Biografie di personaggi famosi e storici nato il 28 agosto


Biografie di personaggi famosi e storici


Biografie di personaggi famosi nella storia e celebrità

Sommario:


1. Maurizio Costanzo
2. David Fincher
3. Johann Wolfgang Goethe
4. John Huston
5. Cecile Kyenge
6. Paolo Mantegazza
7. Boris Pahor
8. Sant'Agostino
9. Shania Twain
10. Jack Vance

Biografia di Maurizio Costanzo

Trasmissioni coi baffi
28 agosto 1938

Chi è Maurizio Costanzo?


Il potere televisivo par excellence. Dici Maurizio Costanzo e pensi ad un signore che è la quintessenza di tutto ciò che è meno telegenico possibile, ma anche a colui che è riuscito a diventare un po' l'architrave del sistema mediatico. Cresciuto con il giornalismo nel sangue, figlio di un impiegato al Ministero dei Trasporti e di una casalinga, nato il 28 agosto 1938 a Pescara (e non a Roma, come molti credono) dopo qualche anno di impegno a fondo perduto, a soli diciotto anni mette piede per la prima volta nella redazione del giornale Paese Sera. L'anno dopo è redattore al Corriere Mercantile e a partire dal 1960, bruciando letteralmente le tappe, diventa responsabile della redazione romana del settimanale Grazia.

Nel 1962 passa dal tradizionale universo cartaceo fatto di giornali e rotocalchi, a quello costituito dai nuovi mezzi di informazione, ossia radio e televisione. Qui sfoggia in veste di autore una qualità che molti hanno imparato ad apprezzare anche in seguito: l'eclettismo (Maurizio Costanzo è anche autore del testo della famosa canzone cantata da Mina "Se telefonando").

Nel 1963 sposa Lori Sammartini, di quattordici anni più grande di lui, ma con Costanzo, si sa, la parola matrimonio ha un senso labile. Dieci anni dopo è già al secondo matrimonio con la giornalista Flaminia Morandi (che per lui lascia il marito Alberto Michelini) e nello stesso anno nasce Camilla, sceneggiatrice per la Rai, seguita nel 1975 da Saverio, sociologo e documentarista Rai. Un periodo questo che coincide con la vera nascita dell'astro Costanzo. Il grande successo arriva nel 1976 con "Bontà loro", considerato il primo talk-show della televisione italiana. Seguiranno "Acquario", "Grand'Italia", "Fascination" e "Buona Domenica".

Nel 1978 passa nuovamente alla carta stampata, suo pallino di sempre, e accetta la direzione de La Domenica del Corriere. Ma Costanzo, uomo di progetti quant'altri mai, desidera una creatura tutta sua, vuole appuntarsi all'occhiello il nome di una testata che lo veda Fondatore. Neanche il tempo di gustarsi i privilegi della poltrona alla Domenica, che l'anno dopo fonda e dirige L'occhio. Pare però che, infallibile comunicatore quando c'è la lucetta rossa della telecamera accesa, abbia meno polso con il più tortuoso mondo della carta stampata: il giornale non incontra gran fortuna e fallisce presto.

Meglio il video dunque, e così eccolo pronto a dirigere nel 1980 il primo telegiornale privato, "Contatto", per la rete TV della Rizzoli. Ma una tegola - e di quelle pesanti - sta per abbattersi sul suo capo. Nel maggio 1981 viene scoperta la loggia massonica P2, facente capo a Licio Gelli: il giornalista figura fra la lista degli iscritti. Scandalo e ignominia seguono come da prassi, ma le cronache dell'epoca vedono un Maurizio Costanzo sulla difensiva che si proclama estraneo alla faccenda. In seguito racconterà di essere stato inserito d'ufficio nell'elenco e di aver accettato, sicuramente in modo un po' ingenuo, solo per salvaguardare il suo futuro professionale.

Incassato il colpo il furbo giornalista va avanti per la sua strada. A metà degli anni '80 fonda la società di produzione "Fortuna Audiovisivi", il tassello principale del suo "sistema" di potere. Nel 1986 è candidato nelle liste del partito radicale. Strana scelta, dato che si tratta del partito storicamente con meno potere della storia patria. Ma Costanzo è un uomo dalle mille sorprese e un tipo che sa ragionare e agire anche in modo spassionato, contrariamente a quanto si vocifera. Fra le sue disavventure, vi è anche un episodio inquietante: il 14 maggio 1993 a Roma un'autobomba esplode al passaggio della macchina di Maurizio Costanzo, che in televisione aveva osato augurare il cancro ai boss responsabili degli omicidi dei magistrati Falcone e Borsellino.

Nel 1987 inizia l'appuntamento serale a cadenza quotidiana con il fortunato programma Maurizio Costanzo Show (in onda già dal 1982). Il fidato co-autore Alberto Silvestri ha anche la bella pensata di creare una situation comedy all'italiana, che poi è anche la prima girata sul territorio nazionale. E' "Orazio", nella quale recita anche Simona Izzo, terza compagna del dongiovanni Maurizio Costanzo. Proprio quell'anno i due si separano e così Costanzo ha il via libera per impalmare (e tre!) la bella conduttrice televisiva Marta Flavi; lei è apparentemente dolce, lui è apparentemente burbero, sembrano compensarsi a vicenda, invece il matrimonio dura solo tre anni.

Con il suo "Maurizio Costanzo Show" che, con trent'anni di permanenza al Teatro Parioli di Roma (di cui Maurizio è anche direttore artistico), ha infranto ogni record di longevità di un programma TV. Non si contano poi le cariche o le nomine di cui è titolare. Dal 1999 è presidente di Mediatrade, società del gruppo Mediaset che si occupa di fiction televisiva, mentre l'ultima nata tra le sue attività è la società costituita con Alessandro Benetton, la "Maurizio Costanzo Comunicazione". Presente su Internet, ha lo scopo di aiutare le aziende a gestire la propria comunicazione di immagine.

