Biografie di personaggi famosi e storici nato il 9 agosto


Biografie di personaggi famosi e storici

Biografie di personaggi famosi nella storia e celebrità


  1. Biografia di Gillian Anderson
  2. Biografia di Eric Bana
  3. Biografia di Enzo Biagi
  4. Biografia di Hieronymus Bosch
  5. Biografia di Mauro Corona
  6. Biografia di Barbara De Rossi
  7. Biografia di Hermann Hesse
  8. Biografia di Whitney Houston
  9. Biografia di Filippo Inzaghi
  10. Biografia di Tommaso Landolfi
  11. Biografia di Ruggero Leoncavallo
  12. Biografia di Romano Prodi
  13. Biografia di Toni Servillo
  14. Biografia di Sharon Tate

Biografia di Gillian Anderson

X-Films
9 agosto 1968

Chi è: Gillian Anderson


Per la maggior parte del pubblico, soprattutto quello televisivo, lei è Dana Scully, ossia l'impassibile, seria e razionale agente speciale dell'FBI impegnata insieme al collega Fox Mulder a risolvere i mille enigmi, nella media spaventosi e inquietanti, della serie tv X-Files. Se il personaggio ha quasi fagocitato la persona (e ancora di più l'attrice, che rischia di essere imprigionata nel ruolo), tutto si può dire di Gillian Leigh Anderson tranne che sia un'artista che riposa sugli allori. Molto intelligente, laboriosa, affascinante e con una personalità spigliata e vivace, ama molto il suo lavoro sebbene per un certo periodo sembra abbia sofferto lo stress dei ritmi serrati tipici della produzione di un telefilm.

Nata il 9 agosto 1968 da Rosemary ed Edward Anderson, nell'ospedale di Santa Maria di Nazareth a Cook County, Chicago - Illinois, è una sorta di figlia d'arte. Trasferitasi infatti a sei mesi con i suoi genitori a Portorico (dove si stabiliranno per circa un anno), in seguito la famiglia si sposta a Londra, tappa obbligata per il padre, intenzionato a specializzarsi nel settore della post-produzione cinematografica. Gillian inizia i suoi studi alla London Film School. Qualche mese prima di cominciare il quinto anno di scuola, la famiglia ritorna negli USA e si stabilisce a Grand Rapids, Michigan.

Adolescente ribelle, Gillian coltivava comunque ambizioni scientifiche prima che il demone della recitazione la assalisse durante il liceo. Così, sulla spinta di queste ambizioni artistiche, torna a Chicago per studiare recitazione alla scuola di teatro Goodman della DePaul University, dove viene notata nel corso di uno dei saggi finali da un'agenzia di attori con sede a New York: la William Morris.

L'agenzia si offre di presentarla come attrice professionista se accetta di trasferirsi a New York e, poco tempo dopo, la ventiduenne Gillian si reca nella grande mela, dove, per un po' di tempo, per sbarcare il lunario fa la cameriera in due ristoranti diversi. Intanto intraprende una seria carriera teatrale, inclusa un'interpretazione nella produzione di Alan Ayckborne "Absent Friends" per cui vince un "Theatre World Award" nel 1991. Interpreta anche una parte in "The pilonthropist" di Christopher Hampton al "Long Wharf Theatre" a New Haven. Segue una breve parentesi a Los Angeles, dove si propone per diverse audizioni. Durante questo periodo riesce ad ottenere una parte in un film chiamato "Home fires Burning" e presta la sua voce per interpretare un ruolo in un'audiocassetta "Exit to Eden".

L'affascinante attrice dopo un così duro periodo trova finalmente il coraggio di presentarsi al provino per l'episodio pilota della serie X-Files.

Il 1993 rappresenta per lei l'anno magico dal punto di vista professionale: la serie tv X-Files ottiene un successo straordinario lanciando nell'olimpo sia lei che il collega David Duchovny. L'anno dopo si sposa con lo scenografo Clyde Klotz (conosciuto proprio sul set del telefilm) dal quale ha avuto una figlia, Piper, battezzata da Chris Carter l'ideatore di "X-Files".

Al cinema la si è vista poco: ricordiamo le pellicole "Basta Guardare il Cielo", "Scherzi del Cuore" (film che conta nel cast diverse stelle quali Sean Connery, Dennis Quaid, Angelina Jolie, Madeleine Stowe e altre) e "La Casa della Gioia".

Dopo la rottura del suo matrimonio (avvenuta nel 1997), si è trasferita definitivamente a Vancouver in Canada. Ha avuto una relazione con l'attore Rodney Rowland, ma attualmente si dichiara single.

Una curiosità: l'attrice ha scritto e diretto l'episodio della settima stagione di X-Files intitolato "All Things".

Biografia di Eric Bana

Dai pub australiani a Hollywood
9 agosto 1968

Chi è: Eric Bana


Eric Banadinovich, meglio noto come Eric Bana, nasce a Tullmarine, Melbourne, in Australia, il 9 agosto del 1968. Attore, deve la sua fama al film del 2000 "Chopper", che lo ha consegnato al grande pubblico internazionale. Da lì, gli si sono schiuse le porte di Hollywood, che hanno finalmente portato sugli scudi un attore noto già da molti anni nel proprio paese per le sue innate qualità di comico. A livello internazionale, è anche noto soprattutto per essere un attore drammatico, in grado di ricoprire ruoli anche molto diversi tra loro.

Sua madre e suo padre sono Eleanor, di origine tedesca, ed Ivan Banadinovich, chiaramente di discendenza slava, per la precisione croata. Suo fratello maggiore, Anthony, lavora in banca.

Il giovane Eric da ragazzo è un po' turbolento e deve a suo padre la continuazione degli studi, visto che a quattordici anni voleva abbandonarli per mettersi a fare il meccanico.

Una volta conseguito il diploma, si dà da fare in diversi modi, come operaio, lavapiatti e barman, soprattutto. I primi passi, in questo senso, li muove al Melbourne's Castle Hotel. Qui per la prima volta sperimenta la sua vena comica, intrattenendo i clienti con le sue imitazioni, le quali riscuotono subito successo.

Da questo momento, incoraggiato dalle sue performance, inizia la sua carriera artistica, la quale non può che cominciare nei vari locali della sua città. Tuttavia i guadagni sono magri, e per sopravvivere il ragazzo di Melbourne deve darsi da fare anche nei pub, alzando barili di birra, forte dei suoi 191 centimetri di altezza.

La svolta arriva nel 1991, quando Eric Bana viene invitato a prendere parte allo show televisivo "Full Frontal". Il successo è quasi immediato e nel giro di pochi anni gli viene disegnato su misura un programma tutto per lui, in tv, che viene lanciato nel 1996: "The Eric Bana Show Live". Intanto, trasferitosi a Sidney, studia da attore drammatico, frequentando i corsi del National Institute of Dramatic Art.

Il giovane attore ed ex lavapiatti in breve tempo diventa uno dei migliori comici australiani. Nel 1997 viene chiamato ad interpretare una piccola parte nella commedia australiana "The Castle", la quale rappresenta il suo esordio al cinema. Tuttavia, questo anno è importante anche perché il giovane Eric decide di sposare la sua ragazza, Rebecca Gleeson, figlia di un giudice australiano. I due convolano a nozze il 2 agosto del 1997 e insieme hanno due figli: Klaus, nato nel 1999, e Sophia, nata tre anni dopo.

Bisogna attendere il 2000 però per veder decollare la carriera di attore di Eric Bana. Il regista Andrew Dominik lo vuole nel suo "Chopper", film di successo che a sorpresa sbanca al botteghino. Bana interpreta il ruolo di un criminale psicopatico di nome Mark Brandon, detto appunto "Chopper Read", che non manca di suscitare un grande apprezzamento di pubblico e critica. L'interpretazione viene accostata a quelle di Robert De Niro: Bana lavora in puro stile "Actor Studio", ingrassa come il suo personaggio e lo studia vivendoci fianco a fianco, per diversi giorni, assorbendo abitudini, modi di fare e di parlare.

Il film viene presentato al Sundance Film Festival del 2001, con una distribuzione persino negli States, mentre l'attore di Melbourne viene premiato come miglior attore protagonista dall'Australian Film Critics e dall'Australian Film Institute.

L'anno seguente è quello di "Black Hawk Down", nel quale Bana recita al fianco di Ewan McGregor. La pellicola è firmata Ridley Scott e si gira ad Hollywood, raccontando la storia scritta da Mark Bowden, incentrata sulla guerra in Somalia del 1993. A questo film di successo, seguono altre pellicole importanti, come "The nugget" e la parte vocale nell'animazione "Alla ricerca di Nemo", dove dà la propria voce ad Anchor.

Il 2003 invece è l'anno della grande popolarità. Eric Bana viene chiamato da Ang Lee, ad indossare i panni di Bruce Banner, l'alter ego dell'eroe dei fumetti "Hulk". Il successo è strepitoso e l'attore australiano si fa conoscere in tutto il mondo.

Il successo viene bissato quando decide di fare un salto nell'antica Grecia narrata da Omero, nel ruolo dell'eroe troiano Ettore, secondo i voleri di Wolfgang Petersen e del suo "Troy". Con lui, sul set, c'è anche Brad Pitt, nel ruolo del nemico Achille.

Nel 2005 Steven Spielberg lo chiama per il suo "Munich". L'anno dopo, è un giocatore di poker in "Le regole del gioco", per la direzione di Curtis Hanson. Nel 2007 è Enrico VIII Re d'Inghilterra, nel celebre "L'altra donna del re", con Natalie Portman e Scarlett Johansson.

