Biografie di personaggi famosi e storici nato il 30 agosto


Biografie di personaggi famosi e storici


Biografie di personaggi famosi nella storia e celebrità

Sommario:


1. Charles Bronson
2. Warren Buffett
3. Ilaria D'Amico
4. Cameron Diaz
5. Giovanni Fattori
6. Anita Garibaldi
7. Leo Longanesi
8. Joe Petrosino
9. Anna Politkovskaja
10. Andy Roddick
11. Mary Shelley
12. Joseph John Thomson

Biografia di Charles Bronson

Duro, mito di Hollywood
3 novembre 1921
30 agosto 2003

Chi è Charles Bronson?


Una faccia che era un paesaggio. Un volto talmente interessante e irregolarmente bello che, anche se giudicato inespressivo, non ci si stancava mai di guardare, proprio come quando si sta davanti ad un affascinante spettacolo naturale. Fermo sì, ma pur sempre affascinante. E comunque gli occhi del "giustiziere della notte" Bronson qualcuno non li dimenticherà più, soprattutto dopo aver visto quale mestizia potessero esprimere film come "C'era una volta il west" del nostro Sergio Leone.

Eppure quell'etichetta di inespressivo e freddo giustiziere degli indifesi (nei film, s'intende), dopo aver interpretato la celebre saga de "Il giustiziere della notte" gli è rimasta appiccicata addosso come un incubo.

Qualcuno è pure arrivato a scomodare le solite categorie politiche: lo accusavano di essere, insieme al regista, reazionario. La giustizia privata, anche se solo sul grande schermo, non era concepibile ed ecco che il buon Charles Bronson si ritrova per anni con l'accusa di essere "di destra".

I cinefili lo ricordano però per ben altre pellicole.

Charles Dennis Buchinsky (questo il suo vero e poco memorizzabile nome), nasce il 3 novembre 1921 (e non 1922, come alcune biografie sostengono) ad Ehrenfeld, in Pennsylvania, undicesimo dei quindici figli di immigrati lituani. Il padre è minatore; Charles stesso lavora per lungo tempo in una miniera di carbone in Pennsylvania prima che il suo volto duro riesca, dopo gli enormi sacrifici per diplomarsi alla high school, ad imporsi nello star system di Hollywood.

Chiamato dall'esercito, combatte come altri suoi coetanei nella seconda guerra mondiale. Terminato il conflitto decide di intraprendere gli studi di arte drammatica a Philadelphia, dove si applica come un ossesso in un duro lavoro sulle basi della recitazione.

Negli anni '60 e '70 Charles Bronson diventa, insieme a Clint Eastwood e Steve McQueen, una star del cinema americano d'azione. Si fa notare dapprima ne "I magnifici sette", ma raggiunge il massimo della popolarità, come già anticipato, con "Il giustiziere della notte", film di tale successo che darà il via ad una vera e propria serie.

In seguito colleziona ruoli da protagonista in una sessantina di pellicole. In Europa diventa famoso per lo straordinario, epico, "C'era una volta il west", capolavoro del maestro Sergio Leone datato 1968.

Nel 1971 vince il Golden Globe come "l'attore più popolare del mondo".

La sua vita sentimentale è stata molto intensa. Si sposò per tre volte: la prima con Harriet Tendler, nel 1949, da cui ebbe due bambini e da cui divorziò dopo diciotto anni. La seconda fu con l'attrice Jill Ireland, nel 1968, da cui ebbe un altro figlio e con cui adottò una bambina.

Jill Ireland si ammalò poi di cancro, morendo nel 1990. La terza volta Bronson prese in moglie la giovane Kim Weeks, nel 1998.

Ecco una breve carrellata di altri suoi film: recita in "Sacro e profano", e dopo il già ricordato "cult" "I magnifici sette", nel 1963 recita anche ne "La grande fuga".

Il 1967 lo vede protagonista in un altro memorabile titolo, "Quella sporca dozzina".

Ancora, si ricorda il suo volto di pietra in film duri e tesi come "Due sporche carogne", "Sole rosso", "Chato", "Professione assassino" e "Joe Walachi - I segreti di Cosa Nostra".

Da tempo malato di alzheimer, lottando contro una polmonite che lo costringeva in un letto del Los Angeles Cedars-Sinai Medical Center, Charles Bronson si è spento il 30 Agosto 2003, all'età di 81 anni.

Biografia di Warren Buffett

30 agosto 1930

Chi è Warren Buffett?


Warren Edward Buffett, nato ad Omaha (Nebraska, U.S.A.) il giorno 30 agosto 1930, è un imprenditore americano soprannominato l'oracolo di Omaha.

Nel 2008, con un patrimonio stimato di 62 miliardi di dollari, la rivista Forbes l'ha classificato come l'uomo più ricco del mondo.

Attraverso le strategie d'investimento insegnate da Benjamin Graham, dette del "Value investing", cioè la ricerca di titoli sottovalutati da comprare e tenere per lunghissimi periodi, Warren Buffett ha acquisito nel tempo importanti partecipazioni in colossi come Coca Cola, Gillette, McDonald's, Kirby Company e Walt Disney.

Nel 2006 ha donato 37 miliardi di dollari (il 70% del suo capitale) in azioni benefiche per aiutare le popolazioni del terzo mondo.

Biografia di Ilaria D'Amico

Nostra signora del gol
30 agosto 1973

Chi è Ilaria D Amico?


Ilaria D'Amico nasce nella Capitale, il giorno 30 agosto 1973. Frequenta il corso di studi in giurisprudenza all'Università La Sapienza di Roma. Nel 1997, appassionata di sport e soprattutto di calcio, trova spazio all'interno della trasmissione televisiva "Giostra dei Gol" che conduce. La trasmissione, è mandata in onda dal Canale Rai International in quattro dei cinque continenti, la scaletta della trasmissione prevede la messa in onda in diretta di una partita di serie A con aggiornamenti dagli altri campi, oltre ai soliti salotti d'approfondimento con ospiti ed esperti.

La conduttrice dichiara di aver trovato "posto" grazie ad un amico di famiglia, il rutilante musicista Renzo Arbore.

Nel 1998, dando seguito al cammino intrapreso, Ilaria D'Amico ha la possibilità di dare il suo apporto durante Mondiali in Francia. Due anni dopo nel duemila realizza una trasmissione sui Campionati europei di calcio vinti dalla Francia che si tengono in Belgio e nei Paesi Bassi.

È il giorno 16 maggio dell'anno 2001 quando Ilaria iscrive il suo nome nell'Albo dei Giornalisti pubblicisti. I vertici di Rai Tre, nel periodo estivo dello stesso anno, le affidano la conduzione, affiancata dal presentatore Corrado Tedeschi del programma contenitore "Cominciamo bene estate".

Il 2002 è l'anno dei Mondiali di Corea del Sud e Giappone. Ilaria cura una trasmissione sul torneo mondiale vinto dalla ancora dalla formazione Francese.

Alla fine dell'anno è invitata a condurre, affiancata negli interventi del politico Sandro Curzi e del giornalista Vittorio Feltri, un programma televisivo d'inchiesta, dal titolo "W l'Italia", trasmesso del canale satellitare Stream, confluito poi in SKY nel 2003.