Per studiare l'ultima evoluzione di Costanzo bisogna risalire al 1989 quando conosce Maria De Filippi (incontrata in una società di consulenza sulla comunicazione e sposata nel 1995), autrice di una lenta ma inesorabile sorta di presa del potere televisivo a scapito del consorte. Il quale, al momento, oltre al routinario impegno con il suo talk-show, dal 1996 è tornato a condurre "Buona Domenica", di cui è anche autore.

Autore poliedrico, Maurizio Costanzo ha scritto anche per il teatro: "Il marito adottivo", "Con assoluta gratitudine", "Un amore impossibile", "Un coperto in più", "Vecchi vuoti a rendere", "Cielo mio marito" (quest'ultima scritta con Marcello Marchesi e Anna Mazzamauro e portata al successo da Gino Bramieri). Attualmente è docente di "Teorie e tecniche del linguaggio televisivo" presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione a Roma (La Sapienza) e collabora a varie testate giornalistiche.

Nell'autunno del 2009 conduce l'ultima edizione del Maurizio Costanzo Show, in cui ripropone due volte a settimana filmati tratti dalle precedenti edizioni. Contemporaneamente annuncia il suo ritorno in Rai, dopo quasi trent'anni di assenza, dove lavorerà autore.

Biografia di David Fincher

Il successo, un poco alla volta
28 agosto 1962

Chi è David Fincher?


Il regista David Fincher nasce il 28 agosto del 1962 a Denver in Colorado, il padre è uno scrittore e la madre un'infermiera psichiatrica. Comincia ad appassionarsi al cinema quando ha solo otto anni e per il suo compleanno riceve in regalo una telecamera Super 8. E' anche la località in cui vive, Marin County, California, a favorire la sua inclinazione artistica. La casa dei genitori dista, infatti, poche centinaia di metri da quella di Geroge Lucas, e David assiste adolescente alle riprese di "American Graffiti" (1973).

Subito dopo il diploma lavora presso la Korty Film alla pellicola d'animazione "Once Upon a time"(1983). Ma la sua strada e quella di George Lucas sono destinate a incrociarsi nuovamente quando viene assunto alla Industrial Light & Magic, azienda di proprietà del famoso regista dove vengono realizzati effetti speciali per film come "La storia infinita" (1984) e "Indiana Jones e il tempio maledetto" (1984).

Lavora contemporaneamente alla creazione di numerose campagne pubblicitarie, e diventa famoso per una pubblicità commissionatagli dalla Lega americana contro il cancro in cui il protagonista è un feto che fuma. Ma le sue attività non finiscono qui, David comincia a dirigere videoclip musicali per celebri star tra cui Madonna, gli Aerosmith, Sting, Iggy Pop, George Michael e Michael Jackson. Anche i committenti delle sue pubblicità diventano sempre più importanti dalla Pepsi alla Levi's, dalla Coca Cola alla Heineken fino alla Nike.

A soli 24 anni, nel 1986, fonda la sua casa di produzione cinematografica, Propaganda films, ma aspetta ancora sei anni prima di debuttare dietro la macchina da presa.

Il suo primo film come regista risale al 1992, e si tratta di "Alien 3" con Sigourney Weaver. Il film si rivela una pessima esperienza da tutti i punti di vista, soprattutto da quello artistico, in quanto molte delle scene vengono tagliate per accontentare i fan, abituati ad uno stile meno cupo. Lo stesso Fincher rivela la propria frustrazione derivante da questa esperienza e la difficoltà a gestire il budget decisamente troppo ingente.

Nel 1990 sposa Donya Fiorentino dalla quale ha un figlio. Il matrimonio però dura solo cinque anni e i due divorziano nel 1995. Nel periodo successivo ritorna ai videoclip e vince un Grammy Award per "Love is strong" dei Rolling Stones.

Il primo vero successo sul grande schermo arriva con il thriller "Seven" in cui dirige attori del calibro di Brad Pitt, Morgan Freeman, Kevin Spacey e Gwyneth Paltrow. Il film incassa al botteghino ben 100 milioni di dollari, un successo che non viene bissato dalla pellicola seguente, "The Game - Nessuna regola", che pure vede come protagonista Michael Douglas.

Il giudizio del pubblico continua a essere imprevedibile anche in occasione dell'uscita del film "Fight Club" (1999) con Edward Norton e Brad Pitt. La pellicola, basata sull'omonimo romanzo di Chuck Palahniuk, tuttavia diventa all'improvviso un cult grazie alla distribuzione in home video. David rimane sorpreso dalle critiche ricevute dalla sua opera che alcuni osannano e altri stroncano definendola un inno alla violenza e un rigurgito porno e fascista. In un'intervista è costretto a chiarire che il suo intento era semplicemente quello di realizzare una dark comedy, venata di spunti satirici.

Nonostante l'accoglienza altalenante tributata ai suoi film, continua con il filone del thriller e nel 2002 dirige Jodie Foster in "Panic Room". La realizzazione del film, ambientato in una casa assalita da una coppia di ladri, si rivela molto difficile perché per ben 100 giorni la troupe lavora in un'unica location.

Di nuovo una storia di violenza e di omicidi ispirata a un fatto di cronaca è al centro del film del 2007 "Zodiac", al quale fa seguito l'exploit de "Il curioso caso di Benjamin Button" (2008). Il film è tratto da un racconto dello scrittore americano Francis Scott Fitzgerald, e vede come protagonisti Brad Pitt e Cate Blanchett. Nonostante David lo definisca un racconto sul tema della morte, il pubblico lo accoglie come una grande storia d'amore. E il successo è tale che il film riceve tredici nomination agli Oscar, aggiudicandosi la statuetta per i migliori effetti speciali, la miglior scenografia e il miglior trucco.

