Biografie di personaggi famosi e storici nato il 7 ottobre


Biografie di personaggi famosi e storici

Biografie di personaggi famosi nella storia e celebrità nate il 7 ottobre

Sommario:

1. Pierangelo Bertoli
2. Niels Bohr
3. Canaletto
4. Bernardo Caprotti
5. Augusto Daolio
6. Lapo Elkann
7. Natalia Ginzburg
8. Heinrich Himmler
9. Mario Lanza
10. Federico Pizzarotti
11. Edgar Allan Poe
12. Anna Politkovskaja
13. Vladimir Putin
14. Mimmo Rotella
15. Desmond Tutu

1. Biografia di Pierangelo Bertoli

A muso duro
5 novembre 1942
7 ottobre 2002

Chi è Pierangelo Bertoli?


Il cantautore emiliano Pierangelo Bertoli nasce a Sassuolo, in provincia di Modena, il 5 novembre 1942. Affetto da un grave handicap che lo costringerà tutta la vita su una sedia a rotelle, esordisce discograficamente nel 1976 con il 33 giri "Eppure soffia". Il 1977 lo vede pubblicare "Il centro del fiume" e l'anno successivo una raccolta di canzoni in dialetto, "S'at ven in ment". Con "A muso duro", nel 1979, Bertoli realizza il suo primo manifesto poetico, ma è "Certi momenti", nel 1981, a portarlo in classifica, grazie anche al successo radiofonico di "Pescatore", un brano cantato in duetto con Fiorella Mannoia.

Nel 1986 celebra i dieci anni di carriera con "Studio & Live", un doppio album antologico registrato per metà in studio e per metà in concerto. Nel 1987 nasce il progetto dell'album "Canzoni d'autore" un omaggio a cantautori vecchi e nuovi della scena italiana. "Tra me e me", nel 1988, e "Sedia elettrica", nel 1989, chiudono simbolicamente un periodo artistico, insieme allo spot televisivo "Lega per l'emancipazione dell'handicappato", a cui Bertoli partecipa come attore, che vince il Telegatto di Tv Sorrisi e Canzoni.

Il 1990 lo vede pubblicare l'album "Oracoli", che costituisce a suo modo un momento di partenza, e il cui singolo "Chiama piano", è cantato in duetto con Fabio Concato. Il 1991 si apre per Bertoli con una decisione coraggiosa: quella di prendere parte al Festival di Sanremo (vi è poi tornato anche nel 1992), una manifestazione per molti versi lontanissima dalla linea ideologica ed artistica che ha sempre guidato l'attività del cantautore, contrario alla progressiva esaltazione degli aspetti edonistici che la musica commerciale andava sempre più assumendo.

In quest'occasione, invece, l'obiettivo di Bertoli è ben preciso: far conoscere dal palcoscenico più popolare della canzone italiana un brano inusuale e suggestivo, "Disamparados (Spunta la luna dal monte)", presentandolo insieme al gruppo sardo dei Tazenda, in un'ottica di recupero delle tradizioni folcloristiche ed etniche in un momento in cui questo tipo di discorso artistico non era ancora diventato banalmente di moda. Quasi a sorpresa, arrivano un lusinghiero piazzamento nella classifica finale e il grande successo di classifica. "Spunta la luna dal monte" intitola poi un album che raccoglie il meglio della produzione recente del musicista di Sassuolo e che è uno degli album più venduti della musica italiana, tanto da ricevere il disco di platino.

Tra gli altri suoi successi "Sera di Gallipoli" e "Per dirti t'amo" (1976), "Maddalena" (1984) e "Una strada" (1989).

Il cantante e autore emiliano contribuisce anche al lancio del conterraneo Luciano Ligabue, che spesso lo ricorderà nei suoi concerti.

Poco prima di morire (il 7 ottobre del 2002), Pierangelo Bertoli era ricoverato nel Policlinico della sua città, dove si era sottoposto ad un periodo di cure. Sposato con la moglie Bruna, una donna straordinaria che lo ha sempre sostenuto e guidato, ha avuto tre figli, Emiliano, Petra (alla cui nascita Bertoli aveva dedicato una canzone col suo nome) e Alberto, anche lui cantante.

Molto legato alla sua terra (il fratello gestisce un famoso ristorante a Sestola, sull'Appennino) era spesso impegnato in iniziative di solidarietà e beneficenza (aveva cantato anche per i detenuti del carcere di Sant'Anna a Modena e nella città estense nel giugno precedente aveva partecipato al Festival della canzone dialettale esibendosi in diversi brani in modenese). Tra i suoi amici più cari c'era padre Sebastiano Bernardini, il cappuccino vicino alla Nazionale cantanti.

Tra le sue ultime apparizioni quella in primavera per il programma di Rete 4 "La domenica del villaggio" assieme a Caterina Caselli, anche lei sassolese. Con gli altri artisti della cittadina, conosciuta come la capitale della piastrella in ceramica, aveva anche pubblicato un libro e un disco. Aveva fama di essere un uomo duro e scontroso, invece era solo un cantante sensibile che concedeva poco al vittimismo e molto al rigore delle scelte esistenziali. Combattivo e battagliero, incapace di qualunque ipocrisia, ed era per questo spesso descritto nei suoi atteggiamenti con il titolo di una delle sue canzoni più celebri, "A muso duro".

2. Biografia di Niels Bohr

Quanti modelli atomici
7 ottobre 1885
18 novembre 1962

Chi è Niels Bohr?


Niels Henrik David Bohr nasce a Copenaghen il 7 ottobre 1885. Il futuro fisico, studia presso l'università di Copenaghen, dove il padre gestisce la cattedra di fisiologia (e dove in seguito il fratello Harald diventerà ordinario di Matematica). Si laurea nel 1909, quindi completa il dottorato con una tesi sulle teorie del passaggio delle particelle attraverso la materia.

Nello stesso anno si reca presso l'università di Cambridge per studiare fisica nucleare nel famoso Cavendish Laboratory, diretto da J. J. Thompson, ma a causa di forti divergenze teoriche con quest'ultimo, passa ben presto a Manchester dove inizia a lavorare con Rutherford, concentrandosi principalmente sull'attività degli elementi radioattivi.

Nel 1913 presenta la prima bozza del "suo" modello atomico, che si basa sulle scoperte di Max Planck per ciò che riguarda il "quanto d'azione", offrendo un contributo decisivo allo sviluppo della meccanica quantistica, il tutto spinto anche dalla scoperta del suo "mentore" Rutherford, il nucleo atomico.

Nel 1916 Bohr viene chiamato all'università di Copenaghen come professore di fisica, e nel 1921 diviene direttore dell'Istituto di Fisica Teorica (del quale rimarrà a capo fino alla sua morte), compiendo importanti studi sui fondamenti della meccanica quantistica, studiando la composizione dei nuclei, la loro aggregazione e la disintegrazione, riuscendo così a giustificare anche i processi di transizione.

Nel 1922 gli viene assegnato il premio Nobel per la fisica, in riconoscimento del lavoro compiuto nel campo della fisica quantistica; nello stesso periodo fornisce anche la sua rappresentazione del nucleo atomico, rappresentandolo con la forma di una goccia: da qui il nome della teoria della "Liquid droplet".

Quando nel 1939 la Danimarca viene occupata dai nazisti, si rifugia in Svezia per evitare l'arresto dal parte della polizia tedesca, passando quindi in Inghilterra, per stabilirsi infine negli Stati Uniti, ove risiede per circa due anni, seguendo lo stesso iter di scienziati quali Fermi, Einstein ed altri. Qui collabora al Progetto Manhattan, finalizzato alla realizzazione della bomba atomica, fino all'esplosione del primo esemplare, nel 1945.

Terminata la guerra, Bohr torna a insegnare all'università di Copenaghen, dove si impegna per promuovere lo sfruttamento pacifico dell'energia atomica e la riduzione dell'uso di armi con potenziale atomico.

È tra i fondatori del CERN, oltre ad essere il presidente della Reale accademia delle scienze danese.

Alla sua morte, avvenuta il 18 novembre 1962, il corpo viene sepolto nella Assistens Kirkegard nella zona di Norrebro a Copenhagen. A suo nome è presente un elemento della tabella chimica di Mendeleev, il Bohrium, presente tra gli elementi transuranici con il numero atomico 107.

3. Biografia di Canaletto

7 ottobre 1697
19 aprile 1768

Chi è Canaletto?


Giovanni Antonio Canal, conosciuto come il Canaletto, è il pittore che ha saputo dare al Vedutismo un taglio internazionale tanto da essere apprezzato in tutto il mondo. Il soprannome "Canaletto" si trova dal 1726 nelle lettere, ma è dal 1740 che lo utilizza definitivamente.

Canaletto nasce a Venezia il 17 ottobre 1697 nella parrocchia di San Lio da una famiglia della borghesia veneziana. Il padre Bernardo ha un'atelier di pittura di scenografie teatrali. Proprio qui insieme al fratello Cristoforo apprende le nozioni e impara a dipingere decorazioni sceniche per gli allestimenti di opere teatrali a Venezia. Canaletto nel biennio 1718-1720, assieme al padre e al fratello, si trasferisce a Roma per realizzare le scene di due drammi di Alessandro Scarlatti.

