Biografie di personaggi famosi e storici nato il 2 settembre


Biografie di personaggi famosi e storici

Biografie di personaggi famosi nella storia e celebrità

Sommario:

1. Salma Hayek
2. Vanna Marchi
3. Marc Augé
4. Pierre de Coubertin
5. Keanu Reeves
6. Joseph Roth
7. Henri Rousseau
8. J.R.R. Tolkien
9. Giovanni Verga

Biografia di Salma Hayek

Bella vita
2 settembre 1966

Chi è Salma Hayek?


Messicana, per lungo tempo interprete di diverse telenovelas di successo e ora bellissima attrice di grido, Salma Valgarma Hayek Jiménez nasce a Coatzacoalcos, Veracruz, il 2 settembre 1966, figlia di un uomo d'affari di origine libanese e di una cantante lirica.

A dodici anni viene espulsa dal collegio di suore in Louisiana dove i suoi genitori l'hanno mandata a studiare, non per questioni di basso profitto scolastico, quanto per le sue continue bravate e per l'eccessiva esuberanza.

Dopo l'high school frequentata a Houston, Salma si iscrive all'Università di Città del Messico per studiare relazioni internazionali ma abbandona presto i corsi per inseguire il sogno di diventare un'attrice. Muove i suoi primi passi nel mondo del teatro debuttando nel ruolo di Jasmine in un adattamento de "La lampada di Aladino"; compare poi in numerosi spot pubblicitari e quindi entra a far parte del cast di "Nueva Amanecer", una serie tv piuttosto seguita in Messico.

Poco dopo Salma viene scelta per interpretare il ruolo della protagonista nella soap opera 'Teresa' e in breve diventa una delle attrici più popolari della televisione messicana. Lei però sogna il cinema, così a ventuno anni si trasferisce a Los Angeles per perfezionare il suo inglese e soprattutto per studiare recitazione con Stella Adler.

Nel 1993 finalmente ottiene un piccolo ruolo nel film di Allison Anders, "Mi vida loca" (purtroppo inedito in Italia), ma è solo nel 1995 che Salma si fa notare dal grande pubblico, grazie alla partecipazione a "Desperado" di Robert Rodriguez, accanto ad Antonio Banderas (con il quale, si vocifera, avrebbe avuto una breve passione anche fuori dal set). Sempre diretta da Rodriguez, partecipa a "Four Rooms" (1995) e compare nei panni di ballerina vampira in "Dal tramonto all'alba" (1996). Tutti ruoli eccessivi che la rendono popolare tra gli appassionati di action e horror movies.

Nel 1997 ottiene il suo primo ruolo da protagonista nella commedia "Mela e tequila - Una pazza storia d'amore con sorpresa", mentre nel 1999 compare in "Studio 54", nel western fantascientifico "Wild Wild West", nell'horror "The Faculty" e nel nostalgico "Nessuno scrive al colonnello", dimostrando di sapersi muovere tra i generi cinematografici con grande disinvoltura.

Dopo aver interpretato Lola nel film di Antonio Cuadri "La grande vita", Salma veste i panni di Frida Kahlo nell'ultimo lavoro di Julie Taymor "Frida", presentato in concorso alla 59a Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia. Il film le regala un'enorme successo e le permette di conquistare la nomination all'Oscar come migliore attrice protagonista.

Una piccola curiosità relativa al suo travolgente fascino: anche Salma è riuscita ad entrare nel Pantheon delle donne che popolano i sogni maschili: nel 1996 infatti la rivista "People" l'ha inserita nella classifica delle 50 donne più belle del pianeta.

Il 14 febbraio 2009 si unisce in matrimonio con il miliardario francese Francois-Henri Pinault, proprietario dell'impero PPR (Gucci, Christie' s, Puma e altri marchi di lusso). La coppia ha una bambina, di nome Valentina Paloma.

Biografia di Vanna Marchi

C'era una volta una regina
2 settembre 1942

Chi è Vanna Marchi?


Vanna Marchi nasce a Castelguelfo, in provincia di Bologna, il 2 settembre del 1942. Scoppiettante personaggio televisivo italiano, divenuta celebre per aver lanciato a livello nazionale il modus commerciale e promozionale della cosiddetta televendita, per giunta attraverso uno stile urlato inconfondibile e da sempre parodiato, è finita negli ultimi anni della sua carriera al centro di alcuni scandali giudiziari che l'avrebbero coinvolta in prima persona, insieme con sua figlia Stefania Nobile, in quanto entrambe promotrici e talvolta titolari di prodotti ritenuti fraudolenti. Dopo una serie di processi, Vanna Marchi è stata condannata in via definitiva a quasi dieci anni di reclusione per bancarotta fraudolenta, per truffa aggravata e associazione per delinquere finalizzata alla truffa.

Trascorsi gli anni della scuola, la piccola Vanna deve far fronte alla prematura morte dei suoi genitori. Ancora adolescente, deve obbligatoriamente lavorare e trova un impiego come estetista, nella cittadina di Ozzano dell'Emilia. Tuttavia, una delle passioni principali della giovane Vanna è quella per i fanghi, di cui cerca di trovare effetti benefici per il corpo, da proporre ad eventuali terzi.

L'amore per il settore della cosmesi è forte e dopo aver lavorato come estetista, l'intraprendente emiliana si mette in proprio, poco più che ventenne, affittando un garage e trasformandolo in un negozietto di cosmetici di sua produzione. Ben presto però, forte della sua parlantina, intuisce le potenzialità del mezzo televisivo e si fa pubblicità in alcune emittenti private, presentando lei stessa i suoi prodotti. Sin da subito adopera per le proprie promozioni "fatte in casa" i suoi figli, i giovanissimi Maurizio e Stefania, come veri e propri valletti.

L'esordio in tv è datato 1977 e la Marchi compare a Teleregione di Bologna. Il ruolo che ricopre è quello di ospite fisso, all'interno di un formato intitolato "Gran Bazar", al fianco di Raffaele Pisu e di Marisa Del Frate. Diventa, in poco tempo, un vero "personaggio", forte della sua verve tutta romagnola e della capacità di piazzare i suoi prodotti sul mercato.

Nasce il famoso "D'accordo?!": l'urlo con cui la Marchi termina le proprie offerte televisive, piazzando prodotti di dubbia qualità a prezzi apparentemente convenienti.

Dopo la televisione di Bologna passa a Triveneta di Padova, quindi a Teleradiomilano2 di Cinisello Balsamo, trasferendosi nella sua seconda terra, la Lombardia. Sono i primi anni '80 e Vanna Marchi comincia a farsi un nome anche a livello nazionale, forte del suo stile inconfondibile, il quale ben presto le varrà il titolo di "Regina delle televendite".

In questo periodo, e per molti anni ancora, uno dei prodotti più venduti e promossi da lei, è il così denominato "scioglipancia": una crema pseudo miracolosa con proprietà dimagranti. All'inizio degli anni '80 il prezzo si aggira sulle 100.000 lire, per sole tre confezioni.

