Biografie di personaggi famosi e storici nato il 13 settembre


Biografie di personaggi famosi e storici

Biografie di personaggi famosi nella storia e celebrità del: 13 settembre

Sommario:

1. Jacqueline Bisset
2. Walter Bonatti
3. Cesare Borgia
4. Fabio Cannavaro
5. Cristiana Capotondi
6. Roald Dahl
7. Michel de Montaigne
8. Alain Ducasse
9. Ludwig Feuerbach
10. Andrea Mantegna
11. John Boynton Priestley
12. Arnold Schoenberg
13. Clara Schumann
14. Italo Svevo
15. Fabio Tacchella
16. Tupac

Biografia di Jacqueline Bisset

Signora dello schermo
13 settembre 1944

Chi è Jacqueline Bisset?


E' la donna che ha popolato i sogni erotici di milioni di persone, anche se ora che ha una certa età la sua fama di mangiauomini è surclassata da ben più giovani ed aggressive starlette. Ultimamente viene scelta per ruoli casti e impegnati come quello di madre di Giovanna D'Arco o addirittura di Gesù di Nazareth. Ma, al di là della sua fama di esemplare femminile dalla forte sensualità e dalla sottile carica erotica, impalpabile e inesorabile, Jaqueline Bisset va ricordata anche per il ruolo svolto all'interno della storia del cinema.

Perfetta per via della sua classe innata nell'interpretare donne dell'alta borghesia magari un po' frivole e viziate, la sua immagine rischia di essere legata a questo cliché, mentre va senz'altro ricordato che questa signora impeccabile ha lavorato al fianco di giganti della cinematografia come Chabrol, Truffaut, John Huston o i nostri Comencini e Monicelli.

Nata a Weybridge, Inghilterra, il 13 settembre 1944, Winifred Jacqueline Fraser Bisset è la figlia più piccola di Max Fraser Bisset, medico, e di Arlette Alexander, avvocatessa francese che dopo il matrimonio e il trasferimento in Inghilterra ha smesso di esercitare la professione.

Durante la guerra va a vivere con i genitori e il fratello maggiore in un cottage del XVI secolo nei pressi di Reading. A quindici anni deve maturare in fretta e dimostrare una grande forza d'animo, quando e costretta a prendersi cura della madre, colpita da una grave forma di sclerosi multipla.

Dopo aver frequentato il liceo francese a 18 anni si trasferisce a Londra (è il momento in cui gli anni sessanta toccano l'apice), dove trova subito da lavorare come modella.

E' bellissima e il cinema non tarda ad accorgersi di lei.

Debutta in "Non tutti ce l'hanno" (Richard Lester, 1965), a cui segue di li a poco "Cul de Sac".

Sostituisce Mia Farrow accanto a Frank Sinatra per "Inchiesta pericolosa" (Gordon Douglas, 1968) e nello stesso anno si lega sentimentalmente all'attore Michael Sarrazin con il quale gira diversi film, fra cui "Jackie, la ragazza del Greenwich Village" (Stuart Hagmann, 1971).

E' stata già la figlia del giudice Roy Bean-Paul Newman ("L'uomo dai sette capestri", John Huston, 1972) e la vicina di casa di un intraprendente Jean-Paul Belmondo ("Come si distrugge la reputazione del più grande agente segreto del mondo", Philippe de Broca, 1973), quando Francois Truffaut le offre il ruolo di Julie Baker-Pamela in "Effetto notte" (1973). E con quel personaggio, oltre Truffaut, incanta le platee internazionali.

Dopo la fine della storia d'amore con Michael Sarrazin, nel 1974 si innamora di Victor Drai, produttore cinematografico, di lì a poco sostituito nel suo cuore da Alexander Godunov. Alle soglie dei quarant'anni, mentre si avvia a ricevere una nomination al Golden Globe per "Sotto il vulcano" (John Huston, 1983), continua a dimostrare la sua avversione per il matrimonio che la porterà ad essere definita "la piu bella zitella di Hollywood". Una specialissima zitella che nel 1997 trova l'amore tra le rassicuranti braccia di un istruttore di arti marziali, Emin Boztepe.

Sul grande schermo, quando le capita di occuparsi della sua vita sentimentale, viene tallonata da due strani camerieri in "Scene di lotta di classe a Beverly Hills" (Paul Bartel, 1989). Atmosfere spassose, molto diverse da quelle di "Il buio nella mente" (Claude Chabrol, 1995), dove, naturalmente nella finzione cinematografica, pagherà con la vita la "colpa" di essere una signora molto ricca.

Jaqueline Bisset nell'arco della sua ormai lunga carriera ha dato vita ad un ventaglio di personaggi che, pur nella discrezione connaturata al suo modo di fare, hanno lasciato un segno sottile ma profondo nel nostro immaginario collettivo.

Biografia di Walter Bonatti

Un re nelle Alpi
22 giugno 1930
13 settembre 2011

Chi è Walter Bonatti?


Walter Bonatti nasce il 22 giugno del 1930 a Bergamo. Dopo avere iniziato la pratica sportiva come ginnasta per la Forti e Liberi, società monzese, a soli diciotto anni compie le prime scalate sulle Prealpi lombarde. In quegli anni lavora come operaio siderurgico alla Falck di Sesto San Giovanni, dedicandosi alla montagna solo di domenica, dopo aver svolto il turno di notte del sabato. Nel 1949 copre, tra l'altro, la via di Cassin sulla parete nord delle Grandes Jorasses, e la via di Vitale Bramane e Ettore Castiglioni sul Pizzo Badile. L'anno successivo tenta di aprire la parete est del Grand Capucin, nel gruppo del Monte Bianco: l'impresa, tuttavia, fallisce due volte a causa delle cattive condizioni climatiche. Ci riprova, comunque, nel 1951, quando scala la parete di granito rosso e, per la prima volta, apre una via. I festeggiamenti che seguono al successo, però, vengono funestati dalla notizia della morte della mamma di Walter, Agostina, il cui cuore non cede a una gioia tanto grande.

Dopo aver scalato l'Aiguille Noire de Peuterey insieme con Roberto Bignami, Walter Bonatti viene richiamato alle armi: lamentatosi della collocazione alla Scuola Motorizzazione della Cecchignola, viene assegnato al 6° Reggimento Alpini. Più tardi, lo scalatore lombardo compie la prima invernale, con Carlo Mauri, della parete nord della Cima Ovest di Lavaredo; raggiunge la vetta del Cervino e, nei mesi successivi, compie compie altre due nuove prime ascese: sul Picco Luigi Amedeo e sul Torrione di Zocca in Val Masino. Poco prima di ottenere il brevetto di guida alpina nel 1954, scala per il canalone nord del Colle del Peuterey il Monte Bianco.

Bonatti partecipa, quindi, alla spedizione italiana di Ardito Desio, Lino Lacedelli e Achille Compagnoni sul K2. L'evento, tuttavia, si rivela una delusione per Bonatti, a causa dell'atteggiamento tenuto dai suoi compagni di viaggio: egli, infatti, si ritrova insieme con Amir Mahdi a dover passare una notte all'addiaccio, con temperature fino a cinquanta gradi sotto zero, senza sacco a pelo o tenda. Il bergamasco, in particolare, rimane colpito dall'atteggiamento di Desio, capo spedizione, che in seguito non avrà mai il coraggio di approfondire le motivazioni dell'accaduto; Walter Bonatti, a sua volta, diffonderà la propria versione dei fatti unicamente all'inizio degli anni Sessanta, a causa di un contratto firmato prima della partenza in cui accettava di non parlare della spedizione negli anni successivi alla stessa.

Nel 1955, Bonatti scala il pilastro sud-ovest del Petit Dru (Monte Bianco) in solitaria, rimanendo per sei giorni in parete; si tratta di una delle pareti più difficili del pianeta, liscia, liscissima, totalmente di granito e infine appuntitissima; Bonatti per salire può e deve sfruttare solo le fessure naturali della roccia; compie un'impresa incredibile che nessuno mai sarà capace di ripetere. Tale impresa rappresenta di fatto il suo riscatto per la delusione subìta con la scalata del K2.

L'anno successivo tenta l'ascensione invernale della Via della Poire insieme con l'amico Silvano Gheser: sorpresi da una tempesta, i due vengono salvati dalle guide alpine Sergio Viotto, Gigi Panei, Albino Pennard e Cesare Gex, al Rifugio Gonella. Stabilitosi a Coumayeur, in Valle d'Aosta, per ritrovare la salute dopo le disavventure con Gheser, Bonatti sceglie - una volta ristabilitosi - di scalare la parete nord del Grand Pilier d'Angle, l'ultima vergine del Monte Bianco: lo farà per tre volte nel giro di pochi anni. Nel frattempo, nel 1958 si reca in Argentina, per prendere parte a una spedizione in Patagonia organizzata da Folco Doro Altan allo scopo di arrivare in cima al Cerro Torre, ancora inviolato. Pochi mesi dopo si sposta, invece, nel Karakorum, regione himalayana, per una spedizione guidata da Riccardo Cassin: il 6 agosto del 1958 raggiunge la cima (poco meno di 8mila metri) del Gasherbrum IV, senza bombole di ossigeno, insieme con Carlo Mauri.

Negli anni successivi, mentre il suo rapporto con il Cai si deteriora sempre di più (egli ritiene l'organizzazione eccessivamente burocratica), effettua scalate in Italia, Francia e Perù. Nel 1961 lo scalatore bergamasco prova a giungere in cima al Pilone Centrale del Freney, mai domato prima: una tormenta di neve lo blocca a meno di cento metri dal termine, e ben quattro suoi compagni di cordata trovano la morte. Nell'agosto del 1964, invece, per la prima volta scala la parete nord della Punta Whymper, una delle Grandes Jorasses; poco dopo conclude la propria carriera sulle Alpi aprendo una via in solitaria invernale in soli cinque giorni sulla parete nord del Cervino: con una sola impresa, quindi, riesce a compiere la prima ascesa della parete in solitaria, ad aprire una nuova via e a compiere la prima ascesa invernale. L'exploit sul Cervino gli permette di ottenere dalla Presidenza della Repubblica una Medaglia d'Oro.

Ritiratosi dall'alpinismo estremo, Walter Bonatti si dedica all'esplorazione e al giornalismo. Viaggia, tra l'altro, in Africa (in Tanzania sale sul Kilimangiaro), entrando in contatto, sull'Alto Orinoco, con gli indigeni dei waikas yanoami. Quindi, alla fine degli anni Sessanta, vola nell'isola di Sumatra, intenzionato a studiare da vicino il comportamento della tigre locale; poco dopo visita, invece, le Marchesi, comprovando la veridicità dei racconti di Melville nella giungla.