Ma le soddisfazioni non finiscono qui, e diventano ancora maggiori con "The Social Network" (2010), un adattamento del libro di Ben Mezrich su Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook. Il film vince 4 Golden Globe e tre Oscar per la miglior colonna sonora, la miglior sceneggiatura non originale e il miglior montaggio. Nel 2011 gira il secondo adattamento tratto dal romanzo "Uomini che odiano le donne" di Stieg Larsson. Il film con protagonista Daniel Craig vince un premio Oscar nel 2012 per il miglior montaggio.

Biografia di Johann Wolfgang Goethe

Vender l'anima per una poesia
28 agosto 1749
22 marzo 1832

Chi è Johann Wolfgang Goethe?


Johann Wolfgang Goethe, poeta e scrittore tedesco, nasce a Francoforte Sul Meno il 28 agosto 1749 da un'agiata famiglia borghese di un consigliere imperiale. Aiutato dalla madre, giovane e intelligente, mostrò genialità precoce, imparando facilmente più lingue, e scrivendo prestissimo per il teatro delle marionette (dove poté conoscere,

tra l'altro, la popolare leggenda del dottor Faust). A sedici anni lasciò Francoforte per studiare legge a Lipsia. Furono anni di intensa vita sociale e culturale; si interessò alla medicina, alle arti figurative e al disegno, e cominciò a scrivere versi di tonalità anacreontica, libertina e scherzosa.

Alla rottura del breve idillio con Kathchen Schonkopf segui una fase di turbamento e agitazione; poi, col ritorno a Francoforte (1768), una pericolosa malattia. In quel difficile periodo Goethe venne in contatto con l'ambiente religioso dei pietisti, in particolare con Susanne von Klettenberg (alla quale si ispirerà nel "Meister" per il personaggio dell'"anima bella"), e si diede a letture alchimistiche ed esoteriche. Nel 1770 Goethe si recò a Strasburgo per finire gli studi. Vi ebbe la rivelazione dell'arte gotica che, di Shakespeare e di Ossian, soprattutto grazie all'amicizia con Herder, e si innamorò di Friederike Brion, figlia del pastore protestante di Sesenheim.

La gioia e le tensioni di quell'amore, insieme alla partecipazione alla bellezza della natura, intesa come immediata vitalità, gli ispirarono alcune delle più belle liriche di questo periodo, mentre il sentimento di colpa seguito all'abbandono di Friederike diventerà, trasposto, quello di Faust verso Margherita.

Nel 1771, a Francoforte, Goethe scrisse una prima versione (una seconda la pubblicherà nel 1773) del dramma "Gotz von Berlichingen" cavaliere dell'età della Riforma il cui ribellismo libertario esaltava i giovani scrittori dello Sturm und Drang. Di quegli anni (1771-75) sono anche i frammenti lirici di due drammi mai scritti, "Prometeo e Maometto", nei quali troviamo la coscienza orgogliosa della lotta e del dolore degli uomini e I'immagine della vita dell'umanità come acqua che scorre dalla sorgente al mare. Questo momento "titanico" di Goethe si espresse in inni scritti in ritmo libero; fra questi è il cosiddetto "Ciclo del viandante", composto fra il 1772 e il 1774, e concluso nel 1777, quando il poeta era già a Weimar, col "Viaggio d'inverno nello Harz".

Tra il maggio e il settembre 1771 Goethe era stato a Wetzlar, praticante presso il tribunale. Là si era innamorato di Charlotte Buff. Di ritorno a Francoforte, traspose quell'amore irrealizzabile nel romanzo epistolare "I dolori del giovane Werther". Il travolgente successo internazionale di quest'opera, e lo scandalo da essa suscitato, fecero di Goethe il dominatore incontrastato della scena letteraria tedesca. Entrò in rapporto con Klopstock, Lavater e i fratelli Jacobi, e si accostò al misticismo di Swedenborg e a Spinoza.

Un nuovo amore (Lili Schònemann) ispirò a Goethe altre liriche, il dramma "Clavigo" (da un episodio della autobiografia di Beaumarchais), che ha come protagonista la figura del fidanzato infedele, e il "dramma per innamorati" "Stella", che tratta il tema scabroso del "doppio matrimonio". Nel 1775 viaggiò in Svizzera insieme ai fratelli Stolberg e si spinse fino al Gottardo, attirato dall'Italia. Tornato a Francoforte, ruppe il fidanzamento con la Schònemann.

Nell'ottobre, il diciottenne duca di Weimar, Karl August, gli offrì il posto di suo precettore, carica che Goethe accettò.

Aveva già scritto (dopo il 1772), e nel dicembre lesse alle dame di corte, un dramma su Faust: è il cosiddetto "Urfaust", il capolavoro dello Sturm und Drang, ritrovato nel 1887 fra le carte di una damigella che l'aveva copiato. Nelle linee principali la vicenda corrisponde a quella che sarà la prima parte del Faust definitivo: ci sono il dramma del mago e la tragedia di Margherita, espressi in un linguaggio duro e vibrante, soprattutto nelle scene in prosa, che la successiva rielaborazione in versi attenuerà in vista d'una diversa armonia.

In seguito, si dedicò anche allo studio delle scienze, soprattutto mineralogia, botanica e ottica (la sua celeberrima e anti-newtortiana "Teoria dei colori" è l'opera a cui profuse la forze maggiori, con l'intento di farne il suo più importante capolavoro). Il primo decennio weimariano (1775-1786) è profondamente segnato dalla relazione amorosa e intellettuale, di reciproca educazione sentimentale, con Charlotte von Stein; con lei scambiò un memorabile carteggio, ne educò il figlio, le dedicò molte delle sue poesie più belle. In quegli anni Goethe continuò a lavorare al Faust, scrisse la prima versione del "Meister" ("La vocazione teatrale di Wilhelm Meister", anch'essa pubblicata dopo più di un secolo).

