolo "A -Team". George Peppard è il Colonnello John "Hannibal" Smith, anziano protagonista e capo della squadra. La serie riscuote molto successo negli Stati Uniti ma anche all'estero, arrivando a durare cinque stagioni (dal 1983 al 1987).

Nel 2010 arriva sul grande schermo l'adattamento cinematografico della serie tv "A-Team": ambientato nel presente, con i protagonisti operanti in Iraq anziché in Vietnam, è Liam Neeson ad interpretare il ruolo del colonnello John "Hannibal" Smith che fu di George Peppard.

Nel 1984 George Peppard si sposa per la quarta volta: la nuova moglie è la bellissima Alexis Adams. Il matrimonio dura solo due anni.

Già ammalato di cancro sposa Laura Taylor, la quale gli starà accanto fino al giorno della morte, avvenuta a Los Angeles il giorno 8 maggio 1994, a causa di una polmonite.

14. Biografia di Santa Rita da Cascia

Con l'eroica forza dello spirito
1 ottobre 1381
22 maggio 1457

Chi è Santa Rita da Cascia?


Santa Rita nacque intorno l'anno 1381, probabilmente nel mese di ottobre, e morì il 22 maggio 1457. L'anno di nascita e la data di morte vennero accettate ufficialmente da papa Leone XIII quando la proclamò Santa il 24 maggio 1900.

Margherita nasce a Roccaporena, a pochi chilometri da Cascia (PG), figlia unica di Antonio Lotti e Amata Ferri.

I genitori, pacieri di Cristo nelle lotte politiche e familiari fra guelfi e ghibellini, diedero a Rita una buona educazione, insegnandole a scrivere e leggere.

Già dalla tenera età Margherita era desiderosa di intraprendere il cammino che l'avrebbe portata verso la consacrazione a Dio, ma gli anziani genitori prima di morire, insistettero per vedere accasata la loro unica figlia. Mite e obbediente, Rita non volle contrariare i genitori e a soli sedici anni andò in sposa a Paolo di Ferdinando Mancini, giovane ben disposto, ma di carattere irruento. L'indole rissosa di Paolo non impedì a Rita, con ardente e tenero amore di sposa, di aiutarlo a cambiare.

Ben presto nacquero i gemelli Giacomo Antonio e Paola Maria. Con una vita semplice, ricca di preghiera e di virtù, tutta dedita alla famiglia, Rita aiutò il marito a convertirsi e a condurre una vita onesta e laboriosa. Questo fu forse il periodo più bello della vita di Rita, ma fu attraversato e spezzato da un tragico evento: l'assassinio del marito, avvenuto in piena notte, presso il mulino di Remolida da Poggiodomo nella valle, sotto le balze di Collegiacone. Le ultime parole di Paolo, vittima dell'odio tra le fazioni, furono parole d'amore verso Rita e i suoi figli.

Rita fu capace di una sconfinata pietà, coerente con il Vangelo di Dio cui era devota, perdonando pienamente chi le stava procurando tanto dolore. Al contrario i figli, influenzati dall'ambiente circostante, erano propensi e tentati dal desiderio di vendetta. I sentimenti di perdono e di mitezza di Rita non riuscivano a persuadere i ragazzi. Allora Rita arrivò a pregare Dio per la morte dei figli, piuttosto che saperli macchiati del sangue fraterno: entrambi morirono di malattia in giovane età, a meno di un anno di distanza dalla morte del padre.

Rita ormai sola, e con il cuore straziato da tanto dolore, si adoperò a opere di misericordia e, soprattutto, a gesti di pacificazione della parentela verso gli uccisori del marito, condizione necessaria per essere ammessa in monastero, a coronazione del grande desiderio che Rita serbava in cuore sin da fanciulla. Per ben tre volte bussò alla porta del Monastero Agostiniano di santa Maria Maddalena a Cascia, ma solo nel 1417 fu accolta in quel luogo, ove visse per quarant'anni, servendo Dio ed il prossimo con una generosità gioiosa e attenta ai drammi del suo ambiente e della Chiesa del suo tempo.