Dopo aver viaggiato in solitaria a Capo Horn e in Australia, negli anni Settanta viaggia in Africa, tra lo Zaire e il Congo, prima di recarsi tra i Dani in Nuova Guinea e addirittura in Antartide, dove ha la possibilità di esplorare le Valli Secche. Dopo aver visitato le sorgenti del Rio delle Amazzoni, Bonatti conosce a Roma l'attrice Rossana Podestà: dopo un lungo rapporto epistolare, i due si innamorano e vanno a vivere insieme a Dubino, in Valtellina.

Nel 2011 a Walter viene diagnosticato un tumore al pancreas: la compagna, tuttavia, gli tiene nascosta la notizia, per paura che egli possa decidere di suicidarsi. Walter Bonatti muore a Roma il 13 settembre del 2011 all'età di 81 anni: i suoi funerali si svolgono il 18 settembre a Villa Gomes, a Lecco, prima che il cadavere venga cremato, e le ceneri tumulate nel cimitero di Porto Venere.

Prima di morire, nel 2008, gli viene data ragione e stilata una nuova e definitiva versione della vicenda del K2, evento per il quale Bonatti combatté per tutta la vita per far emergere le verità, il cui punto principale era costituito dal raggiungimento della vetta di Compagnoni e Lacedelli senza ossigeno; fu invece Bonatti a portare l'ossigeno ai due, fornendo il fondamentale ausilio per la conquista italiana della vetta, fino ad allora inviolata.

Biografia di Cesare Borgia

Terre e papati
13 settembre 1475
12 marzo 1507

Chi è Cesare Borgia?


Cesare Borgia nasce il 13 settembre 1475 a Roma. Il padre è il cardinale Rodrigo Borgia, mentre la madre è Vannozza Cattani. Proviene quindi da una famiglia importante di Roma, originaria della Catalogna, in cui già Alfonso Borgia è eletto papa nel 1455 con il nome di Callisto III e, successivamente, il padre Rodrigo sale sul soglio pontificale nel 1492 con il nome di Alessandro VI. Secondo di cinque figli, suoi fratelli sono Giovanni (detto anche Juan), Cesare, Lucrezia e Goffredo.

Grazie alla bolla papale emanata da papa Sisto IV, Cesare, ancora bambino, ottiene numerosi benefici che gli permetteranno di avere un futuro roseo. In tenera età diventa protonotario apostolico, dignitario della Cancelleria pontificia, rettore di Gandìa, arcidiacono di Altar e Jativa, ottiene la Prebenda e il Canonicato sulla Cattedrale di Valencia, diventa il tesoriere della cattedrale di Cartagèna, arcidiacono della cattedrale di Terragona, canonico della cattedrale di Lerida e ottiene la Prebenda sulla cattedrale di Majorca.

Cesare studia presso l'Università di Perugia con Giovanni Dé Medici, che sarà conosciuto con il nome di papa Leone X. Nel corso degli studi conosce Ramiro de Lorqua, i Baglioni e Michele Corella.

Dopo avere lasciato l'Università di Perugia, continua i suoi studi presso l'Università di Pisa sempre insieme a Giovanni Dé Medici. Tra i sedici e i diciassette anni si laurea nella facoltà di diritto.

Cesare, dal 1492 al 1495, diventa arcivescovo di Valencia, pur non recandosi mai in Spagna e non prendendo in possesso l'arcivescovato; in seguito diventa cardinale, governatore e legato della città di Orvieto. Accumula quindi tutte queste importanti cariche politiche e religiose appena il padre prende le redini del potere nella città di Roma. Nei primi anni di pontificato di Rodrigo, Cesare, avendo tutti questi importanti titoli, vive a Roma in dissolutezza.

Dopo avere incoronato, il 27 luglio 1497, il nuovo re di Napoli, Federico I d'Aragona, Cesare decide di lasciare la carriera ecclesiastica, poiché non si sente portato per quel genere di vita.

L'anno successivo, il Concistoro, sentite le motivazioni di Cesare, gli concede di tornare alla vita secolare. In questo periodo vuole chiedere in sposa la principessa Carlotta d'Aragona che si trova in Francia sotto la tutela del re Luigi XII.

Unendosi in matrimonio con la principessa d'Aragona, ha come obiettivo quello di impossessarsi del Regno di Napoli. Sarà indispensabile la mediazione del papa Alessandro VI per lo svolgimento del matrimonio del figlio. Dopo una lunga trattativa si raggiunge finalmente un accordo: Cesare Borgia potrà sposare Carlotta d'Aragona in cambio dell'annullamento del matrimonio tra Luigi XII e Giovanna di Francia. Il re ha come obiettivo, una volta annullato il suo primo matrimonio, quello di sposare la regina Anna di Bretagna, da lui amata.

Cesare giunge in Francia, ma la trattativa si interrompe non appena la principessa Carlotta lo vede. A questo punto il Borgia, non essendo andato in porto il negoziato, non consegna a re Luigi XII la bolla papale che contiene l'annullamento del suo matrimonio con la regina di Francia. Trattenuto in Francia presso il palazzo reale francese, solo dopo alcuni mesi riesce a trovare la libertà; infatti, con un compromesso ottiene la mano della nipote del re Luigi XII, Carlotta d'Albret, che è originaria della Navarra, una regione spagnola.

Nel 1499 Cesare diventa il comandante dell'esercito pontificio e il 10 maggio dello stesso anno sposa Carlotta d'Albret. Dopo il compromesso raggiunto, stringe una forte alleanza con la Francia, ottenendo anche il ducato di Valentinois e l'importante titolo di Pari di Francia. Nell'estate Cesare, alla guida dell'esercito pontificio, si allea ancora una volta con la Francia nel corso della guerra contro la Spagna. I due eserciti, confidando anche nell'appoggio di Venezia, iniziano l'offensiva, conquistando in primo luogo il ducato di Milano che in quel periodo è sotto il controllo degli Sforza.

La guerra continua e il grande esercito giunge fino ai territori romagnoli che sono sotto la sfera di influenza papale. Alessandro VI viene informato sulla situazione, per cui manda delle lettere ai signori di Urbino, di Pesaro, Faenza, Forlì, Camerino e Imola, invitandoli a lasciare i loro feudi, che sono decaduti. Questa contromossa del papa garantisce al figlio di creare un forte principato. Il potente esercito guidato da Cesare Borgia conquista anche le città di Cesena, Rimini, Piombino, Pianosa e l'isola d'Elba.

Tornato a Roma, è accolto dal padre in modo solenne e trionfale ottenendo l'importante titolo di vicario papale, oltre a del denaro per finanziare l'esercito di cui è a capo. Nella sua residenza romana compone poesie, lavora e mantiene i contatti con gli uomini del suo esercito. Dalla Repubblica di Firenze gli viene inviato come ambasciatore Niccolò Machiavelli e si affida a Leonardo da Vinci per la progettazione delle sue armi belliche e per i disegni planimetrici dei territori che ha conquistato.

Sotto il suo governo l'area romagnola ritrova stabilità e ordine grazie all'istituzione dei tribunali. Nel 1503 progetta l'espansione del suo vasto principato romagnolo, avendo l'intenzione di conquistare le città di Pisa, Lucca e Siena. Non riesce però a raggiungere questo obiettivo, perché il 18 agosto di quell'anno muore il padre, che per lui è stato il suo grande punto di riferimento.

Dopo la morte di Alessandro VI e il breve pontificato di Pio III, sale sul soglio pontificale Giuliano Della Rovere che prende il nome di Giulio III, proveniente da una famiglia nemica dei Borgia.

Il papa, dopo avere tolto il ducato romagnolo a Cesare, lo fa arrestare e imprigionare presso Castel Sant'Angelo. Questi però riesce a evadere dalla fortezza, rifugiandosi a Napoli. Nella città campana il Valentino (così chiamato per il suo ducato di Valentinois) si riorganizza per tentare di riconquistare i territori perduti, ma presto il Papa si accorge della situazione e lo fa deportare, con l'aiuto del re Ferdinando di Aragona, in Spagna. Nel 1506 riesce nuovamente a evadere, trovando riparo in Navarra, regione controllata dal cognato Giovanni III d'Albret.

Cesare Borgia muore il 12 marzo 1507, mentre tenta l'assedio della città di Viana, all'età di trentadue anni. In letteratura è inoltre noto per aver ispirato a Niccolò Machiavelli la figura della sua opera più celebre, "Il Principe".

Biografia di Fabio Cannavaro

Moderno guerriero
13 settembre 1973

Chi è Fabio Cannavaro?


Fabio Cannavaro nasce a Napoli il 13 settembre 1973. Secondo di tre figli inizia subito a giocare al calcio e, alla tenera età di otto anni, entra nell'Italsider di Bagnoli, dopo avere speso, fino a quel momento, gran parte del suo tempo a scorazzare pallone al piede sui campetti in terra di Fuorigrotta.

Napoletano verace, entra nelle giovanili della formazione partenopea a undici anni, vince subito un trofeo (il campionato Allievi nel 1987), avendo così modo di crescere e maturare nella squadra per far emergere tutte le sue potenzialità.

L'adolescenza di Cannavaro coincide con il periodo d'oro del Napoli che, segnato soprattutto dall'arrivo del fuoriclasse argentino Diego Armando Maradona, domina il campionato italiano e non solo. Il Napoli, in quel periodo, vince davvero tutto quello che c'è da vincere.

Fabio, incaricato di fare il raccattapalle allo stadio San Paolo, ha la fortuna di seguire da vicino "El pibe de oro" e di osservare al meglio le giocate di quel grande. Ma oltre alla conoscenza ravvicinata col mito insuperato di tutti i calciatori, Cannavaro ha anche la fortuna di venire a contatto con un grande difensore, Ciro Ferrara, divenuto in breve tempo un modello da seguire e una persona da ammirare. Lo stesso Cannavaro ha dichiarato di aver imparato moltissimo da Ferrara, a cominciare dall'intervento in scivolata, un intervento sempre molto critico per un difensore e ad alto rischio di ammonizione. E' importante che tale intervento, infatti, sia "pulito" ed effettuato nel rispetto delle regole, senza alcuna intenzione di recare danno all'avversario. Suggerimenti importantissimi quelli di Ferrara, sempre seguiti da Fabio come esempio del giusto modo di intendere lo sport e il gioco.

Ma la storia a volte è capace di giocare scherzi veramente inattesi. Dopo tanti allenamenti e tante apprensioni su come diventare un buon difensore, Cannavaro ha modo di marcare, mentre ancora fa parte della Primavera, proprio il suo idolo, il grande Maradona. Qualche intervento eccessivamente duro sul "mostro sacro" gli costano il rimprovero di un dirigente azzurro. A prendere le difese di Cannavaro ci pensa però lo stesso "Pibe de Oro": "Bravo, va bene così" gli disse il grande campione argentino.