Questo viaggio è importante perché entra in contatto con il Vedutismo: Viviano Codazzi e Giovanni Ghisolfi con la pittura di rovine, Sweerts, Van Lear, Miel, Cequozzi, Giovanni Paolo Panini con le vedute fantastiche delle antichità romane e Gaspar Van Wittel per il vedutismo olandese. Ritornato a Venezia, Canaletto prende relazioni con i vedutisti della città quali Luca Carlevarijs e Marco Rossi iniziando a dipingere a tempo pieno.

Tra il 1722 e il 1723 lavora per il futuro console e mecenate inglese Joseph Smith con lavori che vanno a impreziosire le residenze inglesi. Nel periodo 1725-1726 è ingaggiato dall'impresario irlandese Owen McSwiney. Da qui in avanti il contatto con il mondo anglosassone è fondamentale per Canaletto sia per la direzione rococò nell'ambiente artistico veneziano, sia per il nuovo mercato.

Negli anni trenta i primi mediatori con la Gran Bretagna McSwiney e Anton Maria Zanetti il Vecchio sono sostituiti da Joseph Smith in modo esclusivo. I soggetti dipinti passano dalle vedute di San Marco, Rialto Canal Grande a capricci con rovine, vedute collinari e romane. Dal 1740 per la guerra di successione austriaca il mercato di Canaletto si riduce a causa del mancato arrivo dei visitatori inglesi, perciò nel 1746 decide di recarsi a Londra con una lettera di presentazione per il Duca di Richmond, già cliente del Maestro. Sono però due annunci nel Daily Adversiter a dissipare l'iniziale diffidenza.

Passata questa fase sono molti nobili che richiedono nuove commissioni al Canaletto. I soggetti diventano quelli dei castelli, dei palazzi, delle campagne e delle scene urbane. Il soggiorno inglese dopo due brevi ritorni in patria si conclude nel 1755 con il ritorno definitivo a Venezia.

Gli ultimi anni sono coronati dalla commissione del mercante tedesco Sigismund Streit. Il soggetto che caratterizza questa fase è il capriccio. Nel 1763 Canaletto è ammesso all'Accademia veneziana di pittura e scultura. Muore nella sua casa in corte Perina vicino alla chiesa di San Lio la sera del 19 aprile 1768.

4. Biografia di Bernardo Caprotti

Carrelli d'Italia
7 ottobre 1925

Chi è Bernardo Caprotti?


Bernardo Caprotti nasce a Milano il 7 ottobre del 1925. Facoltoso imprenditore italiano, il suo nome è legato al celebre marchio Esselunga, la catena di supermercati nazionali fiorita in pieno boom economico, negli anni '50, con stabilimenti in gran parte del centro e del nord Italia.

Le sue origini sono quelle della ricca borghesia lombarda: la famiglia Caprotti fa parte di un gruppo di industriali impegnati nel settore tessile, specialmente nel cotone. Il giovane Bernardo consegue con buoni risultati prima la maturità classica e poi, all'Università Statale di Milano, la laurea in Legge.

Nel 1951 suo padre decide di mandarlo negli Stati Uniti, con il fine di fargli recepire quegli aggiornamenti tecnici e manageriali che, al ritorno, avrebbero potuto giovare all'industria di famiglia. In questo periodo è ancora il tessile, il versante lavorativo nel quale viene coinvolto il futuro imprenditore.

In America, Bernardo Caprotti lavora sodo, dandosi da fare nelle catene di montaggio di carde, nei filatoi continui ad anello, profondendo le proprie conoscenze dei telai e, anche, della cosiddetta "borsa cotoni" di Wall Street. Le sue acquisizioni, in questo periodo trascorso in Usa, vanno dalle competenze legate alla montatura meccanica dei tessuti, con tutti i macchinari del caso, sino agli aspetti finanziari legati all'impresa del tessile, come testimonia l'esperienza a Wall Street.

Agli inizi del 1952, dopo circa un anno passato oltreoceano, comincia a lavorare nell'industria manifatturiera di famiglia, che in quegli anni ha nome "Manifattura Caprotti". Nell'estate dello stesso anno però il giovane rampante Bernardo deve prendere in mano l'intero lavoro, perché il padre viene improvvisamente a mancare. Così, avvalendosi anche dell'aiuto dei suoi fratelli, assume la direzione dell'azienda cotoniera di famiglia.

Dopo cinque anni, nel 1957, il gruppo Rockefeller propone alla famiglia Caprotti di entrare in una join venture nella nascente fondazione della Supermarkets Italiani Spa: la futura Esselunga. È in pratica la prima catena di supermercati "all'americana" che nasce nella penisola.

Bernardo Caprotti intuisce i vantaggi dell'operazione, soprattutto in prospettiva futura, ed entra nell'affare proposto da Nelson Rockefeller. Da principio, occupandosi ancora e molto dell'industria di manifatture di famiglia, l'imprenditore entra con una quota del 18%, in rappresentanza di ciascuno dei fratelli Caprotti, ossia Bernardo, Guido e Claudio. Con loro, fanno parte dell'operazione alcune delle famiglie più in vista di Milano e della Lombardia, come i Crespi, con il 16%, e l'imprenditore Marco Brunelli, che ne controlla il 10%.

In realtà, tutto sarebbe nato quasi per caso e si dovrebbe ad un'intuizione di Guido Caprotti e dello stesso Brunelli, amici ed entrambi in vacanza, nel 1957, nella località di Saint Moritz. Nei saloni dell'hotel Palace i due avrebbero ascoltato i fratelli Brustio, altra famiglia in vista dell'alta borghesia lombarda, per giunta dirigenti del gruppo "La Rinascente", discutere sull'eventualità di una catena di supermercati italiani in procinto di nascere per iniziativa del magnate americano Rockefeller. Solo alcuni mesi dopo, a seguito di alcuni attriti sopraggiunti, i Caprotti decidono di sostituire i Brustio nell'affare Supermarkets Italia.

L'inaugurazione del primo punto vendita risale al 27 novembre del 1957 in una ex-officina di viale Regina Giovanna, a Milano. Il pubblicitario Max Huber, pone una "S" con la parte superiore allungata che arriva fino alla fine della scritta "Supermarket", con cui nasce l'avventura commerciale lanciata da Nelson Rockefeller.

Agli inizi degli anni '60 imperversa una campagna pubblicitaria che recita "Esse lunga, prezzi corti". Caprotti e sodali capiscono che bisogna andare incontro all'immaginario diffuso e che ormai, la loro catena, è nota soprattutto con questo nome. Così, dopo una ristrutturazione aziendale, la società smette di essere "Supermarkets Italia" e diventa ufficialmente "Esselunga".

Parallelamente poi, Bernardo Caprotti, curando gli interessi della sua famiglia, compra da Rockfeller il 51% della società, che di fatto diventa italiana a tutti gli effetti. Il costo dell'operazione è di 4 milioni di dollari e vede tutti e tre i fratelli Caprotti impegnati, anche se è Bernardo ad occuparsi delle questioni principali.

Il 9 febbraio del 1961 viene aperto anche il primo punto vendita in Toscana, a Firenze, in via Milanesi. Entro il 1965 l'imprenditore milanese ne assume la piena direzione, alla guida di una catena che conta già quindici supermercati, sparsi tra Milano (10) e Firenze (5). È l'inizio di un'avventura commerciale che porta il marchio Esselunga in tutte le regioni del nord Italia, oltre che in molte località del Centro.

Nel 1989, sul modello americano, Esselunga inaugura il suo primo "Superstore", nella città di Firenze, in via di Novoli. Due anni dopo, apre anche il primo centro commerciale, a Marlia, in provincia di Lucca. Intanto, il gruppo apre la sua prima profumeria, che successivamente diventerà una catena a parte: "Olimpia Beauté".

In quarant'anni di lavoro e investimenti, alla fine del 2006, la società guidata da Caprotti arriva a gestire 132 supermercati, con circa 17.000 dipendenti ed un fatturato intorno ai 5 miliardi di Euro.

Caprotti investe nelle novità, più di ogni altro imprenditore italiano. Dà vita, nel 1994, ad una "fidelity card", una delle prime a livello nazionale. Inoltre Esselunga comincia a porre il marchio su alcuni prodotti specifici.

Negli anni '90 però anche l'imprenditore milanese viene coinvolto in "Tangentopoli". Nel 1996 infatti, Bernardo Caprotti deve patteggiare nove mesi di condanna, a causa di vari illeciti.

Nel 2003 Esselunga apre il primo bar del gruppo, con marchio "Bar Atlantic". Nel 2004 il figlio di Bernardo, Giuseppe Caprotti, cui va il merito di aver lanciato il gruppo nel biologico, viene estromesso dall'azienda.