Due anni dopo viene chiamato nel cast di Star Trek per l'undicesimo film della celebre saga.

Il 2009 è l'anno del suo debutto da regista con il documentario "Love the Beast". Nel 2011 è un ex agente della CIA nella pellicola "Hanna", di Joe Wright.

Appassionato di moto, Eric Bana ama anche lo sport, soprattutto ciclismo e triathlon.

Biografia di Enzo Biagi

Il giornalismo che si fa storia
9 agosto 1920
6 novembre 2007

Chi è: Enzo Biagi


Il grande giornalista italiano è nato il 9 agosto 1920 a Lizzano in Belvedere, un paesino dell'Appennino tosco-emiliano in provincia di Bologna. Di umili origini, il padre lavorava come aiuto magazziniere di uno zuccherificio, mentre la madre era una semplice casalinga.

Dotato di un talento innato per la scrittura, fin da bambino si dimostra particolarmente versato per le materie letterarie. Le cronache riportano anche un suo celebre "exploit", quando cioè un suo tema particolarmente riuscito venne addirittura segnalato al Pontefice.

Allo scoccare del diciottesimo anno di età, diventato maggiorenne, si dà al giornalismo, senza per questo abbandonare gli studi. Intraprende i primi passi della carriera lavorando in particolare come cronista al Resto del Carlino e, a soli, ventuno anni diventa professionista. Quella, infatti, era l'età minima per entrare nell'albo professionale. Come si vede, insomma, Biagi era uso bruciare tutte le tappe. Nel frattempo, in tutta Europa cova il germe della guerra che, una volta innescato, inevitabilmente avrà delle ripercussioni anche nella vita del giovane ed intraprendente giornalista.

Allo scoppio della secondo conflitto mondiale, infatti, è richiamato alle armi e, dopo l'8 settembre del 1943, per non aderire alla Repubblica di Salò, varca la linea del fronte aggregandosi ai gruppi partigiani operanti sul fronte dell'Appennino. Il 21 aprile 1945 entra in Bologna con le truppe alleate e annuncia dai microfoni del Pwb la fine della guerra.

Il dopoguerra a Bologna è per Biagi un periodo di numerose iniziative: fonda un settimanale, "Cronache" e un quotidiano "Cronache sera". Da questo momento, prende avvio in modo definitivo la grande carriera di quello che diverrà uno dei giornalisti italiani più amati di sempre. Nuovamente assunto al Resto del Carlino (in quegli anni Giornale dell'Emilia), nel ruolo di inviato e di critico cinematografico, rimarrà negli annali per delle memorabili cronache sulle inondazioni del Polesine.

Un primo incarico davvero prestigioso lo ottiene negli anni che vanno dal 1952 al 1960 dove, trasferitosi a Milano, dirige il settimanale "Epoca". Fin da subito, inoltre, intrattiene un rapporto molto stretto con il mezzo televisivo, strumento mediatico che ha contributo non poco ad estendere la sua popolarità e a farlo amare anche dai ceti meno colti e letterati.

Il suo ingresso in Rai è datato 1961 e si è protratto in pratica fino ai nostri giorni. Bisogna sottolineare che Biagi ha sempre espresso parole di gratitudine e di affetto nei confronti di questa azienda alla quale, indubbiamente, ha anche dato tanto. Nel corso della sua presenza nei corridoi di viale Mazzini, è riuscito a diventare direttore del Telegiornale mentre, nel 1962 fondò il primo rotocalco televisivo "RT". Inoltre, nel 1969 diede vita ad un programma tagliato su misura per lui e per le sue capacità, il celebre "Dicono di lei", basato su interviste a personaggi famosi, una sua specialità.

Sono anni di intenso lavoro e di soddisfazioni non da poco. Biagi è richiestissimo e la sua firma, poco a poco, compare su La Stampa (di cui è inviato per una decina d'anni), la Repubblica, il Corriere della sera e Panorama. Non contento, dà avvio ad un'attività di scrittore mai più interrotta e che lo ha visto immancabilmente in testa alle classifiche di vendita. Si può tranquillamente affermare, infatti, che il giornalista abbia venduto nel corso degli anni qualche milione di libri.

Anche la presenza televisiva, come detto, è costante. Le principali trasmissioni televisive condotte e ideate da Biagi sono "Proibito", inchiesta di attualità sui fatti della settimana e due grandi cicli di inchieste internazionali, "Douce France" (1978) e "Made in England" (1980). A queste si aggiungano una quantità notevole di servizi sul traffico d'armi, la mafia ed altri temi di stretta attualità della società italiana. Ideatore e conduttore del primo ciclo di "Film dossier" (datato 1982), e di "Questo secolo: 1943 e dintorni", nel 1983, ha conquistando il pubblico anche con numerose altre trasmissioni: "1935 e dintorni", "Terza B", "Facciamo l'appello (1971)", "Linea diretta (1985, settantasei puntate)"; nel 1986 presenta le quindici puntate del settimanale giornalistico "Spot" e, negli anni '87 e '88, "Il caso" (rispettivamente undici e diciotto puntate), nell'89 è ancora alle prese con "Linea diretta", seguita in autunno da "Terre lontane (sette film e sette realtà)" e "Terre vicine", incentrate sui mutamenti dei paesi ex comunisti dell'Est.

Dal 1991 ad oggi Biagi ha realizzato con la Rai un programma televisivo all'anno. Di questi si possono enumerare "I dieci comandamenti all'italiana" (1991), "Una storia" (1992), "Tocca a noi", "La lunga marcia di Mao" (sei puntate sulla Cina), "Processo al processo su tangentopoli", e "Le inchieste di Enzo Biagi".

Nel 1995 dà vita a "Il Fatto", programma giornaliero di cinque minuti su avvenimenti e personaggi italiani, che viene ripreso in tutte le stagioni successive, sempre con altissime percentuali di ascolto. Nel 1998 presenta due nuovi programmi, "Fratelli d'Italia" e "Cara Italia", mentre nel luglio 2000 è la volta di "Signore e Signore". Del 2001 è invece "Giro del mondo", un viaggio tra arte e letteratura: otto puntate con alcuni tra i grandi scrittori del Novecento. Dopo settecento puntate de "Il Fatto", Biagi è stato al centro di aspre polemiche a causa di una sua presunta faziosità negativa nei confronti dell'allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il quale ha espressamente rimproverato il giornalista di non essere equanime. Il Consiglio di Amministrazione della Rai, pur non avallando ufficialmente queste critiche, ha ad ogni modo modificato l'originaria e prestigiosa collocazione oraria del programma (posto poco dopo la fine del telegiornale della sera) il quale, in seguito alle proteste dello stesso Biagi, difficilmente vedrà ancora la luce.

Dopo cinque anni di silenzio torna in tv nella primavera del 2007 con il programma "RT - Rotocalco Televisivo".

A causa di problemi cardiaci Enzo Biagi è scomparso a Milano il 6 novembre 2007.

Nel corso della sua lunghissima carriera ha pubblicato oltre ottanta libri.

Biografia di Hieronymus Bosch

2 ottobre 1453
9 agosto 1516

Chi è: Hieronymus Bosch


Hieronymus Bosch (il cui vero nome è Jeroen Anthoniszoon van Aken) nasce il 2 ottobre 1453 a Hertogenbosch, località del sud dei Paesi Bassi nei pressi di Tilburg, al tempo possedimento dei duchi di Borgogna, da una famiglia di origini probabilmente tedesche (il cognome van Aken fa pensare a una provenienza da Aquisgrana), in cui sia il padre Anton che il nonno Jan sono pittori (e tali diventeranno anche i fratelli Thomas e Goossen).

Dopo aver assistito all'incendio che nel 1463 distrugge circa 4mila case della sua città, Bosch inizia a studiare pittura, probabilmente imparando i rudimenti dai parenti: lavora alla pittura in affresco nella bottega di famiglia, dedicandosi anche alla produzione di arredi e alla doratura di statue di legno.

Dopo aver conosciuto, almeno indirettamente, Rogier van der Weyden e Jan van Eyck, maestri delle Fiandre meridionali, sviluppa uno stile piuttosto differente rispetto a quello dei tempi, scegliendo, invece che dettagli raffinati e volumi plastici, un'esecuzione non pittorica ma grafica, piatta, sulla base dell'illustrazione miniata.

I suoi esordi come pittore risalgono al periodo compreso tra il 1470 e il 1475: al 1479, invece, bisogna attribuire invece il suo matrimonio con Aleid van de Meervenne, figlia di un nobile della zona, che gli porta in dote alcuni terreni che gli consentono di guadagnare una condizione economica relativamente agiata.

A partire dal 1486 Hieronymus fa parte dei confratelli di Lieve-Vrouwe Broedershap, Nostra Diletta Signora, un'associazione per ecclesiastici e laici che si dedica a opere di carità e rappresentazioni sacre basate sul culto della Vergine. Nel giro di pochi anni egli diventa uno dei notabili della confraternita, complice un'ascesa sociale abbastanza veloce, che si traduce in un'agiata condizione economica, contemporanea alla crescente fama come artista.

Nel 1480 Bosch realizza l'"Estrazione della pietra della follia", attualmente conservata al "Prado", in cui un chirurgo indossa un copricapo che, simboleggiandone la stupidità, ha la forma di imbuto: una critica a coloro che pensano di sapere e che invece si rivelano più ignoranti dei folli. Poco dopo dà vita all'"Epifania" (ora esposta al "Museum of Art" di Fildadelfia), opera che rivela un influsso evidente dell'arte tardo gotica, come si deduce dall'andamento tortuoso delle linee, e la "Crocifissione", che mostra sulla sfondo una città che può essere identificata con il suo luogo natale. Allo stesso periodo risale l'"Ecce homo" (ora si può vederlo allo "Stadelsches Kunstinstitut" di Francoforte), che propone Cristo e Pilato uno davanti all'altro di fronte alla folla.