Esordisce dunque in serie A a soli vent'anni contro la Juventus, disputando una grande partita. Quando arriva in prima squadra (il 7 marzo 1993) Maradona è già lontano ed il Napoli si stringe proprio attorno al prodotto più prestigioso del proprio vivaio anche se i risultati inizialmente non sono entusiasmanti. Fabio, insieme a tutta la squadra, lotta per la salvezza, mettendo in luce le sue grandi doti esplosive, le stesse che faranno di lui il difensore più rapido e più incisivo della serie A. L'avventura al Napoli dura tre stagioni, poi, nell'estate del 1995, si trasferisce a Parma dove forma una fra le più importanti difese del mondo, insieme a Buffon e Thuram. Con questa retroguardia granitica i gialloblù vincono Coppa Italia, Coppa Uefa, Supercoppa Italiana e vanno vicinissimi allo scudetto nella stagione di Juan Sebastian Veron. In seguito, con la partenza di Lilian Thuram verso la Juventus, il Parma gli consegna la fascia di capitano. Dei gialloblù, da quel momento, è senza dubbio il leader assoluto.

Di pari passo con i successi con il Parma, arrivano le grandi soddisfazioni in azzurro. Poi vari trasferimenti, dal Parma all'Inter, e dall'Inter alla Juventus (2004).

Vince due titoli europei Under 21 con l'Italia di Cesare Maldini (1994 e 1996) ed approda alla Nazionale maggiore il 22 gennaio 1997 in Italia-Irlanda del Nord (2-0). Con la maglia azzurra è protagonista dai Mondiali di Francia 1998, degli sfortunati Europei del 2000, dei discussi Mondiali di Tokio del 2002, e degli Europei 2004 in cui è lui a indossare la fascia del capitano.

Grande beniamino dei tifosi, è amato per il suo carattere leale ma al tempo stesso combattivo. Tutte caratteristiche che lo fanno assomigliare ad un moderno guerriero, capace di lottare arditamente ma anche di commuovere con la sua semplicità. Proprio grazie a queste qualità che lo rendono estremamente affidabile, Fabio Cannavaro è stato anche scelto come testimonial per alcuni spot televisivi.

Il suo successo più importante è senza ombra di dubbio il trionfo ai mondiali di Germania 2006: Fabio Cannavaro per tutta la manifestazione si è dimostrato grande guerriero, guidando una difesa di ferro che ha portato alla vittoria della coppa del mondo. Capitano indiscusso, è stato lui ad avere il privilegio di alzare in cielo il prestigioso trofeo.

Passa poi dalla Juventus al Real Madrid di Fabio Capello. Pochi mesi più tardi, alla fine di novembre, riceve il prestigioso Pallone d'Oro, riconoscimento annuale raramente assegnato a un difensore. Torna alla Juventus nella stagione 2009/2010.

Biografia di Cristiana Capotondi

13 settembre 1980

Chi è Cristiana Capotondi?


Cristiana Capotondi nasce il 13 settembre del 1980 a Roma. Sin da ragazza si avvicina al mondo della recitazione: nel 1992 appare in due spot pubblicitari per la tv italiana (Tegolino del Mulino Bianco e Kinder Colazione Più) e in uno spot pubblicitario per la tv tedesca.

L'anno successivo esordisce in una fiction con "Amico mio", dove recita al fianco di Massimo Dapporto, mentre nel 1994 compare in uno spot contro la droga girato da Marco Risi e nel telefilm "Italian Restaurant", insieme con Nancy Brilli e Gigi Proietti.

Il debutto al cinema

Nel 1995 debutta al cinema nella commedia "Vacanze di Natale '95", in cui presta il volto a una ragazza (figlia del personaggio di Massimo Boldi) che si innamora del celebre attore Luke Perry (il quale interpreta se stesso); quindi, è diretta addirittura da Nanni Loy in uno spot per l'Ape Cross, per poi prendere parte a "SPQR", serie televisiva prodotta da Aurelio De Laurentiis nel quale veste i panni della figlia del personaggio interpretato da Antonello Fassari.

In televisione, poi, si fa notare per altri spot pubblicitari: a regalarle la fama sono quelli del gelato Maxibon, in onda tra il 1998 e il 2000, diretti da Daniele Luchetti e Luca Lucini e che, anche in virtù del tormentone "Two gusti s megl' che one", fanno diventare popolare anche il co-protagonista, Stefano Accorsi.

Sempre sul piccolo schermo, Cristiana Capotondi torna a recitare al fianco di Gigi Proietti in "Un nero per casa", e quindi è nel cast delle miniserie "Anni '50" e "Anni '60", per la regia di Carlo Vanzina. Tra il 2000 e il 2001 recita in "Piovuto dal cielo", film tv di Josè Maria Sanchez in cui compaiono anche Stefania Sandrelli, Ben Gazzara e Lino Banfi, e in "Angelo il custode", diretta da Gianfrancesco Lazotti.

Gli anni 2000

Dopo avere lavorato al fianco di Laura Chiatti e Riccardo Scamarcio nella serie "Compagni di scuola", nel 2002 ritrova Stefano Accorsi nel film per la tv "Il giovane Casanova", diretto da Giacomo Battiato; quindi, recita in "La casa dell'angelo", di Giuliana Gamba. Nel 2004 appare in numerosi lavori televisivi: "Part Time", miniserie diretta da Angelo Longoni, "Virginia, la monaca di Monza", film diretto da Alberto Sironi, "Luisa Sanfelice", miniserie diretta dai fratelli Taviani, e soprattutto "Orgoglio", fiction di Raiuno diretta da Vittorio De Sisti e Giorgio Serafini.

Al cinema, invece, lavora per Neri Parenti in "Christmas in Love", accanto a Christian De Sica e Massimo Boldi (interpretandone nuovamente la figlia), e per Eugenio Cappuccio in "Volevo solo dormirle addosso", accanto a Giorgio Pasotti: per questi due film, ottiene una candidatura ai Nastri d'Argento come migliore attrice non protagonista.

Nel 2005 si laurea con lode all'Università La Sapienza di Roma in Scienze della Comunicazione e partecipa alla seconda stagione di "Orgoglio" ("Orgoglio capitolo secondo"), oltre che al film tv "Le voyage de Louisa". Nel 2006, ritorna nella terza stagione di "Orgoglio" ("Orgoglio capitolo terzo") ed è nel cast della miniserie "Joe Petrosino".

Sul grande schermo, Cristiana Capotondi è protagonista - insieme con Giorgio Faletti e Nicolas Vaporidis - di uno dei grandi successi dell'anno, la commedia di Fausto Brizzi "Notte prima degli esami": impersona Claudia, in un ruolo che le consente di conquistare la sua prima nomination ai David di Donatello come migliore attrice protagonista. L'anno successivo Cristiana recita per Volfango De Biasi in "Come tu mi vuoi" (nuovamente accanto a Nicolas Vaporidis) e per Roberto Faenza ne "I Vicerè".

Nel 2008 è diretta da Riccardo Milani in "Rebecca, la prima moglie", miniserie che rappresenta il remake per il piccolo schermo del celebre capolavoro di Hitchcock, mentre l'anno successivo è nel cast di "Ex", commedia corale diretta ancora da Fausto Brizzi.

Gli anni 2010

Nel 2010 torna a lavorare con Gianfrancesco Lazotti in "Dalla vita in poi", mentre ne "La passione" di Carlo Mazzacurati è al fianco di Silvio Orlando e Corrado Guzzanti; recita, inoltre, nel cortometraggio "The Wholly Family", diretto da Terry Gilliam.

In televisione, invece, Cristiana Capotondi veste i panni della principessa Sissi in una miniserie costata addirittura dodici milioni di euro e diretta da Xaver Schwarzenberger: un ruolo grazie al quale le viene conferito il Premio Romy Schneider.

Nel 2011, anno in cui è testimonial e madrina della 94esima edizione del Giro d'Italia di ciclismo, Cristiana recita nella commedia di Alessandro Genovesi "La peggior settimana della mia vita", dove è la co-protagonista femminile al fianco di Fabio De Luigi, e in "La kryptonite nella borsa", diretta da Ivan Cotroneo: in questa commedia ha il ruolo di Titina, grazie a cui viene candidata ai David di Donatello come migliore attrice non protagonista.

Nel 2012 si cimenta nel doppiaggio, prestando la propria voce al personaggio di Mavis (figlia del conte Dracula) per il cartone animato "Hotel Transylvania"; sul grande schermo, recita in "Il peggior Natale della mia vita", sequel della commedia con De Luigi, ancora per la regia di Genovesi.

L'anno successivo, Cristiana Capotondi è ancora in sala di doppiaggio per il film "Educazione siberiana", di Gabriele Salvatores, prestando la voce all'attrice britannica Eleanor Tomlinson, che interpreta la protagonista femminile, Xenya; partecipa, inoltre, agli esordi come registi di un lungometraggio di Giorgia Farina (in "Amiche da morire", in cui è una delle tre protagoniste insieme con Claudia Gerini e Sabrina Impacciatore) e di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif (in "La mafia uccide solo d'estate").

Nel 2014, esordisce nella conduzione televisiva presentando su Canale 5 una puntata dello show comico "Zelig", al fianco di Giovanni Vernia.

Biografia di Roald Dahl

Imprevedibilmente
13 settembre 1916
23 novembre 1990

Chi è Roald Dahl?


Scrittore per bambini? No, sarebbe troppo semplice classificarlo così, malgrado alcuni suoi libri siano letti da milioni di bambini in tutto il mondo. Scrittore umoristico? Neanche questa definizione si attaglia del tutto a Roald Dahl capace, nei suoi libri, di tali sterzate ciniche o stranianti da lasciare sconcertati. Forse "maestro dell'imprevedibile" è la definizione che più gli si addice. Poco conosciuto fra quelli che consumano solo letteratura alta, chi si è accostato a lui ne ha subito fatto un autore di culto.

Sì, perché Roald Dahl, nato da genitori norvegesi il 13 settembre 1916 nella città di Llandaff, nel Galles, dopo un'infanzia e un'adolescenza segnate dalla morte del padre e della sorellina Astrid, consumato dalla severità e dalla violenza dei sistemi educativi dei collegi inglesi, è riuscito da solo a trovare le forze per andare avanti, ma ha anche saputo elaborare in una scrittura lieve, ma caustica quanto basta, le tragedie e i dolori del mondo.

Prima di diventare scrittore a tempo pieno Roald Dahl si è dovuto adeguare ai lavori più strambi. Appena terminata la scuola superiore si trasferisce addirittura in Africa, presso una compagnia petrolifera. Ma la Seconda guerra mondiale incombe e non risparmia, nella sua furia distruttiva, neanche lo sfortunato scrittore. Partecipa in qualità di pilota d'aereo e scampa per miracolo ad un terribile incidente. Combatte anche in Grecia, Palestina e Siria, finché le conseguenze dell'incidente non gli impediscono di continuare a volare.