Il 21 settembre del 2007, a Milano, Bernardo Caprotti presenta il suo libro, dal titolo "Falce e carrello". Tre anni dopo, nel 2010, riceve una laurea ad honorem in architettura, all'università La Sapienza di Roma. Il 16 settembre del 2011 però, a seguito di una disputa giudiziaria durata alcuni anni, Esselunga viene condannata dal Tribunale di Milano: la causa sono le gravi accuse inserite nel libro citato, nel quale l'imprenditore milanese sostiene di aver incontrato difficoltà a penetrare col suo marchio nelle cosiddette regioni "rosse", vicine invece alla "Coop". Il risarcimento che Esselunga deve pagare per concorrenza sleale è di 300.000 euro, oltre al ritiro della pubblicazione dal mercato.

5. Biografia di Augusto Daolio

Eterno vagabondo
18 febbraio 1947
7 ottobre 1992

Chi è Augusto Daolio?


Mezza Italia ancora canta a squarciagola le sue canzoni, dirette ed immediate, malinconiche ma senza fronzoli esattamente com'era lui. Con la scomparsa di Augusto Daolio avvenuta tragicamente per una forma aggressiva di cancro allo stomaco, sembrava che nel gorgo sarebbe finito anche il suo gruppo, i Nomadi. Fortunatamente gli altri componenti della band hanno saputo reagire, e i Nomadi sono ancora oggi protagonisti del panorama italiano con le loro stupende canzoni.

Augusto Daolio nasce a Novellara (Reggio Emilia) il 18 febbraio 1947. La sua avventura nel mondo della musica comincia da adolescente e già da subito con il gruppo 'Nomadi': il complesso sarà destinato a diventare una band culto nella storia della musica leggera italiana.

La personalità tenera e al tempo stesso debordante di Augusto segna nel profondo il destino dei Nomadi. La sua voce unica, leggermente nasale ma capace di mille inflessioni, il suo modo di stare sul palco, la sua capacità di trascinare il pubblico, ne fanno fin da subito una sorta di bandiera, nonchè il simbolo e l'anima del complesso.

Anche la sua vena creativa non è seconda a nessuno. Autore di testi bellissimi, poi diventati capisaldi del vasto repertorio dei Nomadi, i suoi inni, le sue invenzioni poetiche sono fondamentali per tanti giovani degli anni '60 e '70.

L'attività artistica di Daolio non si esprime nella musica. Riversa la sua straripante voglia di vivere anche nella pittura e nella scultura, con risultati per nulla disprezzabili. La sua mano è guidata da una grande fantasia che lo porta alla ricerca di un modo e di uno stile assolutamente magici.

La sua compagna di sempre è Rosanna Fantuzzi che dopo la morte del vantante fonderà l'Associazione "Augusto per la vita".

Il rapporto con il suo pubblico è stato sempre stupendo. Augusto non si è mai considerato un grande "divo", amava stare con la gente comune, con i fans, o meglio, gli amici che accorrevano numerosi ai vari concerti. Una delle sue doti principali era proprio la semplicità.

Anche nelle ultime fasi della sua malattia, continuava ad avere quella forza, quella caparbietà che lo aveva reso quel grande uomo che era.

Augusto Daolio è scomparso il 7 ottobre 1992.

Il 13 marzo 1993, dopo il grande dolore, la band ha ripreso la sua attività.

A tenere alta la bandiera dei Nomadi, e implicitamente quella di Augusto, sono poi entrati a far parte del gruppo Danilo Sacco (voce e chitarra) e Francesco Gualerzi (voce e strumenti vari).

6. Biografia di Lapo Elkann

Brand o non-brand
7 ottobre 1977

Chi è Lapo Elkann?


Lapo Edovard Elkann nasce a New York il giorno 7 ottobre 1977. Figlio di Margherita Agnelli e del giornalista Alain Elkann, è fratello di John e Ginevra, nipoti dell'industriale Gianni Agnelli e quindi eredi della famiglia Agnelli a cui fa capo la Fiat.

Studia al liceo francese Victor Duruy e relazioni internazionali a Londra, quindi come è tradizione nell'educazione dei rampolli della famiglia Agnelli, nel 1994 svolge la prima esperienza di lavoro come operaio metalmeccanico nella fabbrica della Piaggio sotto falso nome: Lapo Rossi. Durante questa esperienza partecipa anche a uno sciopero, che chiedeva migliori condizioni di lavoro, a causa dell'eccessivo calore che si soffriva alla catena di montaggio. Appassionato di nuove tecnologie e lingue, negli anni impara a parlare correntemente italiano, francese, inglese, portoghese e spagnolo.

Lapo lavora poi in Ferrari e nell'ufficio marketing della Maserati dove trascorre quattro anni e mezzo facendo importanti esperienze nel settore della comunicazione strategica. Nel 2001, dopo i fatti dell'11 settembre, ha modo di lavorare per un anno come assistente personale di Henry Kissinger, vecchio amico del nonno. Nel 2002 le condizioni di salute dell'Avvocato peggiorano e Lapo, a lui fortemente legato, decide di tornare in Italia per stargli vicino. Tra i due vi è un evidente rapporto molto speciale: grande affetto, complicità e stima, dimostrano come Gianni Agnelli vedesse nella creatività, nell'originalità e nella curiosità del nipote molta parte della sua elegante ma estrosa personalità.

Gianni Agnelli muore all'inizio del 2003 lasciando alla guida della Fiat il giovane John Elkann - detto Jaki - di Lapo fratello maggiore e di lui meno bizzarro ed estroso. Lapo consolida il suo ruolo in Fiat chiedendo espressamente di potersi occupare della brand promotion e della comunicazione. E' Lapo il primo a capire che il marchio Fiat soffre di un enorme problema di comunicazione, soprattutto nel rapporto con i giovani. Lapo ha un'intuizione vincente. Rilancia l'immagine dell'intera Fiat in Italia e all'estero attraverso gadget di diverso tipo, come ad esempio la felpa con il marchio della casa automobilistica, da lui promossa e indossata pubblicamente in prima persona. Il suo impegno e missione, quasi un'ossessione, danno ottimi risultati.

Dal 2004 diventa responsabile Brand promotion per tutti e tre i marchi del Lingotto: Fiat, Alfa Romeo e Lancia.

Oltre all'intuito manageriale, grande popolarità arriva dalla cronaca rosa per la sua relazione sentimentale con l'attrice Martina Stella, poi terminata. Il carattere moderno e irriverente di Lapo ha modo di rivelarsi spesso e in diverse dichiarazioni: la tv, i media, come le parodie e le critiche contribuiscono a creare un personaggio mediatico.

Poi Lapo precipita in quello che sembra essere un baratro, divenendo protagonista di un fatto che suscita molto scalpore: il giorno 11 ottobre 2005 viene ricoverato nel reparto di rianimazione dell'ospedale Mauriziano di Torino, in seguito ad una overdose da mix di oppio, eroina e cocaina. Lapo viene trovato in coma dopo una notte brava passata con quattro transessuali. Una di loro, Donato Broco (conosciuto nel mondo della prostituzione come "Patrizia"), avrebbe poi dichiarato al Corriere della Sera che quella notte Lapo aveva cercato compagnia a casa sua, come pare fosse abitudine.

Per lasciarsi dietro le spalle tutti i pesanti strascichi di questa vicenda, dimesso dall'ospedale, Lapo si trasferisce in Arizona, negli Stati Uniti, dove inizia una terapia, seguita da un periodo di convalescenza nella residenza di famiglia a Miami (in Florida).

Tornato in Italia con il morale ricostruito, vuole dimostrare la sua nuova energia e il suo talento: dà vita ad "Italia Independent" una nuova società specializzata nella produzione e vendita di accessori e abbigliamento. Nella presentazione del nuovo marchio "I - I" (che in inglese suona come "eye-eye"), sottolinea quanto sia per lui fondamentale l'attenzione posta sul lancio del concetto del "non-brand", riferito alla possibilità offerta al consumatore di personalizzare completamente il prodotto da acquistare. Il suo primo prodotto realizzato e presentato alla fiera Pitti Uomo 2007 sono un tipo di occhiali da sole in fibra di carbonio. Nei primi tre anni dopo gli occhiali ci saranno un orologio, dei gioielli, poi una bicicletta, degli skateboard e oggetti per viaggiatori; tutti oggetti che puntano soprattutto all'utilizzo di materiali innovativi.

Alla fine di ottobre 2007 Lapo Elkann è divenuto Presidente della società italiana di volley di Serie A1 Sparkling Milano; l'avventurà è poi terminata nel giugno 2008 quando è stato ceduto il titolo sportivo alla Società Pallavolo Pineto (Teramo).

7. Biografia di Natalia Ginzburg

Raccontare il dolore
14 luglio 1916
7 ottobre 1991

Chi è Natalia Ginzburg?