Nel 1490 il pittore olandese dipinge la "Salita al Calvario", sempre con protagonista Gesù: anche stavolta circondato dalla folla, mentre sul retro un bambino, probabilmente immagine del Cristo da piccolo, è impegnato a giocare. "Il carro di fieno", "Nave dei folli" e "Morte di un avaro" sono altri tre quadri realizzati in quel periodo. Non si hanno documenti relativi all'artista, invece, per quel che riguarda gli anni tra il 1500 e il 1504: è probabile, quindi, che in quel periodo egli si sia trasferito in Italia, a Venezia, visto che sin dai primi decenni del XVI secolo molte collezioni private della città lagunare ospiteranno sue opere.

Sempre nello stesso periodo, lo stile di Hieronymus si contraddistingue per un mutamento piuttosto evidente, orientandosi in direzione di un gusto rinascimentale, con paesaggi ariosi e figure monumentali. In quegli anni viene dipinto il "Trittico di Santa Giuliana", realizzato in contemporanea al "Paradiso terrestre", all'"Inferno", alla "Caduta dei dannati" e all'"Ascesa all'Empireo". Tra il 1503 e il 1504 Bosch realizza un'altra "Salita al Calvario", una tavola composta sulla base di due diagonali che si incrociano sul visto di Cristo: un'opera in cui il male non viene proposto attraverso i simboli, ma tramite la deformazione e il grottesco. Al 1504 viene fatto risalire il "Trittico del Giudizio", commissionato da Filippo il Bello; di pochi mesi più tardi sono il "San Giovanni Battista in meditazione", situato oggi a Madrid, e il "San Giovanni a Patmos", tavola di un trittico perduto considerata come il primo dei cosiddetti dipinti meditativi, con tratti che richiamano il Giorgione.

Dopo il "San Cristoforo" di Rotterdam, l'artista si dedica alla "Salita al Calvario" che oggi compare nel Palazzo Reale di Madrid. Il "Trittico del Giudizio" che oggi si vede a Bruges al "Groeninge Museum" anticipa la realizzazione dell'Incoronazione di spina, in cui si nota una spiccata influenza italiana. Bosch nel 1510 realizza il "Trittico della Passione" che ora si trova a Valencia al "Museo de Bellas Artes", e le "Tentazioni di sant'Antonio" (oggi sempre in Spagna, ma al "Prado").

Hieronymus Bosch muore il 9 agosto 1516 a Hertogenbosch, dopo aver dipinto "Il figliol prodigo" di Rotterdam: le sue esequie vengono celebrate solennemente nella Cappella di Nostra Signora della Confraternita.

Talvolta indicato come El Bosco, o più spesso come Bosco di Bolduc (da "Bois le Duc", vale a dire la traduzione in francese della parola "Hertogenbosch", che in neerlandese significa "Bosco Ducale"), Bosch realizza opere ricche di inventiva, talvolta visioni vere e proprie, non lontane dalle dottrine religiose dell'epoca.

La catalogazione dei suoi dipinti nel tempo è risultata molto difficile a causa della povertà di notizie che lo riguardano: nessuna delle sue opere è datata, e i collegamenti tra commissioni e quadri non sono quasi mai testimoniati. A questi problemi, si deve aggiungere uno stile che non si è sviluppato in maniera lineare, il che ha reso complicato evidenziare una progressione logica - e quindi cronologica - definitiva.

Biografia di Mauro Corona

Il bosco, la montagna e l'avventura
9 agosto 1950

Chi è: Mauro Corona


Mauro Corona nasce a Piné, in provincia di Pordenone, il 9 agosto del 1950. Scultore riconosciuto a livello europeo, specializzato nell'intaglio del legno, alpinista di rilievo, è anche uno scrittore di successo, i cui libri sono tradotti anche all'estero, Germania soprattutto.

La nascita del piccolo Mauro prelude già ad una vita avventurosa. A suo dire infatti, sarebbe nato su un carretto, nel tragitto che porta dal borgo di Piné alla città Trento. Quando nasce infatti, i suoi genitori, Domenico e Lucia, di lavoro fanno i venditori ambulanti. Scampato quasi per miracolo ad una polmonite, il bambino cresce a Piné, almeno fino al 1956, quando lui ha sei anni e suo fratello Felice, cinque. Tornano ad Erto, loro paese d'origine, in piena Valle del Vajont. Qui Mauro apprende da nonno Felice l'arte di intagliare il legno, crescendo completamente immerso nella natura. E' suo padre a trasmettergli l'amore per la montagna e poi per l'alpinismo, portandolo con sé nelle battute di caccia ai camosci sulle alte vette che circondano Erto.

Nel 1963, all'età di tredici anni, il futuro alpinista compie già la sua prima impresa, scalando il Monte Duranno. Cinque anni dopo, nel 1968, diciottenne, apre il primo tragitto sulla cosiddetta Palazza.

Il mosaico riguardante la personalità del giovane Mauro Corona non è ancora completo. Mancano le letture, i libri, la scrittura. Questa eredità la deve alla madre la quale, abbandonata la famiglia dopo la nascita del terzo figlio, lascia in casa un'ottima collezione di libri, da Tolstoj a Cervantes. Il futuro scrittore colma il vuoto lasciato dalla madre con la letteratura.

Intanto però, dopo aver frequentato la scuola elementare di Erto e le medie a Longarone, il 9 ottobre del 1963 la diga del Vajont crolla e la cittadina di Corona, come molte altre, scompare letteralmente. Il giovane Mauro, scampato alla valanga, si trasferisce al Collegio Don Bosco di Pordenone. Qui i preti salesiani incoraggiano la sua passione per la letteratura e per lo studio, ma il futuro scultore ha in mente solo la natura perduta, i boschi, gli spazi aperti cari alla sua gioventù.

Tornato ad Erto, desidera frequentare la Scuola d'Arte di Ortisei, ma i soldi sono pochi e viene iscritto all'Istituto per Geometri Marinoni di Udine, perché gratuito. Ci rimane due anni, poi lascia. Nel frattempo, nel 1968 suo fratello Felice va in Germania a cercare lavoro ma dopo tre mesi muore annegato in una piscina di Paderborn, all'età di diciassette anni. Per il giovane Mauro è un duro colpo e, dopo essersi ritirato dalla scuola, trova un lavoro nella cava di marmo del monte Buscada, come spaccapietre.

Successivamente, con l'automatizzarsi del lavoro, Corona lascia la cava e si trova a fare lo scalpellino riquadratore, nel suo studio di Erto, vicino alla casa dei genitori. Nel frattempo però, sebbene tenendoli nascosti, non ha mai smesso di scolpire il legno. Una mattina del 1975 allora, Renato Gaiotti, uomo d'affari di Sacile, intravede dalla finestra alcune delle opere dello scultore e le compra tutte. Qualche mese dopo, lo stesso Gaiotti gli commissiona una Via Crucis da donare alla Chiesa di San Giovanni del Tempio di Sacile. Il prezzo è di due milioni di lire, cifra importante negli anni '70 e che mai, il giovane ma già bravo Corona, avrebbe immaginato di poter ottenere dai suoi lavori col legno. Con i soldi ricavati dalla vendita poi, acquista l'attrezzatura idonea per lavorare meglio e per fare dell'intaglio ligneo il suo vero lavoro.

Segue, anche se a fasi alterne e per circa dieci anni, il maestro Augusto Murer, grande artista, pittore oltre che scultore, con cui stringe anche un sincero rapporto di amicizia. E, sempre in quell'importantissimo 1975, a Longarone, Mauro Corona organizza la sua prima mostra.

Gli anni '70 segnano l'esplosione di tutte le sue passioni. Nel 1977 infatti, lo scultore diventa anche scalatore. Attrezza le falesie del Vajont, che si affacciano sulla zona disastrata, e comincia la sua carriera nell'arrampicata. Nel Friuli, ogni andito di montagna, porta la sua firma. Si avventura anche in Europa, sino in Groenlandia, per arrivare poi in California, sulle leggendarie pareti della Yosemite Valley. Intanto, un amico giornalista comincia a pubblicare sul "Gazzettino" alcuni suoi racconti.

Per tutti gli anni '80 alterna l'alpinismo alla sua vita di scultore, continuando sempre a scrivere storie. Sceglie personalmente il legno da scolpire trovandolo nei boschi della sua terra e la natura, il rapporto con essa, è sempre al centro delle sue opere, sia scultoree che letterarie. Intanto, come arrampicatore, Mauro Corona apre nel corso della sua carriera qualcosa come trecento nuovi itinerari di roccia sulle Dolomiti d'Oltre-Piave, oltre a molti altri sparsi per l'Europa.

Nel 1997 pubblica il suo primo libro, "Il volo della martora", per la casa editrice Mondadori. A questo seguono molti altri libri, alcuni molto apprezzati, come "Le voci del bosco", del 1998, "Gocce di resina", del 2001, e "La montagna", del 2002. In quello stesso anno poi, l'autore diventa un'opera artistica, quando lo scrittore fumettista Paolo Cossi pubblica "Corona - L'uomo del bosco di Erto". In un ricco libro a fumetti, sono narrate le vicende vissute dallo scultore e arrampicatore Mauro Corona. Nello stesso periodo poi, prende parte al film "Vajont - la diga del disonore", che racconta la vicenda realmente vissuta dallo scultore di Erta.