Dopo il congedo Roald Dahl si trasferisce negli Stati Uniti e lì scopre la sua vocazione di scrittore. Il primo racconto pubblicato è proprio una storia per bambini. Periodo fecondo della sua vita, questo, condito da decine di aneddoti circa le sue strane abitudini. Una tirchieria patologica in primis ma anche il vezzo di scrivere chiuso in una stanza in fondo al suo giardino, avvolto in un sudicio sacco a pelo e sprofondato in una poltrona improbabile appartenuta alla madre. Si dice che in questa sua stanza nessuno avesse mai potuto riordinare o fare pulizie, con le conseguenze che si possono immaginare. Sul tavolo, una palla color argento fatta con la stagnola delle tavolette di cioccolata che mangiò da ragazzo. Ma al di là degli aneddoti, restano i libri da lui scritti.

Nel 1953 sposa una celebre attrice, Patricia Neal, da cui avrà cinque figli. La sua vita familiare però è sconvolta da una serie di terribili drammi familiari: dapprima il figlio neonato subisce una gravissima frattura cranica, in seguito la figlia di sette anni muore per le complicazioni del morbillo, infine la moglie Patricia è costretta sulla sedia a rotelle da un'emorragia cerebrale. Nel 1990 la figliastra Lorina morirà per tumore al cervello, pochi mesi prima di lui.

Tornato in Gran Bretagna Dahl acquista una popolarità sempre più vasta come scrittore per bambini e, negli anni '80, grazie anche all'incoraggiamento della seconda moglie Felicity, scrive quelli che possono essere considerati i suoi capolavori: Il GGG, Le Streghe, Matilde. Altre storie sono: Boy, Sporcelli, La fabbrica di cioccolato, Il grande ascensore di cristallo.

E' stato anche sceneggiatore di film tratti dai suoi racconti. Così "Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato", del 1971 per la regia di Mel Stuart (tra gli attori interpreti: Gene Wilder, Jack Albertson, Ursula Reit, Peter Ostrum e Roy Kinnear), è una curiosa storia dove il proprietario di una fabbrica di cioccolato bandisce un concorso: i cinque bambini vincitori potranno entrare nella misteriosa fabbrica e scoprirne i segreti.

Roald Dahl ha scritto anche libri per adulti, racconti il cui tema centrale è la sofferenza che nasce dalla crudeltà, la sopraffazione e l'imbarazzo.

Ritiratosi in una grande casa di campagna, il bizzarro scrittore è morto il 23 novembre 1990 di leucemia.

Biografia di Michel de Montaigne

Alla luce dello scetticismo
23 febbraio 1533
13 settembre 1592

Chi è Michel de Montaigne?


Viaggiatore e moralista antesignano del "filosofo ideale" degli illuministi, Michel de Montaigne nacque il 23 febbraio 1533 nel castello di Montaigne nel Périgord in Francia. Educato dal padre in modo del tutto libero ed esente da inutili costrizioni, imparò il latino come lingua materna da un precettore che non conosceva il francese. Studiò diritto e divenne consigliere nel parlamento di Bordeaux (1557).

Il suo primo lavoro letterario fu la traduzione di un'opera del teologo catalano Raimondo di Sabunda (morto a Tolosa nel 1436), ossia il celebre "Libro delle creature o Teologia naturale", un testo di apologetica che cercava di dimostrare, più che con l'appoggio dei testi sacri o dei canonici dottori della chiesa, la verità della fede cattolica mediante lo studio delle creature e dell'uomo. Nel 1571 si ritirò nel suo castello per dedicarsi agli studi. I primi frutti del suo lavoro, raccolti tuttora nella sterminata raccolta di saggi, sono semplici collezioni di fatti o di sentenze, desunte da scrittori diversi antichi e moderni, nelle quali non ancora compare la personalità dell'autore.

Ma in seguito questa stessa personalità comincia ad essere il vero centro della meditazione di Montaigne, la quale assume il carattere di una, per unare una sua espressione, "dipintura dell'io". Nel 1580 egli pubblicò i primi due libri di quelli che divennero i celeberrimi "Saggi", di cui usci una prima edizione in due libri nel 1580. Negli anni successivi continuò a rivedere ed ampliare l'opera fino all'edizione de11588, in tre libri. La morte gli impedì invece di ultimare la revisione di quest'ultima edizione.

Sempre nel '71, invece, Montaigne lasciò la Francia e viaggiò in Svizzera, in Germania e in Italia dove, a Roma, trascorse l'inverno 1580-1581. Nominato sindaco di Bordeaux, ritornò in patria, ma le cure della carica non gli impedirono di attendere allo studio e alla meditazione.

Montaigne attendeva come detto ad una nuova edizione della sua opera con ulteriori arricchimenti, quando morì nel suo castello il 13 settembre 1592.

"La riflessione di Montaigne si colloca in un momento di profondi rivolgimenti nella cultura e nella storia europea, ed egli può dirsi testimone per eccellenza della crisi dei valori e del sistema di conoscenze scientifiche e filosofiche avvertita nell'Europa della seconda metà del Cinquecento: da un lato, la caduta del geocentrismo, la critica ai principi di Aristotele, le innovazioni mediche dimostravano la provvisorietà di ogni acquisizione umana nelle scienze; dall'altro, la scoperta del continente americano imponeva la riflessione su valori morali fino ad allora giudicati eterni e immutabili per tutti gli uomini. Lo sconvolgimento dell'orizzonte culturale convince Montaigne che il cambiamento non è uno stato provvisorio cui possa succedere un assestamento definitivo del mondo umano: la mutevolezza si rivela infatti espressione tipica della condizione umana, impossibilitata a raggiungere verità e certezze definitive; di qui ha origine lo scetticismo montaignano, la critica alla ragione stoica che, fiduciosa nella propria capacità di essere il veicolo della liberazione umana, non si accorge di essere a sua volta determinata da consuetudini, influenze geografiche e storiche" [Enciclopedia Garzanti di Filosofia].

I suoi filosofi preferiti furono Seneca, per il suo stoicismo e la sua razionalità, Catone per il rifiuto alla tirannide, e Plutarco per la sua profondità etica.Fondamentali furono però gli scettici: nota, infatti, è la sua preferenza alla volontà razionale contro le passioni che spingono sovente al fanatismo.

Di lui Nietzsche dirà: "Che un tale uomo abbia scritto, ha accresciuto il nostro piacere di vivere su questa terra".

Biografia di Alain Ducasse

13 settembre 1956

Chi è Alain Ducasse?


Alain Ducasse nasce il 13 settembre 1956 a Castel-Sarrazin. Cresciuto in una fattoria nel Sud-Ovest della Francia, inizia a sedici anni un apprendistato presso il ristorante "Pavillon Landais" di Soustons, frequentando una scuola alberghiera di Bordeaux. Terminato l'apprendistato, inizia a lavorare a Eugenie-les-Bains nel ristorante di Michel Guerard, e durante i mesi estivi presso Gaston Lenotre.

Nel 1977 Alain diventa assistente del celebre Roger Vergè, il creatore della Cuisine du Soleil, al "Moulin de Mougins": in questo periodo entra a stretto contatto con la cucina provenzale, le cui tecniche lo renderanno famoso in futuro.

Divenuto capo-cuoco nel 1980, anno in cui gestisce la cucina di "L'amandier", a Mougins, si trasferisce a Juan-les-Pins l'anno successivo, a "La Terrasse" dell'"Hotel Juana". Premiato con due stelle dalla Guida Michelin del 1984, sfugge nello stesso anno a un incidente aereo.

Dopo aver ricevuto la proposta di diventare capo-cuoco all'"Hotel de Paris" di Montecarlo, inclusa la gestione del "Le Louis XV", nel 1988 Ducasse va oltre i ristoranti decidendo di aprire un hotel in Provenza, "La Bastide de Moustiers", iniziando ad avere interessi economici anche in altri alberghi della regione.

Nel 1996 il cuoco francese apre nel 16esimo arrondissement di Parigi "Le Part - Sofitel" Demeure Hotels, che a otto mesi dall'apertura riceve ben tre stelle dalla Guida Michelin. Ormai pronto a espandere la propria fama e il proprio prestigio al di là dei confini nazionali, Ducasse giunge negli Stati Uniti, aprendo nel giugno del 2000, a New York, un ristorante al 160 di Central Park South: nel 2005, anche quel locale sarà premiato con tre stelle.

Terminata l'avventura nella Grande Mela nel 2007, Ducasse si sposta a Las Vegas, dove inaugura il "Mix"; poco dopo, apre a Washington l'"Adour", nel "St. Regis Hotel" di K Street, e a New York il "Bistro Benoit". Nel 2008, egli, cittadino francese di nascita, viene naturalizzato monegasco: una scelta da lui compiuta per avvantaggiarsi dei benefici fiscali che la residenza del Principato gli garantisce.

Primo cuoco al mondo a possedere tre ristoranti premiati con tre Stelle Michelin in tre città diverse, Alain Ducasse ha locali a Parigi, Londra, Monaco, New York, Washington, Tokyo, Las Vegas, Beirut, Saint-Tropez, Hong Kong, Mauritius, Cartagine, Gstaadt e Castiglione della Pescaia.

A capo di un'organizzazione che conta su circa 1400 impiegati, per un totale di una ventina di ristoranti controllati, Ducasse è anche impegnato nell'editoria, avendo pubblicato diversi libri culinari; organizza corsi di cucina e collabora addirittura con l'Agenzia Spaziale Europea, per la quale lavora allo scopo di individuare gli alimenti e le pietanze più adatte agli astronauti.

Autore di una cucina autentica ed essenziale, orientata verso una clientela esigente, Ducasse propone una visione innovativa dell'Haute Cuisine, ispirata alla natura e al rispetto delle risorse ittiche e agricole.

Nel corso della sua vita ha dovuto fare i conti anche con attentati terroristici compiuti da un'organizzazione armata di Baschi nazionalisti, gli Irrintzi, che hanno tentato di colpirlo nel 2004 dopo che egli aveva aperto un ristorante vicino a Biarritz, in territorio basco francese: veniva accusato dagli attentatori di essere uno speculatore interessato unicamente a spettacolarizzare la causa basca, riducendo il territorio a puro folclore. In conseguenza di quegli eventi, il locale di Biarritz è stato chiuso poco dopo.

Biografia di Ludwig Feuerbach

Scindere la vita dalla religione
28 luglio 1804
13 settembre 1872

Chi è Ludwig Feuerbach?


Il filosofo Ludwig Andreas Feuerbach nasce il 28 luglio del 1804 a Landshut, nella Baviera tedesca; è il quarto figlio del famoso giurista e professore di diritto Paul Johann Ritter Von Feuerbach. La sua è una famiglia molto numerosa: Ludwig ha ben quattro fratelli e tre sorelle. Si iscrive all'Università di Heidelberg con l'intenzione di intraprendere la carriera ecclesiastica, ma il primo approccio con la filosofia hegeliana, favorito dal suo insegnante Carl Daub, lo influenza al punto da indurlo a recarsi a Berlino per intraprendere degli studi in ambito filosofico. A Berlino, infatti, teneva le sue lezioni Hegel in persona. La scelta di Ludwig non viene condivisa dal padre, a differenza della madre, Eva Wilhelmine Troster.