Natalia Ginzburg (nata con il nome Natalia Levi) nasce a Palermo il 14 luglio 1916. Il padre è il celebre scienziato ebreo Giuseppe Levi e la madre è la milanese Lidia Tanzi. Il padre, oltre a essere un grande scienziato (tra i suoi allievi illustri ricordiamo Rita Levi-Montalcini), è anche un professore universitario che condivide gli ideali antifascisti. Per la loro opposizione al regime fascista, Giuseppe Levi e i suoi tre figli maschi, vengono arrestati e processati.

Natalia quindi trascorre la sua infanzia in un'epoca difficile, la quale è caratterizzata dall'affermazione del regime fascista al potere e dall'emarginazione della popolazione ebraica. La giovane cresce in un ambiente culturale e intellettuale antifascista e si abitua presto ai continui controlli che la polizia fascista effettua nella sua abitazione. In tenera età assiste dunque anche all'arresto del padre e dei suoi fratelli.

Nell'infanzia viene istruita a casa, ricevendo un'educazione elementare attraverso delle lezioni private. In età adolescenziale frequenta il liceo classico e, dopo aver finito gli studi, segue dei corsi di letteratura universitaria, che presto però abbandona. All'età di diciotto anni, non avendo portato a termine gli studi accademici, inizia a dedicarsi alla sua attività letteraria, scrivendo il racconto "I bambini", che viene pubblicato nel 1933 nella rivista Solaria. Quattro anni dopo traduce anche l'opera francese di Marcel Proust, "La ricerca del tempo perduto".

Nel 1938 si unisce in matrimonio con l'intellettuale Leone Ginzburg. Dal loro matrimonio nascono tre figli: Andrea, Alessandra e Carlo. In questi anni stringe buoni rapporti d'amicizia con molti esponenti dell'antifascismo torinese e ha forti legami con la casa editrice piemontese Einaudi, di cui il marito è il cofondatore; questi, con Einaudi, pubblica numerose sue opere di letteratura russa, materia che insegna in qualità di docente universitario.

Due anni dopo il marito viene condannato all'esilio per motivi politici e razziali, per cui Natalia e i figli lo seguono a Pizzoli, in Abruzzo. In questo periodo la scrittrice realizza un nuovo testo con lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte intitolato "La strada che va in città".

Il loro trasferimento forzato finisce nel 1943. L'anno dopo Leone Ginzburg viene nuovamente arrestato per editoria clandestina, attività portata avanti insieme alla moglie, e imprigionato nel carcere romano di Regina Coeli. Dopo aver subito continue e atroci torture, Leone muore nello stesso anno. Questo evento drammatico è molto doloroso per Natalia che deve farsi forza e crescere da sola i suoi tre bambini.

Dopo aver lasciato Roma torna in Piemonte, a Torino, dove inizia a lavorare per Einaudi. Nello stesso anno la casa editrice piemontese pubblica anche il suo romanzo, che è stato realizzato pochi anni prima. In Piemonte la raggiungono anche i suoi genitori e i suoi figli che, nel periodo dell'occupazione nazista hanno trovato riparo in Toscana.

Nel 1947 scrive un nuovo romanzo, "E' stato così", in cui racconta i momenti difficili che ha dovuto affrontare sotto il regime di Mussolini. Questo testo letterario riceve anche l'importante premio Tempo. Tre anni dopo sposa Gabriele Baldini, docente universitario di letteratura inglese e direttore dell'Istituto Italiano di Cultura avente sede a Londra. Dalla loro unione nascono due bambini, Susanna e Antonio, che purtroppo ben presto presentano problemi di salute.

Con il marito e i figli si trasferisce a Roma dove continua a dedicarsi all'attività letteraria, approfondendo in particolar modo il tema della memoria, legata alla sua terribile esperienza sotto il regime fascista, e a quello della famiglia. Sempre in questo periodo collabora per un importante progetto, il "Politecnico", una rivista per studenti e lavoratori. Inoltre è proprio in questi anni che stringe un grande rapporto d'amicizia con un altro importante scrittore italiano, Cesare Pavese.

Tra il 1952 e il 1957 la produzione letteraria di Natalia Ginzburg è intensa; tra i suoi testi si ricordano: "Tutti i nostri ieri", "Valentino", con cui vince anche l'importante premio Viareggio, e "Sagittario". Negli anni Sessanta pubblica anche altri romanzi come "Le voci della sera", "Cinque romanzi brevi", "Le piccole virtù" e il celebre "Lessico famigliare", in cui descrive episodi di vita quotidiana della sua famiglia natale; il padre Giuseppe è il personaggio principale del romanzo.

La scrittrice, con una sottile ironia e provando affetto per la propria famiglia, descrive con attenzione tutte le vicende che fanno da contorno al suo contesto familiare. All'interno del romanzo, oltre alla figura del padre, menziona anche la madre e i suoi tre fratelli, ricordati più volte a causa del loro arresto e della loro prigionia.

Il romanzo racconta anche la drammatica morte del suo primo marito Leone Ginzburg nel carcere di Regina Coeli, l'ingiusta persecuzione degli ebrei italiani, il suicidio da parte dello scrittore Cesare Pavese. Con quest'opera, nel 1963, ottiene anche il premio Strega.

L'anno seguente debutta al cinema interpretando un ruolo nel film diretto da Pier Paolo Pasolini, "Il Vangelo secondo Matteo".

Sei anni dopo, in seguito alla morte del secondo marito e dopo la grave strage di Piazza Fontana, inizia a impegnarsi in ambito politico, appoggiando ideali di sinistra. Si interessa alle vicende politiche e culturali dell'Italia, fortemente colpita in questo periodo da eventi drammatici che prendono il nome di "strategia della tensione".

Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta traduce un'altra opera di Marcel Proust, "La strada di Swann" e scrive numerosi romanzi, tra cui si ricordano: "Mai devi domandarmi", "Vita immaginaria", "Caro Michele", "Famiglia", "La città e la casa" e "La famiglia Manzoni".

L'autrice si dedica anche alla realizzazione di due commedie: "Ti ho sposato con allegria" e "Paese di mare". Oltre all'attività letteraria, continua a militare in ambito politico e nel 1983 viene eletta come esponente del Partito Comunista all'interno del Parlamento italiano.

Dopo aver finito di tradurre "Una vita", romanzo scritto dall'autore francese Guy de Maupassant, Natalia Ginzburg muore nella notte tra il 6 e il 7 ottobre 1991, all'età di 75 anni.

8. Biografia di Heinrich Himmler

Il volto del male
7 ottobre 1900
23 maggio 1945

Chi è Heinrich Himmler?


Il gerarca nazista Heinrich Himmler, nato il 7 ottobre 1900, è considerato dagli storici l'anima nera di quello sciagurato regime, il carnefice più spietato e cinico, nonché il folle pianificatore dei campi di sterminio, ritratto confermato da lui stesso, dato che amava dire di essere "un boia senza pietà".

Secondo di tre figli, il padre era docente al ginnasio di Monaco, mentre la madre era una casalinga molto premurosa nei confronti dei figli. Entrambi i genitori erano fermi credenti cattolici e provvidero alla formazione culturale dei figli, che, appunto per questo motivo, erano fra i primi delle rispettive classi alle quali erano iscritti. Allo scoppio della prima guerra mondiale Himmler aveva quattordici anni. Seguì da vicino gli avvenimenti e spinse i genitori a mandarlo al fronte come ufficiale, date le loro amicizie fra gli aristocratici. Tuttavia La guerra finì prima che gli fosse data quest'opportunità. Himmler rimase mortificato dall'improvvisa sconfitta tedesca e dalle umilianti condizioni di pace imposte alla nuova repubblica. Fu questa la causa del suo cambiamento da ragazzo modello a quello che poi è diventato.

Nel 1923 partecipò al fallito colpo di Stato di Monaco da parte di Hitler. In questo periodo l'ideologia di Himmler si mescolò all'ambizione di far carriera. Si iscrisse alle SS nel 1925. Le qualità organizzative e burocratiche di Himmler furono immediatamente apprezzate. Le SS crebbero insieme all'avanzare della carriera di Himmler, che, nel 1929, ne divenne il capo. Il 3 luglio 1928 Himmler sposava Margarete Boden, che in seguito gli diede una figlia.

Le SS, erano inizialmente uno sparuto drappello di uomini, inglobato all'interno delle affermate SA, le squadre d'assalto paramilitari del partito nazional-socialista guidate da Rohm, ma ben presto le cose cambiarono: le SS e la loro guida aumentarono sempre di più il loro prestigio e la loro importanza agli occhi del fuhrer, finchè, il 30 giugno 1934, in quella che fu la "notte dei lunghi coltelli", Rohm e i suoi luogotenenti furono barbaramente trucidati, per ordine di Hitler e dietro congiura dello stesso Himmler.