Dopo alcuni passaggi su decine di altre piccole emittenti, come TeleradioLombardia, la Marchi passa anche per la neonata Rete4 di Mondadori, esattamente fra il 1982 e il 1983.

Tuttavia, la consacrazione definitiva arriva a ReteA, quando l'imbonitrice romagnola dà vita ad un programma che si chiama "Vanna Marchi Show", in onda dalle 23.00 all'1.00, ogni lunedì sera. Più che una telepromozione, si tratta di un teatrino, che vede la conduttrice parlare e dare consigli a finti telespettatori, durante telefonate fasulle interpretate da attori, alle prese con vari problemi.

Il fenomeno diventa nazionale e persino giornalisti come Enzo Biagi e Maurizio Costanzo si interessano a lei e al suo programma, invitandola ad alcune interviste mirate.

Nel 1986 inoltre, in collaborazione con la giornalista Adriana Treves, pubblica l'autobiografia "Signori miei", che non dimentica di piazzare nelle sue aste tv.

In breve tempo diventa la regina delle televendite e, forte del suo motto, di quell'intercalare urlato che la fa conoscere in tutta Italia, nel 1989 incide anche un 45 giri, dal titolo, per l'appunto, "D'accordo?!": il brano arriva addirittura a "Superclassifica Show", forte del suo sound tipicamente anni '80, ed esempio più smaccato del trash dell'epoca. Ad affiancare la Marchi in questa impresa nel mondo della musica, ci sono i "The Pommodores", parodia dei più noti "The Commodores".

L'anno dopo, forte di questa popolarità, la Marchi viene chiamata a recitare nel celebre sceneggiato "I Promessi Sposi", parodia in forma di fiction televisiva del romanzo di Alessandro Manzoni, ideato dal trio comico Lopez, Marchesini, Solenghi. Naturalmente il ruolo che ha nel format è quello di promotrice di prodotti, solo che anziché vendere creme contro la pancia, cerca di piazzare unguenti anti-peste.

Ad ogni modo, nello stesso anno, il 1990, difficoltà finanziarie dovute anche all'insuccesso della sua ultima creatura, ossia il profumo "Flag", causano il fallimento di una delle sue società. Dopo qualche tempo viene arrestata per concorso in bancarotta. Fallisce anche come imprenditrice individuale.

La Marchi deve allora ricominciare daccapo e riprende con le televendite, come dipendente del Marchese Capra de Carré. Da questo momento, oltre al cosmetico, prende piede tra le sue attività promozionali anche l'esoterico. Nel 1996 costituisce la società "Ascié Srl", a Milano. Con lei, c'è la figlia Stefania Nobile e Mario Pacheco Do Nascimento.

Nel novembre del 2001 la trasmissione di Canale5 "Striscia la Notizia" realizza una serie di inchieste sul mondo delle truffe televisive, all'interno dell'ambito della magìa e della fattucchieria: tra i principali nomi coinvolti c'è Vanna Marchi, oltre alla figlia Stefania Nobile e al sedicente mago Mario Pacheco Do Nascimento. In questa occasione, il trio si propone di vendere numeri fortunati per il gioco del lotto, oltre a talismani, amuleti e kit contro le influenze maligne.

La società Asciè Srl in pratica, con l'inganno, contatta le persone coinvolte e cerca di estorcere loro denaro. La Marchi viene nuovamente arrestata allora, insieme con la figlia, mentre il mago Do Nascimento fugge in Brasile.

Nel 2005, dopo il processo giudiziario, riprende a lavorare con una striscia quotidiana su Tv7 Lombardia. Tuttavia, rinviata a giudizio con la figlia e altri collaboratori, con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all'estorsione, il 3 aprile del 2006 vengono condannate a due anni e sei mesi di reclusione nel processo-bis per truffa aggravata. Il risarcimento che devono ad alcune vittime ammonta a quasi 40.000 euro.

Il 9 maggio dello stesso anno Vanna Marchi, il suo compagno Francesco Campana e la figlia Stefania Nobile, vengono ancora condannati in primo grado dal Tribunale di Milano, rispettivamente a 10, 4 e 10 anni di reclusione, oltre che ad un risarcimento di oltre 2 milioni di euro, per giunta reso possibile da una serie di sequestri di vari immobili.

Dopo aver gestito per qualche mese un centro benessere nei pressi di Carpi, il 27 marzo del 2008 la sentenza d'appello riduce la somma delle due condanne inferte a 9 anni e 6 mesi per la Marchi, a 9 anni 4 mesi e 9 giorni per la figlia Stefania e a 3 anni 1 mese e 20 giorni a Francesco Campana.

Il 4 marzo del 2009 anche la Cassazione conferma la condanna. Nell'aprile del 2010, arriva anche la condanna per bancarotta fraudolenta. L'8 ottobre del 2011 Vanna Marchi ottiene il regime di semilibertà, grazie all'impiego nel bar-ristorante di proprietà del fidanzato della figlia; poche settimane più tardi la pena le viene ridotta a 9 anni e 6 mesi.

Biografia di Marc Augé

Il senso dei nonluoghi
2 settembre 1935

Chi è Marc Auge?


Marc Augé nasce a Poitiers (Francia) il 2 settembre 1935. Etnologo e antropologo, si afferma lungo la sua carriera accademica e di studio come uno dei più noti studiosi di scienze sociali e di antropologia.

In particolare Augé è noto al pubblico per aver coniato il concetto di "nonluoghi" (non-lieux), con il quale lo studioso definisce determinati spazi in contrapposizione con la nozione classica di luoghi antropologici.

I "nonluoghi" sono, infatti, quei luoghi di transito spesso vissuti nella quotidianità senza dare loro significati e pregnanza di "veri e propri luoghi". Esempi sono, il vagone della metropolitana, il supermarket, una stanza d'hotel. Essi hanno la caratteristica di non assegnare identità alle individualità che vi transitano, di non essere relazionali (milioni di individui si incrociano ogni giorno nei cunicoli delle metropolitane senza per questo entrare in relazione) e di non avere carattere storico.

L'introduzione del concetto di "nonluogo" avviene in una fase matura di studio dell'etnologo francese, quando pubblica nel 1992 il suo libro "Nonluoghi. Introduzione a un'antropologia della surmodernità" nel quale affronta l'analisi delle società attuali attraverso il paradigma della surmodernità: ossia una fase di esasperazione delle caratteristiche moderne dove le società sono incapaci di integrare le differenze, ma le confinano e racchiudono all'interno di spazi senza contaminazioni (come gli scaffali di un grosso supermarket) e dove, allo stesso tempo, gli spostamenti continui favoriti dalle tecnologie aumentano le differenze.

I non luoghi, all'interno di questa prospettiva, sono essenzialmente la dimensione quotidiana più rilevante della surmodernità: luoghi precari, di passaggio e vissuti da esasperanti individualità che non abitano, ma lasciano flussi come nei circuiti comunicativi globali, che si incrociano senza incontrarsi.