Dopo un semestre a Berlino, completa i suoi studi a Erlangen, dove è costretto a trasferirsi per motivi economici. Ad Erlangen si dedica allo studio della botanica, della fisiologia e delle scienze naturali. Invia la sua tesi di laurea anche ad Hegel, sperando nell'approvazione del suo maestro. Nella tesi sostiene il suo idealismo panteistico, e la sua visione di un mondo in cui la filosofia sostituisca la religione. Inizia la sua carriera di professore universitario proprio a Erlangen, con corsi su Cartesio e Spinoza. La pubblicazione, però, nel 1830 del suo testo anonimo "Pensieri sulla morte e l'immortalità" gli provoca non pochi problemi. Il testo infatti sostiene che l'individuo sia pura apparenza, e che dunque la sua anima non possa ritenersi immortale. Dopo il sopraggiungere, cioè, della morte l'individuo viene ricompreso in una sorta di coscienza universale. Feuerbach giunge persino a definire l'idea di immortalità come una forma di puro egoismo individuale.

Il testo viene immediatamente considerato eversivo, quasi una forma di ribellione al sistema politico vigente. Una volta individuato come autore del testo incriminato, il futuro filosofo viene costretto ad interrompere il suo corso universitario anche perché si rifiuta di negare la paternità dello scritto.

Dopo il licenziamento continua però a scrivere testi filosofici, sostenendo la necessità di una scissione tra cultura e religione e puntando l'attenzione sulla positività degli studi scientifici e naturali. Scrive in questo periodo "Storia della filosofia moderna da Bacone a Spinoza" (1833), "Abelardo ed Eloisa" (1834), "Esposizione, sviluppo e critica della filosofia di Leibniz" (1837) e un saggio su Pierre Bayle. Tenta senza grande successo di riprendere l'attività di docente universitario e dopo una piccola parentesi sempre ad Erlangen non insegnerà mai più.

Grazie al matrimonio con Bertha Low comproprietaria di una fabbrica di porcellane si ritira nel castello di proprietà della moglie, dove conduce una tranquilla vita di studi, continuando a mantenere i contatti con il mondo filosofico tedesco grazie alla sua collaborazione con la rivista "Annali di Halle per la scienza e l'arte tedesca". Il giornale, che avrà varie vicissitudini a causa di una forte opposizione politica, tenta di utilizzare la critica alla filosofia hegeliana come mezzo propositivo di riforme sociali e culturali.

Nel 1839 nasce la primogenita Leonore e nel 1841 la secondogenita Mathilde, che però muore a soli tre anni. Ludwig Feuerbach, sempre più convinto della necessità di uno stato liberale, in cui vi sia una netta separazione di poteri tra trono e chiesa, pubblica "L'essenza del cristianesimo", che diventa una sorta di manifesto della sinistra hegeliana. Durante il periodo burrascoso delle rivoluzioni del 1848 partecipa al Congresso democratico di Francoforte come rappresentante della sinistra democratica. Gli studenti universitari lo esortano a tenere delle lezioni, e, dato il diniego dell'Università a concedere delle aule, le lezioni si svolgono nel municipio cittadino. Verranno poi pubblicate in volume nel 1851 con il titolo "Lezioni sull'essenza della religione".

Il fallimento dei moti di rivoluzionari, lo induce a ritirarsi nuovamente nel castello di famiglia ed ad abbandonare persino gli studi filosofici, preferendo dedicarsi alla geologia. Pubblica solo nel 1857, dopo ben sei anni, le "Theogonie" che affrontano nuovamente il tema a lui caro della religione.

La sua vita privata è intanto sconvolta dalla relazione con Johanna Kapp, figlia di un suo collega. La vita familiare di Feuerbach già messa a dura prova a causa della sua relazione extraconiugale, viene ulteriormente peggiorata dal fallimento della fabbrica di porcellane; l'evento costringe la famiglia a trasferirsi in estrema povertà in un piccolo borgo nei pressi di Norimberga. Lo aiutano in questo terribile momento gli amici e il Partito Socialdemocratico, a cui intanto si è iscritto.

Nel 1867 viene colpito da un ictus dal quale riesce a riprendersi, ma un secondo attacco, nel 1870, gli provoca una paralisi. Ludwig Feuerbach muore due anni più tardi a Rechenberg, il 13 settembre del 1872. Al funerale partecipa una immensa folla di operai.

Biografia di Andrea Mantegna

In prospettiva futura
Anno di nascita: 1431
13 settembre 1506

Chi è Andrea Mantegna?


Andrea Mantegna nasce all'Isola di Carturo (chiamata dal 1963 Isola Mantegna) agli inizi del 1431, anche se cenni storici potrebbero datare il compleanno del pittore già alla fine del 1430. Sulla famiglia di Mantegna non si sa molto: le poche indicazioni parlano di una stirpe estremamente umile, tanto che da bambino Andrea fa il guardiano di bestiame. Dalla provincia si trasferisce in città, la sua Padova, per studiare. All'inizio abita con il fratello maggiore, Tommaso Mantegna, suo tutore legale e sarto di grande successo, nella contrada di Santa Lucia. Poi, a soli dieci anni entra a far parte della bottega di Francesco Squarcione, che lo chiama con affetto "fiiulo" (figlio) e lo ospita nella sua casa come fosse un padre adottivo.

La tecnica del ragazzo migliora giorno dopo giorno e prende spunto dai grandi dell'epoca, come Paolo Uccello, Filippo Lippi e Donatello, che proprio in questo momento storico stavano lavorando nel capoluogo veneto e aiutano Mantegna ad avere, fin da giovanissimo, una carriera artistica fortunata e molto intensa. I rapporti con lo Squarcione non sono però idilliaci, perché se da un lato il padre adottivo permette all'artista di formarsi, dall'altro si trattiene tutti proventi delle sue opere. Riesce quindi a liberarsi della figura del maestro nel 1448, facendogli tra l'altro causa per essere risarcito.

I primi successi arrivano sempre nello stesso anno, quando nel 1448 prende parte alla squadra ingaggiata per decorare la cappella Ovetari nella chiesa degli Eremitani a Padova. Andrea dipinge le Storie di San Giacomo e San Cristoforo. Il giovane artista è ancora minorenne e chiede al fratello Tommaso di firmare per lui il contratto.

Quello che si può ammirare della tecnica utilizzata dal Mantegna è sicuramente la prospettiva, imparata prima da Donatello e poi affinata grazie a Piero della Francesca nel suo periodo ferrarese, che dona alle figure, ma anche alla scena stessa, un'importanza tale da sembrare quasi scolpite nella parete. Inoltre, dà prova di essere un incredibile narratore, differenziandosi da tutti i pittori della scuola dello Squarcione. La maggior parte degli affreschi di questa Cappella, purtroppo, è distrutta nel corso della seconda guerra mondiale nel 1944.

Durante la lavorazione, Mantegna ha diverse incomprensioni con il gruppo di lavoro, così ogni tanto si allontana dalla Cappella. Sono queste pause l'occasione per visitare Ferrara e occuparsi anche di altre attività. Per esempio, viene ingaggiato da Leonello d'Este e per lui realizza piacevolissimi ritratti. Non si trasferisce mai definitivamente nella provincia emiliana, perché a Padova, è sempre in corso il cantiere della cappella Ovetari, che si conclude solo nel 1457. Sicuramente la cosa più importante del "periodo ferrarese" per il pittore è poter vedere all'opera Piera della Francesca, che come abbiamo detto prima, permette a Mantegna di migliorare la sua prospettiva.

Tra il 1450 e il 1451, inoltre, lavora anche per Borso d'Este, il duca di Ferrara, e realizza l'Adorazione dei pastori. In quest'opera si nota l'ammirazione che Andrea ha per la pittura fiamminga e il modo che questa corrente ha di ritrarre la Natura.

Padova segna profondamente la vita professionale del maestro, che resta in questa città fino al 1460, quando decide di trasferirsi a Mantova, per lavorare alla corte di Ludovico III Gonzaga, sostituendo Pisanello (morto pochi anni prima). Un trasferimento molto ragionato: Gonzaga, infatti, deve attendere quasi quattro anni l'arrivo di Mantegna. L'obiettivo del marchese è rinnovare la città, profondamente segnata da artisti importanti come Leon Battista Alberti e Luca Fancelli.

Mantegna è onorato dell'interesse di Gonzaga, ma prima di accettare l'incarico deve portare a termine alcuni lavori importanti, come la Pala di San Zeno, per il coro della chiesa di San Zeno a Verona, e il San Sebastiano, che oggi si può ammirare a Vienna. Il periodo alla corte dei Gonzaga è sicuramente una fase di agio. Mantegna si trasferisce con l'intera famiglia, perché riceve una casa e uno stipendio fisso.

È ormai un artista maturo, ma non smette mai di voler apprendere e rubare (per poi rivisitare e far suoi) i segreti dei maestri dell'epoca. Nel periodo mantovano, sicuramente il rapporto più importante è quello che ha con il cognato Giovanni Bellini, di cui Mantegna ha grande ammirazione. I due artisti alimentano a vicenda le loro opere: il veneziano impara l'arte della prospettiva, mentre Mantegna si avvale dell'intensità cromatica, tipica della scuola veneta.

Alla corta di Gonzaga inizia la sua produzione di ritratti: i più importanti sono quelli dedicati al cardinale Ludovico Trevisan (1459-1460) e il Ritratto di Francesco Gonzaga (1461 circa). Il primo impegno di prestigio è la decorazione della cappella del Castello di San Giorgio, residenza privata del marchese. È qui che ritrae la Morte della Vergine, conservata al Prado e affresca la Camera degli sposi (chiamata anche "camera dipinta" e collocata al primo piano della torre nord orientale del Castello), terminata nel 1474.

Gli anni successivi sono stati abbastanza particolari per il Mantegna, intanto perché nel 1478 è morto Ludovico Gonzaga e poi perché il pittore ha attraversato un periodo economico un po' complicato. In questa fase, Mantegna sente la necessità di essere celebrato per il suo lavoro e di raccogliere i meritati riconoscimenti dopo anni di sacrificio. Nel 1469 è l'imperatore Federico III a realizzare questo sogno, conferendo a Mantegna il titolo di conte palatino e poi nel 1484 diventa anche cavaliere. In futuro ci sono altre decorazioni che segnano la sua vita, ma ormai Mantegna può considerarsi soddisfatto, infatti, continua con passione il suo lavoro di sculture. Nel 1480 realizza il San Sebastiano e, sempre di questo periodo, dovrebbe essere datato anche il Cristo morto, molto famoso per la sua originale prospettiva e ospitato nelle sale della Pinacoteca di Brera di Milano.