Ben presto però anche Weimar gli sta stretta, nasce così l'idea di un viaggio in Italia, nato non tanto dal bisogno di un esteriore omaggio alla classicità (che per lui era la fusione tra natura e cultura), quanto da quell'immagine che lui perseguiva e che avrebbe rintracciato nella grecità e nella "naturalezza" italiana. Arrivato a Roma ne 1786, sente subito rinascere dentro di lui la volontà poetica, il desiderio di stendere versi sublimi che riportassero sulla pagine le sensazioni offerte dal Bel Paese. Visita dunque anche Palermo e Napoli, dove sale sul Vesuvio. Dirà ad Eckermann in un colloquio datato 6 ottobre 1829: "Non mi dispiace affatto che il dottor Gottling parli dell'Italia con tale entusiasmo. So bene anch'io quale era allora l'animo mio! Sì, io posso dire che solamente a Roma ho sentito cosa voglia dire essere un uomo".

Il suo viaggio termina nel 1788. Tornerà ancora brevemente a Venezia nel 1790 e poi ancora definitivamente nella sua Weimar dove, separatosi da Charlotte, inizierà la sua vita con Cristiane Vulpius, anche se da questo momento in poi è forte la sua crisi nei confronti della società e dell'ambiente mondano. Da un altro vero, però, ha inizio il forte e straordinario sodalizio con Schiller, improntato ad un recupero, soprattutto da parte di Goethe di un nuovo e rinvigorito "Calssicismo". Con Schiller, inoltre, scriverà violenti epigrammi polemici ("Xenien"), oltre ad articoli e saggi su varie riviste.

Nel 1809 pubblicò, per l'editore Cotta, "Le affinità elettive" e cominciò la sua autobiografia, "Della mia vita. Poesia e verità" (1831). Nel 1814, la lettura del "Divan dello scrittore persiano Hafiz" gli ispirò le poesie del "Divano occidentale-orientale" (1819). Negli ultimi anni la sua creatività raggiunse livelli altissimi: oltre a scrivere numerose recensioni, elegie, poesie, portò a termine il Meister e il Faust.

Morì a Weimar il 22 marzo 1832.

Scritti di Goethe

Trionfo del sentimentalismo

I dolori del giovane Werther

Divano occidentale

Torquato Tasso

Poesie d'amore

Viaggio in Italia

Le affinità elettive

Massime e riflessioni

Racconti

La missione teatrale di Wilhelm Meister

Faust-Urfaust

Vita di Benvenuto Cellini

Biografia di John Huston

Giorni di gloria
5 agosto 1906
28 agosto 1987

Chi è John Huston?


Di ascendenza irlandese e scozzese, John Houghston nasce il 5 agosto 1906 a Nevada (Missouri), figlio della giornalista Rhea Gore e del grande attore Walter Houghston, giovane in bilico tra la professione di ingegnere idroelettrico e il mestiere di attore per il quale muta il cognome in Huston.

Più volte paragonato a Ernest Hemingway proprio per la sua tendenza al vagabondaggio professionale non meno che nella vita privata, John Huston è stato pugile, militare di carriera, giornalista, uomo di teatro, sceneggiatore di talento e documentarista. Mai come nel suo caso è appropriato parlare di personaggio: la sua vita di regista, sceneggiatore, intellettuale andò di pari passo con l'avventura, di cui fu sempre assetato. Tuttavia Huston rimane uno dei registi più sensibili e introspettivi di Hollywood: basti pensare all'approdo finale della sua carriera, quel "The Dead" che, tratto dai racconti di James Joyce, rappresenta uno dei punti più alti dell'arte cinematografica.

Prima di entrare nel mondo della celluloide John Huston si era dedicato negli anni '30 sia al teatro che alla narrativa, scrivendo soggetti e sceneggiature per la Warner Bros. Esordisce dietro la macchina da presa nel 1942 con "Il mistero del falco", un giallo girato con grande economia, ma che riscuote considerevole successo di critica e di pubblico. E' l'inizio di una prolifica e intensa attività (vince l'Oscar nel 1948 per la regia de "Il tesoro della Sierra Madre") lunga oltre quarant'anni, che vede Huston oltre che regista anche attore in numerose pellicole dirette da altri registi ("Chinatown", 1974, di Roman Polanski, "Il vento e il leone", 1975, di John Milius).

Avversario del maccartismo e amareggiato dalle sue conseguenze sul cinema americano, riversò la sua attenzione su soggetti meno legati all'attualità e alle problematiche del suo paese: ecco allora i film di ambientazione africana come "La regina d'Africa" (1952, con Humphrey Bogart e Katharine Hepburn) a "Il tesoro dell'Africa" (1954), "Le radici del cielo" (1959) o "Moulin Rouge" (1953), "Moby Dick" (1956, con Gregory Peck e Orson Welles) e "Freud - Passioni segrete" (1962).

Il cinema di Huston nei confronti dei generi trattati è eclettico quanto lui: si va dal documentario ("The battle of San Pietro", 1945), al dramma ("Giungla d'asfalto" 1950, e "Città amara", 1972), al western ("Gli inesorabili", 1960), al film storico ("Independence", 1976) fino a "Fuga per la vittoria" (1981, con Sylvester Stallone e Pele') e addirittura al musical ("Annie", del 1982). In quel mastodontico peplum che è "La Bibbia" (1966), poi, si ritaglia pure un ruolo: quello di Noè.

Hustona ha poi realizzato in Messico un film carico di atmosfere e di tensione come "Sotto il vulcano" (1984), premiato a Cannes con un "omaggio" speciale. Ha infine diretto "L'onore dei Prizzi" (1985, con Kathleen Turner e Jack Nicholson) e il già citato toccante omaggio a James Joyce con "The Dead" (1987). In entrambi ha fatto debuttare la figlia portandola a un Oscar.

John Huston muore il 28 agosto 1987, a pochi giorni dalla presentazione del suo ultimo film alla Mostra di Venezia.