Sono, in altre parole, l'espressione simbolica del paradosso vissuto dal cittadino contemporaneo, che vive una solitaudine sempre più intensa in luoghi consacrati a migliaia di persone.

Se le riflessioni sulla surmodernità rappresentano un periodo relativamente recente del pensiero di Augé (proseguite poi con il tentativo di restituire il termine globalizzazione così come vissuto dalle persone), i suoi primi lavori riguardano essenzialmente le ricerche condotte durante i suoi viaggi in diverse parti del mondo. Specie lungo tutti gli anni '70, Augé si concentra soprattutto nello studio della popolazione Alladian della Costa d'Avorio.

Successivamente, negli anni ' 80, Marc Augé torna in Europa per applicare lo sguardo etnografico e la narrazione del romanzo allo studio delle società europee: famoso in questo periodo il suo breve libro "Un etnologo nel metrò", dove ponendo le basi del concetto di nonluogo (il metrò vissuto come luogo di transito che non ci appartiene), analizza le caratteristiche della società parigina. In particolare, è qui che inizia a sottolineare la paradossale solitudine vissuta sempre più intensamente dalle persone in un'epoca di tecnologie di comunicazione sempre più potenti e capaci di connettere gli uni agli altri, nel tempo e nello spazio.

Sarà proprio da questi studi, e dal confronto con le ricerche effettuate gli anni prima in Africa e in altre aree del mondo, che scaturiranno poi le premesse per le riflessioni successive sulla surmodernità e sui nonluoghi.

Marc Augé è inoltre direttore della Scuola degli Alti Studi delle Scienze Sociali (EHESS) a Parigi.

Tra le sue opere più importanti:

Le Rivage alladian (1969);

Poteri di vita, poteri di morte (1977);

Genio del Paganesimo (1982);

I giardini del Lussemburgo (1985);

Un ethnologue dans le métro (1986);

Non-Lieux (1992);

Il senso degli altri - attualità dell'antropologia (1994);

Pour une anthropologie des mondes contemporains (1994);

Finzioni di fine secolo - Che cosa succede (2000);

Rovine e macerie. Il senso del tempo (2003);

Perché viviamo? (2003);

L'antropologia del mondo contemporaneo (2005);

La madre di Arthur (2005);

Il mestiere dell'antropologo (2006);

Tra i confini: città, luoghi, integrazioni (2007);

Casablanca (2008);

Il bello della bicicletta (2009);

Il metrò rivisitato (2009);

Che fine ha fatto il futuro? : dai nonluoghi al nontempo (2009);

Per un'antropologia della mobilità (2010);

Biografia di Pierre de Coubertin

La pace e la fratellanza dei popoli attraverso lo sport
1 gennaio 1863
2 settembre 1937

Chi è Pierre de Coubertin?


Pierre de Frédy, barone di Coubertin, meglio noto più aristocraticamente come Pierre de Coubertin, nasce a Parigi, il giorno 1 gennaio del 1863. Pedagogista e storico francese, è passato alla storia per aver riproposto, in chiave moderna, i cosiddetti Giochi Olimpici, di fatto fondandoli in tutto e per tutto, almeno nella versione nella quale sono abitualmente noti.

Sin dalle sue prime attività in ambito educativo è sempre stato tra i maggiori sostenitori di una corretta disciplina sportiva, da inserire all'interno di qualsivoglia programma pedagogico. Al suo nome è legata la famosissima frase "L'importante non è vincere ma partecipare", in realtà enunciata realmente da de Coubertin, ma appartenente al vescovo Ethelbert Talbot, da lui per l'appunto citato (lo stesso vescovo pare abbia preso la frase, riadattandola, da un filosofo greco, il quale disse: "L'importante non è vincere, ma partecipare con spirito vincente").

Nasce e cresce nell'alta nobiltà francese, quarto ed ultimo figlio della famiglia. Fino al 1880, anno del suo diploma, trascorre un'infanzia e una adolescenza felice, sia nella sua casa parigina, sia nel castello di proprietà familiare situato a Mirville, in Normandia. Qui, nella quiete della campagna, il giovane Pierre si appassiona alla vita all'aria aperta, allo sport, che ama sin da piccolissimo, e anche alle arti, come la pittura e la musica. È un ottimo studente e consegue il diploma dai Gesuiti.

Inoltre, suona molto bene il pianoforte e coltiverà questo talento musicale anche in età adulta, nonostante gli impegni di lavoro. Alla fine del periodo scolastico, nel 1880 sceglie studi politici, anziché la carriera militare. Studia legge nella capitale francese ma, dal 1883 fino al 1890, si dedica perlopiù ad attività legate ai problemi sociali della Francia, riflettendo su una vera riforma dell'educazione in una chiave pedagogica moderna.

La data di svolta è il 23 giugno del 1894, quando alla Sorbona di Parigi, annuncia per la prima volta l'idea di recuperare gli antichi Giochi Olimpici. È un vero e proprio congresso quello organizzato da de Coubertin, il quale si fa portavoce dell'istituzione del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), del quale assume il segretariato generale. Come Presidente, per legare anche dal punto di vista simbolico i nascenti giochi a quelli che furono propri del periodo ellenico antico, viene nominato il greco Demetrius Vikelas. D'altronde, una delle decisioni assunte durante il congresso è che la prima Olimpiade moderna si sarebbe svolta in Grecia, ad Atene.

I primi Giochi Olimpici si tengono nel 1896. Nel frattempo Pier de Coubertin, nel 1895, sposa Marie Rotham, che gli dà un figlio esattamente l'anno dopo.

Nel 1897, ormai impegnatissimo in diversi viaggi tanto in USA che in Inghilterra, il barone francese tiene il primo vero e proprio congresso olimpico, a Le Havre, da lui presieduto. I giochi dell'anno prima sono stati un grande successo e l'idea, non solo del francese, è quella di replicarli ogni quattro anni.

Nel 1900 però, a Parigi, l'evento delle Olimpiadi viene posto in secondo piano, assorbito dalla Fiera Internazionale. La stessa cosa accade quattro anni dopo, a St. Louis. A consolare de Coubertin, è la nascita della sua secondogenita, Renée, nel 1902.

Un momento di svolta si ha con le Olimpiadi estive del 1906, che suscitano grande interesse. Da questo momento e fino al 1912, il nobile francese si batte in tutto il mondo per diffondere idee sportive moderne, come quella di associazioni atletiche per lavoratori. Inoltre aggiunge ai Giochi, particolari molto importanti dal punto di vista simbolico, come i famosi 5 cerchi e il giuramento olimpico prima dell'inizio delle attività sportive vere e proprie.

A Stoccolma, sempre nel 1912, in occasione delle Olimpiadi, De Coubertin lancia la disciplina del pentathlon moderno, da lui effettivamente inventata. Nel 1915 trasferisce il Comitato Olimpico a Losanna e mantiene la presidenza fino ai Giochi del 1924 di Parigi, che si rivelano un successo senza precedenti, nulla a che vedere con i precedenti datati 1900.