Alla fine del quattrocento, dopo essere stato per due anni alla corte papale, torna a Mantova e dipinge, su commissione di Francesco Gonzaga, la Madonna della vittoria, con cui si celebra la battaglia di Fornovo. Inoltre, realizza due tele di carattere mitologico, in questo caso richieste da Isabella d'Este, il "Parnaso" e "Minerva che caccia i vizi". Il suo ultimo lavoro, incompiuto, è la "Favola del dio Como".

Andrea Mantegna muore a Mantova il 13 settembre 1506, all'età di 75 anni, senza riuscire a concludere l'opera.

Biografia di John Boynton Priestley

Teatranti umorismi inglesi
13 settembre 1894
14 agosto 1984

Chi è John Boynton Priestley?


John Boynton Priestley nasce a Bradford, nella regione inglese dello Yorkshire, il 13 settembre 1894.

Questo scrittore inglese raggiunge la notorietà con il suo primo romanzo best-seller intitolato "The Good Companions" (I buoni compagni) nel 1929.

Questo lavoro pur facendo a volte intravedere il tetro sfondo del mondo delle fabbriche, alla fine fornisce soluzioni di spensierata allegria ai problemi dei suoi personaggi e protagonisti.

Scritto nella linea narrativa di Henry Fielding e Charles Dickens, verrà poi ridotto nel 1931 per il teatro.

Il romanzo successivo di Priestley è "Angel Pavement" (La via dell'angelo, 1930), un lavoro più amaro, che racconta una storia incentrata sulla crisi economica; il protagonista è un imbroglione che giunge al porto di Londra per rovinare la vita di alcuni piccoli impiegati di un ufficio della City.

"English Journey" (Viaggio inglese) è il suo libro documentario più toccante; in questo lavoro esprime il senso di rabbia che prova l'uomo dello Yorkshire nel vedere tanta povertà in mezzo a tanta ricchezza.

Quella di Priesley appare come una polemica moderata e benevola nei confronti della società del suo tempo, e a questa contrappone un'umanità pittoresca, descritta in modi umoristici e sentimentali. Queste caratteristiche sono ancor più visibili nelle commedie di sua produzione, dove Priestley mostra una notevole abilità scenica e un dialogo molto brillante.

Meno convenzionali sono i drammi, ispirati spesso ad un vago ideale socialistico, nei quali John Boynton Priestley, dotato di una felice capacità di rappresentazione di ambienti e situazioni e di una fresca vena umoristica, sperimenta sovente nuove tecniche drammatiche.

Alcuni di essi come "Dangerous Corner" (Svolta pericolosa, 1932) o "I Have Been Here Before" (Ci sono già stato, 1937), sconvolgono la sequenza temporale riflettendo le teorie seriali di John William Dunne.

Tra le commedie di Priestley ricordiamo: "Laburnum Grove" (1933), "Eden End" (I cari inganni, 1934), "Time and the Conways" (Il tempo e la famiglia Conways, 1937), "Music at Night" (Concerto di sera, 1938), "An Inspector Calls" (Un ispettore in casa Birling, 1946), "The Glass Cage" (La gabbia di vetro, 1957), "The pavillion of masks" (Il padiglione delle maschere, 1963), "The severed head" (La testa tagliata, 1964), quest'ultima realizzata assieme alla scrittrice inglese Iris Murdoch.

Della produzione letteraria di Priestley ricordiamo invece "The Magicians" (I maghi, 1954), "Saturn over the water" (Saturno sopra le acque, 1961).

Tra i suoi ultimi lavori: "The English way of life" (Il modo di vivere inglese, 1976), "Lost Empires", un volume di ricordi pubblicato nel 1965, e i romanzi "Salt is Leaving" (1966) e "It's an old Country" (1967).

E' inoltre autore di una biografia su Charles Dickens pubblicata nel 1961.

John Boynton Priestley è morto a Londra il 14 agosto 1984 all'età di 90 anni.

Biografia di Arnold Schoenberg

Classiche espressioni di suoni moderni
13 settembre 1874
13 luglio 1951

Chi è Arnold Schoenberg?


Il compositore Arnold Schönberg nasce a Vienna il 13 settembre 1874. Con Stravinskij, Bartók e insieme ai suoi allievi nonchè amici Berg e Webern, è considerato uno dei padri della musica del Novecento, e il massimo esponente dell'Espressionismo musicale.

A lui si deve la rifondazione del linguaggio musicale, inizialmente attraverso l'atonalismo (abolizione della gerarchia dei suoni, propria del sistema tonale), e poi attraverso l'elaborazione della dodecafonia, fondata sistematicamente sull'uso di serie di suoni comprendenti tutte e dodici le altezze del sistema temperato.

L'apprendistato Schönberg è disordinato, tanto che raggiunta una certa maturità si definirà autodidatta e violoncellista dilettante. Vive dapprima a Vienna, poi a Berlino (1901-1903); nel periodo tra il 1911 e il 1915, poi a partire dal 1926 fino al 1933, quando l'avvento del nazismo lo costringe a lasciare la Germania, si stabilisce in California, a Los Angeles. Allievo del viennese Alexander Zemlinsky, sposerà poi la sorella.

Insegna presso l'Università della California dal 1936 al 1944, assumendo la carica di direttore musicale.

Sebbene la produzione artistica di Schönberg non sia vasta, questa presenta capolavori in tutte e tre le fasi della evoluzione linguistica. Tra le opere tardo-romantiche vi sono il sestetto "Verklärte Nacht" (Notte trasfigurata, 1899) e il poema sinfonico "Pelléas und Mélisande" (1902-1903), da Maeterlick. Tra quelle atonali, la "Kammersymphonie op.9" (1907), il monodramma "Erwartung" (L'attesa, 1909) e "Pierrot lunaire op.21" (1912). Tra quelle dodecafoniche, la "Suite op.25 per pianoforte" (1921-23) e l'opera incompiuta "Moses und Aron". Fondamentale è la sua opera didattica, che trova importante realizzazione nel "Armonielehre" (Manuale d'armonia, 1909-1911), dedicato all'amico Gustav Mahler.

Inoltre, negli anni della sua maggiore produzione musicale una stretta amicizia lo lega con il pittore Vassilij Kandiskij.

Muore a Los Angeles il 13 luglio 1951.

Biografia di Clara Schumann

Romantiche sinfonie
13 settembre 1819
20 maggio 1896

Chi è Clara Schumann?


In campo musicale la figura della pianista Clara Schumann è ricordata come una delle più importanti dell'era romantica. Ella stessa fu compositrice come il suo celebre marito Robert Schumann.

Clara Josephine Wieck Schumann nasce a Lipsia il giorno 13 settembre del 1819 da Johann Gottlob Friedrich Wieck e Marianne Tromlitz, entrambe legati al mondo del pianoforte. Il padre dopo gli studi di teologia, da grande appassionato di musica, fonda una fabbrica di pianoforti; la professione della madre è quella di cantante e pianista. La vocazione alla musica di Clara trova radici anche nel nonno, Johann Georg Tromlitz, compositore di buona fama.

Clara è la seconda di cinque figli, ma va ricordato che la sorella maggiore Adelheid morì prima della sua nascita: Clara si ritrova pertanto a ricoprire in casa un ruolo responsabile che l'aiuterà a forgiare una forte personalità. Per contrasti famigliari la madre e il padre divorziano nel 1825. Marianne sposa Adolph Bargiel, insegnante di musica, da anni amico comune della coppia. Dalla nuova coppia nasce Woldemar, destinato a diventare compositore di buon successo.

Friedrich Wieck sposa invece nel 1828 Clementine Fechner, più giovane di vent'anni, dalla quale nasce Marie: una nuova pianista in famiglia. L'uomo intanto non poteva non accorgersi del particolare talento pianistico della figlia Clara: decide perciò di tenere per lei dei corsi privati con il preciso scopo di sviluppare il suo dono naturale.

Wieck sviluppa con la giovane Clara, fin dai suoi cinque anni di età, un metodo pedagogico molto intensivo che la porta a diventare una concertista acclamata (il padre l'accompagna sempre nelle sue tournée), tanto che il metodo verrà utilizzato con grandi risultati anche da Hans von Bülow e da Robert Schumann, futuro marito di Clara.

Il padre gestisce in prima persona le attività concertistiche della figlia occupandosi di allestire le sale, gli strumenti e di gestire i contratti. Il suo primo concerto risale al 20 ottobre 1829. E' ancora in tenera età quando ha l'occasione di esibirsi di fronte a figure di grande spessore culturale quali Niccolò Paganini, Franz Liszt e Goethe. Dopo i primi anni di attività caratterizzati dallo studio di autori imposti dall'intransigente figura paterna, Clara inserisce nei suoi programmi pagine di Ludwig van Beethoven e Johann Sebastian Bach. Dopo aver tenuto moltissimi concerti in numerose città, all'età di 18 anni a Vienna viene nominata virtuosa da camera dell'imperatore.

Ma Clara Schumann è ricordata anche per la sua importante attività di compositrice: le sue "Quatre Polonaises op. 1" vengono pubblicate quando ha solo dieci anni. Seguono "Caprices en forme de Valse", "Valses romantiques", Quatre pièces caractéristiques", "Soirées musicales", un concerto per pianoforte oltre a diverse altre composizioni.

Innamoratasi da tempo di Robert Schumann, conosciuto perché allievo di suo padre, riesce a sposarlo il 13 settembre 1840, proprio nel giorno in cui Clara compie ventuno anni. Il padre di Clara osteggiava l'unione della coppia, pare anche per l'invidia che nutriva verso il talento creativo di Robert.

I primi anni di matrimonio trascorrono sereni: Robert Schumann nel 1843 insegna nel conservatorio di Lipsia, invitato dal suo fondatore Felix Mendelssohn, tuttavia in seguito decide di dedicare le sue attenzioni alla moglie, che si esibisce in diverse tournée in Russia. La coppia si stabilisce poi a Dresda: qui Robert si dedica totalmente alla composizione. Gli spostamenti con il passare degli anni proseguono e Clara si ritrova a dover assistere sempre più il marito, che manifesta sintomi di grave instabilità mentale. Robert soffre di amnesie; a volte rimane assorto per ore. A causa del suo stato viene continuamente licenziato; in un occasione, nel 1854, viene salvato da barcaioli che fermano un suo tentativo di suicidio. Robert finisce per essere internato nel manicomio di Endenich, a Bonn.

Clara non vedrà più il marito per i successivi due anni. Johannes Brahms, che Robert considerava come musicista del futuro, e che per parte sua considerava Schumann il suo unico e vero maestro, resta vicino a Schumann con grande devozione fino alla morte, che avviene il 29 luglio 1856. Analoga profonda amicizia aveva Clara con Brahms il cui legame durerà fino alla morte di lei. Clara Schumann muore a Francoforte sul Meno il giorno 20 maggio del 1896 all'età di 76 anni. Fino ad allora non smise di comporre e suonare.