È infatti nel 2003 che Ilaria D'Amico, ormai affermatasi nel ruolo di "calciofila", conduce per l'appena nato network satellitare SKY una trasmissione completamente incentrata sui commenti alle partite di calcio della Serie A: il nome della trasmissione è "SKY Calcio Show".

Non volendosi far mancare nulla nel corso dello stesso anno, la bella anchorwoman, presenta per Rai Uno il programma contenitore "Italia che vai".

L'anno seguente è confermata da SKY per il salotto televisivo di "SKY Calcio Show", e mamma Rai le affida la conduzione di un programma naturalistico; "Timbuctù, un mondo di animali" trasmesso dalla terza rete nazionale.

Sempre nel 2004 viene contattata per la conduzione di un reality show ambientato nel mondo del Calcio; "Campioni, il sogno", che è trasmesso dal canale Mediaset Italia 1. Il reality segue le vicissitudini di campionato di una squadra che milita nella divisione d'eccellenza: il Cervia, allenato dall'ex campione del mondo Ciccio Graziani. La presentatrice si avvale della collaborazione in studio del giornalista sportivo Davide De Zan in team con l'ex calciatore Beppe Dossena e con Sara Ventura, sorella della più celeberrima Simona.

Nel 2005 e nel 2006 è riconfermata dalla piattaforma digitale SKY come conduttrice di "SKY Calcio Show", oltre a condurre, sempre per il medesimo canale satellitare, una trasmissione dedicata hai Campionati Mondiali del 2006. Si gioca in Germania, ed è l'anno del trionfo azzurro di Lippi e dei suoi ragazzi.

Collabora anche con la "rosa" dove scrive una propria rubrica. La Gazzetta dello Sport le affida uno spazio nell'edizione del Lunedì; "Visto da Lei", argomento: il calcio.

Ma la bella Ilaria si fa valere anche in campo non sportivo. Intervista, sempre per la piattaforma SKY, per il canale dedicato alle news, il Leader Libico Muammar Gheddafi in occasione degli scontri del 17 febbraio. Alcune vignette su Maometto mostrate dal politico leghista Roberto Calderoli vengono giudicate blasfeme e offendono gli islamici più intransigenti. A Bengasi una folla di manifestanti intolleranti assalta il consolato italiano. La polizia uccide undici persone per difendere la sede diplomatica.

L'anno successivo Ilaria concede ancora le sue doti di "calciologa" per la conduzione di "SKY Calcio Show"; per SKY Cinema conduce, accompagnata dal Dj Nicola Savino e dalla showgirl Alessia Ventura un programma dedicato alla premiazione degli Oscar del cinema americano: "La Notte degli Oscar".

Presenta anche un programma nel palinsesto del canale televisivo LA7; "Exit - uscita di sicurezza" una trasmissione di approfondimento giornalistico su temi di attualità.

Presta la sua voce, come doppiatrice, per il film "Eragon", riduzione cinematografica del celebre romanzo fantasy dello scrittore statunitense Christopher Paolini. Doppia il drago Saphira protagonista con il suo cavaliere (interpretato dall'attore Edward Speleers) della pellicola.

Nel 2008 prosegue nella conduzione delle trasmissioni di SKY e di LA7; "SKY Calcio Show" e "Exit - uscita di sicurezza" e ripete l'esperienza hollywodiana conducendo ancora "La Notte degli Oscar".

Nello stesso anno viene scritturata da Lino Banfi per il sequel del cult movie "L'allenatore nel pallone". Nel film Ilaria interpreta "Ilaria D'Amico".

Nella prima parte della stagione 2009 conduce ancora i suoi due programmi di punta; quindi calcio ed informazione giornalistica. A gennaio entra in maternità per dare alla luce il 7 marzo 2010 Pietro. Il lieto evento irrompe mediaticamente nei palinsesti calcistici di SKY durante la partita Inter-Genoa (finita 0-0).

Finito il periodo di maternità nel corso del 2010, la "Signora del Gol" riprende la conduzione di "SKY Calcio Show".

All'inizio del mese di maggio 2012 esce il suo primo romanzo, intitolato "Dove io non sono".

Nel 2014 il suo nome e le sue foto fanno il giro dei giornali di gossip per la sua relazione con il portiere e capitano della nazionale azzurra Gigi Buffon.

Biografia di Cameron Diaz

Tutti pazzi per Cameron
30 agosto 1972

Chi è Cameron Diaz?


Alta, occhi blu in cui ti ci puoi perdere, capelli biondi naturali questa è Cameron M. Diaz, nata il 30 Agosto 1972 a San Diego, California, USA. Una donna che è una miscela perfetta fra bellezza e sensualità, fra freschezza e glamour, forse dovuta alle sue origini miste (padre cubano e madre anglo-tedesca).

Naturalmente una creatura del genere non poteva non conoscere prima o poi la passerella, tappa obbligata per ogni bella ragazza. E infatti a sedici anni la bionda silfide è già intenta a camminare ancheggiando per qualche stilista di moda. Lavoro ben retribuito che le permette oltretutto di girare mezzo mondo.

Tutti impegni che però non le impediscono di diplomarsi alla Long Beach Poly Class. Ma il suo sogno è fare l'attrice, per sfruttare quella sua faccia mobile e particolarmente espressiva che si accompagna a quel corpo mozzafiato. Trasferitasi ad Hollywood, trova subito pane per i suoi denti, debuttando con una pellicola che è tutta un campionario di espressioni e di smorfie: "The Mask - da zero a mito" (1994) a fianco dell'istrionico Jim Carrey.

Dopo questo eccellente debutto, negli anni seguenti la carriera della Diaz subisce una notevole impennata, passando dal grottesco di "Una cena quasi perfetta" (1995), alle commedie romantiche tipo "Il senso dell'amore" e "Due mariti per un matrimonio" (1996) fino al thriller "Acque profonde": storia di un giudice (Harvey Keitel) che trova nascosto nella propria casa il cadavere dell'ex amante della sua giovane moglie. Nel 1997, nel film campione d'incassi "Il matrimonio del mio migliore amico", Cameron interpreta il ruolo della ricca ed ingenua Kimmy che dovrà contendere alla rossa e spregiudicata Julianne (interpretata da Julia Roberts) l'amore dell'affascinante Micheal (Dermot Mulroney).

Nel 1998 è la volta della commedia demenziale "Tutti pazzi per Mary" (diventato in poco tempo un film cult) a fianco di Matt Dillon, all'epoca suo compagno anche nella vita, ma anche della black comedy "Cose molto cattive" di Peter Berg. L'anno seguente è fra i protagonisti di "Essere John Malkovich": storia di un aspirante burattinaio che viene assunto alla LesterCorp come archivista e che finisce con l'essere risucchiato da un tunnel dove scopre di aver trovato l'accesso per una esperienza unica: essere appunto il famoso attore John Malkovich; mentre nel film sul football "Ogni maledetta domenica" di Oliver Stone la Diaz interpreta il ruolo di Christina Pagniacci che divenuta proprietaria della squadra dei Miami Sharks dopo la morte del padre si scontra con l'allenatore Tony D'Amato (Al Pacino).