La sera di un Venerdì Santo, dopo la tradizionale processione del Cristo Morto, avvenne un prodigio che durò per tutti i suoi ultimi quindici anni di vita: Rita ricevette sulla fronte la stigmate di una delle spine di Cristo, completando così nella sua carne i patimenti di Gesù. Rita ne sopportò il dolore con gioiosa ed eroica forza. Salvo una breve parentesi, in occasione della visita a Roma per acquistare le indulgenze romane, la ferita rimase aperta sulla fronte di Rita fino al termine della sua vita terrena. Morì beata il giorno di sabato 22 maggio 1457.

Fu venerata come Santa subito dopo la sua morte come è attestato dal sarcofago ligneo e dal Codex Miraculorum, documenti risalenti all'anno della morte.

Dal 18 maggio 1947 le ossa di Santa Rita da Cascia riposano nel Santuario, nell'urna di argento di cristallo eseguita nel 1930.

Ricognizioni mediche effettuate in epoca recente hanno affermato che sulla fronte, a sinistra, vi sono tracce di una piaga ossea aperta (osteomielite). Il piede destro ha segni di una malattia sofferta negli ultimi anni, forse una sciatalgia, mentre la sua statura era di 157 centimetri. Il viso, le mani ed i piedi sono mummificati, mentre sotto l'abito di suora agostiniana si trova l'intero scheletro.

15. Biografia di Shlomo Venezia

Testimone del tempo oscuro degli uomini
29 dicembre 1923
1 ottobre 2012

Chi è Shlomo Venezia?


Shlomo Venezia nasce a Salonicco (Grecia) il 29 dicembre 1923. Cittadino italiano di origine ebraica, è un testimone deportato ad Auschwitz dai nazisti. E' uno dei pochissimi sopravvissuti nel mondo - è l'unico in Italia - ad essere appartenuto durante la propria prigionia a particolari unità speciali destinate alla cremazione dei corpi dei deportati, uccisi nelle camere a gas del campo di concentramento polacco.

Come racconta egli stesso nel suo libro di memorie "Sonderkommando Auschwitz" (2007), le squadre venivano periodicamente uccise proprio per mantenere segreto ciò che avveniva.

Shlomo Venezia viene arrestato con la famiglia a Salonicco nel mese di aprile del 1944 e deportato presso il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, uno dei tre campi principali che componevano il complesso di Auschwitz. Durante la selezione operata dai medici nazisti per individuare i deportati considerati abili al lavoro - quelli considerati inutili venivano subito inviati alle camere a gas - Shlomo Venezia si salva insieme a due cugini e al solo fratello.

Dopo essere stato sottoposto a rasatura, doccia, tatuazione di un numero identificativo (sull'avambraccio sinistro) e vestizione, viene rinchiuso in una sezione isolata del campo dedicata alla quarantena dei nuovi arrivati. Considerate la sua robusta costituzione e le buone condizioni fisiche, dopo soli venti giorni Venezia viene assegnato al Sonderkommando di uno dei forni crematori.

Lo scrittore Primo Levi, anch'egli deportato presso Auschwitz, noto autore del libro "Se questo è un uomo", ebbe modo di affermare che l'istituzione di queste squadre speciali rappresentò il più grave crimine del nazionalsocialismo, perché i nazisti cercarono attraverso il Sonderkommando di condividere e scaricare il crimine sulle vittime stesse.

Dopo la liberazione Shlomo Venezia diviene uno tra i più importanti portavoce di questi fatti. Ospite in trasmissioni tv, invitato in conferenze nelle scuole, nelle manifestazioni a ricordo della Shoah, Venezia rivolge oggi il suo interesse all'educazione dei giovani, perchè non dimentichino, e perchè siano portavoci futuri dell'immane tragedia che è stata l'Olocausto.

Shlomo Venezia muore a Roma il giorno 1 ottobre 2012 all'età di 88 anni.

Contenuto Consigliato