A succedere alla sua presidenza è il belga Henri de Baillet-Latour. Tuttavia il francese resta presidente onorario del CIO e, soprattutto, fonda l'Unione Pedagogica Universale.

Dal 1926 al 1927 trova concretizzazione un altro interesse della sua poliedrica vita: il barone francese pubblica la sua opera di storia universale, concentrata in quattro volumi.

Ritiratosi a vita privata in Svizzera, dedica tutte le sue ultime energie, anche economiche, per diffondere le proprie idee sportive e pedagogiche.

Durante una passeggiata, Pierre de Coubertin viene colto da un infarto e muore a Ginevra, il 2 settembre del 1937. Sepolto a Losanna, il suo cuore viene successivamente seppellito a parte, in un monumento vicino alle rovine dell'antica Olimpia, in Grecia.

Biografia di Keanu Reeves

L'eletto
2 settembre 1964

Chi è Keanu Reeves?


Cosa si prova ad essere considerati uno degli uomini più sexy del pianeta? Chiedetelo a Keanu Charles Reeves, perché lui lo sa e ci è anche abituato, essendo puntualmente citato dai magazine "Empire" e "People" nelle annuali classifiche degli attori più desiderati dal pubblico.

Nato il 2 settembre 1964 a Beirut, in Libano, il suo eccezionale corredo genetico è il frutto del matrimonio fra il padre per metà hawaiano e per metà cinese, con la madre inglese. E anche il suo nome è bello è poetico, dato che Keanu in hawaiano significa "leggera brezza sui monti".

Trasferitosi con la sua famiglia in Australia, in seguito alla separazione dei genitori Keanu Reeves lascia la nuova residenza insieme alla madre e va a cercar fortuna in America, a New York. Stanchi del caos cittadino, i due preferiranno però in seguito trasferirsi a Toronto, in Canada, dove l'attore ha poi ottenuto la cittadinanza.

A Toronto frequenta la Jesse Ketchum Public School, poi la High School al De La Salle College ed infine la Toronto School per attori, spinto dal nuovo compagno della madre e suo padrino, il regista Paul Aaron. Inizia a farsi conoscere attraverso alcune piccole parti televisive e al cinema, ma la grande occasione arriva con il film "Spalle larghe" (1986) assieme a Rob Lowe, Cynthia Gibb e Patrick Swayze. Poi partecipa al crepuscolare "I ragazzi del fiume", con Dennis Hopper. Il suo primo film veramente importante è l'intrigante "Le relazioni pericolose" (1988, con Glenn Close, John Malkovich e Michelle Pfeiffer) di Stephen Frears.

Nel 1989 è la volta di "Parenti, amici e tanti guai" di Ron Howard con Steve Martin;nel 1990 "Zia Julia e la telenovela" di Jon Amiel e "Ti amerò... fino ad ammazzarti" di Lawrence Kasdan. Giunto ad una certa notorietà Keanu Reeves si applica ad una serie di film che non solo lo vedono protagonista ma gli permettono anche di mettere in evidenza il suo fascino esotico: i titoli ormai entrati nella storia come "Point break, Punto di rottura" (1991) di Kathryn Bigelow e "Belli e dannati" (1991), al fianco dello sfortunato amico River Phoenix, lo consacrano bello da schermo ma anche bravo e ...ben poco dannato , visto il regime salutista sempre rispettato dall'attore.

E' poi la volta di "Dracula (di Bram Stoker)" (1992) per la regia di Francis Ford Coppola e della trasposizione cinematografica della commedia di William Shakespeare "Molto rumore per nulla" (1993), di Kenneth Branagh. Nel 1993 oltre a "Cowgirl. Il nuovo sesso" (di Gus Van Sant, con Uma Thurman), Bernardo Bertolucci lo sceglie per il film "Piccolo Buddha" nel quale Keanu è uno straordinario Siddhartha.

Nella sua carriera non mancano i film di pura azione come "Speed" (1994) e "Reazione a catena" (1996), o di fantascienza come "Johnny Mnemonic" (1995), senza dimenticare la trilogia di "The Matrix" (1999-2003) dei fratelli Wachowski, ormai vero e proprio cult. Non disdegna nemmeno i film di produzione indipendente come "L'ultima volta che mi sono suicidato" (1997) o "Il profumo del mosto selvatico" (1994, con Anthony Quinn). Ottimo anche il legal thriller a sfondo horror "L'avvocato del diavolo" (1997) di Taylor Hackford, con Charlize Theron e un immenso Al Pacino.

Per Keanu Reeves ci sono anche le commedie "sportive" come "Hardball" e "Le riserve", quest'ultimo a fianco di Gene Hackman. Fra i suoi film più recenti troviamo i thriller "The gift" (2000) diretto da Sam Raimi e "The Watcher" (2000) di Joe Charbanic, mentre nel 2001 è la volta del romantico "Sweet November" ancora a fianco ancora della bella Charlize Theron. Nel 2004 è con Jack Nicholson e Diane Keaton in "Tutto può succedere". Le grandi passioni di Keanu sono le moto, che ama guidare ad alta velocità, e la musica: suona il basso nel gruppo rock Dogstar.

Gelosissimo della sua vita privata, di lui si sa ben poco ma purtroppo è certo che l'ombra della tragedia si è affacciata anche nella vita del bellissimo attore canadese: nel dicembre del 1999 la fidanzata Jennifer Syme ha prima perso il figlio che stava aspettando da lui e poi è deceduta in un terribile incidente automobilistico. La sorella è da anni drammaticamente malata di leucemia.

Biografia di Joseph Roth

Testimone della fine
2 settembre 1894
27 maggio 1939

Chi è Joseph Roth?


Joseph Roth nasce il 2 settembre del 1894 a Schwabendorf, nei pressi di Brody, all'estremo confine dell'Impero Austro-Ungarico (nella zona corrispondente alla Polonia orientale di oggi), figlio di genitori ebrei. La madre, Maria, discende da una famiglia di commercianti di tessuti; il padre, Nachum, commercia cereali. Durante un viaggio di lavoro ad Amburgo, Nachum viene ricoverato in una casa di cura per malati mentali, e nel giro di pochi mesi diventa totalmente incapace di intendere e di volere. Il suo destino verrà taciuto al figlio Joseph, cui verrà fatto credere che il padre è morto impiccato.

Durante un'infanzia non eccessivamente misera, comunque, Joseph impara a suonare il violino e frequenta il ginnasio, dopo aver studiato nella scuola commerciale fondata dal barone Maurice de Hirsch, magnate ebreo. Il rapporto con la madre non è particolarmente felice, anche a causa della vita ritirata che ella decide di condurre, incentrata quasi esclusivamente sull'educazione del figlio. Dopo il ginnasio, Joseph Roth si trasferisce, e durante gli anni dell'Università, frequentata a Vienna, scrive le sue prime poesie. Trasferitosi presso uno zio materno a Leopoli, diventa amico delle cugine Paula e Resia. Dopo aver studiato con passione la letteratura tedesca, deve fare i conti, a poco più di vent'anni, con la guerra: dapprima pacifista, si arruola dopo aver cambiato idea, volontario nel 21° battaglione di fanteria, e fa parte del cordone di militari impiegati lungo il tragitto del corteo funebre dell'imperatore Francesco Giuseppe.