Nel 2000 Cameron è, assieme alle colleghe Drew Barrymore e Lucy Liu, protagonista di "Charlie's Angels", film ispirato alla famosa serie TV degli anni '70 e rilanciato proprio sul grande schermo. L'anno successivo la bella Cameron ha affiancato Tom Cruise nel bellissimo "Vanilla sky", riscuotendo inattesi successi per la sua esplosiva performance, che rivela una volta di più le splendide doti vocali dell'attrice.

Viene puntualmente citata dai magazine "Empire" e "People" nelle classifiche delle dive più belle e sexy della storia del cinema.

Biografia di Giovanni Fattori

Le immagini di una passione politica e sociale
6 settembre 1825
30 agosto 1908

Chi è Giovanni Fattori?


Giovanni Fattori nasce il 6 settembre 1825 a Livorno. È un bambino precoce, perché fin da piccolissimo dimostra di avere un talento fuori dal comune per il disegno. Per questo motivo il papà Giuseppe, all'età di 15 anni, decide di mandarlo a scuola da un pittore, Giuseppe Baldini. È proprio nella bottega di Baldini che Fattori inizia a definire un suo stile personale ed è proprio nel suo maestro che trova il coraggio di trasformare questo talento in mestiere. Prima però deve dedicarsi agli studi e affinare la sua tecnica, ancora molto acerba.

Giovanni Fattori all'età di 21 anni lascia la sua Livorno per andare a Firenze e iscriversi all'Accademia di Belle Arti. Purtroppo il suo percorso scolastico è altalenante; da una parte ci sono i problemi economici che lo costringono a lavorare e trascurare le lezioni, dall'altro il momento storico. Nel 1848, prende parte ai moti risorgimentali. Fattori crede nell'Unità d'Italia e le sue tele raccontano la sua passione politica, ma anche alcuni fatti storici di cui è protagonista.

Quello che ha segnato di più il suo percorso professionale, in questo periodo, è l'assedio della sua città d'origine, Livorno, da parte degli austriaci. Questa battaglia fa crescere in lui il patriottismo e la voglia di libertà. Ma non sono solo i conflitti con l'Austria a interessarlo. Fattori legge moltissimo e ama la letteratura classica. Per questo motivo nel 1850, entra in un giro molto esclusivo, fatto di artisti anti-accademici che si ritrovano al Famoso Caffè Michelangelo di Firenze.

Lascia questo circolo di amici nel 1852 per iniziare la sua attività professionale in modo completamente autonomo. È il momento della svolta, per Fattori, che si fa strada con i ritratti di famiglia, i paesaggi e le vignette. È proprio in questo periodo che fonda con Telemaco Signorini, pittore fiorentino agli esordi, incontrato al Caffè Michelangelo, il movimento dei macchiaioli.

Signorini è un personaggio molto interessante: è il primo a capire le capacità espressive delle macchie e a guardare alla pittura Oltreconfine. La macchia diventa un mezzo per dare forma alle cose e agli aventi, e soprattutto per renderli realistici e veritieri. Sia Giovanni Fattori sia Telemaco Signorini, infatti, sono estremamente interessati alle dinamiche sociali, a differenza degli altri macchiaioli, più orientati a dipingere paesaggi.

Il 4 giugno 1859 scoppia la Battaglia di Magenta, uno degli episodi più celebri della seconda guerra di indipendenza italiana. L'evento segna profondamente i due artisti, tant'è che Fattori dipinge uno dei quadri più importante della sua carriera (che prende il nome proprio dallo scontro tra austriaci e franco-piemontesi): sulla tela non c'è però il conflitto, ma il ritorno dei feriti dopo la battaglia. La passione politica lascia quindi il posto alle emozioni e agli uomini. È un quadro maturo (Fattori ha 34 anni ndr) e molto simbolico. Ma c'è di più, perché, per la prima volta, mette in luce oltre alle sue doti pittoriche anche quelle di narratore.

Agli inizi degli anni Sessanta, Fattori torna a casa, nella sua Livorno. È in questa fase della vita, che il pittore realizza le sue ambizioni romantiche: sposa, infatti, la sua fidanzata di sempre, Settimia Vannucci che frequenta già da sei lunghi anni. Purtroppo il matrimonio non dura molto, perché a un anno dalle nozze Settimia si ammala di tubercolosi, per poi morirne nel 1867. Fattori continua a dipingere, ma il dolore è fortissimo. Sono molte le opere che ritraggono la donna, a partire da "Ritratto della prima moglie" a "La Rotonda di Palmieri".

In questa fase più privata della vita di Fattori, cambiano gli umori politici nel Paese. Nel 1861 viene dichiarato il Regno d'Italia, ma non c'è quel rinnovamento che il pittore aveva tanto sperato. È un momento difficile, di delusione ma anche di amarezza. Da una parte l'amata malata, dall'altra la sensazione che i suoi ideali sarebbero rimasti tali per sempre. Accanto a Fattori, però, c'è una persona importante che gli dà la voglia di non arrendersi. Si tratta dell'amico Diego Martelli, che Fattori va spesso a trovare a Castiglioncello. È in questi viaggi che inizia a dipingere la Maremma.

La sua carriera giunge però a una svolta nel 1869, quando viene nominato professore all'Accademia di Belle Arti di Firenze. Negli Settanta coltiva la sua passione per la pittura estera e si reca anche a Parigi. In questo periodo in Francia è sbocciato un movimento molto importante quello degli Impressionisti, ma Fattori non ne viene sedotto. Torna invece in modo prepotente il tema sociale: nel 1880 (periodo molto produttivo) porta a termine la tela "La Battaglia di Custoza".

È questa una fase estremamente serena della sua vita. Il ricordo di Settimia è presente, ma non lo tormenta più. È anche il periodo della Maremma, tant'è che i paesaggi che raffigurano questa terra molto amata da Fattori sono sicuramente il soggetto più ritratto dall'artista. Ma c'è di più. Incontra Amalia Nollemberg, una ragazza ungherese che in Italia lavora come bambinaia. S'innamora di questa donna, molto più giovane di lui, e vive una passione travolgente. La storia però non dura molto, perché Fattori - dopo numerose critiche - decide di chiudere la relazione.

La sua vita amorosa però riserva molte sorprese e viaggia parallela con quella professionale. Nel 1885, infatti, conosce Marianna Bigazzi (allora vedova), e qualche anno dopo diventa sua moglie. Intanto la sua carriera continua a raccogliere enormi successi e nel 1890, dopo aver esposto nelle gallerie più importanti d'Italia, riceve una menzione speciale all'Esposizione Universale di Parigi. Siamo quasi alla fine del secolo e Fattori colleziona riconoscimenti internazionali e produce magnifiche acqueforti e incisioni. Nel 1903 perde la sua seconda moglie. Stavolta però non è un dolore così grande, infatti, solo quattro anni dopo, a Roma, incontra Fanny Martinelli, la sua terza moglie. Fattori e Fanny muoiono entrambi nel 1908, a pochi mesi di distanza uno dall'altra. Giovanni Fattori muore a Firenze il 30 agosto 1908, a 82 anni di età.

Biografia di Anita Garibaldi

Al fianco degli eroi
30 agosto 1821
4 agosto 1849

Chi è Anita Garibaldi?