Da quel momento le SA furono soppiantate dalle sempre più numerose SS, che sarebbero divenute tristemente note per la loro crudeltà e per le agghiaccianti rappresaglie a cui diedero vita, nel corso del loro operato. Le SS furono, dunque, le milizie paramilitari del grande Reich ed Himmler il loro feroce condottiero: erano soldati necessariamente ed obbligatoriamente di puro sangue ariano, dalle nere uniformi che non smisero mai di seminare il panico nell'Europa occupata. Nel loro cappello era raffigurato un teschio, simbolo di morte e di terrore, nei loro pugnali era inciso il farneticante motto "il mio onore è la fedeltà". Il progetto di Himmler diventò quello di svincolare le sue SS dal controllo dello Stato e del Partito Nazista, perciò creò uno Stato nello Stato che ben presto avrebbe terrorizzato sia i nemici del regime che i suoi avversari personali. Hitler, stranamente, lo lasciò fare. Per volere di Himmler le SS cambiarono organizzazione e si diversificarono molto.

Dopo la presa del potere da parte dei nazisti, Himmler fu nominato capo della polizia politica della Baviera. Grazie al suo ruolo di prestigio nelle SS, divenne in pratica capo anche delle polizie delle altre regioni tedesche. Nel 1933 creò il primo campo di concentramento a Dachau, costruito sull'area dell'ex fabbrica di munizioni e polvere da sparo di Dachau nelle vicinanze di Monaco, allo scopo di diminuire il numero dei prigionieri nelle prigioni. Questo luogo, destinato ad accogliere tutti i prigionieri politici della Baviera, fu subito definito dalle SS " campo di concentramento"( KZ Konentrationlager). Nei dodici anni della sua esistenza vi sono stati registrati più di duecentomila prigionieri, ma non è possibile stabilire il numero dei deportati non registrati. Dachau fu un campo "modello" nel quale furono sperimentate e messe a punto le più raffinate tecniche di annientamento fisico e psichico degli oppositori del regime. Poco prima della liberazione le SS distrussero gran parte dei loro documenti ufficiali, per evitare che essi potessero venire usati come prova a loro carico.

Con la guerra Himmler poté attuare in pieno il programma di sterminio cosicché alla vigilia dell'invasione dell'Unione Sovietica il suo potere era incontrastato. Nel 1941 creò, insieme a Heydrich, gli Einsatzgruppen, unità di sterminio in unione sovietica. In seguito (1943) assommò ai suoi poteri anche quello di Ministro degli Interni ottenendo così il controllo totale della macchina repressiva tedesca. Quando le speranze di vincere la guerra divennero nulle per la Germania, tentò di intavolare una pace con gli angloamericani. Venutone a conoscenza, Hitler lo destituì. Dopo la resa della Germania Himmler assunse una falsa identità, tentò la fuga ma venne arrestato dagli inglesi e pochi giorni dopo si suicidò.

9. Biografia di Mario Lanza

Una voce nella memoria
31 gennaio 1921
7 ottobre 1959

Chi è Mario Lanza?


Mario Lanza, il tenore elegante e dal bell'aspetto dall'emissione morbida ma incisiva, dai centri rotondi e capace di filare i si bemolle come pochi, dopo il grande successo che lo ha baciato in vita, a trent'anni dalla scomparsa vanta ancora oggi un grande seguito in tutto il mondo.

Nato il 31 gennaio 1921 a Filadelfia con il nome Alfred Arnold Cocozza in una famiglia di umili emigranti italiani, dopo i normali studi scolastici si dedica alle più svariate attività. Da ragazzo ha una particolare propensione per lo sport, tale che pochi avrebbero visto in lui il futuro cantante capace di ammaliare le folle (soprattutto femminili). In segreto però l'aitante giovanotto di origini italiane coltivava una vera passione per il mostro sacro del canto per antonomasia: Caruso. Un modello sempre tenuto presente, fonte di ispirazione ed esempio imperituro; tale e tanta è stata l'immedesimazione, che Lanza arriverà ad incarnarlo in un celebre film.

La conquista del successo per questo povero figlio di immigrati non è comunque piovuta dal cielo. Inizia a dedicarsi al canto a diciannove anni, in età già discretamente avanzata, presso Madame Irene Williams la quale, entusiasta delle sue non comuni doti vocali, vuole farlo sentire al celebre direttore d'orchestra Serge Koussevitzky.

Il maestro lo ascolta nell'interpretazione di: "Vesti la giubba..." da "Pagliacci", rimanendone estasiato di fronte a quella voce cangiante e ricca di armonici. "Tu verrai con me a studiare a Tanglewood" sono le parole del maestro. Il "tesoro" Cocozza, che intanto aveva sostituito il nome in Mario Lanza in onore della madre Maria Lanza, stava per essere incanalato nel migliore dei modi.

Solo l'anno dopo entra all'Accademy of Music dove segue i corsi di pianoforte e canto di Enrico Rosati, già insegnante dell'immenso Beniamino Gigli. Il ragazzo mantiene fede alle sue potenzialità e nel 1942 vince una importante borsa di studio; dovrà però interrompere momentaneamente la sua carriera per assolvere gli obblighi di leva.

Tuttavia anche durante il servizio militare ebbe modo di esibirsi con successo in alcuni spettacoli dall'aviazione americana in cui venne subito soprannominato il "Caruso dell'Air Force".

Nel frattempo prendeva accordi con il celebre produttore Louis B. Meyer per apparire come interprete in una serie di film. Scelta più che indovinata, visto che quelle pellicole hanno contribuito a diffondere il suo nome, ad avvicinare molta gente al genere operistico e a conservare non solo la sua miracolosa voce ma anche il mito che andava costruendosi.

Dopo la realizzazione del suo primo film "Il bacio di mezzanotte", Mario Lanza debutta nella lirica all'Opera di New Orleans (come Pinkerton in "Madame Butterfly"), ma gli impegni cinematografici non gli permettono di dedicare il tempo necessario a questa attività.

Molti critici dell'epoca esprimno rammarico per queste scelte che hanno rappresentato una grande perdita e che tolgono agli appassionati la possibilità di ascoltare Lanza in complete recite operistiche.

Data la vera e propria idolatria che Lanza nutriva per Caruso insistette caldamente perché uno dei suoi film fosse basato sulla vita di quella leggenda della lirica. E proprio il film "Il grande Caruso" è il risultato dell'applicazione e dell'immedesimazione di Lanza verso il genio canoro che aveva calcato le scene solo qualche decennio prima. Lanza nella pellicola si cimenta in una quindicina di arie solistiche tratte dal repertorio del suo idolo, riuscendo con efficacia a non sfigurare nell'arduo confronto.

Certo è che le tecniche di ripresa lo hanno aiutato e indubbiamente cantare su un set non è come cantare in un teatro, ma il risultato è che da quel momento in poi Mario Lanza viene identificato come una sorta di emulo di Caruso e tutto questo in un momento storico in cui non solo vi erano in circolazione voci liriche gigantesche, ma in cui anche i fruitori di musica erano mediamente dotati di una certa preparazione. Sapeva insomma toccare le corde profonde di diversi tipi di pubblico, dal più sofisticato al più popolare.

Il suo è uno dei pochi casi di in cui un numero esorbitante di vendite non è associato alla musica di immediato consumo, benché sempre rigorosamente "popolare" (Lanza poteva cantare da Giuseppe Verdi a Cole Porter, canzoni popolari, arie d'opera o canzoni religiose).

Dopo i numerosi film girati il tenore sente l'esigenza di visitare il Paese delle sue origini familiari, l'Italia. Anche qui tiene numerosi concerti e incide nuovi dischi. Chiamato per l'apertura della stagione lirica alla Scala di Milano, Mario Lanza sente che coronerà il sogno della sua vita. Non arriverà al tanto atteso appuntamento: una trombosi lo stronca repentinamente a soli 38 anni, a Roma, il giorno 7 Ottobre 1959.

Tale era, ed è la sua fama che a Filadelfia il giorno 7 ottobre è tutt'oggi considerato ufficialmente il giorno di Mario Lanza.

10. Biografia di Federico Pizzarotti

7 ottobre 1973

Chi è Federico Pizzarotti?


Federico Pizzarotti nasce il 7 ottobre del 1973 a Parma. Appassionati di judo fin da bambino (lo pratica per dieci anni) e di computer, dopo essersi diplomato all'Istituto professionale per l'industria e l'artigianato con indirizzo elettronico "Primo Levi" della sua città lavora come consulente per istituti finanziari e banche.

Nel frattempo sviluppa una passione per il teatro, che lo porta a recitare in diverse compagnie parmensi, inclusa la Famija Pramzana. Sposatosi nel 2003 con Cinzia, si avvicina alla politica al Movimento Cinque Stelle nel 2009: l'anno successivo si candida come consigliere regionale del M5S in Emilia Romagna alle elezioni regionali, ma non viene eletto.

Diverse sono le sorti delle elezioni amministrative del 2012 (in quel periodo Federico Pizzarotti lavora nell'ambito dell'Ict come project manager al Credito Emiliano di Reggio Emilia): candidato grillino come sindaco di Parma dopo il commissariamento della città seguito alle dimissioni di Pietro Vignali, sindaco di centrodestra, conquista il ballottaggio, nella tornata del 6 e 7 maggio, insieme con Vincenzo Bernazzoli, candidato del centrosinistra e già presidente della Provincia di Parma. Pizzarotti conquista poco meno del 20 % delle preferenze, mentre Bernazzoli supera il 39 % dei voti.