Abbandonato definitivamente lo studio universitario alla fine della Prima Guerra Mondiale, torna a Brody ma, a causa degli scontri tra soldati ucraini, cecoslovacchi e polacchi, decide di trasferirsi nuovamente a Vienna. Nel 1919 diventa redattore di "Der Neue Tag", giornale cui collabora anche Alfred Polgar. Le pubblicazioni, tuttavia, vengono interrotte l'anno successivo, e così Joseph Roth si sposta a Berlino, dove deve fare i conti con problemi relativi al permesso di soggiorno. Riesce a scrivere, comunque, per il "Neuen Berliner Zeitung" e per il "Berliner Boersen-Courier". A partire dal 1923 lavora per il "Frankfurter Zeitung", e per giornali di Praga e Vienna.

"La tela di ragno", il suo primo romanzo, viene pubblicato sull'"Arbeiter-Zeitung" a puntate, anche se resta incompiuto. Nel maggio del 1925 lo scrittore si trasferisce a Parigi. Ha modo, in seguito, di visitare l'Unione Sovietica, la Jugoslavia e la Polonia. Dà alle stampe il romanzo breve "Hotel Savoy" e i romanzi "La ribellione" (nel 1924), "Fuga senza fine" (nel 1927), "Zipper e suo padre" (nel 1928), "Destra e sinistra" e "Il profeta muto" (nel 1929). Intorno al 1925 cambia orientamento politico, passando da una visione socialista all'appoggio ai monarchici (laddove, nei primi suoi scritti, aveva rivelato una forte avversione verso la corona): idealizza la monarchia asburgica, pur non ignorandone gli errori. In questo periodo, però, deve affrontare i primi sintomi della malattia mentale che ha colpito la moglie Frieferike Reichler, sposata nel 1922 a Vienna. La donna, oltre a mostrare segni di gelosia patologica, si comporta in maniera tale da rendere obbligatorio il ricovero in una casa di cura. Roth entra in crisi per la vicenda, arrivando a incolparsi della situazione e non riuscendo ad accettare la malattia: inizia, quindi, a bere alcolici in quantità spropositate, con conseguenze negative per il suo stato di salute e per la sua situazione economica.

Nella prima metà degli anni Trenta, vedono la luce i romanzi "Giobbe. Romanzo di un uomo semplice", "La marcia di Radetzky", "Tarabas, un ospite sulla terra", "L'Anticristo" e "Il busto dell'imperatore". Con l'avanzata sempre più insistente del Nazionalsocialismo, intanto, Joseph Roth individua nella chiesa cattolica e nella monarchia le uniche forze in grado di opporsi alla prepotenza nazista. Appoggia, quindi, l'attività politica dei monarchici, cercando anche contatti con circoli legittimisti favorevoli al pretendente al trono Otto d'Asburgo. Le condizioni di Friederike, nel frattempo, non migliorano, e nel 1935 Roth chiede il divorzio (in seguito la donna sarà vittima del programma di eutanasia applicato dai nazisti, nel 1940). Joseph ha quindi l'opportunità di frequentare altre donne, tra cui Andrea Manga Bell, redattrice di origini cubane. L'estrema gelosia dello scrittore porta alla rottura della relazione, ma egli si consola con Irmgard Keun, scrittrice incontrata in Olanda, con la quale va a vivere a Parigi alla fine degli anni Trenta.

In questi anni pubblica "Confessioni di un assassino, raccontata in una notte", "Il peso falso", "La cripta dei cappuccini", "La milleduesima notte" e "La leggenda del santo bevitore". La situazione economica di Roth, tuttavia, è pessima, al punto che il 23 maggio del 1939 viene trasferito in un ospizio per i poveri, dove muore pochi giorni dopo, il 27 maggio, a causa di una polmonite bilaterale che provoca una crisi di delirium tremens. Il suo cadavere viene sepolto a sud di Parigi, nel Cimitero di Thiais. Muore, così, il cantore della "finis Austriae", vale a dire colui che descrisse la scomparsa dell'impero austro-ungarico, impero che aveva cercato di unire lingue, tradizioni, culture e religioni tra loro diversissime.

Biografia di Henri Rousseau

Doganiere in incognito
21 maggio 1844
2 settembre 1910

Chi è Henri Rousseau?


Henri Julien Félix Rousseau, detto il Doganiere nasce a Laval il 21 maggio 1844. Pittore di formazione autodidatta, deve molto della sua ispirazione ad alcune sue esperienze personali. Durante il servizio militare, infatti, conobbe alcuni soldati reduci dalla campagna francese in Messico a sostegno dell'imperatore Massimiliano.

Furono molto probabilmente le loro descrizioni di quel paese a ispirare le sue raffigurazioni vivide e lussureggianti della giungla, suo tema prediletto. In vita, la sua opera fu variamente criticata e denigrata, con immancabili punte sarcastiche e rifiuti critici.

Non pochi lo valutarono come un semplice pittore naif, privo di qualunque spessore artistico. Fra gli "epiteti" che gli vennero rivolti dai contemporanei troviamo aggettivi come sprovveduto, incolto, ingenuo, candido e via elencando.

In seguito, un maggior assestamento critico e un inquadramento più lucido della sua produzione ha permesso di rendere merito al suo valore di artista. Quella che sembrava la sua debolezza (ossia l'essere appunto naif), si è invece rivelata la base della sua autentica originalità. Oggi Henri Rousseau è considerato il più personale e il più autentico dei naif della pittura moderna.

Dopo la sua morte, inoltre, il suo stile "primitivo", caratterizzato da colori vivaci, da un disegno volutamente piatto e dai soggetti fantasiosi, furono imitati dai pittori moderni europei. Proprio perché sprovveduto, "incolto" e privo di regole, Henri Rousseau verrà visto come un artista capace di superare con il proprio candore la tradizione, estrinsecando liberamente la sua interiorità al di là delle regole accademiche. La cosa curiosa è che oltretutto si dedicò alla pittura praticamente durante l'età del suo pensionamento, dopo aver lavorato quasi tutta la vita presso gli uffici daziari di Parigi. Ecco la ragione del suo soprannome: il "Doganiere".

A partire dal 1886, espose le sue opere al "Salon des Indépendants", conquistando l'ammirazione di contemporanei come Paul Gauguin e Georges Seurat.

Dopo un primo periodo dedicato a ritratti e vedute di Parigi, negli anni Novanta passò a raffigurazioni fantastiche molto originali, caratterizzate da paesaggi tropicali con figure umane che giocano o riposano e animali immobili e vigili, come ipnotizzati da qualcosa di misterioso. Nel celebre dipinto "Il sogno", ad esempio (datato 1910), egli rappresenta una figura nuda distesa su un divano in una giungla dai colori vividi, con piante rigogliose, leoni inquietanti e altri animali; nella "Zingara addormentata", invece, una donna riposa tranquillamente nel deserto mentre un leone con la coda in aria la osserva incuriosito. Queste opere, insieme a molte altre, sono conservate al Museum of Modern Art di New York.