Anita Garibaldi (il cui vero nome completo è Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva) nasce il 30 agosto 1821 a Morrinhos, nello Stato brasiliano di Santa Catarina. Il padre è il mandriano Bento Ribeiro da Silva, la madre è Maria Antonia de Jesus Antunes. I genitori hanno dieci figli e Ana Maria è la terzogenita. Riceve un'istruzione elementare, è molto acuta e intelligente. Il padre Bento muore presto così come tre dei suoi fratelli, per cui la madre Maria Antonia deve occuparsi della famiglia molto numerosa, che è precipitata in una situazione di estrema indigenza, da sola. Le figlie maggiori si sposano in giovane età.

Ana sposa Manuel Giuseppe Duarte alla giovane età di quattordici anni nella città brasiliana di Laguna. Il marito svolge più professioni, il calzolaio, il pescatore, avendo degli ideali conservatori. Nel 1839 Giuseppe Garibaldi giunge nella città di Laguna con l'obiettivo di conquistarla in modo tale da fondare la Repubblica Juliana. Si è rifugiato nell'America meridionale, poiché condannato a morte in Italia per avere partecipato ai moti risorgimentali e per essersi iscritto all'organizzazione di Giuseppe Mazzini, la Giovine Italia.

Nel momento in cui giunge in Brasile, lo Stato di Santa Catarina vuole rendersi indipendente dal governo centrale brasiliano guidato dall'imperatore Pedro I. In Brasile la situazione politica quindi non è cambiata rispetto all'epoca coloniale. Dopo essere arrivato nella città, nel mese di luglio, la sera stessa Garibaldi conosce Ana, rimanendo molto affascinato dalla sua bellezza e dal suo carattere. Presto deve lasciare la città di Laguna e Ana, dopo avere abbandonato il marito, decide di partire con lui, seguendolo nelle sue avventure.

Combatte accanto al compagno Giuseppe e ai suoi uomini, difendendo le armi in occasione delle battaglie via terra e via mare. Nel 1840 partecipa con gli uomini di Garibaldi alla battaglia di Curitibanos, in Brasile, contro l'esercito imperiale. In quest'occasione diventa prigioniera delle Forze nemiche. Crede però che il compagno sia morto in battaglia, per cui chiede ai suoi nemici di poter cercare nel campo di battaglia le spoglie dell'uomo.

Non trovando il cadavere, riesce con grande astuzia a fuggire a cavallo per poi ritrovare Giuseppe Garibaldi nella fazenda di San Simon, vicino al Rio Grande do Sul. Nel momento in cui scappa a cavallo tra l'altro è incinta di sette mesi. A Mostardas, vicino a San Simon, il 16 settembre dello stesso anno nasce il loro primo figlio che viene chiamato Menotti per ricordare l'eroe italiano Ciro Menotti. Dodici giorni dopo la nascita del figlio, Ana detta Anita, riesce a salvarsi nuovamente dal tentativo di cattura da parte delle truppe imperiali che hanno circondato la sua casa. Fortunatamente riesce nuovamente a fuggire a cavallo con in braccio il piccolo Menotti.

Dopo quattro giorni passati nel bosco, viene ritrovata insieme al figlio da Garibaldi e i suoi uomini. La famiglia Garibaldi vive momenti difficili anche dal punto di vista economico, poiché Giuseppe rifiuta i soldi che gli vengono offerti dalle persone che sta aiutando. L'anno dopo i due coniugi lasciano il Brasile, ancora colpito dalla guerra, per trasferirsi a Montevideo, in Uruguay.

Nella città la famiglia prende una casa in affitto. In quegli anni hanno altri tre figli: Rosita che muore alla tenera età di due anni, Teresita e Ricciotti. Nel 1842 la donna e Garibaldi si sposano a Montevideo.

Cinque anni dopo Anita, insieme ai piccoli, segue il compagno in Italia. A Nizza i due sono accolti dalla mamma di Giuseppe, Rosa. In Italia diventa la moglie del Generale Giuseppe Garibaldi, che deve guidare il Paese verso un sogno, l'Unità nazionale. Nonostante le difficoltà ad adattarsi al nuovo contesto sociale, per amore del marito soffre in silenzio, mostrando sempre un atteggiamento garbato e cordiale. Quattro mesi dopo l'arrivo in Italia, Giuseppe Garibaldi deve partire alla volta di Milano in occasione dello scoppio dei moti risorgimentali ("Le Cinque giornate di Milano"). Nel 1849 è nominato deputato della Repubblica Romana che è guidata da Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini.

Anita, in quest'occasione, lascia Nizza per partire verso Roma, avendo l'obiettivo di vedere il marito con cui condivide gli stessi ideali rivoluzionari. Quindi torna sul terreno di battaglia molto presto, perché il Papa Pio IX, avendo il sostegno degli eserciti spagnolo, borbonico e francese, mira alla riconquista di Roma.

I garibaldini tentano di difendere eroicamente Roma con tutte le loro forze, ma la superiorità degli eserciti che aiutano il Papa è devastante. La Repubblica Romana cade in mano nemica dopo quattro settimane dalla sua nascita.

Anita in quel momento si trova al fianco del marito e, dopo essersi tagliata i capelli e vestita da uomo, decide di combattere insieme a lui. I garibaldini hanno come obiettivo quello di lasciare Roma e di raggiungere la Repubblica di Venezia fondata da Mazzini. Il generale italiano e sua moglie attraversano con i loro uomini l'area appenninica, trovando sempre l'aiuto delle popolazioni locali.

Durante il viaggio la donna contrae la malaria e nonostante potesse essere anche aiutata dalle popolazioni che le offrono la loro ospitalità, è decisa a continuare il viaggio. I due coniugi e gli altri volontari arrivano a Cesenatico, si imbarcano, ma al loro arrivo a Grado trovano una situazione difficile, poiché iniziano dei cannoneggiamenti.

Dopo essere arrivati a Magnavacca, continuano il tragitto a piedi aiutati sempre dalla gente del posto. Dopo tanta fatica, giungono a Mandriole, dove vengono ospitati da Stefano Ravaglia, un fattore. Dopo essere stata stesa su un letto, Anita Garibaldi muore a causa della malaria il 4 agosto 1849.

Il corpo della donna viene sepolto dal Ravaglia nel campo chiamato Pastorara. Trovato pochi giorni dopo da tre piccoli pastori, è sepolto senza nome nel cimitero di Mandriole. Dopo dieci anni, Garibaldi si reca a Mandriole per avere le spoglie dell'amata moglie e portarle nel cimitero di Nizza.

Nel 1931 il corpo di Anita viene trasferito per volontà del governo italiano nel Gianicolo, a Roma. Accanto a questo è stato eretto in suo nome anche un monumento che la rappresenta a cavallo con il figlio in braccio.

Biografia di Leo Longanesi

Stampare la storia
30 agosto 1905
27 settembre 1957

Chi è Leo Longanesi?