Continua a scrivere e anzi, la partecipazione al film lo ispira per un altro libro di successo, che si intitola "Vajont: quelli del dopo", uscito per Mondadori nel 2006. L'uomo, la natura, le radici, sono questi i temi della sua opera letteraria, la quale continua con il fortunato "Cani, camosci, cuculi (e un corvo)", del 2007, vincitore l'anno dopo del Cardo d'argento al "Premio Itas del libro di montagna".

L'ultimo libro scritto da Mauro Corona è del 2011 e si intitola "La ballata della donna ertana". Alcune sue opere sono tradotte anche in Cina ed è autore di un libro di favole per ragazzi, "Storie del bosco antico", uscito nel 2005 e ristampato continuamente dalla casa editrice Mondadori.

Biografia di Barbara De Rossi

9 agosto 1960

Chi è: Barbara De Rossi


Barbara De Rossi nasce il 9 agosto del 1960 a Roma. Nel 1976, ancora ragazzina, vince "Miss Teenager", concorso di bellezza in cui il ruolo di presidente della giuria è affidato al regista Alberto Lattuada; proprio quest'ultimo realizza "Fanciulle in fiore", un servizio che fa parte del rotocalco tv "Odeon. Tutto quanto fa spettacolo" e che vede protagonista Barbara insieme ad altre giovani esordienti, per poi farla esordire al cinema nel film "Così come sei", dove interpreta la figlia di Marcello Mastroianni.

Nello stesso periodo Barbara De Rossi viene scelta come protagonista di numerosi fotoromanzi per la casa editrice Lancio.

Dopo avere recitato al fianco di Virna Lisi in "La cicala", sempre con Lattuada dietro la macchina da presa, nel 1982 l'attrice romana, appena ventiduenne, conquista una notevole popolarità grazie allo sceneggiato tv "Storia d'amore e d'amicizia", diretto da Franco Rossi, che vede nel cast anche Elena Fabrizi, Massimo Bonetti, Ferruccio Amendola e Claudio Amendola.

L'anno successivo Barbara torna sul grande schermo con "I paladini - Storia d'armi e d'amori", film in costume diretto da Giacomo Battiato e con Ronn Moss (il futuro Ridge Forrester di "Beautiful") come co-protagonista.

La consacrazione grazie a "La piovra"

Dopo essere apparsa nella commedia di Maurizio Ponzi "Son contento", accanto a Francesco Nuti, Barbara De Rossi viene consacrata nel 1984 grazie a "La piovra", fiction diretta da Damiano Damiani, in cui - accanto a Angelo Infanti e Michele Placido - veste i panni di Titti Pecci Scialoia, una giovane marchesa eroinomane.

La seconda metà degli anni '80

L'anno successivo torna sul piccolo schermo con "Quo vadis?" (alla regia c'è Franco Rossi), dove presta il volto - al fianco di Frederic Forrest - alla schiava Eunice nell'antica Roma; allo stesso periodo risale la miniserie di Alberto Negrin "Io e il duce", con un cast stellare (Vittorio Mezzogiorno, Annie Girardot, Susan Sarandon, Anthony Hopkins e Bob Hoskins), in cui impersona Claretta Petacci.

Dopo avere partecipato alla Mostra del Cinema di Venezia del 1985 con il film "Mamma Ebe", diretto da Carlo Lizzani e con Alessandro Haber, Stefania Sandrelli e Berta D. Dominguez nel cast, in televisione Barbara De Rossi viene diretta ancora da Giacomo Battiato ne "Il cugino americano", dove lavora insieme con Brad Davis.

Nel 1987 sul grande schermo le spettano due ruoli da prostituta, nel thriller di Franco Ferrini "Caramelle da uno sconosciuto" e in "Vado a riprendermi il gatto", diretto da Giuliano Biagetti. Poi, dopo avere avuto la parte di una professoressa delle scuole medie impegnata a contrastare la 'ndrangheta in "Uomo contro uomo", film tv diretto da Sergio Sollima, l'interprete romana ha l'opportunità di recitare al fianco di Klaus Kinski in "Nosferatu a Venezia", horror di Augusto Caminito, prima di prendere parte a due lungometraggi francesi: "Giorni felici a Clichy" (di Claude Chabrol , con Eva Grimaldi e Anna Galiena) e "L'orchestre rouge" (di Jacques Rouffio).

Il periodo a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta si rivela molto intenso per Barbara De Rossi, che lavora anche al film tv "Due madri" e alla miniserie "Pronto soccorso", in cui torna a recitare con Claudio Amendola e Ferruccio Amendola.

Gli anni '90

Dopo avere vestito i panni di una donna alcolizzata nel 1992 con la miniserie tv "La storia spezzata", sul piccolo schermo è protagonista anche de "La scalata" e del film tv "Sì, ti voglio bene", accanto a Johnny Dorelli.

Tornata al cinema con la commedia corale "Maniaci sentimentali", che vede protagonisti tra gli altri anche Alessandro Benvenuti, Monica Scattini e Ricky Tognazzi, Barbara si districa tra la tv ("La casa dell'angelo") e il teatro, portando sul palco "L'anatra all'arancia", con Marco Columbro.

Gli anni 2000

Divenuta un volto abituale della fiction Rai, lavora a "In fondo al cuore", "Senso di colpa", "Inviati speciali" e "Cinecittà", prima di tornare alla commedia cinematografica corale con "Il pranzo della domenica", dove recita accanto a Rocco Papaleo, Maurizio Mattioli e Massimo Ghini.

Nel 2004 è una delle protagoniste della miniserie "Amiche" (insieme con lei ci sono Lorella Cuccarini, Claudia Koll e Maria Amelia Monti), in onda su Raidue: e, sulla stessa rete, affianca Cristina Moglia in "La stagione dei delitti". Quindi, affianca Massimo Boldi per ben cinque stagioni in "Un ciclone in famiglia", fiction dai toni comici trasmessa su Canale 5, e in "Fratelli Benvenuti", che però non riscontra lo stesso successo.

Gli anni 2010

Nel 2010 prende parte come concorrente a "Ballando con le stelle", programma condotto da Milly Carlucci su Raiuno, classificandosi al terzo posto nella graduatoria finale con il partner Simone Di Pasquale.

Dopo essere stata opinionista dell'"Isola dei Famosi" presentata da Nicola Savino su Raidue, torna alla fiction con "Le tre rose di Eva", dove veste i panni di Eva Taviani, su Canale 5.

Apprezzata come concorrente di "Tale e Quale Show", nel 2013 presenta su Raitre "Amore criminale", dedicato alle storie di cronaca nera; viene riconfermata anche nelle stagioni successive.

Nel 2015 torna a partecipare a uno show presentato da Milly Carlucci: si tratta di "Notti sul ghiaccio". Nel mese di maggio esce nelle libreria la sua autobiografia "Bibbi esce dall'acqua. Una donna, tante donne, la forza di lottare per amore" (Rizzoli).

Biografia di Hermann Hesse

Tra sensualità e spiritualità
2 luglio 1877
9 agosto 1962

Chi è: Hermann Hesse Ci sono 3 foto •


Il 2 Luglio 1877 nasce, a Calw nello Shwarwald (Württemberg, Germania), Hermann Hesse, uno degli scrittori più letti del secolo. Il padre, Johannes, ex missionario e direttore editoriale è un cittadino tedesco nato in Estonia mentre la madre, Maria Gundert, è nata in India da padre tedesco e madre svizzero-francese. Da questo singolare impasto di culture si può forse far rinvenire la successiva attrazione che Hesse svilupperà per la visione del mondo orientale, la quale avrà la sua massima espressione nel celeberrimo "Siddartha", un vero e proprio "cult" per generazioni di adolescenti e no.

Non si può ad ogni modo tralasciare l'annotazione che, a conti fatti, la famiglia degli Hesse impartì una severa educazione pietistica al figlio,

tale da provocare non poche reazioni negative nel sensibile ragazzo. Alcuni esempi di questa insofferenza si possono rinvenire direttamente per mezzo dell'autore, attraverso gli schizzi autobiografici che ci ha lasciato e in cui descrive le reazioni negative ai doveri imposti e a qualsiasi "comando familiare", prescindendone dalla giustezza come dalla nobiltà delle intenzioni.

Hesse era un bambino oltremodo sensibile e testardo, che creava ai genitori e agli educatori notevoli difficoltà. Già nel 1881 la madre intuì che il figlio sarebbe andato incontro a un futuro non ordinario. Nello stile di pensiero che le era consono informò il marito del proprio timore: "Prega insieme a me per il piccolo Hermann [...] Il bambino ha una vitalità e una forza di volontà così decisa e [...] un'intelligenza che sono sorprendenti per i suoi quattro anni. Che ne sarà di lui? [...] Dio deve impiegare questo senso orgoglioso, allora ne conseguirà qualcosa di nobile e proficuo, ma rabbrividisco solo al pensiero per ciò che una falsa e debole educazione potrebbe fare del piccolo Hermann" (A.G., p. 208).

Un'altra figura di notevole rilievo nella crescita del piccolo Hermann è quella del nonno materno Hermann Guntert, anche lui missionario in India fino al 1859, ed erudito poliglotta conoscitore di vari dialetti indiani. Fra l'altro, aveva scritto una grammatica, un dizionario, e tradotto il Nuovo Testamento nella lingua malajala. L'accesso alla ricca biblioteca del nonno,insomma, sarà essenziale per la formazione extrascolastica di Hesse, sopratutto nel periodo delle crisi giovanile, anch'esse ben documentate dagli scritti pervenuti, nonché leggibili in controluce nelle gesta e nei moti dell'animo che costituiscono i personaggi dei suoi romanzi.