Sul piano della vita privata, Rousseau fu un uomo assai impegnato socialmente. Di lui si ricorda la partecipazione ai fermenti rivoluzionari della sua epoca.

Henri Rousseau morì a Parigi il 2 settembre 1910.

Approfondimento di alcune opere di Henri Rousseau

Il sogno (1810)
Autoritratto come pittore (1890)
Sorpresa - Tigre in una tempesta tropicale (1891)
La guerra (1894)
La zingara addormentata (1897)
L'incantatrice di serpenti (1907)
La Carriole du Père Junier (1908)

Biografia di J.R.R. Tolkien

Creatore di mondi
3 gennaio 1892
2 settembre 1973

Chi è J.R.R. Tolkien?


John Ronald Reuel Tolkien nasce nel 1892 a Bloemfontein, in SudAfrica, da genitori inglesi. Dopo la morte del padre, all'età di soli tre anni ritorna con la madre ed il fratello in Inghilterra dove la famiglia si sistema a Sarehole, un sobborgo di Birmingham. Nel 1904 muore anche sua madre dalla quale il giovane Tolkien aveva nel frattempo ereditato l'amore per le lingue, le antiche leggende e le fiabe.

Assieme al fratello viene affidato ad un sacerdote cattolico degli Oratoriani, Padre Francis Xavier Morgan. Dopo aver frequentato la King Edward VI School inizia i suoi studi all'Exeter College di Oxford dove ottiene nel 1915 il titolo di Bachelor of Arts.

Durante la Prima Guerra Mondiale si arruola nei Lancashire Fusiliers e combatte sul fronte occidentale. Finita la guerra prosegue gli studi all'Exeter College, conseguendo nel 1919 il titolo di Master of Arts. Inizia allora l'attività di docente di Lettere a Leeds e la collaborazione alla redazione dell'Oxford English Dictionary. Nel 1925 viene nominato professore di Filologia Anglosassone al Pembroke College di Oxford e nel 1945 gli viene affidata la cattedra di Lingua Inglese e Letteratura Medioevale del Merton College, dove insegna fino al suo ritiro dall'attività didattica avvenuto nel 1959. Non a torto Tolkien è quindi oggi considerato il maggior esperto di letteratura anglosassone e medioevale del Novecento.

E' durante il periodo di insegnamento che l'autore inizia a scrivere. Nel 1937 pubblica "Lo hobbit", racconto fantastico ambientato in un fiabesco e lontanissimo passato inglese, avente per protagonisti piccoli esseri stralunati ma molto simili agli uomini, gli hobbit appunto. Essi sono affiancati da tutta una pletora di altri esseri fantastici, fra i quali grande rilievo hanno i nani.

Nonostante sia la sua opera prima, "Lo Hobbit" rappresenta una tappa fondamentale nella carriera di scrittore di Tolkien: è infatti attorno al nucleo originario di quest'opera che l'autore andrà sviluppando nel decennio successivo il suo regno immaginario che lo renderà famoso e celebre in tutto il mondo, quello delle Terre-di-Mezzo, che prenderà forma nelle sue opere successive quali "Le avventure di Tom Bombadil" (1962) e soprattutto in quell'epica fantastica che è la trilogia de "Il signore degli anelli" (che qualcuno ha voluto leggere come una complessa e ricca allegoria della condizione umana), unanimamente riconosciuta come la sua opera più importante.

Scritta in una lingua molto ricercata che imita il lindore dell'inglese medievale, la trilogia si compose inizialmente di tre distinti volumi: "La compagnia dell'anello" (1954), "Le due torri" (1955) e "Il ritorno del re" (1955), che verranno poi riuniti nel 1956 in un unico libro.

Tolkien dedica alla stesura del suo capolavoro tutte le sue ricerche di studioso. In particolare s'interessa al dialetto delle Midlands e all'inglese arcaico, il beowulf, ed alle Letterature nordiche (norvegese, danese, islandese). Per le sue ricerche fonda anche, con amici e colleghi, un gruppo - i Coal-Biters (Mangiatori di Carbone) - e riceve numerosi titoli onorari tra cui quello dell'Alto Ordine Britannico, il C.B.E., e cinque Dottorati.

Negli anni seguenti Tolkien lavora ad un'altra opera, "Il Silmarillion" iniziata in verità già nel 1917, che porterà avanti fino alla morte e che tuttavia non riuscirà a concludere. Verrà completata dal figlio Christopher e pubblicata postuma nel 1977.

Tolkien muore il 2 settembre 1973 a Bournemouth, in Inghilterra, all'età di ottantuno anni.

Nel 2001, dopo sette anni di preparazione e diciotto mesi di riprese, esce il primo capitolo dell'omonima opera cinematografica "Il signore degli anelli", immenso sforzo produttivo del regista Peter Jackson. Il materiale per i tre film è stato girato tutto prima dell'uscita del primo capitolo; sebbene sia stata prestata grande attenzione ai particolari e alla fedeltà delle riproduzioni cinematografiche, come sempre accade nei casi di trasposizioni dal libro al grande schermo, gli appassionati e fan di Tolkien (sono moltissimi in tutto il mondo) si sono divisi tra elogi, critiche e polemiche.

Biografia di Giovanni Verga

La vita agra
2 settembre 1840
27 gennaio 1922

Chi è Giovanni Verga?


Il grande scrittore siciliano nasce il 2 settembre 1840 a Catania (secondo alcuni a Vizzini, dove la famiglia aveva delle proprietà), da Giovanni Battista Verga Catalano, discendente dal ramo cadetto di una famiglia nobile, e da Caterina di Mauro, appartenente alla borghesia catanese. I Verga Catalano erano una tipica famiglia di "galantuomini" ovvero di nobili di provincia con scarse risorse finanziarie, ma costretti a ben comparire data la posizione sociale. Insomma, il perfetto ritratto di una tipica famiglia uscita dai romanzi di Verga.

Non manca al quadro la lite con i parenti ricchi: le zie zitelle, le avarissime "mummie" e lo zio Salvatore che, in virtù del maggiorascato, aveva avuto in eredità tutto il patrimonio, a patto che restasse celibe, per amministrarlo in favore anche dei fratelli. Le controversie si composero probabilmente negli anni Quaranta e i rapporti familiari furono in seguito buoni come rivelano le lettere dello scrittore e la conclusione di un matrimonio in famiglia tra Mario, il fratello di Giovanni detto Maro, e Lidda, figlia naturale di don Salvatore e di una contadina di Tèbidi.

Compiuti gli studi primari e medi sotto la guida di Carmelino Greco e di Carmelo Platania, Verga segue le lezioni di don Antonino Abate, poeta, romanziere e acceso patriota, capo di un fiorente studio in Catania. Alla sua scuola, oltre ai poemi dello stesso maestro, legge i classici: Dante, Petrarca, Ariosto, Tasso, Monti, Manzoni e le opere di Domenico Castorina, poeta e narratore di Catania, di cui l'Abate era un commentatore entusiasta.