Leo Longanesi nasce a Bagnacavallo (Ravenna) il 30 agosto 1905. La sua famiglia vive in maniera piuttosto agiata: il padre Paolo appartiene ad una famiglia di coltivatori benestanti e la madre, Angela, discende dalla famiglia di proprietari terrieri Marangoni. A sei anni Leo si trasferisce con la famiglia a Bologna e come tutti i bambini dell'epoca rientra nelle fila giovanili del fascismo. E' questo il periodo di avvicinamento al regime, che per Longanesi diventa una sorta di mitizzazione della figura del Duce.

Si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza e inizia la sua collaborazione con varie riviste. Fonda una serie di giornali, tra cui: "E' permesso?", " Il toro", e "Il Dominio". A vent'anni ottiene la direzione del giornale della federazione fascista di Bologna, " L'assalto", ma viene ben presto estromesso dalla direzione a causa di un articolo contro un senatore. Intanto Longanesi aderisce sempre più profondamente al fascismo; suo è l'aforisma: "Mussolini ha sempre ragione".

Persa la direzione de "L'assalto" fonda e dirige "L'italiano", una rivista culturale in cui, pur dichiarandosi fascista, egli sottolinea l'importanza dell'indipendenza dell'arte e della cultura dal regime. Molte firme importanti collaborano alla rivista tra cui: Vincenzo Cardarelli, Giovanni Comisso e Mino Maccari. Purtroppo il 14 maggio del 1931 Leo Longanesi si rende protagonista del triste episodio dell'aggressione al maestro Arturo Toscanini, in occasione al suo rifiuto ad eseguire il concerto "Giovinezza".

Lasciata Bologna, si trasferisce a Roma dove collabora con la rivista "Cinema" di Vittorio Mussolini. Grazie all'amicizia con Vincenzo Cardarelli conosce il pittore Armando Spadini di cui sposa la figlia Maria. Dal loro matrimonio nascono tre figli.

Grazie all'appoggio di Benito Mussolini, con il quale ha un rapporto diretto, fonda nel 1937 la rivista "Omnibus". La rivista si rivela importante anche per la tradizione giornalistica italiana, in quanto è il primo esempio nazionale di rotocalco. Il giornale, edito da Angelo Rizzoli, ha un grande successo, ma la spregiudicatezza dei pezzi firmati da Longanesi gli attira addosso l'occhio della censura, che ne sospende la pubblicazione nel 1939.

All'attività di giornalista abbina quella di disegnatore, anche se in realtà è un disegnatore disordinato che affida la sua vena creativa a foglietti e annotazioni. La sua ispirazione nasce spesso dalla tradizione dei lunari, degli almanacchi, dei libri dei sogni e delle carte da gioco. I suoi disegni vengono esposti in varie mostre: la mostra del decennale della rivoluzione fascista di Roma (1932); la XIX Biennale di Venezia (1934); la Mostra del disegno di Berlino (1937). Nel 1941 tiene anche una importante personale nella Galleria Barbaroux di Milano.

Prima della fine della guerra si trasferisce per un breve periodo a Napoli. Fa ritorno quindi a Roma e, a seguito della caduta del fascismo, cambia immediatamente orientamento politico, scrivendo dalle colonne de "Il Messaggero" un articolo inneggiante alla libertà.

Nel 1945 si trasferisce a Milano, dove fonda la casa editrice Longanesi su suggerimento dell'industriale Giovanni Monti, cognato dello scrittore Elio Vittorini. Leo pubblica con la sua casa editrice il primo racconto di Ernest Hemingway, dà spazio alla narrativa sovietica, fonda una collana di libri gialli e lancia autori come Alberto Moravia, Vitaliano Brancati, Goffredo Parise, Dino Buzzati ed Ennio Flaiano. La casa editrice pubblica anche un bollettino mensile, "Il libraio", a cui collaborano Elsa Morante e Mino Maccari.

Fonda poi nel 1950 le riviste "Il Borghese" e "Oggi". "Il Borghese", uscito prima con tiratura quindicinale e poi settimanale, è una rivista di cultura e attualità che annovera tra i suoi collaboratoti un allievo di Longanesi, che diventerà una celebre firma del giornalismo italiano: Indro Montanelli. La rivista acquista notorietà soprattutto grazie alle copertine disegnate dallo stesso Leo e alle foto satiriche contro la classe dirigente del periodo. In maniera particolare le fotografie diventano così rappresentative di un atteggiamento critico nei confronti della classe politica, che qualsiasi altra foto abbia le stesse caratteristiche viene definita "da borghese".

Dirige la rivista fino alla sua morte. Viene colto da un attacco cardiaco proprio mentre è nel suo ufficio: trasportato in ospedale, Leo Longanesi muore poco dopo a soli 52 anni. E' il 27 settembre del 1957.

Alla sua scuola si sono formati grandi giornalisti del panorama italiano, tra cui Benedetti (L'Europeo e L'Espresso), Pannunzio (Il Mondo) e il già citato Montanelli (Il Giorno). Proprio Indro Montanelli dedicherà al maestro una biografia scritta a quattro mani con Marcello Staglieno, uscita per le edizioni Longanesi nel 1984.

Biografia di Joe Petrosino

Eroe pioniere
30 agosto 1860
12 marzo 1909

Chi è Joe Petrosino?


Agente di polizia nella New York di fine Novecento, Joe Petrosino è un personaggio che è stato oggetto di vari film e fiction tv. La sua persona è realmente esistita.

Nasce come Giuseppe Petrosino il 30 agosto 1860 in Italia a Padula, nella provincia di Salerno.

Presto il padre Prospero - di professione sarto - decide di emigrare e porta l'intera famiglia (madre, due sorelle e tre fratelli) a New York, dove il primo figlio Giuseppe, che tutti chiameranno Joe, cresce nel quartiere di "Little Italy".

Joe si adatta e con l'intenzione di aiutare economicamente la sua famiglia cerca di intraprendere vari mestieri; frequenta inoltre dei corsi serali per imparare la lingua inglese.

E' il 1883 quando inizia la sua carriera di agente di polizia. La sua placca d'argento sul petto porta il numero 285.

Inizia come agente di pattuglia nella "Avenue 13th", poi con il tempo fa carriera imponendo i suoi efficaci sistemi di lavoro. Ciò che è chiaro ai superiori sono la passione per il lavoro, il grande fiuto, l'acume, la professionalità e il senso di responsabilità di Joe Petrosino.

Petrosino diviene autore di imprese che rimarranno leggendarie per il loro merito; si guadagnerà addirittura la stima del Presidente Roosevelt, di cui Petrosino diviene amico personale.

Il suo scopo professionale e nella vita sarebbe stato uno solo: quello di sconfiggere la mafia, organizzazione allora conosciuuta con il nome di "Mano Nera".

La storia di Joe Petrosino assume valore storico e leggendario per la sua triste fine: siamo a cavallo del ventesimo secolo quando partecipa a una missione in Sicilia per condurre indagini sulla nascente mafia. Petrosino muore nella piazza Marina di Palermo, raggiunto da quattro colpi di rivoltella, il 12 marzo 1909.

Esistono anche diversi libri e opere a fumetti sulla vita e la vicenda di Joe Petrosino. Negli anni '30 era inoltre molto diffusa e in voga la raccolta di figurine che aveva come tema proprio le avventure del poliziotto italo-americano.

