Biografie di personaggi famosi e storici nato il 21 agosto

Biografie di personaggi famosi e storici


Biografie di personaggi famosi nella storia e celebrità:

1. Alizée
2. Usain Bolt
3. Piero Martinetti
4. Robert Moog
5. Laura Morante
6. Henrik Pontoppidan
7. Rodolfo d'Asburgo
8. S. Francesco di Sales
9. Emilio Salgari
10. Joe Strummer
11. Palmiro Togliatti
12. Sergio Toppi


Biografia di Alizée

Io, Lolita
21 agosto 1984

Chi è Alizée?


E' stata definita la risposta francese al fenomeno delle lolite del pop, ossia tutta quella genia di adolescenti tarantolate dal canto che, fra una mossetta e un broncio, fra un ammiccamento il più delle volte ridicolo e un cambio di look, portano a casa fior di miliardi. La scelta di Alizée (o di chi la gestisce: in questo caso dei furbissimi manager), invece, va proprio nell'altra direzione. La ragazzina del pop in salsa francese ha puntato sulla semplicità e su quello sguardo acqua e sapone che ha saputo contrastare nelle vendite le varie Britney Spears, Christina Aguilera, Shakira e via bailando. Rinverdendo oltretutto i fasti di altre più o meno imberbi cantanti del suo Paese come l'indimenticata Lio, Vanessa Paradis o Guesch Patti.

Nata il 21 agosto 1984 ad Ajaccio, in Corsica, ha mostrato di possedere una notevole vena artistica fin da quando aveva quattro anni prendendo lezioni di danza e di recitazione. Già a undici anni è dunque sotto i riflettori ma la sua grande occasione arriva attraverso l'incontro con Mylène Farmer e Laurent Boutonnat, che le cronache ci descrivono come celebre duo musicale francese. I due musicisti avevano in effetti composto un brano, "Moi... Lolita" e, dato il taglio del pezzo, si erano intestarditi che ad interpretarlo dovesse essere una ragazzina. E chi meglio della fresca, ma non per questo poco maliziosa, Alizée?

Inutile ricordare, memori della sua zuccherosa vocina che ci ha inseguito l'estate 2002 per ogni dove, che il singolo ha avuto un enorme successo, facendo di Alizée un vero e proprio fenomeno.

Per cogliere la palla al balzo, dal singolo si passa all'album completo, ed ecco uscire fresco di stampa in tutti i negozi il suo primo lavoro intitolato "Gourmandises" (le musiche sono sempre del duo Laurent Boutonnat e Mylène Farmer), con canzoni tagliate su misura per adolescenti in preda ai tormenti di sempre.

Anche l'album sfonda: in men che non si dica è disco di platino (300.000 copie in soli tre mesi), per poi viaggiare verso le 800.000 copie solo in Francia.

La mossa giusta da fare a questo punto era quella di far uscire un altro singolo e, detto fatto, esce "L'Alizé" che diventa un altro hit, raggiungendo il numero 1 nelle classifiche francesi con oltre 700.000 copie vendute.

Nel 2001 Alizée ha riscontrato successo crescente anche presso il pubblico internazionale, tant'è vero che il suo disco ha visto la luce non solo sui mercati europei o nel Canada, ma anche su mercati tradizionalmente estranei alla musica francese come quelli russo e giapponese (Alizée ha anche vinto un Hit FM Award in Russia).

Nel 2002 la sgambettante ragazzina ha vinto il prestigioso World Music Award (il premio che viene assegnato ogni anno nel Principato di Monaco agli artisti di ogni nazione che hanno venduto di più nella propria patria), e ha ricevuto un disco d'oro in Olanda dopo molte settimane nelle prime tre posizioni della classifica. Lo stesso successo le è toccato in Germania, dove "Moi... Lolita" ha vinto un disco d'oro e Alizée è stata nella Top 10 per molte settimane raggiungendo il quinto posto.

Nel 2003 Alizée, rimasta l'altro anno per sei settimane consecutive al vertice della classifica di vendita italiana, è tornata con un nuovo singolo, "I'm Fed Up/ J'en ai marre" (che anticipa l'uscita del suo secondo album "Mes Courants Electriques") foriero di una nuova ondata di "heavy-rotation" sulle stazioni radio di mezzo mondo.