Biografia di Cecile Kyenge

28 agosto 1964

Chi è Cecile Kyenge?


Cécile Kyenge Kashetu nasce il 28 agosto del 1964 a Kambove, nella Repubblica Democratica del Congo, e si trasferisce in Italia a diciannove anni, nel 1983. Dopo essersi laureata all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma in Medicina e Chirurgia, si specializza all'Università di Modena e Reggio Emilia in oculistica, esercitando quindi la professione di medico oculista.

Sposatasi con un italiano e madre di due figlie, nel 2004 viene eletta per i Democratici di Sinistra in una circoscrizione del Comune di Modena; più tardi viene nominata responsabile provinciale del Forum della Cooperazione Internazionale ed Immigrazione.

Il 7 giugno del 2009 Cécile Kyenge viene eletta consigliere provinciale a Modena, nelle file del Partito Democratico, entrando nella Commissione Welfare e Politiche Sociali. Nominata responsabile regione delle politiche dell'immigrazione del Pd per l'Emilia Romagna, a partire dal mese di settembre del 2010 è portavoce a livello nazionale di "Primo Marzo", network per cui si occupa della promozione dei diritti umani e in particolar modo dei diritti dei migranti: l'associazione, tra l'altro, chiede l'abolizione del permesso di soggiorno a punti, l'abrogazione del reato di clandestinità e della legge Bossi-Fini, il riconoscimento della cittadinanza tramite lo ius soli e non lo ius sanguinis, e la chiusura dei Cie.

Costantemente impegnata in iniziative riguardanti il diritto di cittadinanza, Cecile Kyenge collabora con Corriere Immigrazione e con Combonifem; coordina inoltre, in collaborazione con l'Università di Lubumbashi, il progetto Afia finalizzato alla formazione di medici in Congo.

In seguito alle elezioni politiche italiane del 24 e 25 febbraio 2013, viene eletta deputata per il Pd, prima donna con origini africane in Parlamento; poche settimane dopo, firma insieme con Roberto Speranza, Khalid Chaouki e Pier Luigi Bersani, suoi colleghi di partito, una proposta di legge per il riconoscimento della cittadinanza agli immigrati, che prevede che venga riconosciuta la cittadinanza a bambini nati in Italia e figli di stranieri che da almeno cinque anni risiedono nel nostro Paese.

Il 28 aprile, infine, Cécile Kyenge è nominata Ministro dell'Integrazione per il nuovo governo guidato da Enrico Letta, diventando così il primo ministro nero della Repubblica Italiana.

Biografia di Paolo Mantegazza

Ricerche e selezioni tra natura e chimica
31 ottobre 1831
28 agosto 1910

Chi è Paolo Mantegazza?


Paolo Mantegazza nasce il 31 ottobre del 1831 a Monza. La madre Laura Solera Mantegazza è ricordata come una delle donne più attive nella lotta politica per la costituzione dello stato italiano: partecipa con il figlio appena sedicenne alla Cinque Giornate di Milano, durante le quali si distingue per le azioni di soccorso nei confronti dei feriti.

Paolo sceglie di studiare medicina e a 23 anni si laurea in medicina e chirurgia presso l'Istituto Lombardo di Pavia. Dopo la laurea approfondisce i suoi studi in America Latina dalla quale torna nel 1858 dopo aver acquisito la specializzazione come medico igienista. I suoi interessi sono davvero molto vari. E' un convinto assertore della positività delle teorie evoluzionistiche di Charles Darwin, e si occupa da questo punto di vista di problematiche come la selezione sessuale e l'atavismo, inteso come ritorno in un individuo di tratti e caratteristiche appartenenti a generazioni precedenti.

In campo medico si rivela subito uno sperimentatore: a metà Ottocento tenta la fecondazione artificiale e pensa alla possibilità di utilizzare i processi dell'ibernazione in campo medico. La sua rivoluzionaria idea è cioè quella di costituire una sorta di banca del seme, prelevandolo a tutti i soldati in partenza per la guerra.

In Sud America osserva gli effetti prodotti sugli indigeni dall'uso delle foglie di coca, e nel 1859 scrive il saggio "Sulle virtù igieniche e medicinali della coca e sugli alimenti nervosi in generale". Mantegazza esalta le virtù positive delle foglie di coca, soprattutto nella cura delle malattie mentali. Il suo interesse non è rivolto però solo alla cocaina, ma ad una serie di droghe, di cui fornisce una ampia classificazione nel testo "Quadri della natura umana. Feste ed ebbrezze", pubblicato nel 1871.

Una volta ritornato in Italia gli viene affidata per un periodo la cattedra di Patologia all'Università di Pavia. E a Pavia fonda il primo laboratorio europeo di Patologia Sperimentale. La sua attività di innovatore continua con la fondazione nel 1869 della prima cattedra italiana di Antropologia e del Museo Nazionale di Antropologia ed Etnologia a Firenze. Il suo interesse per l'antropologia e le teorie di Charles Darwin sono tali che con Felice Finci fonda la rivista "Archivio per l'Antropologia e l'Etnologia" (1871) e la Società Italiana di Antropologia e Etnologia.

L'esempio ricevuto dalla madre in giovane età lo induce a non abbandonare mai neanche la partecipazione attiva alla vita della neonata Repubblica Italiana. Nel periodo compreso tra il 1865 e il 1876 ricopre la carica di deputato e in seguito viene nominato senatore.

La sua personalità eclettica e curiosa lo porta ad interessarsi a tanti argomenti differenti persino alle leggende legate ai fiori. E' anche un pioniere negli studi di neurofisiologia e fisiologia degli stati nervosi, sui quali scrive testi come "Fisiologia del dolore", (1880), "Le estasi umane" (1887) e "Fisiologia del piacere" (1877).