Malgrado le migliori intenzioni, dunque, i metodi pedagogici dei genitori non ottennero di "addomesticare" il bambino così poco docile, pur tentando, conformemente ai principi del pietismo, di frenare già nei primi anni quell'ostinazione ribelle che gli era propria. Così Johannes Hesse decise, trovandosi con la famiglia a Basilea e non avendo altra soluzione, di lasciar educare il bambino irrequieto al di fuori della famiglia. Nel 1888 entra nel ginnasio di Calw, che frequenta controvoglia pur risultando fra i primi della classe. Nel frattempo prende lezioni private di violino, ripetizioni di latino e greco dal padre e si sottopone, da febbraio fino a luglio del 1890, sotto la guida del rettore Bauer (uno fra i pochi insegnanti che Hesse stimava) a un programma di studio finalizzato al superamento dell'esame regionale. Il suo futuro appariva predeterminato. Avrebbe percorso una strada comune a molti figli di pastori in Svevia: attraverso l'esame regionale in seminario, quindi alla facoltà teologica-evangelica di Tubinga. Le cose tuttavia dovevano andare altrimenti. Supera senza difficoltà l'esame a Stoccarda e accede nel settembre del 1891 al seminario di Maulbronn.

Era un istituto di formazione in cui convivevano cultura medievale cistercense, cultura classica e pietismo. Tuttavia, sei mesi più tardi, senza apparente ragione, il ragazzo fugge dall'istituto. Viene ritrovato il giorno successivo e riportato al seminario. I suoi insegnanti lo trattano con comprensione ma lo sottopongono a otto ore di carcere "per aver lasciato senza autorizzazione l'istituto". Hesse, però, comincia a soffrire di gravi stati depressivi, tali da indurre gli insegnanti a caldeggiare un suo ritorno a casa. I genitori non trovano di meglio che inviarlo per una "cura", al pastore Christoph Blumhardt. La conseguenza è un tentativo di suicidio, che sarebbe riuscito se il revolver non si fosse inceppato. Hermann viene quindi ricoverato nella clinica per malati di nervi, un luogo di fatto simile ad un manicomio, a Stetten.

Questo intrecciarsi di motivi esistenziali diversi getta notevole luce sulla sua attività narrativa. La vita e l'opera di Hermann Hesse, infatti, sono percorse interamente dal contrasto fra tradizione familiare, personalità e coscienza individuale e realtà esterna. Il fatto che lo scrittore sia riuscito, nonostante i ripetuti conflitti interiori e in contrasto con le decisioni familiari, ad assecondare la propria volontà, non può essere spiegato soltanto con la caparbietà e la forte consapevolezza della propria missione.

Fortunatamente i genitori gli concedono, dopo le sue insistenti preghiere, di ritornare a Calw, dove frequenterà dal novembre 1892 sino all'ottobre 1893 il ginnasio Canstatter. Non porterà a termine comunque l'intero ciclo di studi ginnasiali. All'esperienza scolastica seguirà un brevissimo apprendistato come libraio a Esslingen: dopo appena quattro giorni Hermann abbandona la libreria; viene ritrovato dal padre in giro per le strade di Stoccarda, quindi spedito in cura dal dottor Zeller a Winnenthal. Qui trascorre alcuni mesi dedicandosi al giardinaggio, finché ottiene il permesso di tornare in famiglia.

Hermann è costretto a seguire un apprendistato presso l'officina di orologi da campanile di Heinrich Perrot a Calw. In questo periodo progetta di fuggire in Brasile. Un anno dopo abbandona l'officina e incomincia nell'ottobre 1895 un apprendistato come libraio presso Heckenhauer a Tubinga, che durerà tre anni. Non mancheranno tuttavia in futuro crisi interiori ed esteriori, di natura esistenziale o provocate dal lavoro, così come falliranno anche i suoi tentativi di adeguarsi a un'esistenza dall'aspetto "borghese" o di condurre semplicemente un'esistenza normale. Gli eventi di quel periodo, che già appartiene alla storia, riportano Hesse da Tubinga per alcuni anni a Basilea (sempre come libraio si occuperà anche di libri d'antiquariato), quindi appena sposato (già libero scrittore) sulle rive del lago di Costanza a Gaienhofen, fino a che, al ritorno da un viaggio in India, si trasferirà definitivamente in Svizzera, prima a Berna, poi nel Canton Ticino.

Nel 1924 ottiene nuovamente la cittadinanza svizzera che aveva perduto per sostenere l'esame regionale nel Württemberg. Divorzia sia dalla prima che dalla seconda moglie, entrambe svizzere. Dal primo matrimonio con Maria Bernoulli (1869-1963) nasceranno tre figli: Bruno (1905), Heiner (1909) e Martin (1911). Il secondo matrimonio con Ruth Wenger (1897), di lui più giovane di vent'anni, dura solo alcuni anni. Soltanto la sua terza moglie, Ninon Ausländer (1895-1965), divorziata Dolbin, una storica dell'arte, austriaca e di origine ebraica, rimase vicina al poeta sino alla fine.

Dopo i primi successi letterari Hesse trovò una schiera di lettori sempre crescente, innanzitutto nei paesi di lingua tedesca, poi, prima della Grande guerra, negli altri paesi europei e in Giappone, e dopo l'assegnazione del Nobel per la letteratura (1946) in tutto il mondo. Il 9 agosto del 1962 a Montagnola moriva in seguito a una emorragia cerebrale.

L'opera di Hesse, in qualche modo complementare a quella del suo grande coetaneo Thomas Mann, esprime, in una prosa classicamente composta, ma ricca di accensioni liriche, una vasta, articolata dialettica tra sensualità e spiritualità, ragione e sentimento. Il suo interesse per le componenti irrazionalistiche del pensiero e per certe forme del misticismo orientale anticipa, sotto vari aspetti, gli atteggiamenti delle ultime avanguardie statunitensi ed europee e spiega la nuova fortuna che i suoi libri hanno trovato presso le giovani generazioni successive.

Biografia di Whitney Houston

La dipendenza dal successo
9 agosto 1963
11 febbraio 2012

Chi è: Whitney Houston


Whitney Elizabeth Houston nasce a Newark il giorno 9 agosto 1963.

Nel 2008 il Guinness dei primati ha dichiarato Whitney l'artista più premiata e popolare al mondo. Ha dominato la scena canora dal 1980 al 1990 vendendo circa 55 milioni di dischi. Oprah Winfrey le ha affibbiato il soprannome "The Voice" - che fu in campo maschile di Frank Sinatra - per la potenza della sua voce. Le sue vendite complessive di album, singoli e video conta oltre 170 milioni di copie.

E' facile forse capire come la depressione che l'ha colpita negli anni successivi e la caduta nel tunnel della tossicodipendenza possano avere a che fare anche con la gestione di un tale enorme successo planetario. A questi si aggiungono i problemi familiari, durati a lungo, che l'hanno portata poi a divorziare nel 2006 dal marito cantante Bobby Brown (sposato nel 1992), tra l'altro accusato di maltrattamenti già nel 1993. Nello stesso anno, e dopo un aborto spontaneo, nel 1993 dà alla luce la figlia, Bobbi Kristina Houston Brown.

In campo cinematografico Whitney Houston è celebre la sua partecipazione al fianco di Kevin Costner nel film "Bodyguard" del 1992 che la consacra definitivamente. Tra i suoi più grandi successi ci sono "I wanna dance with somebody" (brano di esordio), "I will always love you", "How will I know" e "Saving all my love for you". Ricordiamo anche "One Moment in Time", inno delle Olimpiadi di Seoul 1988.

Whitney Houston muore all'età di 48 anni, il giorno 11 febbraio 2012: il suo corpo viene trovato esanime al Beverly Hilton di Beverly Hills, a Los Angeles, dove si trovava per partecipare al party dei Grammy Awards. Si era convertita all'Islam solo pochi giorni prima.

Biografia di Filippo Inzaghi

Superpippo
9 agosto 1973

Chi è: Filippo Inzaghi


Filippo Inzaghi nasce a Piacenza il giorno 9 agosto 1973.

Campione del mondo con la squadra nazionale nel 2006, a livello di club è stato campione d'Europa con il Milan, nel 2003 e nel 2007, e campione del mondo per club sempre nel 2007.

Dopo la doppietta nella finale di Coppa del Mondo per club realizzata il 16 dicembre 2007 contro il Boca Juniors è diventato l'unico giocatore ad aver segnato in tutte le competizioni internazionali, sia quelle riservate ai club che quelle riservate alle nazionali.

In serie A ha raggiunto il ragguardevole traguardo dei 300 gol nel mese di marzo del 2009.

Il 3 novembre del 2010 ha segnato una doppietta contro il Real Madrid di Mourinho (partita del 4° turno della fase a gironi di Champions League) che gli ha consentito di superare Gerd Müller e Raúl in testa ala classifica dei marcatori più prolifici nella coppe europee con 70 gol e allo stesso tempo di raggiungere e superare Marco Van Basten nella classifica dei cannonieri del Milan di tutti i tempi. Con la stessa doppietta è diventato anche il piu anziano giocatore a realizzare un goal in Champions League, superando il record di Javier Zanetti.

Dopo una stagione passata come allenatore della Primavera del Milan (2013-2014), nel mese di giugno prende il posto in panchina come allenatore della prima squadra, sostituendo l'esonerato ex compagno Clarence Seedorf.