Il destino del ballottaggio, dunque, sembrerebbe segnato, ma i risultati del 20 e 21 maggio danno un esito diverso: l'esponente grillino vince ottenendo oltre il 60 % dei consensi, e diventa il primo sindaco del Movimento Cinque Stelle in una città capoluogo di provincia.

Fin dai primi giorni della sua carica aggiorna gli elettori con post scritti su Facebook, su Twitter e sul suo sito ufficiale, cercando di sviluppare il suo programma elettorale che comprende anche il cosiddetto antidoto anti-crisi, un elenco di idee per impiegare incentivi per contenere gli sprechi dando vita a una smart grid, una rete energetica intelligente finalizzata a favorire l'auto-sufficienza energetica.

A pochi mesi dalla sua elezione, comunque, Federico Pizzarotti finisce nell'occhio del ciclone per non essere riuscito a impedire la realizzazione di un inceneritore a Parma, che era uno dei punti fondanti del suo programma elettorale.

11. Biografia di Edgar Allan Poe

Tormenti e visioni
19 gennaio 1809
7 ottobre 1849

Chi è Edgar Allan Poe?


Edgar Allan Poe nasce il 19 gennaio 1809 a Boston, da David Poe ed Elizabeth Arnold, attori girovaghi di modeste condizioni economiche. Il padre abbandona la famiglia quando Edgar è ancora piccolo; quando dopo poco muore anche la madre, viene adottato in maniera non ufficiale da John Allan, ricco mercante della Virginia. Da qui l'aggiunta del cognome Allan a quello originale.

Trasferitosi a Londra per questioni commerciali il giovane Poe frequenta scuole private per poi ritornare a Richmond nel 1820. Nel 1826 si iscrive all'università della Virginia dove però comincia ad affiancare agli studi il gioco d'azzardo. Indebitatosi in maniera inusitata, il patrigno si rifiuta di pagare i debiti obbligandolo in questo modo ad abbandonare gli studi per cercarsi un lavoro e far fronte alle numerose spese. Da quel momento iniziano forti incomprensioni fra i due fino a spingere il futuro scrittore ad abbandonare la casa per raggiungere Boston, e da lì arruolarsi nell'esercito.

Nel 1829 pubblica in modo anonimo "Tamerlane and other poems", e con il suo nome "Al Aaraaf, Tamerlane and minor poems". Nel contempo, lasciato l'esercito, si trasferisce presso parenti a Baltimora.

Nel 1830 si iscrive all'accademia militare di West Point per farsi però ben presto espellere per aver disobbedito agli ordini. In questi anni Poe continua a scrivere versi satirici. Nel 1832 arrivano i primi successi come scrittore che lo portano nel 1835 ad ottenere la direzione del "Southern Literary Messenger" di Richmond.

Il padre adottivo muore senza lasciare alcuna eredità al figlioccio.

Poco dopo, all'età di 27 anni, Edgar Allan Poe sposa la cugina Virginia Clemm, non ancora quattordicenne. E' questo un periodo nel quale pubblica innumerevoli articoli, racconti e poesie, senza però ottenere grandi guadagni.

In cerca di miglior fortuna decide di trasferirsi a New York. Dal 1939 al 1940 è redattore del "Gentleman's magazine", mentre contemporaneamente escono i suoi "Tales of the grotesque and arabesque" che gli procurano una fama notevole.

Le sue capacità di redattore erano tali che gli permettevano ogni volta che approdava ad un giornale di raddoppiarne o quadruplicarne le vendite. Nel 1841 passa a dirigere il "Graham's magazine". Due anni più tardi le cattive condizioni di salute della moglie Virginia e le difficoltà lavorative, lo portano a dedicarsi con sempre maggior accanimento al bere e, nonostante la pubblicazione di nuovi racconti, le sue condizioni economiche restano sempre precarie.

Nel 1844 Poe inizia la serie di "Marginalia", escono i "Tales" ed ottiene grande successo con la poesia "The Raven". Le cose sembrano andare per il meglio, soprattutto quando nel 1845 diventa prima redattore, poi proprietario del "Broadway Journal".

Ben presto la reputazione raggiunta viene però compromessa da accuse di plagio, portando Edgar Allan Poe verso una profonda depressione nervosa che, unita alle difficoltà economiche, lo portano a cessare le pubblicazioni del suo giornale.

Trasferitosi a Fordham, seriamente malato ed in condizioni di povertà, continua a pubblicare articoli e racconti pur non ottenendo mai vera fama in patria; il suo nome invece comincia a farsi notare in Europa e soprattutto in Francia.

Nel 1847 la morte di Virginia segna una pesante ricaduta della salute di Poe, che però non lo distoglie dal continuare a scrivere. La sua dedizione all'alcolismo raggiunge il limite: trovato in stato di semi incoscienza e delirante a Baltimore, Edgar Allan Poe muore il 7 ottobre 1849.

Nonostante la vita tormentata e disordinata l'opera di Poe costituisce un corpus sorprendentemente nutrito: almeno 70 racconti, di cui uno lungo quanto un romanzo - The Narrative of Arthur Gordon Pym of Nantucket (1838) - circa 50 poesie, almeno 800 pagine di articoli critici (una notevole mole di recensioni che ne fa uno dei critici letterari più maturi dell'epoca), alcuni saggi - The Philosophy of Composition (1846), The Rationale of Verse (1848) e The Poetic Principle (1849) - ed un poemetto in prosa di alta Filosofia - Eureka (1848) - nel quale l'autore cerca di dimostrare, con l'aiuto della Fisica e dell'Astronomia, l'avvicinamento e l'identificazione dell'Uomo con Dio.

12. Biografia di Anna Politkovskaja

Parole che fanno male
30 agosto 1958
7 ottobre 2006

Chi è Anna Politkovskaja?


Anna Stepanovna Politkovskaja è stata una giornalista russa, voce critica di Vladimir Putin e dell'intervento militare in Cecenia.

Nasce a New York il 30 agosto 1958, figlia di due diplomatici sovietici di stanza presso le Nazioni Unite. La sua carriera giornalistica inizia nel 1982, due anni dopo aver conseguito la laurea all'Università di Mosca, quando comincia a scrivere per lo storico giornale della capitale, Izvestija, che lascia nel 1993. Un anno dopo è assistente di Egor Jakovlev, direttore della Obsčaja Gazeta, nonché collaboratore di Mikhail Gorbaciov. Nel 1998 compie il primo viaggio in Cecenia per intervistare il neo eletto presidente dell'ex repubblica sovietica, Aslan Mashkadov.

Un anno dopo lascia l'Obsčaja Gazeta per approdare ad un giornale piccolo e indipendente, la Novaja Gazeta, dove lavora fino al giorno della sua morte, il 7 ottobre 2006. A partire dal 2000, la Politkovskaja compie una serie di viaggi nelle repubbliche caucasiche (Cecenia, Daghestan ed Inguscezia), dove entra in contatto con le famiglie delle vittime, visita ospedali e campi profughi, intervista militari russi e civili ceceni, rimanendo inorridita dalle atrocità commesse dall'esercito nei confronti della popolazione civile.

Sulla Novaja Gazeta pubblica più di 200 articoli in cui denuncia l'operato russo nelle repubbliche separatiste, attacca le scelte politiche del nuovo presidente Vladimir Putin e dei primi ministri ceceni Ahmad Kadyrov e suo figlio Ramsan, entrambi sostenuti da Mosca. Avvalendosi delle testimonianze raccolte, la giornalista pubblica anche una serie di libri ("Un piccolo angolo d'inferno", "Diario russo 2003-2005", "Proibito parlare. Cecenia, Beslan, Teatro Dubrovka: le verità scomode della Russia di Putin", "La Russia di Putin e "Cecenia, il disonore russo").

Per la sua attività viene minacciata più volte di morte.

Nel 2001 è costretta a fuggire a Vienna in seguito alle intimidazioni ricevute via e-mail da Sergei Lapin, ufficiale dell'OMON (la polizia russa con delega di vigilare le ex repubbliche sovietiche), da lei accusato di crimini contro la popolazione civile cecena. Lapin viene arrestato e poi rilasciato nel 2002. Il processo riprende nel 2003 per concludersi, dopo numerose interruzioni, nel 2005 con una condanna per l'ex-poliziotto per abusi e maltrattamenti aggravati su un civile ceceno e per falsificazione di documenti.

Tra il 26 e il 27 ottobre 2002, Anna Politkovskaja collabora alla trattativa con i terroristi per il rilascio degli ostaggi, durante la crisi del Teatro Dubrovka di Mosca. Nonostante l'impegno della coraggiosa giornalista, le forze speciali russe fanno irruzione nel teatro, dopo aver pompato un misterioso agente chimico all'interno del sistema di ventilazione. Secondo le stime ufficiali, nelle operazioni muoiono 39 dei 40 terroristi e almeno 129 ostaggi.