La vita e la storia di Clara è stata ricordata al cinema in più occasioni con i film "Träumerei" (1944), "Song of Love - Canto d'amore" (1947, con Katharine Hepburn), "Frühlingssinfonie - Sinfonia di primavera" (1983, con Nastassja Kinski). La sua figura è stata ripresa sulla banconota da 100 marchi tedeschi (in vigore prima dell'Euro); il 13 settembre 2012 Google ha celebrato Clara Schumann con un doodle.

Biografia di Italo Svevo

La passione per la letteratura
19 dicembre 1861
13 settembre 1928

Chi è Italo Svevo?


Ettore Schmitz, che utilizzerà lo pseudonimo di Italo Svevo, nasce a Trieste il 19 dicembre 1861, da benestante famiglia ebrea. Il padre Francesco autoritario ed energico, è proprietario di una vetreria; la madre Allegra Moravia, affettuosa e dolce, dedita al marito e agli otto figli.

A dodici anni, insieme ai due fratelli Adolfo e Elio, Ettore viene inviato nel collegio di Segnitz presso Wurzburgo. I suoi studi prevedono materie tecniche commerciali insieme al corretto apprendimento di quattro lingue, indispensabili, in particolare il tedesco, per prepararsi alla carriera di commerciante desiderata dal padre. Ma la lingua tedesca, imparata in pochi mesi, e la passione per la letteratura, consente ad Ettore di leggere i maggiori classici tedeschi: Richter, Schiller e Goethe, alcune ottime traduzioni tedesche di opere di Turgenev e Shakespeare, e con particolare entusiasmo le opere del filosofo Schopenhauer.

Nel 1878 i fratelli Schmitz rientrano a Trieste: Ettore si iscrive all'Istituto superiore commerciale "P. Revoltella", anche se le sue aspirazioni segrete erano la letteratura e un viaggio a Firenze, dove avrebbe voluto recarsi per studiare correttamente la lingua italiana.

L'azienda familiare fallisce; le conseguenti incertezze economiche costringono Ettore a cercare un lavoro.

Nel settembre 1880 viene assunto presso la filiale triestina della Unionbank di Vienna con le mansioni di addetto alla corrispondenza francese e tedesca. Il lavoro impiegatizio non gli impedisce di coltivare la passione per la letteratura né gli ostacola la collaborazione col giornale triestino "L'Indipendente".

Sempre più fermo e deciso nel voler approdare alla carriera di scrittore, nella biblioteca civica di Trieste, dopo il lavoro, Ettore dedica molte ore alla lettura dei classici italiani: Boccaccio, Guicciardini e Machiavelli, e di altri autori contemporanei. Approfondisce poi la conoscenza delle opere di Tolstoj. Legge autori francesi come Flaubert, Daudet, Zola, Balzac e Stendhal.

Inizia a scrivere alcune commedie: "Ariosto governatore", "Il primo amore", "Le roi est mort: vive le Roi", "I due poeti" e alcune novelle: "Difetto moderno", "La storia dei miei lavori", "La gente superiore". Con lo pseudonimo di Ettore Samigli Riesce a far pubblicare su "L'Indipendente" due racconti: "Una lotta" (1888) e "L'assassinio di Via Belpoggio" (1890).

Due anni dopo sceglie lo pseudonimo di Italo Svevo per sottolineare la sua doppia appartenenza alla cultura italiana e a quella tedesca, e pubblica presso l'editore triestino Vram, a sue spese, il suo primo romanzo "Una vita" (1892), che verrà pressochè ignorato dalla critica.

Alla morte nel 1886 di Elio, il fratello prediletto, che gli procura un dolore profondissimo, seguono quella del padre nel 1892, della madre nel 1895 e delle sorelle Noemi e Ortensia. Italo Svevo affronta il calvario di questi lutti famigliari con l'affettuoso aiuto dell'amico pittore triestino Umberto Veruda e con le attenzioni premurose della diciottenne cugina Livia Veneziani. Felicemente innamorato si unisce in matrimonio con Livia il 30 luglio 1896. L'anno seguente nasce la figlia Letizia.

La vita coniugale scorre serena e tranquilla mentre Italo Svevo continua a dividersi fra tre lavori: l'impiego alla banca, l'insegnamento della lingua francese e tedesca all'Istituto Revoltella, il lavoro notturno al giornale "Il Piccolo", dove è incaricato dello spoglio della stampa estera.

Nonostante le numerose ore di lavoro, ricava il tempo necessario per dedicarsi alla scrittura del suo secondo romanzo, "Senilità" (1898), pubblicato ancora presso Vram, sempre a sue spese.

La critica gli rimprovera un uso troppo modesto della lingua italiana e l'attività per cui nutre così tanta passione non decolla. Questo secondo insuccesso di critica e di pubblico scuote profondamente lo scrittore che decide di abbandonare la scrittura per immergersi nuovamente nella lettura di altri grandi autori: Ibsen, Cechov e Dostoevskij.

Nel 1899 lascia definitivamente il lavoro alla banca, inizia ad occuparsi come dirigente dell'industria del suocero e inizia a viaggiare per affari in diversi paesi europei: Francia, Austria, Germania, Inghilterra.

La passione per la scrittura non muore: due anni dopo pubblica la commedia di grande impegno "Un marito" (1903).

Nel 1904 muore l'amico Umberto Veruda. Questo nuovo dolore getta Svevo nello sconforto. Per trovare sollievo gli è d'aiuto l'organizzazione di una mostra di tutti i suoi quadri avuti in eredità, disponendo con testamento che l'intera produzione non fosse mai smembrata.

Nel 1905 il crescente sviluppo delle attività aziendali pongono Italo Svevo nella necessità di perfezionarsi nella lingua inglese; si rivolge a James Joyce, scrittore irlandese giunto a Trieste qualche anno prima per insegnare l'inglese alla Berltz Scholl.

L'amicizia fra i due nasce da subito. Entrambi interessati alla letteratura si scambiano valutazioni sui propri lavori. Joyce, dopo la lettura dei due romanzi di Svevo, esprime all'amico parole di consenso e d'incoraggiamento, che fanno riemergere nello scrittore gli stimoli e la convinzione per poter riprendere il lavoro.

Lo scoppio della prima guerra mondiale separa i due amici. Joyce lascia l'Italia, mentre Svevo resta a Trieste per salvaguardare il patrimonio aziendale. Sono anni in cui Italo Svevo si dedica alla conoscenza della letteratura inglese; cominciò ad interessarsi alla psicanalisi traducendo "La scienza dei sogni" di Sigmund Freud, mentre continua a raccogliere appunti e riflessioni per la scrittura di un romanzo futuro.

Terminata la guerra collabora al primo grande giornale triestino, "La Nazione", fondato dall'amico Giulio Cesari dopo il passaggio della città all'Italia. Contemporaneamente porta a compimento il suo terzo romanzo, "La coscienza di Zeno" (1923), pubblicato dalla casa editrice Cappelli, ancora una volta a sue spese, e ancora una volta sottovalutato dalla critica italiana.

Il successo de "La coscienza di Zeno" arriva grazie all'amico James Joyce, il quale, ricevuto e letto il libro, ne rimane entusiasta; convince Svevo a inviare il testo a critici e letterati francesi V. Larbaud e B. Crémieux, i quali esprimeranno un assoluto apprezzamento e decretandone uno straordinario successo in campo europeo.

Nella primavera del 1925 Italo Svevo si reca a Parigi; incontra i suoi estimatori, fra i quali la dolcissima signora Crémieux, che gli parla delle opere di Marcel Proust, autore a lui ancora sconosciuto.

In Italia è Eugenio Montale a scrivere su "L'Esame", nel dicembre 1925, il saggio critico "Omaggio a Svevo", sulle tre opere ricevute dall'autore stesso, ponendolo sul piano più alto della letteratura contemporanea. Le lodi europee e il consenso delle nuove generazioni letterarie riunite attorno a "Solaria" e al "Convegno", smuovono definitivamente le incomprensioni italiane, forse non completamente immuni da componenti antisemite.

La salute di Italo Svevo è minacciata dall'enfisema polmonare causato dal troppo fumo; riprende comunque con entusiasmo la propria produzione letteraria: scrive i racconti "La madre", "Una burla riuscita", "Vino generoso", "La novella del buon vecchio e della bella fanciulla", tutte pubblicate nel 1925.

Nello stesso anno va in scena a Roma l'atto unico "Terzetto spezzato". Scrive inoltre l'incompiuto "Corto viaggio sentimentale" che verrà pubblicato postumo nel 1949.

Italo Svevo, sempre attivamente appassionato alla lettura, in questi anni legge con ammirato interesse le opere di Marcel Proust e Franz Kafka.

La conoscenza delle teorie freudiane e della cultura europea contemporanea sviluppò la naturale tendenza dello scrittore all'analisi dell'uomo, passando dalla realtà esterna a quella interiore. L'uomo che egli descrive nasce dalla crisi della civiltà dell'Europa dell'ottocento, quello che in "Una vita" non sa reagire di fronte al naufragare di tutte le sue aspirazioni, o il protagonista di "Senilità" privo di slanci e di ardore, spiritualmente vecchio e rassegnato a subire la vita, oppure il ricco borghese "Zeno", privo di ogni alta nobile qualità, senza volontà e malato immaginario di molte malattie, che ha vissuto una vita piena di buoni propositi non mantenuti, di avvenimenti determinati soltanto dal caso.

Nella trilogia dei suoi romanzi Italo Svevo ha espresso il fallimento dei grandi ideali dell'Ottocento, con un linguaggio ironico e amaro, scavando nella coscienza e rivelando miserie e debolezze della natura umana, osservata però con amorevole e rassegnata tristezza: la sua opera si eleva sulla contemporanea letteratura italiana ed esprime il dramma esistenziale dell'uomo moderno che, a quel tempo, trovava riscontro anche nel romanzo europeo.

Nel 1928 inizia a scrivere quello che doveva diventare il suo quarto romanzo "Il vecchione", rimasto purtroppo incompiuto. A due giorni di distanza da un grave incidente automobilistico Italo Svevo muore il 13 settembre 1928 a Motta di Livenza.

I romanzi di Italo Svevo hanno un fondo autobiografico, ma la loro caratteristica più importante consiste nell'approfondimento psicologico dei personaggi, che l'autore studia scavando nel loro animo irrequieto e insicuro, scrutandone tutte le pieghe e tutte le sfumature e creando attorno ad essi lo sfondo di una città, di un ambiente e di una realtà triste e opaca.

Biografia di Fabio Tacchella

Innovazioni Made in Italy
13 settembre 1957

Chi è Fabio Tacchella?


Quando la creatività pura incrocia l'alta cucina diventa arte culinaria. E' questa la natura di Fabio Tacchella, cuoco e consulente gastronomico di altissimo livello, nato nel veronese il 13 settembre 1957. Prima di tutto è cuoco, ma anche scultore, inventore e scrittore. Tutte queste passioni si alimentano a vicenda e trovano la sintesi più alta in cucina, dove il suo estro inesauribile trova la migliore espressione. L'inventiva e la grande maestria si esprimono in modo sempre più straordinario ed efficace anche nell'ideazione di strumenti da cucina e sistemi di cottura innovativi, tutti coperti da suoi brevetti.