Nel 1845, a causa di un'epidemia di colera, la famiglia Verga si trasferisce a Vizzini quindi nelle sue terre di Tèbidi, fra Vizzini e Licodia. Qui termina di scrivere il suo primo romanzo, iniziato nel 1856 a soli quindici anni, "Amore e Patria", che al momento non viene però pubblicato per consiglio del canonico Mario Torrisi, di cui il Verga fu alunno. Per desiderio del padre si iscrive alla facoltà di legge dell'Università di Catania, senza dimostrare tuttavia molto interesse per gli studi giuridici, che abbandona definitivamente nel 1861 per dedicarsi, incoraggiato dalla madre, all'attività letteraria.

Nel 1860 si arruola nella Guardia Nazionale istituita dopo l'arrivo di Garibaldi a Catania, prestandovi servizio per circa quattro anni. Fonda, dirigendolo per soli tre mesi, insieme a Nicolò Niceforo e ad Antonino Abate, il settimanale politico "Roma degli Italiani", con un programma unitario e anti-regionalistico. Nel 1861 inizia la pubblicazione, a sue spese presso l'editore Galatola di Catania, del romanzo "I carbonari della montagna", cui aveva lavorato già dal 1859; nel 1862 uscirà il quarto e ultimo tomo del libro che l'autore invierà, fra gli altri, anche ad Alexandre Dumas. Collabora alla rivista "L'ltalia contemporanea", probabilmente pubblicandovi una novella o meglio il primo capitolo di un racconto realista. L'anno successivo lo scrittore viene colpito da un lutto famigliare: perde infatti l'amato padre. Nel maggio si reca, per la prima volta, rimanendovi almeno fino al giugno, a Firenze, dal 1864 capitale d'Italia e centro della vita politica e intellettuale. Di questo periodo è la commedia, inedita, "I nuovi tartufi" (in testa alla seconda stesura si legge la data 14 dicembre 1886), che fu inviata, anonima, al Concorso Drammatico Governativo.

Nel 1867 una nuova epidemia di colera lo costringe a rifugiarsi con la famiglia nelle proprietà di Sant'Agata li Battiati. Ma il 26 aprile 1869 parte da Catania alla volta di Firenze, dove soggiornerà

fino al settembre. Viene introdotto negli ambienti letterari fiorentini e prende a frequentare i salotti di Ludmilla Assing e delle signore Swanzberg, venendo a contatto con scrittori e intellettuali dell'epoca come il Prati, l'Aleardi, il Maffei, il Fusinato e l'Imbriani (quest'ultimo autore di capolavori a tutt'oggi ancora poco conosciuti). In questo stesso periodo, ha inizio l'amicizia con Luigi Capuana, scrittore e intellettuale meridionale. Conosce anche Giselda Fojanesi, con la quale compie il viaggio di ritorno in Sicilia. Comincia a scrivere "Storia di una capinera" (che uscirà a puntate nel giornale di moda "La Ricamatrice"), e il dramma "Rose caduche". Corrisponde regolarmente con i familiari, informandoli minutamente della sua vita fiorentina (da una lettera del '69: "Firenze è davvero il centro della vita politica e intellettuale d'Italia qui si vive in un'altra atmosfera [ ...] e per diventare qualche cosa bisogna [...] vivere in mezzo a questo movimento incessante, farsi conoscere, e conoscere, respirarne l'aria, insomma").

Nel novembre 1872 si trasferisce a Milano, dove rimarrà, pur con frequenti ritorni in Sicilia, per circa un ventennio. Grazie alla presentazione di Salvatore Farina e di Tullo Massarani, frequenta i più noti ritrovi letterari e mondani: fra l'altro i salotti della contessa Maffei, di Vittoria Cima e di Teresa Mannati-Vigoni. Si incontra con Arrigo Boito, Emilio Praga, Luigi Gualdo, amicizie da cui deriva uno stretto e proficuo contatto con temi e problemi della Scapigliatura. Inoltre, ha modo di frequentare la famiglia dell'editore Treves e il Cameroni. Con quest'ultimo intreccia una corrispondenza epistolare di grande interesse per le posizioni teoriche sul verismo e sul naturalismo e per i giudizi sulla narrativa contemporanea (Zola, Flaubert, Vallés, D'Annunzio).

Il 1874, al ritorno a Milano in Gennaio, ha una crisi di sconforto: il 20 del mese, infatti, il Treves gli aveva rifiutato "Tigre reale", cosa che lo spinge quasi a decidere il rientro definitivo in Sicilia. Supera però rapidamente la crisi buttandosi nella vita mondana milanese (anche in questo caso un documento prezioso sono le lettere ai familiari, in cui è possibile leggere un minutissimo resoconto, oltre che dei suoi rapporti con l'ambiente editoriale, di feste, veglioni e teatri), scrivendo così in soli tre giorni "Nedda". La novella, pubblicata il 15 giugno nella "Rivista italiana di scienze,

lettere e arti", ha un successo tanto grande quanto inaspettato per l'autore che continua a parlarne come di "una vera miseria" e non manifesta alcun interesse, se non economico, al genere del racconto.

"Nedda" è subito ristampata dal Brigola, come estratto dalla rivista. Verga, spinto dal buon esito del bozzetto e sollecitato dal Treves, scrive nell'autunno, tra Catania e Vizzini, alcune delle novelle di "Primavera" e comincia a ideare il bozzetto marinaresco "Padron 'Ntoni" (che confluirà poi nei "Malavoglia"), di cui, nel dicembre, invia la seconda parte all'editore. Raccoglie intanto in volume le novelle scritte fino ad allora, pubblicandole presso il Brigola con il titolo "Primavera ed altri racconti".

Il romanzo procede lentamente, anche a causa di un altro duro contraccolpo emotivo, la perdita di Rosa, la sorella prediletta.

Il 5 dicembre muore la madre, alla quale era legato da profondo affetto. Questo evento lo getta in un grave stato di crisi. Lascia allora Catania per recarsi nuovamente a Firenze e successivamente a Milano, dove riprende con accanimento il lavoro.

Nel 1880 pubblica presso Treves "Vita dei campi" che raccoglie le novelle apparse in rivista negli anni 1878-80. Continua a lavorare ai "Malavoglia" e nella primavera ne manda i primi capitoli al Treves, dopo aver tagliato le quaranta pagine iniziali di un precedente manoscritto. Incontra, a distanza di quasi dieci anni, Giselda Fojanesi, con la quale ha una relazione che durerà circa tre anni. "Di là del mare", novella epilogo delle "Rusticane", adombra probabilmente il rapporto sentimentale con Giselda, descrivendone in certo modo l'evoluzione e l'inevitabile fine.