Tra le già introdotte opere cinematografiche e televisive, ricordiamo tra i film "Pay Or Die" (Pagare o Morire, 1960) con Ernest Borgnine, e uno sceneggiato televisivo in 5 puntate, interpretato dall'attore Adolfo Celi nella parte del popolare investigatore italo-americano, prodotto dalla RAI nel 1972 e intitolata "Joe Petrosino". Lo sceneggiato italiano si basa sulla biografia scritta dal giornalista e scrittore Arrigo Petacco, pubblicata negli anni '80.

La RAI ha poi prodotto un nuovo sceneggiato intitolato "Joe Petrosino" nel 2005 (in tv nel 2006) con l'attore Beppe Fiorello nei panni del protagonista.

Biografia di Anna Politkovskaja

Parole che fanno male
30 agosto 1958
7 ottobre 2006

Chi è Anna Politkovskaja?


Anna Stepanovna Politkovskaja è stata una giornalista russa, voce critica di Vladimir Putin e dell'intervento militare in Cecenia.

Nasce a New York il 30 agosto 1958, figlia di due diplomatici sovietici di stanza presso le Nazioni Unite. La sua carriera giornalistica inizia nel 1982, due anni dopo aver conseguito la laurea all'Università di Mosca, quando comincia a scrivere per lo storico giornale della capitale, Izvestija, che lascia nel 1993. Un anno dopo è assistente di Egor Jakovlev, direttore della Obsčaja Gazeta, nonché collaboratore di Mikhail Gorbaciov. Nel 1998 compie il primo viaggio in Cecenia per intervistare il neo eletto presidente dell'ex repubblica sovietica, Aslan Mashkadov.

Un anno dopo lascia l'Obsčaja Gazeta per approdare ad un giornale piccolo e indipendente, la Novaja Gazeta, dove lavora fino al giorno della sua morte, il 7 ottobre 2006. A partire dal 2000, la Politkovskaja compie una serie di viaggi nelle repubbliche caucasiche (Cecenia, Daghestan ed Inguscezia), dove entra in contatto con le famiglie delle vittime, visita ospedali e campi profughi, intervista militari russi e civili ceceni, rimanendo inorridita dalle atrocità commesse dall'esercito nei confronti della popolazione civile.

Sulla Novaja Gazeta pubblica più di 200 articoli in cui denuncia l'operato russo nelle repubbliche separatiste, attacca le scelte politiche del nuovo presidente Vladimir Putin e dei primi ministri ceceni Ahmad Kadyrov e suo figlio Ramsan, entrambi sostenuti da Mosca. Avvalendosi delle testimonianze raccolte, la giornalista pubblica anche una serie di libri ("Un piccolo angolo d'inferno", "Diario russo 2003-2005", "Proibito parlare. Cecenia, Beslan, Teatro Dubrovka: le verità scomode della Russia di Putin", "La Russia di Putin e "Cecenia, il disonore russo").

Per la sua attività viene minacciata più volte di morte.

Nel 2001 è costretta a fuggire a Vienna in seguito alle intimidazioni ricevute via e-mail da Sergei Lapin, ufficiale dell'OMON (la polizia russa con delega di vigilare le ex repubbliche sovietiche), da lei accusato di crimini contro la popolazione civile cecena. Lapin viene arrestato e poi rilasciato nel 2002. Il processo riprende nel 2003 per concludersi, dopo numerose interruzioni, nel 2005 con una condanna per l'ex-poliziotto per abusi e maltrattamenti aggravati su un civile ceceno e per falsificazione di documenti.

Tra il 26 e il 27 ottobre 2002, Anna Politkovskaja collabora alla trattativa con i terroristi per il rilascio degli ostaggi, durante la crisi del Teatro Dubrovka di Mosca. Nonostante l'impegno della coraggiosa giornalista, le forze speciali russe fanno irruzione nel teatro, dopo aver pompato un misterioso agente chimico all'interno del sistema di ventilazione. Secondo le stime ufficiali, nelle operazioni muoiono 39 dei 40 terroristi e almeno 129 ostaggi.

Nel settembre 2004 è richiamata a trattare con i separatisti ceceni nella scuola di Beslan. Mentre viaggia verso la cittadina caucasica, Anna Politkovskaja è colpita da un improvviso malore e perde conoscenza. L'aereo è costretto a tornare indietro per permettere un suo immediato ricovero. Molti sospettano un tentativo di avvelenamento, ma la dinamica dell'accaduto non verrà mai chiarita del tutto.

In diverse occasioni la Politkovskaja aveva riconosciuto la pericolosità del suo lavoro: "Sono assolutamente convinta che il rischio sia parte del mio lavoro; il lavoro di una giornalista russa, e non posso fermarmi perché è il mio dovere [...] Credo che il compito di un dottore sia guarire i pazienti, il compito di un cantante è cantare. L'unico dovere di un giornalista è scrivere quello che vede".

Per il suo impegno ottiene prestigiosi riconoscimenti in tutto il mondo (l'Italia le conferisce nel 2006 il premio per il Giornalismo internazionale intitolato a Tiziano Terzani).

Anna Politkovskaja viene trovata cadavere nell'ascensore del suo palazzo il giorno 7 ottobre 2006. Secondo le ricostruzioni della polizia, la giornalista tornava nella sua abitazione dopo essersi recata al supermercato del quartiere. Dopo essere salita al settimo piano per posare i primi pacchi della spesa, scendeva per prenderne degli altri. Al pian terreno l'aspettava un killer, proprio di fronte all'ascensore. Appena aperte le porte, l'uomo avrebbe esploso contro di lei quattro colpi di pistola, più un altro di "sicurezza" alla nuca.

In base alle registrazione delle telecamere a circuito chiuso del supermercato, vengono incriminati tre uomini, Sergei Khadzhikurbanov, ex ufficiale anticrimine della Polizia Municipale di Mosca e due fratelli di origini cecena, Ibragim e Jabrail Makhmudov. Anche un ex ufficiale del FSB (i moderni servizi segreti russi) Pavel Ryaguzov, non incriminato dell'omicidio, ma legato ai tre, nonché accusato di abuso d'ufficio ed estorsione.

I funerali si svolgono il 10 ottobre presso il cimitero Troekurovskij di Mosca a cui partecipano più di mille persone, fra cui i colleghi e semplici ammiratori della giornalista, ma nessun esponente del governo russo. Il presidente Putin, pochi giorni dopo l'omicidio, in una conferenza stampa affermerà che la Politkovskaja "era ben conosciuta fra i giornalisti, gli attivisti per i diritti umani e in Occidente. Comunque, la sua influenza sulla vita politica russa era minima".

Biografia di Andy Roddick

C'era una volta un giovane rimpallo
30 agosto 1982

Chi è Andy Roddick?


Quando a Key Biscayne nel marzo 2001 Pete Sampras scendendo in campo per un incontro di terzo turno, guardò dall'altra parte della rete e vide un giovanotto di belle speranze, suo connazionale, non immaginava certo che a fine match avrebbe dovuto stringergli la mano, congratulandosi per la sua vittoria. Certo il ragazzone l'anno prima aveva riportato prestigiosi trionfi nella categoria juniores e veniva da un successo, al turno precedente, su Marcelo Rios, ma neanche il grande Pete, che certo è uno che se ne intende, si sarebbe atteso un'esplosione così fragorosa.