In un crescendo di competenze e attività, ha raggiunto oggi i vertici della ristorazione italiana. Fabio Tacchella coltiva questa passione sin da giovanissimo: gli inizi della sua formazione sono all'Istituto Alberghiero di Bardolino del Garda dove consegue il diploma di aiuto cuoco con il massimo dei voti. Frequentazioni prestigiose, tra le quali lo chef Giorgio Gioco, segnano il suo stile in cucina, uno stile molto personale e di continua ricerca.

Attraverso tappe sempre più prestigiose matura la sua professionalità e la sua esperienza. È rappresentante della cucina veronese in Svizzera e insegnante presso centri di formazione alberghiera e infine illustre docente ai corsi di perfezionamento in scuole per professionisti. Dal 1974 è iscritto alla Federazione Italiana Cuochi.

Sono numerosi i premi e i riconoscimenti in carriera che confermano la sua genialità e il suo impegno nell'innovazione: tra questi vi sono le medaglie d'oro e di bronzo alle Olimpiadi di Francoforte, le due argento all'Olimpiade mondiale di Basilea, la direzione - dal 2001 - della squadra nazionale Italiana Cuochi, della Federazione Italiana Cuochi. Anche con la nazionale ottiene ottimi risultati: dalle Olimpiadi mondiali di Berlino, alla coppa del mondo di Lussemburgo, alla European Cutering Cup e il riconoscimento da parte dell'Accademia della Cucina Italiana come miglior cuoco dell'anno 2000.

I segreti della sua arte culinaria sono a disposizione di tutti, Fabio Tacchella, infatti, è coautore e dal 2001 anche autore, di numerosi testi di cucina; collabora con diverse riviste del settore Horeca (termine che si riferisce al settore commerciale dell'industria alberghiera). La divulgazione a tutto campo fa parte della sua natura: trasmettere ai colleghi ed al grande pubblico le sue tecniche lo hanno portato ad essere chiamato in vari programmi televisivi.

La competenza e la fama di Fabio Tacchella sono note anche a livello internazionale: ha collaborato infatti a vari livelli in tutto il mondo, dal Giappone alla Nuova Zelanda, dagli Emirati Arabi al Canada. Uno spirito gaio quello di Fabio Tacchella, che contamina non solo la cucina ma anche i rapporti con le persone che lo affiancano.

Tra le sue invenzioni più prestigiose c'è Carta Fata: prodotto dal 2004, questa speciale pellicola ha introdotto un nuovo sistema di cottura, oggi utilizzato da cuochi di tutto il mondo. Anche la grande industria ne fa utilizzo per proporre prodotti nuovi sul mercato. Utilizzando questo sistema di cottura si rispetta la materia prima, si valorizzano i sapori, si riducono i consumi di grassi, tutto a vantaggio della salute, aspetto che per Fabio Tacchella risiede alla base della sua filosofia professionale.

Un altro prodotto ideato e realizzato dallo Chef Tacchella è Fata Bags, che dal 2010 rappresenta una tecnologia innovativa di altissimo valore: con le buste Fata Bags si può cuocere sottovuoto a 180-200 gradi, cucinando direttamente il prodotto contenuto nelle buste su delle griglie elettriche. Oltre a conferire un sapore più accentuato agli alimenti, evita la formazione di acroleina - tossica per l'organismo - e recupera i tempi di cottura, fa risparmiare grassi e condimenti, energia, minor materiale di cucina da pulire e lavare.

Non a caso per queste sue innovazioni Fabio Tacchella è stato insignito del premio come Chef più innovativo del 2010, alla fiera "Sapore - Tasting Experience" di Rimini. Solo poche settimane prima di ricevere il premio (febbraio 2011) aveva portato la NIC (Nazionale Italiana Cuochi) a vincere tre titoli alla Coppa Continentale d'Irlanda (Medaglia d'oro nella Cucina Calda, Medaglia d'oro nella Cucina Fredda, Trofeo quale Miglior squadra).

Biografia di Tupac

16 giugno 1971
13 settembre 1996

Chi è Tupac?


Tupac Amaru Shakur nasce il 16 giugno 1971 a New York, figlio di Billy Garland e di Afeni, componente delle Pantere Nere e in carcere durante la gravidanza perché accusata di avere cospirato per organizzare un attentato. Nato come Lesane Parish Crooks, il piccolo viene ribattezzato Tupac Amaru Shakur a sei anni, in onore del rivoluzionario del Perù Tupac Amaru II che si ribellò contro i colonizzatori spagnoli.

Poiché il padre naturale Billy è una presenza sporadica durante la sua infanzia, Tupac cresce vedendo come figura paterna Mutulu Shakur, primo marito di sua madre. I primi anni della sua vita sono contraddistinti dall'assenza di una casa fissa e da condizioni di estrema povertà, al punto che - con la sua famiglia - è obbligato a dormire spesso in ricoveri per senzatetto.

Non potendo coltivare amicizie stabili, per tenersi occupato scrive un diario e compone poesie. A dodici anni, entra in una compagnia teatrale di Harlem, con la quale recita in "A raisin in the sun" nel ruolo di Trevis; poco dopo gli viene proposto un contratto discografico, che tuttavia viene rifiutato dalla madre, convinta che il figlio abbia ancora molto da imparare.

Trasferitosi nel Maryland, a Baltimora, entra nella Baltimore School for the Arts, dove ha l'occasione di studiare la danza e il teatro e dove stringe una solida amicizia con Jada Koren Pinkett (futura moglie di Will Smith).

Studente di talento, lettore curioso, con il suo atteggiamento da duro Tupac ottiene il rispetto dei suoi coetanei: è in questo periodo che scrive il suo primo brano rap, ispirato dall'assassinio di un amico, firmato col soprannome di MC New York.

A diciassette anni il ragazzo viene spedito dalla madre a vivere in California, a Marin City, con un amico di famiglia: il trasferimento, tuttavia, non è per nulla gradito, al punto che Tupac Shakur inizia presto a spacciare droga. Diventato amico di Ray Luy, fonda con lui gli Strictly Dope, gruppo hip hop con cui si esibisce nel suo quartiere. Dopo avere sostenuto un provino con la Digital Underground, firma un contratto nel 1990 come rapper e ballerino: i suoi atteggiamenti scontrosi, tuttavia, non gli procurano facili rapporti.

L'anno successivo Tupac Shakur ha l'occasione di collaborare a un disco per la prima volta: si tratta di "This is an EP release", cui segue poco dopo "Sons of the P". Il suo primo album, invece, viene pubblicato il 12 novembre del 1991: si chiama "2Pacalypse Now", e ottiene un ottimo successo di pubblico sia per i messaggi trasmessi, sia per le tematiche affrontate (la vita nel ghetto, il razzismo, la solitudine delle madri nere), sia per la sua abilità nei mixaggi.

Il disco, anche per merito del passaparola tra i giovani, conquista il disco d'oro, trascinato dal singolo "Brenda's got baby": non mancano, tuttavia, polemiche per i riferimenti ad atti di violenza che coinvolgono le forze dell'ordine, soprattutto dopo che un ragazzo sostiene di essere stato ispirato dalla canzone di Tupac "Soulja's Story" per uccidere un poliziotto in Texas.

Così, l'album viene pubblicamente denunciato dall'ex vicepresidente americano Dan Quayle; nonostante ciò, Tupac debutta anche al cinema, nel film "Nient'altro che guai". Al tempo stesso, il rapper deve fare fronte a problemi con la legge: arrestato dopo aver preso parte a una rissa a Marin City in conseguenza della quale un bimbo rimane ucciso da una pallottola vagante, vede ritirate le accuse contro di lui solo dopo avere raggiunto un accordo con i genitori del piccolo.

Nel 1993, Tupac è coinvolto in un'altra rissa, questa volta con due poliziotti, ai quali spara: in seguito si scoprirà che entrambi gli agenti erano drogati e ubriachi, e le accuse contro Shakur verranno ritirate. Sempre nel 1993 il cantante pubblica "Strictly 4 My N.I.G.G.A.Z.", che conquista il disco di platino anche grazie al singolo "Keep ya head up". A dicembre del 1993 viene accusato di violenza sessuale da una ragazza conosciuta in un club, mentre l'anno seguente forma il gruppo Thug Life, con il quale pubblica l'album "Thug Life: Volume 1", che ottiene il disco d'oro.

A febbraio del 1995 egli viene condannato a quattro anni e mezzo di prigione per l'abuso sessuale compiuto; nel frattempo viene pubblicato "Me against the world", il suo nuovo album più volte disco di platino, che include brani di successo come "Dear mama" e "If I die 2nite".

Sposatosi con Keisha Morris, scrive una sceneggiatura, dal titolo "Live 2 tell", e inizia a scontare la propria pena in carcere: dopo quasi otto mesi di detenzione viene rilasciato con la condizionale, grazie al sostegno di Suge Knight, capo della sua etichetta discografica Death Row Records, che paga una cauzione di un milione e 300mila dollari in cambio della firma di un contratto che impegna Tupac a incidere tre album con la casa discografica.

Riottenuta la libertà, il cantante torna in sala di registrazione per lavorare a "All eyez on me", il suo quarto disco da solista, pubblicato nel 1996, all'interno del quale sono presenti i singoli "Ho do u want it", "California Love" (con Dr. Dre) e "2 of Amerikaz most wanted" (con Snoop Dogg): "All eyez on me" diventerà l'album più venduto nella storia dell'hip hop, con più di trentasei milioni di copie.

Nell'estate del 1996 Tupac invita nella sua casa californiana alcuni rapper, tra cui Buckshot, per organizzare la registrazione di un nuovo disco, "One Nation", finalizzato a sanare le controversie tra i rapper della Costa Est e quelli della Costa Ovest. In seguito inizia a lavorare all'album "The Don Killuminati: The 7 Day Theory", in cui si parla di una società corrotta e sono presenti continui riferimenti alla morte.

Il 7 settembre del 1996 Tupac Shakur rimane vittima di un attentato andato in scena a Las Vegas dopo che il cantante ha assistito a un incontro di pugilato tra Bruce Seldon e Mike Tyson: colpito da cinque proiettili provenienti da un'auto in corsa, uno dei quali gli perfora il polmone destro, Tupac rimane gravemente ferito e in coma per sei giorni.

Sottoposto a diverse operazioni, muore alle 16.03 del 13 settembre 1996 all'ospedale di Las Vegas. Dopo la sua morte, vengono pubblicati diversi album postumi di Tupac: "The Don Killuminati: The 7 Day Theory", "R U Still Down? (Remember Me)", "2Pac's Greatest Hits", "Until the End of Time" e "Better Dayz". Non verrà mai fatta chiarezza, invece, sui responsabili del suo assassinio.

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