Alizée si è sposata con il cantante francese Jérémy Châtelain nel 2004. La coppia ha avuto la sua primogenita, Anny-Lee, nata il 29 aprile 2005.

Il 3 dicembre 2007, dopo un album live ("Alizée En Concert", 2004) e un lungo periodo di assenza delle scene, pubblica il suo terzo album di inediti dal titolo "Psychédélices", anticipato dal singolo "Mademoiselle Juliette".

Tra il 2009 e il 2010 registra il quarto album di inediti, che viene pubblicato il 29 marzo 2010 con il titolo "Une enfant du siècle".

Biografia di Usain Bolt

Fulmini e saette
21 agosto 1986

Chi è Usain Bolt?


Usain Bolt nasce a Trelawny (Giamaica) il giorno 21 agosto 1986, da Jennifer e Wellesley Bolt. Per il suo talento, in accordo al suo cognome, è soprannominato "Lightning Bolt", termine che in lingua inglese significa fulmine o saetta. Le sue grandi doti atletiche si fanno notare fin dai primi anni: giovanissimo pratica diversi sport, soprattutto il cricket. Entrato nella William Knibb Memorial High School, l'allenatore di cricket nota le doti da velocista che Usain possiede, così decide di farlo partecipare alle gare di atletica leggera.

Va sottolineato come in Giamaica tutti i ragazzini corrano per diventare velocisti, al pari di quanto in Italia i giovanissimi sognano una carriera da calciatore e negli U.S.A. un futuro da cestista.

Nel 2001 Usain Bolt vince la sua prima medaglia sulla distanza dei 200 metri nel campionato scolastico, con un tempo di 22"04. Nello stesso anno partecipa alla sua prima competizione a livello nazionale (i Carifta Games, destinati ai giovani fino a 17 anni di età della comunità caraibica), ottenendo una medaglia d'argento sui 400 metri piani (tempo: 48"28).

La prima occasione per mostrare il suo talento a livello internazionale arriva con i Campionati Mondiali Juniores del 2002. Nella gara dei 200 metri stabilisce il suo nuovo record personale (20"61) ed ottiene la medaglia d'oro. Oltre a questo già grande risultato individuale, Usain aiuta la squadra giamaicana nelle due staffette, portando a casa due argenti e stabilendo due ottimi tempi nella 4 x 100 metri (39"15) e nella 4 x 400 metri (3' 04"06). Ai mondiali Juniores dell'anno seguente (2003) Bolt migliora ulteriormente il suo tempo (20"40) ottenendo una nuova medaglia d'oro.

Passa sotto le ali dell'allenatore Fitz Coleman e inizia la carriera professionistica: dal 2004 si consacra come uno dei più talentuosi velocisti di sempre. Nel 2004 Bolt vola in Grecia per partecipare alle Olimpiadi di Atene, ma a causa di un infortunio nella batteria di qualificazione corre i 200 metri con un tempo troppo alto (21"05), non qualificandosi per la finale.

Il 2005 è un anno fondamentale per Bolt. Il nuovo coach è il giamaicano Glen Mills. Mills decide di far cambiare l'approccio mentale che Bolt ha nei confronti dello sport: così, dieci giorni prima del suo diciannovesimo compleanno, Bolt fa registrare il tempo di 19"99 sui 200 metri, diventando il primo atleta a scendere sotto i 20" in questa distanza in un torneo juniores. Sfortunatamente, durante i Campionati del Mondo del 2005, si infortuna durante la gara ed arriva ultimo con un tempo altissimo (26"27).

Tra il 2005 e il 2006 entra nella top 5 del ranking mondiale. Nel 2006 migliora il suo record personale nei 200 metri: corre la distanza in 19"88 al Grand Prix di Losanna, ottenendo una medaglia di bronzo (dietro gli americani Xavier Carter e Tyson Gay).

Durante tutto il 2007 Bolt fa registrare ottimi risultati, vincendo medaglie e soprattutto abbassando in continuazione i suoi primati personali. Nei Campionati del mondo di atletica del 2007 vince una medaglia d'argento, con il tempo di 19"91 (alle spalle di Tyson Gay).