Andrew Stephen Roddick, per tutti semplicemente Andy, nasce il 30 agosto 1982 ad Omaha, nello stato del Nebraska. Terzo di tre figli maschi cresce in una famiglia numerosa e molto sportiva; inizialmente coltiva una passione per il basket, unita ad un grande amore per il golf. Il tennis arriva un po' dopo, ma i risultati si fanno vedere in fretta.

Allenato dal 1999 da Tarik Benhabiles, il quale segue il suo pupillo in ogni torneo sempre appollaiato nelle prime file degli spalti dove passa il tempo a comunicare in maniera fitta, tramite sguardi e gesti, con lui, "Kid Roddick" esprime un tennis puramente d'attacco, caratterizzato da un servizio molto personale che gli consente di superare spesso i 200 Km/h e da un diritto molto potente e carico di effetto che mettono a dura prova sia l'avversario che gli attrezzi. Il suo punto debole pare sia il rovescio, difetto che Andy tiene sotto osservazione con un duro lavoro.

Il suo modo di giocare pare attirare moltissimo il pubblico che riempie infallibilmente gli spalti ogni qualvolta siano in programma match giocati da Andy Roddick. Una partecipazione del tutto meritata da parte del giovane campione, il quale da parte sua riesce, sia grazie al tipo di gioco, sia con un comportamento in campo grintoso e coinvolgente, a creare un'atmosfera molto calda, in cui il pubblico è parte attiva con applausi e incitamenti.

Sul piano della carriera, prima di entrare a far parte del grande circo del ATP, Andy ha concluso la sua carriera junior al numero 1 delle classifica vincendo due prove dello SLAM (Australian Open - U.S. Open).

Il 2003 agonistico di Andy Roddick è incominciato al torneo di Sydney dove ha perso nei 16mi di finale contro il coreano Lee Hyung-Taik in due set. Successivamente ha giocato la prima prova dello SLAM della stagione a Melbourne dove ha perso in semifinale, stremato dopo la maratona con il marocchino Younes El Aynoui e con un polso dolorante in 4 set contro il tedesco Rainer Schuettler, che si arrrenderà poi ad Andrè Agassi. Insomma, sembrava proprio un periodo nero per il buon Roddick.

Il finale di stagione non è stato dunque all'altezza di quello che ci si aspettava da lui, ma Andy, con le semifinali a Parigi Bercy ed alla Masters Cup di Houston, ha comunque ottenuto i punti necessari per chiudere l'anno in vetta alla classifica ATP, giusto davanti a Federer e Ferrero. I vari dubbi su di lui, espressi da autorevoli esponenti del mondo tennistico, si sono parzialmente sciolti.

Nel 2006 arriva in finale agli US Open nel 2006, ma viene battuto da Roger Federer. All'inizio del mese di dicembre del 2007 vince, con la squadra nazionale Americana di tennis, la Coppa Davis, nella finale contro la Russia. L'apporto di Roddick è determinante poiché porta agli USA il primo importantissimo punto della prima partita, battendo, in maniera molto netta l'avversario Russo Dmitry Tursunov.

A Marzo del 2008 riesce a battere Rafael Nadal ai quarti di finale del torneo di Dubai, accedendo cosi alle semifinali, in cui incontra il serbo Novak Djokovic che non resiste al giovane americano, che vincerà poi il Torneo contro lo spagnolo Feliciano Lopez. Il 3 aprile del 2008 Roddick interrompe la striscia negativa di 11 sconfitte consecutive contro Roger Federer, battendo l'elvetico ai quarti di finale del Master Series di Miami.

Roddick, che vive ad Austin (Texas) e si allena sotto la guida del fratello John Roddick, nel 2008 non prende parte al torneo di tennis delle Olimpiadi di Pechino 2008, motivando questa decisione sostenendo di volersi concentrare e preparare al meglio per lo US Open del 2008.

Nel 2009 arriva a giocare la finale di Wimbledon, ma si trova davanti un super-Federer che in un match lunghissimo (termina 16-14 al quinto set) conquista il torneo per la sesta volta in carriera. Dopo aver partecipato alle Olimpiadi di Londra 2012, prima di ritirarsi dal tennis gioca la sua ultima partita agli ottavi di finale degli US Open il 6 settembre 2012.

Biografia di Mary Shelley

Tutto in una notte
30 agosto 1797
1 febbraio 1851

Chi è Mary Shelley?


La scrittrice inglese Mary Shelley nasce a Londra il 30 agosto 1797 dal filosofo William Godwin, uno degli esponenti più importanti del razionalismo anarchico, e da Mary Wollstonecraft, donna forte e determinata fra i primi personaggi della sua epoca a promuovere i diritti della donna. Purtroppo, questa madre così eccezionale che avrebbe potuto sicuramente dare tantissimo alla figlia, morì poco dopo il parto. Godwin si risposerà nel 1821 con una vedova sua conoscente e madre di due figli, la signora Clairmont.

Mary invece incontra durante un soggiorno in Scozia il giovane e geniale poeta ribelle Percy Bysshe Shelley, che sposa nel 1816, appena diciannovenne e dopo una rocambolesca fuga in Svizzera. Alle spalle del poeta si nascondeva una tragedia poiché aveva già perso una prima moglie, Harriet Westbrook, morta suicida e causa della rottura dei suoi rapporti col padre, che non avrebbe mai più visto. L'eccessivo e inquieto poeta inglese diverrà poi celebre per il racconto "La regina Mab" e per il dramma lirico "Prometeo liberato".

Con lui viaggia in Francia, Germania e Olanda.

Nel 1822, dopo essersi trasferiti a La Spezia, Percy Shelley ed un amico, marito di un'amica comune, partono alla volta di Genova: i due non torneranno più; il corpo del poeta viene rinvenuto tra i flutti il 15 luglio.

Tornata a Londra dopo la morte del febbrile marito, Mary vive in Inghilterra con i proventi del proprio lavoro di scrittrice professionista. Autrice di vari romanzi, diverrà famosa soprattutto per "Frankenstein o il Prometeo moderno", il suo primo libro scritto nel 1818 e nato quasi per gioco, ossia quando Byron, durante un soggiorno estivo con gli Shelley e il fido Polidori a Ginevra, suggerì che ciascuno di loro scrivesse un racconto dell'orrore, racconto che poi ognuno avrebbe letto agli altri come passatempo serale. Shelley compose un'opera breve intitolata "The Assassins", Byron scrisse il racconto "The burial" (che poi venne pubblicato nel 1819 con il titolo "A fragment") mentre Polidori creò la romantica figura di un vampiro affascinante e misterioso, con il romanzo breve "The vampire"; Mary scrisse invece Frankenstein, dopo averlo sognato in un terribile incubo (così almeno narra la leggenda). Il soggetto è comunque palesemente ispirato al mito antichissimo dell'uomo creatore della vita (ma anche alle "Metamorfosi" di Ovidio e al "Paradiso perduto" di Milton), ma in cui al prodigio si sostituiscono chimica e galvanismo.