Nel settembre 2004 è richiamata a trattare con i separatisti ceceni nella scuola di Beslan. Mentre viaggia verso la cittadina caucasica, Anna Politkovskaja è colpita da un improvviso malore e perde conoscenza. L'aereo è costretto a tornare indietro per permettere un suo immediato ricovero. Molti sospettano un tentativo di avvelenamento, ma la dinamica dell'accaduto non verrà mai chiarita del tutto.

In diverse occasioni la Politkovskaja aveva riconosciuto la pericolosità del suo lavoro: "Sono assolutamente convinta che il rischio sia parte del mio lavoro; il lavoro di una giornalista russa, e non posso fermarmi perché è il mio dovere [...] Credo che il compito di un dottore sia guarire i pazienti, il compito di un cantante è cantare. L'unico dovere di un giornalista è scrivere quello che vede".

Per il suo impegno ottiene prestigiosi riconoscimenti in tutto il mondo (l'Italia le conferisce nel 2006 il premio per il Giornalismo internazionale intitolato a Tiziano Terzani).

Anna Politkovskaja viene trovata cadavere nell'ascensore del suo palazzo il giorno 7 ottobre 2006. Secondo le ricostruzioni della polizia, la giornalista tornava nella sua abitazione dopo essersi recata al supermercato del quartiere. Dopo essere salita al settimo piano per posare i primi pacchi della spesa, scendeva per prenderne degli altri. Al pian terreno l'aspettava un killer, proprio di fronte all'ascensore. Appena aperte le porte, l'uomo avrebbe esploso contro di lei quattro colpi di pistola, più un altro di "sicurezza" alla nuca.

In base alle registrazione delle telecamere a circuito chiuso del supermercato, vengono incriminati tre uomini, Sergei Khadzhikurbanov, ex ufficiale anticrimine della Polizia Municipale di Mosca e due fratelli di origini cecena, Ibragim e Jabrail Makhmudov. Anche un ex ufficiale del FSB (i moderni servizi segreti russi) Pavel Ryaguzov, non incriminato dell'omicidio, ma legato ai tre, nonché accusato di abuso d'ufficio ed estorsione.

I funerali si svolgono il 10 ottobre presso il cimitero Troekurovskij di Mosca a cui partecipano più di mille persone, fra cui i colleghi e semplici ammiratori della giornalista, ma nessun esponente del governo russo. Il presidente Putin, pochi giorni dopo l'omicidio, in una conferenza stampa affermerà che la Politkovskaja "era ben conosciuta fra i giornalisti, gli attivisti per i diritti umani e in Occidente. Comunque, la sua influenza sulla vita politica russa era minima".

13. Biografia di Vladimir Putin

Zar di ghiaccio
7 ottobre 1952

Chi è Vladimir Putin?


Il nuovo Zar della Russia? Può darsi, visto l'immane quantità di potere attualmente concentrata nelle sue mani. Dopo aver "liquidato" i cosiddetti nuovi oligarchi, ossia i neo-miliardari che si sono arricchiti con la svendita - voluta dal predecessore Boris Eltsin - delle aziende statali russe e capaci di condizionare fortemente anche la politica, c'è chi indica in Vladimir Putin l'uomo forte che più forte non si può della Grande Madre Russia. Per qualcuno siamo giusto un gradino sotto la dittatura.

Non si può negare che l'istinto del comando circoli come un altro genere di globuli nel sangue di questo piccoletto dal carattere di ferro, uno cresciuto a pane e Kgb e che nessuno, o quasi, ha mai visto ridere. In pubblico la sua espressione è sempre di una serietà patibolare, compassata al limite del "rigor mortis". Al massimo talvolta accenna a qualche benevola alzata di sopracciglia, temperata da un tentativo di sorriso, magari quando si trova al fianco dell'amico Silvio Berlusconi.

Nato il 7 ottobre 1952 in quella difficile metropoli che è Leningrado (l'attuale San Pietroburgo), nel 1970 Putin si iscrive all'università, studia diritto e lingua tedesca, ma nel tempo libero si dedica alla pratica dello judo, di cui è sempre stato un grande sostenitore. In questo sport, lo zar di ghiaccio ha sempre ritrovato quell'unione fra disciplina del corpo e dimensione "filosofica" che ne fanno una guida per la vita di tutti i giorni. Forse qualcosa di questa disciplina gli è servita quando nel 1975 è entrato a far parte del Kgb, chiamato ad occuparsi di controspionaggio.

Una gran carriera lo attendeva dietro l'angolo. Prima si sposta nel dipartimento estero dei servizi segreti e dieci anni più tardi viene inviato a Dresda, nella Germania dell'Est, dove prosegue la sua attività di controspionaggio politico (prima di partire sposa Lyudimila, una ragazza di otto anni più giovane che gli darà due figlie: Masha e Katya). Grazie al periodo trascorso in Germania, Vladimir Putin ha così la possibilità di vivere fuori dall'Unione Sovietica, anche se, caduto il muro, sarà costretto a tornare nella natìa Leningrado.

Quell'esperienza gli consente di diventare, per le questioni di politica estera, il braccio destro di Anatoli Sobciak, sindaco di Leninigrado, che adotta un programma di riforme radicali nel campo politico ed economico. E' Sobciak il promotore del referendum per restituire alla città il vecchio nome di San Pietroburgo. Durante questo periodo Putin introduce la borsa valutaria, apre le aziende cittadine ai capitali tedeschi, cura ulteriori privatizzazioni dei vecchi catafalchi sovietici e diventa vice-sindaco, ma la sua corsa si arresta con la sconfitta di Sobciak alle elezioni del 1996.

In realtà quell'apparente débacle sarà la sua fortuna. Lo chiama a Mosca Anatoli Ciubais, il giovane economista che lo raccomanda a Boris Eltsin. Inizia la scalata di Putin: prima vice del potente Pavel Borodin che gestisce l'impero dei beni immobiliari del Cremlino, poi capo del Servizio Federale di Sicurezza (Fsb), il nuovo organismo che succede al Kgb. Successivamente Putin ricopre la carica di capo del Consiglio di sicurezza presidenziale.

Il 9 agosto 1999 Boris Eltsin si ritira, principalmente a causa dello stato di salute in cui versa. Putin è pronto come un felino a cogliere la palla al balzo e, il 26 marzo 2000, viene eletto presidente della Federazione russa al primo turno con oltre il 50 per cento dei voti, dopo una campagna elettorale condotta nel più totale sprezzo del confronto politico. Vladimir Putin, in quell'occasione, non ha mai accettato forme di discussione con altri esponenti della scena politica russa. Ad ogni modo la sua fortuna politica si basa soprattutto sulle sue dichiarazioni circa la spinosa questione dell'indipendenza cecena, tese a stroncare il magmatico ribellismo della regione. Forte di una larga maggioranza anche alla Duma (il parlamento russo), tenta inoltre di riportare sotto l'autorità centrale di Mosca i governatori regionali che con Eltsin si erano spesso sostituiti al potere centrale.

La maggior parte dei russi appoggia la sua linea dura, e il forte sospetto di un vero e proprio odio etnico, più che il timore di una disgregazione dello Stato, mina alla base la legittimità di questo consenso. I pochi oppositori di Putin d'altronde individuano proprio nella guerra forti elementi di valutazione di un presidente spietato, dittatoriale che lede il rispetto dei diritti umani. Le ultime elezioni russe hanno comunque confermato il suo potere e il pugno di ferro con cui conduce la sua leadership. In uno scenario in cui le voci contrarie alla sua sono ridotte al lumicino, Putin ha incassato i consensi di una vasta maggioranza della popolazione.

Nel marzo del 2004 viene rieletto Presidente per un secondo mandato, con il 71 percento dei voti. Quattro anno più tardi il successore che si insedia al Cremlino è il suo fedelissimo Dmitrij Medvedev: Vladimir Putin torna così alla carica di Primo Ministro da lui già detenuta prima del mandato presidenziale. All'inizio del mese di marzo 2012, come era abbondantemente stato previsto da tutti, viene rieletto per la terza volta Presidente: il consenso supera il 60%.

14. Biografia di Mimmo Rotella

Manipolare l'immagine
7 ottobre 1918
9 gennaio 2006

Chi è Mimmo Rotella?


Artista dalla multiforme personalità e dalle concezioni visive intense e sempre allineate ad un gusto avanguardistico (poco compiaciuto della ricerca commerciale, malgrado i soggetti rappresentati), Mimmo Rotella nasce a Catanzaro il 7 ottobre 1918 e, conseguita la maturità artistica presso l'Accademia di Belle Arti di Napoli, si stabilisce a Roma nel 1945.

La prima fase della sua attività è caratterizzata dalla sperimentazione di stili pittorici diversi che lo porterà a rivoluzionare i linguaggi artistici del dopoguerra. Nel 1951 allestisce la prima mostra personale alla Galleria Chiurazzi di Roma, che ottiene ampia risonanza.

Il suo nome comincia dunque a suscitare notevole interesse tanto che nello stesso anno gli viene assegnata una borsa di studio dalla Fulbright Foundation.