Si avvicina il grande evento delle Olimpiadi di Pechino e il 3 maggio 2008 Bolt compie un'impresa straordinaria: realizza la seconda miglior prestazione di ogni tempo sui 100 metri piani, nel corso del meeting Jamaica International a Kingston. Usain Bolt nell'occasione fa registrare il tempo di 9"76 (con vento a favore +1,8 m/s), a soli due centesimi dal primato mondiale del connazionale Asafa Powell. Ma la grande impresa si fa attendere solo pochi giorni: a New York, nel corso del Reebok Grand Prix allo Ichan Stadium, Usain Bolt stabilisce il primato mondiale sui 100 metri facendo fermare il cronometro sui 9"72. Il 13 luglio 2008, al Super Grand Prix di Atene, corre i 200 metri in 19"67 (vento - 0,5 m/s): questo tempo rappresenta il primato personale e il primato mondiale stagionale, ma soprattutto lo colloca al quinto posto nella classifica assoluta di sempre.

Arriva il tanto atteso appuntamento delle Olimpiadi di Pechino: come è tradizione alla fine di ogni edizione dei Giochi Olimpici, sarebbe rimasto un elenco di uno o due atleti i cui nomi, per le loro imprese sportive, sarebbero per sempre rimasti legati alla manifestazione: dopo l'impresa dell'americano Michael Phelps capace di vincere otto medaglie d'oro, l'altro personaggio che tutti attendevano era proprio Usain Bolt.

Il 16 agosto 2008 si corre la finale dei 100 metri piani: Bolt stabilisce il nuovo primato mondiale con un riscontro cronometrico di 9"69 (arrotondato per eccesso), nonostante il giamaicano abbia vistosamente rallentato la sua corsa, in preda all'esultanza, negli ultimi metri (correndo inoltre gli ultimi passi con la scarpa sinistra slacciata). Quattro giorni dopo più tardi, il 20 agosto 2008, Usain domina anche la finale dei 200 metri piani stabilendo il nuovo record mondiale con 19"30 e vento contrario (-0,9 m/s), ritoccando il precedente primato dello statunitense Michael Johnson di 19"32 (ottenuto ai Giochi Olimpici di Atlanta 1996 e che sembrava avesse dovuto durare ancora a lungo). In questa occasione Bolt fa registrare la massima velocità media con partenza da fermo mai raggiunta da un uomo (37,305 km/h). Due giorni più tardi vince la terza medaglia d'oro olimpica, stabilendo ancora un record mondiale: la gara è quella della staffetta 4x100 vinta (record 37"10) assieme a Nesta Carter, Asafa Powell e Michael Frater.

Il 2009 è l'anno dei mondiali di atletica che si svolgono a Berlino: Bolt strabilia e frantuma i suoi precedenti record sia sui 100 che sui 200 metri.

Ai mondiali di Daegu (Corea del Sud) del 2011, viene squalificato per falsa partenza nella gara dei 100 metri; vince tuttavia quella dei 200 e stabilisce, insieme ai compagni di squadra connazionali giamaicani, il nuovo record del mondo nella staffetta 4x100.

Quattro anni dopo i Giochi di Pechino, alle Olimpiadi di Londra 2012 Bolt si riconferma re dei 100 metri, vincendo una nuova medaglia d'oro. Anche l'anno successivo ai mondiali di atletica di Mosca 2013, non si smentisce, vincendo l'oro nei 100 mt.

Biografia di Piero Martinetti

La posizione dell'intelletto
21 agosto 1872
23 marzo 1943

Chi è Piero Martinetti?


Il filosofo Pier Federico Giuseppe Celestino Mario Martinetti nasce a Pont-Canavese (in provincia di Torino), cittadina della valli francoprovenzali nota per i suoi monasteri, il giorno 21 agosto 1872. Primo di cinque fratelli, il futuro professore nasce dall'avvocato Francesco Martinetti, fervente anticlericale proveniente da una famiglia notarile, e da Rosalia Bertogliatti. Piero studia al liceo di Ivrea poi prosegue gli studi all'Università di Torino, dove consegue la laurea in Filosofia nel 1893 con una tesi su "Il Sistema Sankhya", pubblicata nel 1897 e vincitrice del Premio Gautieri dell'Accademia delle Scienze di Torino.