Il libro tratta la storia di un giovane svizzero studioso di filosofia naturale che, servendosi di parti anatomiche sottratte a vari cadaveri, costruisce una creatura mostruosa, cui riesce con procedimenti di cui lui solo ha il segreto a infondere la scintilla della vita. Malgrado l'aspetto terrificante la creatura si rivela la quintessenza della bontà di cuore e della mitezza d'animo. Ma quando si accorge del disgusto e della paura che suscita negli altri, la sua natura, incline alla bontà, subisce una totale trasformazione ed egli diviene un'autentica furia distruttiva; dopo molti delitti finisce per uccidere anche il suo creatore.

Brian W. Aldiss, critico inglese e scrittore egli stesso di fantascienza, pone alla base della moderna Fantascienza proprio il romanzo di Mary Shelley ed è indubbio che tutte le storie scritte in seguito e basate sul binomio Creatore-Creatura viaggino sulla falsariga di "Frankenstein".

A Mary Shelley si devono naturalmente anche altre opere, alcune della quali precorrono anch'esse temi tipicamente fantascientifici (come "L'ultimo uomo", un romanzo che narra dell'unico superstite di una terribile epidemia che ha cancellato l'intera umanità), novelle che però non raggiunsero mai la fama della sua opera prima.

Il successo di quel suo primo libro, che ha goduto di costante fortuna ed è stato oggetto di innumerevoli imitazioni, si deve alla quantità di domande e di dubbi etico-filosofici che è in grado di sollevare, quali le speculazioni sulle origini della vita, il ruolo ambiguo della scienza, spesso inconsapevole creatrice di "mostri", il problema della bontà e creatività originaria dell'uomo, in seguito corrotto dalla società, e così via.

Una nota inquietante della vita di Mary Shelley è ricavata dalla tragica fine che quasi tutti i partecipanti a quelle serate ginevrine fecero: Percy Shelley, come detto, morì annegato a causa di un naufragio, Byron morì giovanissimo a Missolungi, Polidori si suicidò...

Mary invece, dopo una tormentata esistenza (che dopo il successo e la morte del marito proseguì infarcita di scandali, difficoltà economiche e amori respinti), morirà a Londra il giorno 1 febbraio 1851, dopo aver condotto una serena vecchiaia in compagnia dell'unico figlio rimastole.

Biografia di Joseph John Thomson

Particelle negative e scoperte positive
18 dicembre 1856
30 agosto 1940

Chi è Joseph John Thomson?


Joseph John Thomson nasce il 18 dicembre del 1856 a Cheetham, vicino a Manchester, da genitori scozzesi. Dopo aver studiato ingegneria presso l'Owens College, frequenta il Trinity College di Cambridge, prima di diventare, nel 1884, Cavendish Professor all'Università di Cambridge per la cattedra di fisica. Nel 1890 si unisce in matrimonio con Rose Paget, che gli regalerà due figli; nel 1894, invece, diventa direttore del laboratorio Cavendish di Cambridge, carica che manterrà fino al 1919.

Autore di numerosi lavori relativi all'elettromagnetismo di Maxwell, Thomson si dedica allo studio dell'origine dei raggi catodici, al centro del dibattito scientifico dell'epoca. Nel 1897, a due anni di distanza dalla scoperta di Perrin (che aveva dimostrato che i raggi catodici trasportano cariche negative), riesce a deviare i raggi catodici in un campo elettrico: da qui deriva la convinzione che a comporre i raggi catodici sono cariche elettriche negative, gli elettroni. Lo studioso determina le più importanti caratteristiche di queste particelle, sottoponendo i raggi catodici alla contemporanea azione di due campi: uno magnetico e l'altro elettrico; in questo modo riesce a misurare la velocità e il rapporto tra la carica e la massa.

Tenendo conto della migrazione delle goccioline di nebbia nel campo elettrico, inoltre, arriva a una prima valutazione relativa alla massa dell'elettrone. Nello stesso anno Thomson dimostra l'emissione di elettroni nell'effetto termoelettronico e nell'effetto fotoelettrico, e quindi, con la collaborazione di Ernest Rutherford, realizza un metodo di misurazione della natura della radiazioni che vengono prodotte dalle sostanze radioattive, fondato sulla ionizzazione che esse compiono in un gas.

La scoperta degli elettroni, poi, viene utilizzata per studiare il fenomeno dei gas attraversati dal passaggio di elettricità. La spiegazione trovata dal fisico consiste nella teoria della ionizzazione, che gli varrà il premio Nobel nel 1906. Tuttavia, la scoperta dell'elettrone fa sì che si riproponga la questione della struttura della materia.

Nel 1904, quindi, Thomson propone un modello di atomo composto da elettricità positiva distribuita in maniera continua, in cui su traiettorie concentriche circolari si muove una quantità di elettroni che permette di compensare la carica positiva. Benché superata dal modello atomico di Rutherford, l'ipotesi di Thomson si rivela decisamente importante in quanto pone l'attenzione sul problema delle instabilità radiative che caratterizza qualsiasi modello atomico che include elettroni fondato sulla fisica classica.

Il modello atomico di Thomson viene proposto prima che si scopra l'esistenza del nucleo atomico. Tale modello (in lingua originale, plum pudding model) si compone di una carica positiva diffusa, nella quale vengono posizionate le cariche negative, così che l'atomo sia neutro dal punto di vista elettrico. Le cariche negative vengono chiamate "corpuscoli" da Thomson; il suo modello atomico viene invece definito "a panettone", perché le cariche negative sono collocate nella carica positiva distribuita come i canditi nel panettone.

Il lavoro di Thomson compare per la prima volta nel "Philosophical Magazine" dell'edizione del mese di marzo del 1904: qui, il fisico spiega che gli elettroni all'interno della carica positiva sono liberi di ruotare su orbite stabilizzate: quando un elettrone è distante dal centro della carica positiva, viene attratto verso il centro perché all'interno della sua orbita vi è una carica positiva maggiore. Le interazioni tra gli elettroni, poi, stabilizzano gli anelli, mentre le differenze di energie delle orbite degli anelli determinano gli spettri di emissioni delle diverse sostanze. Thomson prova anche a calcolare alcune linee spettrali tra le più conosciute con il suo modello, ma senza risultati efficaci. Il modello viene confutato poi da Marsden e Geiger nel 1909, ma si dimostra comunque indispensabile in quanto precursore del modello atomico di Bohr.

Thomson, poi, nel 1912 osserva, sulla base di un esperimento non dissimile da quello impiegato per i raggi catodici, che due tipi di particelle differenti (il cui peso atomico è rispettivamente di 20 e 22) costituiscono i raggi canale del neo (questa osservazione viene concretizzata da F.W. Aston, suo assistente, che giungerà, nel 1920, alla realizzazione dello spettrografo di massa). Dopo aver scoperto gli isotopi, Thomson diventa Master del Trinity College nel 1918.

Il figlio George Paget Thomson nel 1937 riceve il premio Nobel per aver dimostrato che l'elettrone - scoperto dal padre - è di fatto,un'onda.

Joseph John Thomson muore il 30 agosto del 1940 a Cambridge: il suo cadavere è sepolto di fianco a quello di Isaac Newton nell'abbazia di Westminster.

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