Il medico lombardo è consapevole dell'aspetto avanguardistico dei suoi studi, soprattutto nel campo delle droghe. Lui stesso affermerà che tutto quello a cui si interessa diventerà molto presto "Scienza grossa".

Per poter testare la validità delle sue teorie sperimenta direttamente su se stesso l'effetto delle droghe, e prima di prescriverle per una terapia, verifica sempre scrupolosamente gli effetti; si tratta di fatto di una pratica medica assolutamente nuova e sperimentale per la sua epoca.

A seguito delle sue ricerche giunge alla conclusione che gli alimenti nervosi possano essere di grande giovamento per l'uomo, ovviamente se assunti con "prudente abbondanza". La sua idea è che l'ebbrezza che questi inducono sia positiva, in quanto esaltatrice di uno stato d'animo capace di allietare la vita. Il suo concetto di ebbrezza è però molto ampio e ed egli parla anche di ebbrezza da gioia, da amore o da ambizione. I suoi scritti scientifici sono ricchi anche di passaggi quasi romanzeschi.

Per "alimenti nervosi" intende prodotti come il caffè, il tè, il mate, il guaranà, il tabacco, l'oppio, l'hashish, fino alla cocaina e al kava. Da vero precursore comprende anche che il suo sforzo classificatorio verrà presto superato non dalla natura, ma dalla chimica che, secondo lui, darà ai ragazzi nuovi alimenti nervosi capaci di solleticare la loro psiche.

Dal 1870 al 1890 compie una serie di viaggi in varie regioni, anche sconosciute, per completare e approfondire i suoi studi che lo rendono molto celebre in Sud America, e in particolare in Argentina, Bolivia e Paraguay.

Paolo Mantegazza muore a San Terenzo (frazione di Lerici, in provincia di La Spezia) il 28 agosto del 1910, all'età di 78 anni.

Biografia di Boris Pahor

Testimone al confine
28 agosto 1913

Chi è Boris Pahor?


Lo scrittore sloveno Boris Pahor nasce a Trieste il giorno 28 agosto 1913. Finite la scuole medie frequenta il seminario di Capodistria che per non termina. Con l'avvento dell'occupazione tedesca della Venezia Giulia, si unisce alle unità partigiane slovene che operavano nella zona.

Catturato dai nazisti Pahor viene internato in vari campi di concentramento prima in Francia e poi in Germania (Natzweiler-Struthof, Dachau, Bergen-Belsen). Terminato il conflitto mondiale torna nella città natale, aderendo a numerose imprese culturali dell'associazionismo cattolico e non-comunista sloveno.

Negli anni '50 diventa il redattore principale della rivista "Zaliv" (Golfo) che si occupa di temi letterari, ma anche di questioni di attualità. In questi anni Boris Pahor mantiene un contatto costante e stretto con Edvard Kocbek, poeta sloveno dissidente suo caro amico. Insieme allo scrittore Alojz Rebula, nel 1975 pubblicherà il libro "Edvard Kocbek: testimone della nostra epoca" (Edvard Kocbek: pri?evalec na?ega ?asa): il testo provoca aspre reazioni da parte del governo jugoslavo. Le opere di Pahor vengono proibite nella Repubblica Socialista di Slovenia e all'autore viene proibito l'ingresso in Jugoslavia.

Grazie alla sua postura morale ed estetica, Pahor diventa uno dei più importanti punti di riferimento per la giovane generazione di letterati sloveni, a cominciare da Drago Jan?ar, uno dei più noti scrittori sloveni contemporanei, le cui opere sono state tradotte in tutto il mondo in una ventina di lingue.

L'opera più nota di Pahor si intitola "Necropoli" (1997), romanzo autobiografico sulla sua prigionia a Natzweiler-Struthof.

Tra i premi e i riconoscimenti ricevuti ricordiamo il Premio Preseren nel 1992, il San Giusto d'Oro nel 2003 e la prestigiosa onorificenza francese della Legion d'onore nel 2007.

Boris Pahor vive e lavora a Trieste.

Biografia di Sant'Agostino

Dio nell'intimo della coscienza
13 novembre 354
28 agosto 430

Chi è Sant Agostino?


Nato il 13 novembre dell'anno 354, figlio di un consigliere municipale e modesto proprietario di Tagaste in Numidia e della pia madre Monica, Agostino, africano di nascita ma romano di lingua e cultura, filosofo e santo, è uno dei più eminenti dottori della Chiesa. Pur studiando prima a Cartagine e poi Roma e Milano, condusse in giovinezza una vita sregolata poi segnata da una celebre conversione grazie soprattutto allo studio dei filosofi antichi.

La sua lunga e tormentata evoluzione interiore comincia con la lettura dell'Ortensio di Cicerone che lo entusiasma per sapienza ed acutezza ma ne guida i pensieri verso tendenze razionaliste e naturaliste. Poco dopo, lette senza frutto le Sacre Scritture, rimane affascinato dall'antagonismo dei manichei tra i due principi opposti e coeterni: Bene-Luce-Spirito-Dio da una parte e Male-Tenebre-Materia-Satana dall'altra.

Accortosi attraverso l'appassionato studio delle arti liberali dell'inconsistenza della religione di Mani (da cui appunto deriva il termine "manicheo"), soprattutto dopo il deludente incontro con il vescovo manicheo Fausto, definito in seguito nelle "Confessioni" (il suo capolavoro spirituale, narrazione dei suoi errori di giovinezza e della sua conversione), "gran lacciuolo del diavolo", non torna alla Chiesa cattolica ma si avvicina alla tentazione scettica dei filosofi "accademici" e si tuffa nella lettura dei platonici.

Sempre come maestro di retorica, Agostino lascia Roma alla volta di Milano dove l'incontro con il vescovo Ambrogio è fondamentale per la sua conversione riuscendo a interpretare "spiritaliter" la Scrittura e a renderla intelligibile.