L'anno successivo escono finalmente, per i tipi sempre di Treves, "I Malavoglia", invero accolti assai freddamente dalla critica. Inizia i contatti epistolari con Edouard Rod, giovane scrittore svizzero che risiede a Parigi e che nel 1887 darà alle stampe la traduzione francese dei "Malavoglia". Frattanto, stringe rapporti di amicizia con De Roberto. Comincia a ideare "Mastro-don Gesualdo" e pubblica in rivista "Malaria" e "Il Reverendo" che all'inizio dell'anno aveva proposto a Treves per la ristampa di "Vita dei campi" in sostituzione di "Il come, il quando ed il perché". Nasce anche il progetto di ridurre per le scene "Cavalleria rusticana"; a questo scopo intensifica i rapporti con Giacosa, che sarà il "padrino" del suo esordio teatrale. Sul piano della vita privata continua la relazione con Giselda che viene cacciata di casa da Rapisardi per la scoperta di una lettera compromettente. Ha inizio la lunga e affettuosa amicizia (durerà oltre la fine del secolo: l'ultima lettera è datata 11 maggio 1905) con la contessa Paolina Greppi.

Il 1884 è l'anno dell'esordio teatrale con "Cavalleria rusticana". Il dramma, letto e bocciato durante una serata milanese da un gruppo di amici (Boito, Emilio Treves, Gualdo), ma approvato da Torelli-Viollier (il fondatore del "Corriere della Sera"), è rappresentato per la prima volta, con Eleonora Duse nella parte di Santuzza, con grande successo il 14 gennaio al teatro Carignano di Torino dalla compagnia di Cesare Rossi. Si conclude, con la pubblicazione della prima redazione di "Vagabondaggio" e di "Mondo piccino", ricavati dagli abbozzi del romanzo, la prima fase di stesura del "Mastro-don Gesualdo" per il quale era già pronto il contratto con l'editore Casanova. Il 16 maggio 1885 il dramma "In portineria", adattamento teatrale de "Il canarino" (una novella di "Per le vie"), viene accolto freddamente al teatro Manzoni di Milano. Ha inizio una crisi psicologica aggravata dalla difficoltà di portare avanti il "Ciclo dei Vinti" e soprattutto da preoccupazioni economiche personali e della famiglia, che lo assilleranno alcuni anni, toccando la punta massima nell'estate del 1889.

Confida il suo scoraggiamento a Salvatore Paola Verdura in una lettera del 17 gennaio da Milano. Si infittiscono le richieste di prestiti agli amici, in particolare a Mariano Salluzzo e al conte Gegè Primoli. Per distendersi, passa lunghi periodi a Roma e lavora contemporaneamente alle novelle pubblicate dal 1884 in poi, correggendole e ampliandole per la raccolta "Vagabondaggio", che uscirà nella primavera del 1887 presso l'editore Barbèra di Firenze. Nello stesso anno esce la traduzione francese de "I Malavoglia", anch'essa senza riscontrare alcun successo di critica né di pubblico.

Dopo aver soggiornato a Roma alcuni mesi, all'inizio dell'estate ritorna in Sicilia, dove rimane (tranne brevi viaggi a Roma nel dicembre 1888 e nella tarda primavera del 1889), sino al novembre 1890, alternando alla residenza a Catania lunghi soggiorni estivi a Vizzini. Nella primavera conduce a buon fine le trattative per pubblicare "Mastro-don Gesualdo" nella "Nuova Antologia" (ma in luglio romperà col Casanova, passando alla casa Treves). Il romanzo esce a puntate nella rivista dal 1° luglio al 16 dicembre, mentre Verga vi lavora intensamente per rielaborare o scrivere ex novo i sedici capitoli. Nel novembre ne ha già iniziata la revisione.

Ad ogni modo, continua l'"esilio" siciliano, durante il quale si dedica alla revisione o, meglio, al rifacimento di "Mastro-don Gesualdo" che, sul finire dell'anno, uscirà presso Treves. Pubblica nella "Gazzetta letteraria" e nel "Fanfulla della Domenica" le novelle che raccoglierà in seguito nei "Ricordi del capitano d'Arce" e dichiara a più riprese di esser sul punto di terminare una commedia. Incontra, probabilmente a Villa d'Este, la contessa Dina Castellazzi di Sordevolo cui rimarrà legato per il resto della vita.

Rinfrancato dal successo di "Mastro-don Gesualdo "progetta di continuare subito il "Ciclo" con la "Duchessa di Leyra" e "L'onorevole Scipioni". In questo periodo, inizia la causa contro Mascagni e l'editore Sonzogno per i diritti sulla versione lirica di "Cavalleria rusticana". A fine ottobre, però, si reca in Germania per seguire le rappresentazioni di "Cavalleria", che è pur sempre un capolavoro della musica, a Francoforte a Berlino.

Nel 1893 si conclude, in seguito a transazione col Sonzogno, la causa per i diritti su "Cavalleria", già vinta da Verga nel 1891 in Corte d'appello. Lo scrittore incassa così circa 140.000 lire, superando finalmente i problemi economici che lo avevano assillato nel precedente decennio. Prosegue intanto le trattative, iniziate nel '91 (e che si concluderanno con un nulla di fatto), con Puccini per una versione lirica della "Lupa" su libretto di De Roberto. Si stabilisce definitivamente a Catania dove rimarrà sino alla morte, tranne brevi viaggi e permanenze a Milano e a Roma. Nel biennio 1894-1895, pubblica l'ultima raccolta, "Don Candeloro e C.", che comprende novelle scritte e pubblicate in varie riviste tra 1889 e il '93. Nel '95 incontra a Roma, insieme a Capuana, Emile Zola, importante esponente della letteratura francese e fautore della corrente letteraria del Naturalismo, una poetica assai affine a quella del Verismo (anzi, si può dire che quest'ultimo sia la "versione" italiana di quello).

Nel 1903 sono affidati alla sua tutela i figli del fratello Pietro, morto nello stesso anno. Verga rallenta sempre più la sua attività letteraria e si dedica assiduamente alla cura delle proprie terre. Continua a lavorare alla "Duchessa di Leyra", di cui sarà pubblicato postumo un solo capitolo a cura del De Roberto nel 1922. Tra il 1912 e il 1914 affida sempre a De Roberto la sceneggiatura cinematografica di alcune sue opere tra cui "Cavalleria rusticana" e "La Lupa", mentre egli stesso stende la riduzione della "Storia di una capinera", pensando anche di ricavarne una versione teatrale. Nel 1919 scrive l'ultima novella: "Una capanna e il tuo cuore", che uscirà pure postuma nell'"Illustrazione italiana", il 12 febbraio 1922. Nel 1920 pubblica, infine, a Roma presso "La Voce" una edizione riveduta delle "Novelle rusticane". Nell'ottobre è nominato senatore.

Colpito da paralisi cerebrale il 24 gennaio 1922, muore il 27 dello stesso mese a Catania nella casa di via Sant'Anna, 8. Tra le opere uscite postume, oltre alle due citate, vi sono la commedia "Rose caduche", in "Le Maschere", giugno 1928 e il bozzetto "Il Mistero", in "Scenario", marzo 1940.

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