Biografia di Tommaso Landolfi

Racconti impossibili
9 agosto 1908
8 luglio 1979

Chi è: Tommaso Landolfi


Tommaso Landolfi nasce a Pico, allora provincia di Caserta (oggi di Frosinone), il 9 agosto 1908. Il padre, Pasquale Landolfi, è discendente di un'antica e prestigiosa famiglia di origini longobarde; grazie alla sua ricchezza potrà permettersi di non esercitare la professione di avvocato, sarà cultore d'arte e gran viaggiatore, per due volte sindaco del paese.

Sua madre, Maria Gemma Nigro (detta Ida), è cugina materna del proprio marito, di origini lucane. Riverserà sul suo primo (ed unico) figlio attenzioni estreme, morbose, fino a vietare a chiunque di avere contatti fisici con il piccolo Tommaso. Morirà prematuramente nel 1910, a soli ventisei anni, mentre era in attesa di un secondo figlio. L'immagine della madre morta rimarrà indelebile, seppur troppo labile ricordo, nella mente di Landolfi, che all'epoca ha solo due anni.

Nell'infanzia Landolfi sarà un bambino riservato, solitario, timido, sensibile, di salute cagionevole. Il primo collegio dove sarà mandato a studiare sarà il Cicognini di Prato, dove imparerà a conoscere e ad amare D'Annunzio. Già a dodici anni compone i suoi primi sonetti, firmandosi Tommasino poeta, esternando già al padre i primi acerbi segnali della sua futura passione: scriverà in un biglietto di auguri «voglio diventare uno scrittore di libri».

Ben presto inizieranno i viaggi tra Pico, Roma e Napoli (dove risiedono i parenti materni), trascorrendo le sue vacanze estive sulle coste tirreniche di Terracina, Gaeta e Formia. Solo a Pico, però, il giovane scrittore riuscirà ad esprimersi e a trovare la concentrazione adatta ai suoi scopi: «la penna a Pico corre, altrove si inceppa».

Figure importanti, quasi materne, di quegli anni di gioventù sono le due cugine paterne Fosforina e Rosina Tumulini, alle quali dedicherà un libro per una. Il 7 febbraio del 1919 Rosina morirà, alla stessa età della giovane signora Landolfi, a causa di un'epidemia di spagnola.

La carriera scolastica di Tommaso continuerà tra collegi e istituti. Egli risentirà molto dell'assenza paterna e svilupperà una sorta di insofferenza ad ogni tipo di autorità. In seguito a una serie di bocciature arriverà a fuggire dal collegio, fino a minacciare il suicidio a soli quindici anni, come ricatto per paura di una punizione.

Grazie al suo vivace e curioso intelletto, Landolfi inizierà già nell'adolescenza ad avvicinarsi al cinema, al teatro, alle arti figurative e alle lingue straniere. Una vera passione, quasi un gioco, che lo porterà a studiare le grammatiche di altri idiomi come un piacevole passatempo; influenzerà anche la scelta dell'Università, dove opterà per Lingua e letteratura russa, affascinato dalla diversità dell'alfabeto cirillico. Landolfi sarà poi traduttore di quattro lingue (russo, francese, tedesco e spagnolo) e ne conoscerà molte altre, tra cui l'arabo e il giapponese.

Dopo aver superato la maturità classica da privatista, nel 1927, si iscrive alla Facoltà di Lettere di Roma, poi a Firenze, dove la cattedra da lui prescelta non esiste. Studierà da solo, senza insegnanti, laureandosi con il massimo dei voti nel 1932, a ventiquattro anni, con una tesi sulla poetessa russa Achmatova. Un'intelligenza, la sua, che vuol essere libera da vincoli, che riesce ad esprimersi appieno solo in ciò per cui prova una vera passione. È uno studente irrequieto, che vive di notte; inizierà ora ad avvicinarsi al gioco d'azzardo, alle carte e al biliardo.

Dal 1929 comincerà a pubblicare i suoi primi racconti, le sue liriche e le sue traduzioni su alcune riviste. Inizierà, però, a indebitarsi, a causa della sua insana passione per il gioco. Pian piano gioco e letteratura muoveranno di pari passo, crescendo insieme e sviluppandosi con la personalità del giovane. Pur essendo sommerso dai debiti si rifiuterà di lavorare. Il suo spirito aristocratico lo porterà perfino a rifiutare una cattedra di russo presso l'Università di Urbino. Accetterà, però, i premi letterari in denaro, le collaborazioni con i giornali ed i lavori di traduzione, come aiuto alla sua precaria situazione finanziaria.

Nel 1937 pubblica la sua prima raccolta di racconti, "Dialogo dei massimi sistemi". In quegli anni Landolfi frequenta l'ambiente intellettuale fiorentino, soprattutto il Caffé delle Giubbe Rosse. Non si interessò mai apertamente di politica, pur essendo un convinto antifascista. Passò, nel 1934, circa un mese in prigione, per i suoi discorsi contro il regime: uno dei periodi che descriverà più positivamente, nel quale si sentirà, paradossalmente, più libero che mai, proprio perché privo di doveri e di responsabilità. Durante la guerra la sua casa di Pico verrà bombardata e poi saccheggiata e utilizzata come rifugio da estranei. In quel periodo Landolfi fugge in montagna per evitare i rastrellamenti nemici.

Nel 1939 pubblica "La pietra lunare" e "Il mar delle blatte", presso l'editore Vallecchi di Firenze, con cui lavorerà fino al 1972.

Nel 1942 pubblica "La spada"; nel 1943 "Il principe infelice". Il 1946 è l'anno de "Le due zittelle", pubblicato presso l'editore Bompiani.

Nel 1947 pubblica "Racconto d'autunno" e nel 1950 "Cancroregina". Dal 1951 accetta di intraprendere la strada del giornalismo, da lui non ammirato, anzi, etichettato come «letteratura alimentare».

Nel 1953 pubblica il suo primo diario, "La Biere Du Pecheur"; nel 1954 Ombre e "La raganella d'oro". Nel 1955 arriva il primo premio letterario, il Premio Marzotto; primo di una lunga serie: ne collezionerà più di quindici e tra i più importanti.

Sarà sempre restio al mostrarsi nelle cerimonie pubbliche e cercherà sempre di non presentarsi personalmente, convincendo il suo editore a ritirare i premi in sua vece.

Nel 1955, quasi cinquantenne, sposa Marisa Fortini, una ragazza originaria di Pico, all'epoca da poco maggiorenne.

Nel 1958 Landolfi diviene padre per la prima volta. Nasce Maria Landolfi, detta Idolina, poiché nei lineamenti di lei rivede la defunta genitrice. Idolina curerà da adulta tutta la produzione del padre, gestendo il Centro Studi Landolfiano di Firenze e occupandosi delle nuove edizioni, fino alla morte (avvenuta il 27 giugno 2008).

Il 1958 è anche l'anno di pubblicazione di "Ottavio di Saint-Vincent" e di "Mezzacoda". Nel 1959 pubblica "Landolfo VI di Benevento"; nel 1960 "Se non la realtà".

Nel 1961 nasce il secondogenito, Landolfo Landolfi, detto Tommaso, che sarà per il padre il suo "Landolfo VII".

Nel 1962 viene edito "In società"; segue, nel 1963, il secondo dei tre diari dai titoli francesi: "Rien va". È anche l'anno di "Scene dalla vita di Cagliostro". Nel 1964 vengono pubblicati i "Tre racconti"; nel 1965 "Un amore del nostro tempo". Il 1966 è l'anno dei "Racconti impossibili", seguito dal terzo ed ultimo diario: "Des mois". È il 1967, anno in cui pubblica anche i "Colloqui" e "Sei racconti". Del 1968 sono "Un paniere di chiocciole", "Filastrocche" e "Le nuove filastrocche". Nel 1969 scrive l'opera teatrale "Faust '67", che gli frutterà un Premio Pirandello.

Gli ultimi anni Settanta vedono la pubblicazione di "Breve canzoniere" (1971), "Gogol a Roma" (1971), "Viola di morte" (1972, ultimo libro pubblicato dall'editore Vallecchi; nello stesso anno morirà il padre), "Le labrene" (1974), "A caso" (1975), "Il tradimento" (1977) e "Del meno" (1978).

Una produzione copiosa, che sempre più, negli ultimi anni, richiede concentrazione e isolamento, portando Landolfi a lasciare la famiglia per rifugiarsi tra le amate mura di Pico. Qui inizierà ad ammalarsi, complice il rigido freddo e l'umidità, troppo pesanti per i suoi polmoni già provati dal fumo.

Invano cercherà sollievo nel clima più mite di Sanremo e Rapallo, città appassionatamente amate per la presenza dei casinò.

Tommaso Landolfi morirà per un enfisema polmonare, l'8 luglio 1979, a Ronciglione, vicino Roma; solo, proprio mentre la figlia Idolina si era assentata per poche ore.

Biografia di Ruggero Leoncavallo

Pagliacci dal successo planetario
23 aprile 1857
9 agosto 1919

Chi è: Ruggero Leoncavallo


Ruggero Leoncavallo nasce a Napoli il 23 aprile del 1857, nel quartiere Chiaia. Il padre Vincenzo è un magistrato, e la famiglia lo segue nelle sue diverse sedi di lavoro, tra cui la Calabria. Qui, ancora bambino, Ruggero impara i rudimenti del pianoforte ed assiste ad una sanguinaria vicenda amorosa finita con un omicidio, di cui il padre si trova a dover giudicare in un processo. Come Ruggero racconterà in seguito, questa vicenda ispirerà, circa venticinque anni dopo, la composizione di "Pagliacci".