Nella notte tra il 24 e il 25 aprile 386, vigilia di Pasqua, Agostino viene battezzato dal vescovo insieme al figlio Adeodato avuto a diciassette anni. Decide di tornare in Africa ma ad Ostia muore la madre: decide pertanto di tornare a Roma dove rimane fino al 388 continuando a scrivere.

Si ritira a Tagaste, in Africa, conducendo un programma di vita ascetica e, ordinato sacerdote, a Ippona ottiene di fondare un monastero.

Dopo un'intensissima attività episcopale, Agostino muore il 28 agosto del 430.

Il pensiero di Sant'Agostino riguarda il problema del peccato e della Grazia come unico mezzo di salvezza.

Sostenne contro il manicheismo, la libertà dell'uomo, il carattere personale della responsabilità etica e la negatività del male.

Sviluppò dal punto di vista filosofico il tema dell'interiorità, in particolare sostenendo che è nell'intimità della propria coscienza che si scopre Dio e si ritrova la certezza che fa superare il dubbio scettico.

Fra le sue opere fondamentali va anche ricordato lo splendido "La città di Dio", quadro della lotta tra il cristianesimo e il paganesimo traslata nella lotta tra la città divina e la città terrena.

(Nella foto: - Sant'Agostino Vescovo - particolare - Sandro Botticelli)

Biografia di Shania Twain

Sulla strada della musica
28 agosto 1965

Chi è Shania Twain?


Icona della musica country, Shania Twain (il cui vero nome è il meno esotico Eileen) è nata il 28 agosto 1965 a Windsor, nell'Ontario, seconda di cinque figli, fin da giovanissima viene incoraggiata dai genitori Sharon e Jerry (il padre era un indiano appartenente alla tribù degli Ojibway), a seguire la sua stella musicale. E non è forse un caso che il suo nome d'arte, Shania appunto, in lingua Ojibway significhi "Sulla mia strada".

La piccola cantante era già notevolmente portata per la musica fin dai suoi primi vagiti: "A tre anni, facevo esperimenti con le armonie, i toni e le risonanze. Avevo sei anni quando sono entrata nel mio primo coro, e otto quando ho iniziato a cantare professionalmente nei club", racconta lei.

Eileen inizia a scrivere e a eseguire le sue canzoni all'età di dieci anni, mentre d'estate lavora con suo padre nelle operazioni di rimboschimento della foresta canadese. I suoi riferimenti musicali di quel periodo, ma mai spiritualmente abbandonati, sono cantanti country come Tammy Wynette e Willie Nelson ma anche personalità del pop come Stevie Wonder, Mamas and Papas e The Carpenters.

Dopo il diploma Eileen si trasferisce a Toronto dove tenta di imporsi nel mondo della musica, ma nel 1987 una terribile tragedia irrompe nella sua vita, paralizzandone le attività e spezzando momentaneamente i suoi progetti: i suoi genitori rimangono uccisi in un grave incidente d'auto: Shania è così costretta a tornare per fare da madre ai suoi fratelli più piccoli, scordandosi per il momento la musica. Dotata di grande intraprendenza, non ha però intenzione di lasciare quella strada che è già in parte scritta nel nome che si è scelta, e così persevera nel suo obiettivo: fare della musica la sua vita.

L'album d'esordio arriva nel 1993 e si intitola come spesso avviene solo con il nome dell'artista. Purtroppo le vendita di questa prima uscita non sono entusiasmanti tanto che la bella cantante sarà più volte tentata di lasciar perdere e di cambiare strada. Fortunatamente due anni dopo le cose cambiano e nel gennaio 1995 poi quando esce il suo singolo "Whose Bed Have Your Boots Been Under?" che si rivela un gran successo; così come tutto il secondo album "The woman in me" che vende oltre dieci milioni di dischi.

Nel 1997 raggiunge il boom mediatico con il terzo album "Come on over" e con il singolo "That don't impress me much".

Nel 2002 eccola ricomparire alla grande sulle scene, dopo un lungo silenzio, col nuovo album "Up!": Look rinnovato e immagine rinfrescata per un nuovo singolo che è andato ben oltre le aspettative: quel "I'm gonna getcha good", forse il suo più grande successo, che è diventato il classico tormentone di cui è quasi impossibile liberarsi.

Biografia di Jack Vance

Il re del genere fantastico
28 agosto 1916
26 maggio 2013

Chi è Jack Vance?


John Holbrook Vance, meglio noto come Jack Vance, nasce a San Francisco, nello stato della California, il 28 agosto del 1916. Affermato autore americano, scrittore del genere fantasy è famoso per le sue opere di fantascienza e per la sua straordinaria prolificità.

L'ambiente bucolico deve aver influito non poco sulla futura ispirazione di questo scrittore, perché è sempre agli anni dell'infanzia che, quando può, fa riferimento Jack Vance, a volte indirettamente anche attraverso le sue storie. Da bambino, superato il dispiacere della separazione dei genitori, il piccolo John cresce nel ranch dei nonni materni, insieme con i suoi molti fratelli, in una fattoria di Oakley, nel delta del fiume Sacramento. Vi si trasferisce, con la madre, intorno agli anni '20.

Sin da ragazzo, anche dai tempi del liceo, Vance legge molto e scrive anche, comprese le poesie. Si nutre di riviste pulp, come "Weird Tales" e "Amazing Stories". Per sua stessa ammissione, divora autori come Edgar Rice Burroughs, Jules Verne, Lord Dunsany e P.G. Wodehouse.

Finito il liceo, non può permettersi un'istruzione all'università, almeno non subito. Così, il giovane John comincia una serie di lavori occasionali, girando l'America in cerca di fortuna, alla maniera degli scrittori beat, ma molto prima di loro. Lavora come raccoglitore di frutta, operaio, minatore, addetto ai pozzi petroliferi, impiegato in un conservificio e molto altro ancora. Prima della Seconda guerra mondiale però, fa in tempo a riprendere gli studi, e si iscrive all'Università di Berkeley, in California. Geologia, ingegneria, fisica e, solo alla fine, giornalismo, sono le materie che approfondisce, senza tuttavia portare a termine gli studi. Contemporaneamente, sempre in questi anni '30 lavora nei cantieri navali di Pearl Harbor, specializzandosi anche come elettricista.