Può così permettersi di frequentare la prestigiosa Università di Kansas City, un traguardo lontano per un ragazzo cresciuto nel meridione italiano più profondo.

Rotella ricambia l'istituzione con la realizzazione di un pannello murale nella Facoltà di Fisica e con la prima registrazione dei poemi fonetici da lui definiti "epistaltici".

Nel 1952 è invitato dalla Harvard University per una performance di poesia fonetica a Boston e dalla Library of Congress di Washington per la registrazione di alcuni poemi fonetici. Tornato in Italia, dopo una fase di riflessione sui mezzi della pittura e sulla necessità di utilizzare nuovi strumenti, inventa la tecnica del décollage, caratterizzata dallo strappo di manifesti pubblicitari affissi nelle strade i cui frammenti, siano essi il recto o il verso, sono incollati sulla tela.

Esempi memorabili di questa fase sono "Un poco in su" e "Collage", entrambi del 1954.

Dal 1958 abbandona gradualmente le composizioni puramente astratte per realizzare décollage con immagini chiaramente leggibili. Questa tendenza culmina nella serie "Cinecittà", realizzata nel 1962 (che comprende "Eroi in galera" e "Tre minuti di tempo") e in quella dedicata alle stelle del cinema e a personaggi famosi ("Assalto della notte", 1962; "Marilyn calda", 1963 e così via).

Sono degli anni '60 e seguenti i lavori dedicati alle affiches del cinema mondiale con i volti dei grandi miti di Hollywood.

Nel 1961 aderisce, su invito del critico Pierre Restany, al gruppo dei Nouveaux Réalistes, nel cui ambito già Raymond Hains, Jacques Mahé de la Villeglé, François Dufrêne utilizzavano i manifesti pubblicitari con procedimenti analoghi a suoi. Trasferitosi a Parigi nel 1964 lavora ancora sulla definizione di una nuova tecnica, la Mec Art, con cui realizza opere servendosi di procedimenti meccanici su tele emulsionate. I primi lavori di questo genere sono esposti alla Galleria J di Parigi (1965).

Continua la sperimentazione con la serie degli Artypo, prove di stampa tipografiche scelte e incollate liberamente sulla tela. Nel 1972 pubblica per la Casa Editrice Sugar il volume autobiografico "Autorotella" esibendosi, in occasione della presentazione del libro al Circolo Culturale Formentini di Milano, in una performance con i suoi poemi fonetici.

E' del 1975 la serie "Plastiforme" che espone alla Galleria Plura di Milano; nello stesso anno pubblica anche il primo disco LP italiano di Poemi Fonetici 1949/75 con presentazione di Alfredo Todisco.

Gli anni '70 sono segnati da frequenti viaggi in USA, India, Nepal, per stabilirsi definitivamente a Milano nel 1980.

Appartengono agli inizi degli anni '80 le "Coperture", manifesti pubblicitari ricoperti da fogli che occultano l'immagine sottostante, presentati allo Studio Marconi di Milano ed alla Galleria Denis René di Parigi (1981).

Torna alla pittura alla metà del decennio con il ciclo "Cinecittà 2" in cui riprende il tema del cinema affrontato in tele di grandi dimensioni e con la serie "Sovrapitture" su décollage e su lamiera: questi interventi pittorici su manifesti lacerati e incollati su pannelli metallici caratterizzano la stagione più recente dell'artista.

Oltre che alle principali mostre dei Nouveaux Réalistes ed a più di cento esposizioni personali in Italia e all'estero, l'artista ha partecipato ad importanti rassegne nazionali ed internazionali fra cui:

- The Art of Assemblage (New York, Museum of Modern Art, 1961)

- Oltre l'Informale (IV Biennale Internazionale d'Arte di San Marino, 1963)

- Vitalità del negativo nell'arte italiana 1960/70 (Roma, Palazzo delle Esposizioni, 1970)

- Linee della ricerca artistica in Italia 1960/1980 (Roma, Palazzo delle Esposizioni, 1981)

- Arte Italiana contemporanea (Londra, Hayward Gallery, 1982)

- Arte Italiana del XX secolo (Londra, Royal Academy of Arts, 1989)

- The Italian Metamorphosis 1943-1968 (New York, Solomon R. Guggenheim Museum, 1994)

- Art and film since 1945. Hall of Mirrors (Los Angeles, Museum of Contemporary Art, 1996)

Mimmo Rotella è morto a Milano il 9 gennaio 2006.

15. Biografia di Desmond Tutu

Contro la segregazione, sempre
7 ottobre 1931

Chi è Desmond Tutu?


Desmond Mpilo Tutu nasce a Klerksdorp (Sudafrica) il giorno 7 ottobre 1931. E' stato il primo arcivescovo anglicano nero di Città del Capo, in Sudafrica. Grazie al suo attivismo durante gli anni '80 ha raggiunto fama mondiale come forte oppositore dell'apartheid, tanto da ricevere nel 1984 il premio Nobel per la pace. Apartheid - che in lingua afrikaans significa "Separazione" - era la politica di segregazione razziale istituita dal governo sudafricano di etnia bianca nel dopoguerra, rimasta in vigore fino al 1994.

Tutu, trasferitosi con la famiglia a Johannesburg all'età di 12 anni, voleva diventare medico, ma i pochi risparmi della famiglia non avrebbero potuto permetterlo; così il giovane Desmond sceglie di seguire le orme del padre nel campo dell'insegnamento.

Tutu studia al Pretoria Bantu Normal College dal 1951 al 1953; insegna poi alla Johannesburg Bantu High School, dove rimarrà fino al 1957. Si dimetterà a seguito dell'approvazione del Bantu Education Act, protestando contro le misere prospettive educative dei sudafricani neri.

Nel 1955 sposa Leah Nomalizo dalla quale avrà quattro figli: Trevor Thamsanqa, Theresa Thandeka, Naomi Nontombi e Mpho Andrea. Tutti frequenteranno la famosa Waterford Kamhlaba School.

Desmond Tutu continua i suoi studi nel campo della teologia e nel 1960 viene ordinato quale sacerdote anglicano. Diviene cappellano all'Università di Fort Hare, luogo dove il dissenso nero trova una culla culturale, e una delle poche università di qualità per gli studenti neri del Sudafrica meridionale.

Tutu si sposta poi al King's College di Londra, dove rimane dal 1962 al 1966: qui consegue il Bachelor e il Master in teologia. Ritorna in Sudafrica e tra il 1967 e il 1972 tiene lezioni cariche di messaggi che evidenziano le tristi condizioni della popolazione di colore.

Tutu scrive una lettera a John Vorster, Primo Ministro sudafricano, nella quale descrive il Sudafrica come "un barile di polvere da sparo che può esplodere in qualsiasi momento". Non riceverà mai risposta.

Nel 1972 Tutu torna in Inghilterra dove viene nominato vicedirettore del Fondo per l'Educazione Teologica del Consiglio Mondiale delle Chiese. Nel 1975 è ancora in Sudafrica dove è nominato diacono della Cattedrale di St. Mary, a Johannesburg, primo nero a essere investito da tale carica.

Nel 1976 le proteste di Soweto contro l'uso da parte del governo della lingua afrikaans nelle scuole nere, si trasforma in una massiccia rivolta contro l'apartheid. Da quel momento Tutu appoggerà il boicotaggio economico del suo paese.

Desmond Tutu ricopre la carica di vescovo del Lesotho dal 1976 al 1978, quando diviene segretario generale del Consiglio Sudafricano delle Chiese: da questa posizione, e con il consenso di quasi tutte le chiese, è in grado di portare avanti la sua opposizione politica contro l'apartheid. Attraverso i suoi scritti e le sue lezioni, sia in patria come all'estero, Tutu sostiene in modo risoluto la riconciliazione tra tutte le parti coinvolte nell'apartheid.

Il 16 ottobre 1984 riceve il Premio Nobel per la pace. Il comitato del Nobel cita il suo ruolo come "figura unificante nella campagna per risolvere il problema dell'apartheid in Sudafrica".

Il 7 settembre 1986 diviene la prima persona di colore a guidare la Chiesa Anglicana in Sudafrica.

Dopo la fine dell'apartheid (1994) Tutu guida la "Commissione per la verità e la riconciliazione", incarico per il quale riceve il premio "Sydney Peace Prize" nel 1999.

Nel 2004 Tutu fa ritorno nel Regno Unito per tenere il discorso di commemorazione per il 175° anniversario del King's College. Visita inoltre il nightclub dell'associazione degli studenti, intitolato "Tutu's" in suo onore, dove è presente un busto che lo raffigura.

A Tutu si deve l'espressione Rainbow Nation ("nazione arcobaleno"), termine solitamente utilizzato per descrivere il Sudafrica. Questa denominazione si riferisce all'ideale convivenza pacifica e armoniosa fra le diverse etnie del paese, e sarà ripresa da Nelson Mandela, divenendo infine espressione comune della cultura nazionale del paese.

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