Tornato a Napoli si iscrive al conservatorio e comincia a frequentare i teatri, dove grazie ad una zia mezzosoprano e ad uno zio tenore si appassiona sempre più all'opera lirica. Per poter continuare gli studi musicali non segue neanche il padre, trasferito a Potenza.

Consegue la licenza liceale e il diploma di maestro al Conservatorio poco più che sedicenne, ma con più probabilità si diploma nel 1876; in genere, nelle sue ricostruzioni biografiche Ruggero si diminuisce sempre l'età di un anno.

Assiste alla prima del ciclo completo di Wagner nel 1876 e comincia a fantasticare sulla composizione di un'opera alla maniera wagneriana. Questa idea compositiva viene favorita anche dagli insegnamenti di Carducci, di cui segue dei corsi all'Università di Bologna senza mai però conseguire la laurea.

Costretto a tornare a Potenza per gli obblighi di leva, riesce ad evitarla grazie alla sostituzione con il primogenito, il fratello Leone. Si trasferisce così in Egitto, dove vive il fratello più giovane del padre, Giuseppe, lì riparato per le sue cospirazioni antiborboniche.

In Egitto lavora come pianista e maestro di musica presso la comunità italiana. Rimane in Egitto quattro anni, dal 1879 al 1882, anno in cui è costretto a trasferirsi per l'incrudelirsi del clima contro gli immigrati occidentali. Si trasferisce così a Parigi dove continua a vivere come pianista frequentando compositori del calibro di Charles Gounod e Jules Massenet; conosce anche il baritono prediletto di Giuseppe Verdi, Victor Maurel. Sposa la sua allieva Berhte Rambaud e dopo sei anni fa ritorno in Italia.

Si stabilisce a Milano dove grazie a Maurel viene a contatto con Giulio Ricordi a cui vende il suo progetto operistico "I medici", mai messo in scena. Dopo il travolgente successo di "Cavalleria Rusticana" di Pietro Mascagni, decide di scrivere un'opera che riprenda gli episodi calabresi a cui ha assistito durante l'infanzia. Nasce così, in soli cinque mesi, "Pagliacci". L'opera, acquistata da Edoardo Sonzogno, viene rappresentata al Teatro Dal Verme di Milano nel maggio del 1892 con la direzione del grande maestro Arturo Toscanini. Il successo è strepitoso: l'opera viene replicata infinite volte a Londra, Parigi, New York, Buenos Aires, Mosca, Stoccolma.

Il numero di repliche di "Pagliacci" supera di gran lunga perfino quelle delle coeve opere del grande compositore Giacomo Puccini. Sull'onda del successo di "Pagliacci" viene ripresa "I medici" che però non ottiene il successo sperato, così come la sua "Bohème" che soffre del fatto di essere messa in scena quindici mesi dopo l'omonima opera di Puccini.

L'unica opera di Leoncavallo che riesce ad avere un discreto successo di pubblico è "Zazà", che riprende le atmosfere dei caffé chantant che il compositore conosce bene per averci lavorato lui stesso. Grazie però al trionfo berlinese della messa in scena di "Pagliacci", bissato dalla rappresentazione de "I medici", l'imperatore Guglielmo II gli commissiona un'opera celebrativa della dinastia Hohenzollern. Ruggero Leoncavallo compone "Der Roland von Berlin" che ha un discreto ma effimero successo.

Le mancate conferme delle sue opere gli procurano delle difficoltà economiche: non riesce a sostenere l'elevato stile di vita che conduce dopo l'improvviso successo internazionale ed è costretto a vendere la sua villa Myriam in Svizzera, dove risiede già dagli anni Novanta.

Data la sua bravura come compositore di melodie e il possesso di una certa vena comica, Leoncavallo si ricicla come autore di operette; ottiene un certo successo, come dimostrano le repliche di "Malbruk" (1910) e de "La reginetta delle rose" (1912).

Gli ultimi anni di vita sono funestati da problemi di salute: scopre di essere affetto dal diabete. Trascorre il periodo della prima guerra mondiale in Toscana, dove compone nel 1916 l'opera patriottica "Mameli" ed alcune operette. Per le cure del diabete suole recarsi a Montecatini; qui Ruggero Leoncavallo muore il 9 agosto del 1919, all'età di 62 anni.

Biografia di Romano Prodi

Italia - Europa e ritorno
9 agosto 1939

Chi è: Romano Prodi Ci sono 3 foto •


Fino al 1978, anno in cui viene nominato ministro dell'Industria del Governo Andreotti (in sostituzione del dimissionario Carlo Donat Cattin), il suo è il classico curriculum accademico. Nato il 9 agosto 1939 a Scandiano (Reggio Emilia) Romano Prodi è prima allievo di Beniamino Andreatta all'Università di Bologna e dopo la laurea si specializza presso la London School of Economics, dove diventa incaricato di economia e politica industriale. La breve parentesi ministeriale del 1978, durata pochi mesi, gli consente di legare il suo nome alla normativa sul commissariamento ed il salvataggio dei gruppi industriali in crisi, e costituisce il suo trampolino di lancio verso la presidenza dell'Iri, che il Governo gli affida nel 1982.

Alla guida della holding di Via Veneto, che con la rete di società controllate è il più grande gruppo industriale del Paese, rimane per sette anni, riuscendo a riportare in utile i conti dell'ente. La prima stagione di Romano Prodi all'Iri termina nel 1989, quando finisce quella che è stata definita "l'era dei professori" (nello stesso periodo l'Eni era guidata da Franco Reviglio). Lo stesso Prodi definirà la sua esperienza all'Iri "il mio Vietnam".

In quegli anni sono state molte le battaglie che il professore ha dovuto ingaggiare con la politica, specialmente sul fronte delle privatizzazioni, con qualche vittoria (Alfasud) e qualche sconfitta (la Sme, la cui vendita a Carlo De Benedetti, allora proprietario della Buitoni, venne bloccata dal Governo Craxi).

Alla fine però Prodi riuscì a far passare i conti del gruppo da un passivo di 3.056 miliardi di lire (di inizio gestione) ad un utile di 1.263 miliardi.

Lasciato l'Iri Prodi torna ad occuparsi di università e di Nomisma, il centro studi che aveva fondato nel 1981, ma la sua assenza dalla scena pubblica non dura molto: nel 1993 torna alla presidenza dell'Iri, chiamato dal Governo Ciampi a sostituire il dimissionario Franco Nobili. Si tratta questa volta di una permanenza breve (un anno) nel corso della quale Prodi avvia il programma di privatizzazioni: l'Iri cede prima il Credito Italiano, poi la Banca commerciale e avvia la procedura di cessione delle attività agro-alimentari (Sme) e di quelle siderurgiche.

Dopo la vittoria elettorale del Polo nel 1994, Prodi va dal nuovo presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e si dimette lasciando la presidenza dell'Iri a Michele Tedeschi.

Da quel momento inizia la sua attività politica: indicato più volte come possibile segretario del Ppi e come candidato alla presidenza del Consiglio, Prodi viene indicato leader dell'Ulivo e inizia la lunga campagna elettorale in pullman che porterà alla vittoria della coalizione di centro-sinistra e alla sua nomina a capo del Governo nell'aprile del 1996.

Rimane a capo dell'esecutivo fino all'ottobre 1998, quando Fausto Bertinotti, in disaccordo sulla legge finanziaria proposta dal professore, provoca la crisi di governo. In extremis Armando Cossutta e Oliviero Diliberto cercano di salvare il Governo Prodi staccandosi da Rifondazione comunista e fondando i Comunisti italiani. Per un solo voto Prodi viene sfiduciato. Circa un anno dopo nel settembre 1999, Prodi viene nominato presidente della Commissione europea, incarico che di riflesso avvalora l'immagine dell'Italia a livello comunitario, e per cui lo stesso Berlusconi esprimerà la sua felicità.

Il mandato è scaduto il 31 ottobre 2004 e Romano Prodi è tornato ad affrontare le difficili acque della politica italiana.

A un anno di distanza il centro-sinistra ha organizzato (per la prima volta in Italia) delle elezioni primarie, rivolte a militanti e simpatizzanti dello schieramento, per eleggere il leader della coalizione. Oltre 4 milioni di italiani hanno partecipato e Romano Prodi ha raccolto oltre il 70% dei consensi.

Le elezioni politiche del 2006 hanno visto un'alta affluenza alle urne: il risultato ha mostrato un po' inaspettatamente un'Italia equamente divisa in due. Il centro-sinistra vincendo comunque le elezioni ha mandato Romano Prodi a Palazzo Chigi. Il mandato termina nel 2008 dopo la seconda crisi avvenuta alla fine di gennaio: alle successive elezioni (aprile) il candidato del Partito Democratico è Walter Veltroni. I risultati sanciscono la vittoria del centro destra: Romano Prodi annuncia di lasciare la presidenza del PD e forse, in generale, il mondo della politica.

Biografia di Toni Servillo

9 agosto 1959

Chi è: Toni Servillo Ci sono 4 foto •


Marco Antonio Servillo, detto Toni, nasce il 9 agosto 1959 ad Afragola, in provincia di Napoli. Appassionatosi al mondo del teatro fin da piccolo, da bambino recita nell'oratorio salesiano del suo paese. Durante gli anni della contestazione studentesca, insieme con Eugenio Tescione, Riccardo Ragozzino, Sandro Leggiadro e Matteo De Simone collabora alla fondazione del Teatro Studio di Caserta, le cui prove si svolgono in stanze della soffitta della Reggia.

Il Teatro Studio porta in giro numerosi spettacoli, sia in Italia che in Europa, fino al 1984. Due anni più tardi Toni Servillo entra in contatto con il gruppo Falso Movimento, collaborando con il regista Mario Martone e fondando con lui Teatri Uniti.