Dopo un soggiorno presso l'Università di Lipsia inizia ad insegnare filosofia nei licei di Avellino, Vigevano e Ivrea.

Piero Martinetti pubblica nel 1902 la prima parte, monumentale, di "Introduzione alla metafisica", saggio che gli frutterà le cattedre di filosofia teoretica e morale all'Accademia scientifico-letteraria di Milano, dove rimarrà a lungo dal 1906 al 1931.

Nel 1926 Martinetti è presidente del VI Congresso Nazionale di Filosofia, evento che però si chiude dopo solo due giorni a causa di agitatori politici fascisti e cattolici, tra cui Padre Agostino Gemelli, fondatore e rettore dell'Università Cattolica.

Alla fine del 1931 Balbino Giuliano, ministro dell'educazione, impone ai professori universitari il Giuramento di fedeltà al Fascismo: Martinetti è uno dei dodici a rifiutare fin dal primo momento. Dal periodo successivo e fino alla morte Martinetti si dedicherà unicamente agli studi personali di filosofia, ritirandosi nella villa di Spineto di Castellamonte. Traduce i suoi classici preferiti (Kant e Schopenhauer), dopo "Introduzione alla metafisica" e "La libertà" (1928), ultima la trilogia con "Gesù Cristo e il cristianesimo" (1934).

Per sospetta connivenza con gli attivisti antifascisti di "Giustizia e Libertà", movimento politico fondato a Parigi nel 1929 da un gruppo di esuli antifascisti, Martinetti viene arrestato e detenuto per cinque giorni, dal 15 al 20 maggio 1935.

All'inizio del mese di dicembre del 1937 i suoi scritti "Gesù Cristo e il cristianesimo", "Il Vangelo" e "Ragione e fede" vengono messi all'indice dei libri proibiti della Chiesa cattolica.

Oltre alle riflessioni religiose di Martinetti, importanti sono quelle sulla natura di cui ci rimane traccia nei saggi "La psiche degli animali" e "Pietà per gli animali": il filosofo in queste opere sostiene che agli animali, così come gli esseri umani, possiedono intelletto e coscienza; secondo il suo pensiero l'etica non deve limitarsi alla regolazione dei rapporti fra esseri umani, deve bensì estendersi a ricercare benessere e felicità anche per tutte quelle forme di vita provviste di un cervello (senzienti) che come l'uomo sono in grado di provare gioia e dolore. Martinetti cita le prove di intelligenza che sanno dare animali come cani e cavalli, ma anche la stupefacente capacità organizzativa delle formiche e di altri piccoli insetti, che l'uomo ha il dovere di rispettare, prestando attenzione a non distruggere ciò che la natura costruisce.

Malato, la sua salute nel 1941 peggiora a causa dell'arteriosclerosi: Piero Martinetti muore il 23 marzo 1943 presso l'ospedale di Cuorgnè, dopo aver disposto che nessun prete intervenisse con alcun segno sul suo corpo. Le sue ceneri riposano nel cimitero di Castellamonte.

Di lui Norberto Bobbio dirà: "La saggezza di Martinetti si espresse in queste tre direzioni: nel disprezzo del rumore mondano, nella comunione religiosa colle cose dell'universo, nel silenzioso esercizio della meditazione interiore".

La biblioteca personale, fra le più consistenti e preziose del tempo con i suoi 9000 volumi, viene conferita nel 1955 alla "Fondazione Piero Martinetti per gli studi di storia filosofica e religiosa" di Torino ed è oggi custodita nel palazzo del Rettorato dell'Università di Torino, presso la Biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia.

Biografia di Robert Moog

Elettronica creativa
23 maggio 1934
21 agosto 2005

Chi è Robert Moog?


Ingegnere statunitense, pioniere della musica elettronica, Robert Arthur Moog nasce a New York il giorno 23 maggio 1934. Conseguita la laurea in ingegneria elettronica presso l'università americana Columbia Bob Moog ha il merito di aver inventato nel 1963 uno dei primi sintetizzatori a tastiera, poi largamente utilizzato in campo musicale. La sua invenzione si basa sulle sonorità del "theremin", il primissimo strumento musicale elettronico di sempre, inventato nel 1919 dal fisico russo Lev Sergeevič Termen (noto anche come Leon Theremin o Theremine).