Nel 1940 Jack Vance, allora conosciuto soltanto come John, si arruola come marinaio nella Marina Mercantile Statunitense. Gira per mari, naviga nel Pacifico e scopre quei posti che dopo, ripescherà per le sue storie. Ad ogni modo, già in questa esperienza militare, per così dire, porta a termine diversi racconti, su cui si ripromette di ritornare in tempi di maggiore tranquillità. In realtà, il suo primo racconto esce quando ancora il conflitto non è finito, sulla rivista "Thrilling Wonder Stories" e si intitola "The World Thinker". È l'inizio del ciclo della "terra morente".

Rientrato in America, riprende il giro di mestieri, aggiungendo nella sua lista anche quello di musicista jazz e di muratore. Ma ben presto, incoraggiato dai racconti che riesce a pubblicare anche sull'altra rivista che accoglierà gran parte della sua produzione di questi anni, la "Startling Stories", si dedica quasi interamente alla scrittura. Intanto, nel 1946 sposa Norma Inglod. Più tardi, avuto il suo primo figlio, si trasferisce in una delle tantissime case della sua vita, alcune galleggianti, come quella nel Kashmir, altre interamente autonomamente costruite, come questa prima abitazione nella quale va a convivere con la moglie e il figlio, prima degli anni '50.

Nel 1948, pertanto, Vance comincia a pubblicare la serie di brani incentrata sulle avventure di Magnus Ridolph. Il detective che viene dal futuro piace alla gente e la rivista accoglierà le sue storie, ricche di colpi di scena e di risoluzioni al limite della legalità, fino al 1966.

Due anni dopo, Jack Vance esce con il suo primo romanzo, che si intitola "The Dying Earth". È un fantasy in piena regola, il quale mette insieme sei racconti scritti in precedenza dall'autore californiano, rielaborati e rivisti in modo unitario. Le ambientazioni, i personaggi, gli intrecci rendono unico il lavoro di Vance e lo ispirano per i sequel, che non tardano a venir fuori, uno dopo l'altro. Secondo la critica, in quegli anni ha luogo grazie a Vance il "ciclo fantasy più bello degli ultimi cinquant'anni". "The Eyes of the Overworld", "Cugel's Saga" e "Rhialto the Marvellous", che escono in successione e continuano il primo romanzo, sono un successo di pubblico non indifferente.

La 20th Century Fox lo vuole come sceneggiatore e Jack Vance prende parte ad alcuni progetti, cominciando una collaborazione che dura un ventennio, sebbene a fasi alterne, dai primi anni '50 fino a quasi gli anni '70. A New York, scrive sceneggiature per il programma TV "Captain Video".

Intanto, sempre con la moglie, si dedica ai viaggi, la sua passione. Dai luoghi più esotici all'Europa, compresa l'Italia. Alla fine degli anni '50 porta a termine "L'odissea di Glystra" e "Il Linguaggio di Pao", comincia la "Trilogia di Durdane" e il ciclo dei "Principi demoni". Inoltre, scrive il noto "Uomini e draghi", che gli vale il "Premio Hugo", esattamente nel 1963.

Come sua abitudine, l'autore nativo di San Francisco riprende vecchi temi e vi ritorna sopra, come nel ciclo della "Terra morente", il primo da lui creato. Nel 1966 scrive "Gli occhi del Sopramondo", proprio mentre lancia l'ennesima avventura a puntate, quella della serie di "Tschai", che si apre con "Il Chasch", nel 1968. A questo seguono "Il Wankh" e "Il Dirden", entrambi del 1969, e "L'Unep", del 1970, che chiude definitivamente la rassegna.

Si dedica anche a romanzi unici, come "Il castello", del 1966, che vince sia il "Premio Nebula" nel 1966 che "l'Hugo" nel 1967.

Gli anni '70 e '80 sono dedicati rispettivamente a due cicli, che inventa dal nulla, entrambi di successo. Il primo è il ciclo di "Alastor", detto anche "dell'ammasso stellare", che si compone di "Trullion", "Maraun" e "Wyst", i quali escono rispettivamente nel 1973, nel 1975 e nel 1978. Il secondo è quello di "Lyonesse", che è una riscrittura in chiave romanzesca di certe antiche leggende d'ambito celtico, comprendente "Il giardino di Suldrun", del 1983, "La perla verde", del 1985, e "Madouc", del 1990.

Tuttavia Jack Vance non di rado sceglie alcuni pseudonimi per dare vita al proprio materiale fantastico, talvolta alternandolo con una produzione giallistica di tutto rispetto. Con i nomi di John Holbrook, Alan Wade, Peter Hold ed Ellery Queen si dà proprio al genere del giallo, con cui vince il premio più prestigioso per la letteratura di questo tipo, "l'Edgar Wallace Award".

Nel 1997 inoltre, Vance viene insignito del prestigioso riconoscimento "Gandalf Grand Master" alla carriera.

Dopo le "Cronache di Cadwal", per concludere il resoconto della sua sterminata produzione, scritte a cavallo tra gli anni '80 e '90, i suoi ultimi romanzi, tutti unici e senza continuazioni, sono "Nightlight", del 1996, "Ports of call", del 1998, e "Lurulu", pubblicato nel 2004.

Considerato un "mostro sacro" del fantastico, con le sue oltre 600 pubblicazioni in oltre cinquant'anni di scrittura, Jack Vance ha vissuto sempre con la moglie e con uno dei suoi figli ad Oakland, in California.

Jack Vance è morto all'età di 96 anni il 26 maggio 2013.

Contenuto Consigliato