Nel 1987 esordisce al cinema, ma solo in voce, con "L'uomo che piantava gli alberi", di Frédéric Back. Dopo aver scritto, diretto e interpretato l'atto unico "Guernica", che gli permette di ottenere il Premio "Gennaro Vitiello" "per la costante ricerca di nuovi linguaggi di vaste significazioni poetiche", tra il 1989 e il 1991 recita per Leo de Berardinis in "Ha da passa' 'a nuttata" e "L'impero della ghisa".

Negli anni Novanta arriva la sua consacrazione sul grande schermo, con Mario Martone che tra il 1992 e il 1998 lo dirige in "Morte di un matematico napoletano", "Rasoi", "I vesuviani" (nell'episodio "La salita") e "Teatro di guerra". Nello stesso periodo a teatro dirige "Il misantropo" e "Tartufo" di Molière e "Le false confidenze" di Marivaux; sul finire del decennio esordisce come regista di teatro musicale dirigendo alla Fenice di Venezia "La cosa rara", di Martin y Soler.

Nel 2001 viene diretto al cinema da Antonio Capuano in "Luna Rossa", e, recitando in "L'uomo in più", comincia il suo sodalizio con il regista Paolo Sorrentino, che lo porta a interpretare, tra l'altro, una trasposizione televisiva della commedia di Eduardo De Filippo "Sabato, domenica e lunedì", in onda su Raidue.

Lo stesso Toni Servillo, per altro, aveva rivisitato negli anni precedenti il capolavoro eduardiano con uno spettacolo in scena in tutta Europa per quattro stagioni, che gli era valso anche un "Premio Gassman" per la regia. Nel 2005, sempre grazie a un film di Sorrentino, "Le conseguenze dell'amore", vince un Nastro d'Argento e un David di Donatello come migliore attore protagonista.

Due anni più tardi porta in tournée "Trilogia della villeggiatura", di Carlo Goldoni, da lui adattata, interpretata e diretta; recita poi per Fabrizio Bentivoglio in "Lascia perdere, Johnny!". Un altro David e un altro Nastro d'Argento giungono nel 2008, grazie a "La ragazza del lago", diretto da Andrea Molaioli. Il 2008, per altro, è un anno di grandi soddisfazioni per Servillo, che recita anche nei pluri-premiati "Gomorra", di Matteo Garrone, e "Il Divo", di Paolo Sorrentino (in cui interpreta Giulio Andreotti), che gli permettono di conquistare un European Film Award come migliore attore, oltre alla ormai classica doppietta David-Nastro.

Nel 2010 recita per Claudio Cupellini in "Una vita tranquilla", in gara al Festival Internazionale del Film di Roma, dove vince il Marc'Aurelio d'Argento (premio per il migliore attore), e per Stefano Incerti in "Gorbaciof - Il cassiere col vizio del gioco", grazie al quale ottiene una nomination al Globo d'Oro. Torna, inoltre, a collaborare con Mario Martone per "Noi credevamo", e fa parte del cast del film di Nicole Garcia "Tre destini un solo amore".

L'anno successivo Toni Servillo è tra i protagonisti de "Il gioiellino", film di Andrea Molaioli ispirato al crac della Parmalat, e recita per Theo Angelopoulos in "L'altro mare": la pellicola, però, rimane incompiuta a causa della morte improvvisa del regista greco. Nel 2012 Servillo registra la versione audio del libro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa "Il Gattopardo"; al cinema, lavora con Marco Bellocchio, che lo dirige in "Bella addormentata", lungometraggio che prende spunto dalla vicenda di Eluana Englaro, e con Daniele Ciprì in "E' stato il figlio".

L'anno successivo vince il Premio "Le Maschere del Teatro Italiano" come migliore attore protagonista e migliore regista e per il miglior spettacolo in prosa, grazie a "Le voci di dentro"; al cinema, è al fianco di Valerio Mastandrea e Valeria Bruni Tedeschi in "Viva la libertà", film di Roberto Andò in cui presta il volto a un politico italiano e al suo gemello (ruolo che gli vale una nomination ai David di Donatello e la conquista di un Ciak'Oro).

Servilo è inoltre, il celebratissimo protagonista di "La grande bellezza", di Paolo Sorrentino: la pellicola, che vede anche la partecipazione di Sabrina Ferilli, Carlo Verdone, Roberto Herlitzka e Isabella Ferrari, viene presentata al Festival di Cannes e permette all'attore campano di conquistare un European Film Award come migliore attore, grazie alla sua interpretazione dello scrittore dandy Jep Gambardella. Nel 2014 "La grande bellezza" vince il Golden Globe come migliore film straniero ed entra nella cinquina dei film candidati al Premio Oscar per lo stesso riconoscimento.

Biografia di Sharon Tate

Vittima sacrificale
24 gennaio 1943
9 agosto 1969

Chi è: Sharon Tate


Ex moglie del regista Roman Polanski, la splendida attrice è famosa soprattutto per la sua tragica vicenda. Sharon Tate nasce a Dallas il 24 gennaio 1943; prima di essere trucidamente assassinata il 9 agosto 1969 dal pazzo omicida e satanista Charles Manson, in un caso che avrebbe sconvolto l'America intera, la giovane attrice aveva dapprima fatto timidamente il suo ingresso nel mondo dello spettacolo, per poi cercare in tutti i modi di scalare in fretta i gradini che portano alla celebrità.

Deliziosa nell'aspetto e accattivante nei modi, aveva fatto il suo ingresso nei party "alternativi" dello show business (il periodo è quello dei floridi e "trasgressivi" anni '60), grazie soprattutto alla protezione del produttore Ransohoff prima e di Roman Polanski poi, riuscendo peraltro a girare alcuni film importanti, film che rimarranno indubbiamente nella storia al di là della sua presenza (fattore che potrebbe indurre invece ad osservarli con occhio morboso).

Prima di approdare a Hollywood, Sharon Tate lavora come comparsa in alcuni film prodotti in Italia dove si diploma nella scuola americana di Verona; una volta tornata in America, bruciate le consuete tappe della carriera televisiva ("The Beverly Hillbillies" dal 1963 al 1965) e conquistate le pagine della preziosa e leggendaria "Playboy Magazine" con una galleria di foto scattate da Polanski stesso, oltre a lavorare proprio accanto al futuro consorte in "Per favore...non mordermi sul collo", Sharon appare in "Valley of the Dolls" (l'interpretazione più importante , nel 1967, che le vale una nomination al Golden Globe) e "The Wrecking Crew" (1968) con Dean Martin.

La triste vicenda del suo assassinio fa il giro del mondo e a tutt'oggi non manca chi, a posteriori, vede quell'episodio come il simbolo dell'eclissi di una cultura (quella Hippie, per la precisione), se non di un'intera epoca, basata sulla trasgressione sistematica dei valori tradizionali e sull'emersione prorompente della cosiddetta "cultura giovanile".

Ma cosa successe esattamente in quel tragico 9 agosto del 1969? La ventiseienne texana Sharon, incinta di otto mesi, viene investita dalla furia di Charles Manson nella sua casa californiana, mentre è con un gruppo di amici: nessuno viene risparmiato e la carneficina si rivela agli occhi degli investigatori particolarmente cruenta.

L'efferatezza dell'atto risulta ancora più scioccante in virtù della serie di coincidenze, equivoci e "dietro le quinte" che lo generano. Quel vero e proprio mattatoio, infatti, venne generato per via dell'odio che Manson aveva sviluppato nei confronti del figlio di Doris Day, Terry Melcher, colpevole di non aver mantenuto la promessa di pubblicare le canzoni scritte da Manson (sempre nel 1969 erano stati i Beach Boys ad inserire un suo pezzo, "Cease to Exist", ribattezzato "Never Learn Not to Love" nel loro album "20/20"). Era lui che, nelle intenzioni originarie di Manson e dei seguaci che quella sera lo seguivano (Manson aveva creato una sorta di comunità di sballati chiamata "Family"), doveva essere ucciso.

Tuttavia, il fatto che Melcher non vivesse lì da tempo non impedì agli invasati di uccidere chiunque si trovasse nella casa. A Sharon furono inferti sedici colpi di pugnale, fu strangolata con una corda e il suo sangue utilizzato per scrivere "Pig" (maiale) sulla porta d'ingresso. Altre esecuzioni illustri sarebbero seguite se Manson non fosse stato catturato: la sua personale "lista nera" comprendeva, fra le persone conosciute, anche Tom Jones e Steve McQueen.

Quanto a Polanski, quest'ultimo dichiarò sotto shock alla stampa che solamente un caso fortuito gli impedì di essere presente sul luogo della strage, essendo impegnato in Inghilterra per una produzione cinematografica.

Sharon Tate fu la quintessenza della starlet anni Sessanta ed impersonava la tendenza di una intera generazione: vulnerabile e briosa, la sua bellezza sfavillante incarnava lo spirito degli "swinging sixties", uno stile di vita all'insegna della spensieratezza e della liberazione di tutti i tabù. Uno stile che poteva facilmente degenerare in eccessi, ed è questo che allarmò l'opinione pubblica, essendo Charles Manson un frutto malato di quella "cultura".

Quest'ultimo, ad esempio, era ossessionato da "Helter skelter", una canzone dei Beatles che, pare, sia stata uno dei motivi ispiratori della strage. Egli intendeva accendere l'Helter Skelter, ossia scatenare il caos, il delirio. Una breve fiammata distruttiva che ha portato molte persone alla morte e lui in un carcere a vita.

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