A partire dalla fine degli anni '60 i sintetizzatori prodotti da Robert Moog erano i più apprezzati e diffusi: come spesso accade in campo industriale il nome stesso "Moog" è in breve tempo diventato sinonimo di sintetizzatore.

Il "Moog" è di fatto uno strumento che ha permesso ai musicisti di espandere la propria creatività verso sonorità nuove, tanto che è considerato una pietra miliare nella storia della musica rock.

I primi importanti contributi allo sviluppo del sintetizzatore arrivano da musicisti come Herbert Deutsch e Walter Carlos che aiutarono Bob nella progettazione. Di Walter Carlos fu il primo successo discografico (basato sulle notazioni classiche di Johann Sebastian Bach) suonato solamente ed interamente con il Moog: "Switched on Bach".

Sono innumerevoli i gruppi e le band che usarono il Moog ed il Minimoog. Uno dei gruppi che ne esaltarono le sonorità fu quello dei Tangerine Dream. Geniali interpreti di questo sintetizzatore sono considerati Keith Emerson e Rick Wakeman.

Robert Moog è morto ad Asheville, in Carolina del Nord, il giorno 21 agosto 2005 a causa di un tumore al cervello all'età di 71 anni.

Nel 2009 è uscito un disco intitolato "Switched on Bob": si tratta di un progetto musicale che vede la partecipazione di venti artisti che da tutto il mondo omaggiano Robert Moog, riconoscendo l'importanza della sua invenzione come padre dei moderni sintetizzatori elettronici.

Anche Google ha reso omaggio all'ingegnere americano il giorno 23 maggio 2012, ricordando la sua nascita con un Doodle dedicato a Moog e al sintetizzatore.

Biografia di Laura Morante

Numeri giusti
21 agosto 1956

Chi è Laura Morante?


Tra le più ricercate attrici italiane, modello di donna affascinante ma anche inquieta e appassionata, Laura Morante nasce il 21 agosto 1956 a Santa Fiora, in provincia di Grosseto. Dopo aver lavorato giovanissima per il teatro ("Riccardo III", "S.A.D.E.", entrambi con quel mostro sacro che risponde al nome di Carmelo Bene), esordisce nel 1979 nel cinema in "Oggetti smarriti", per la regia di Giuseppe Bertolucci, al quale, con lo stesso regista, segue l'anno successivo "La tragedia di un uomo ridicolo".

Subito dopo attraversa i "Sogni d'oro" (1981) di Nanni Moretti, interpretando Silvia, l'unica studentessa attenta ad ascoltare la lezione su Leopardi svolta dal professor Michele Apicella. Viene ancora rincorsa nei pressi di una scuola ("Bianca", Nanni Moretti, 1984), da quel professore (stavolta di matematica), con il quale vive una difficile storia d'amore.

Con Gianni Amelio gira "Colpire al cuore" e a partire dalla metà degli anni '80 si divide tra impegni all'estero (assieme a registi come Joao Cesar Monteiro, Alain Tanner, Pierre Granier-Deferre) e in Italia (con Monicelli, Risi, Del Monte, Amelio, Salvatores).

Dalla metà degli anni '80 Laura Morante si trasferisce a Parigi dove gira molti film e acquista la popolarità televisiva comparendo in un serial di sette puntate diretto da Paul Vecchiali. Contemporaneamente continua ad essere attiva in Italia, dove la vuole Gianni Amelio per "I ragazzi di Via Panisperna". In seguito dimostra di potersi misurare anche con ruoli meno drammatici (comunque sempre inquieti), come quello di Vittoria, la speaker radiofonica innamorata di due amici, Fabrizio Bentivoglio e Diego Abatantuono ("Turnè", Gabriele Salvatores, 1990).

Sempre in Italia, dopo aver preso parte allo sceneggiato televisivo "La famiglia Ricordi" (Mauro Bolognini, 1995), Laura Morante si sposta dalla Sicilia settecentesca di "Marianna Ucria" (Roberto Faenza, 1997) ai lidi estivi dei nostri giorni per "Ferie d'agosto" (Paolo Virzì, 1996), una commedia che mette in risalto le sue doti di attrice brillante, confermate in "Liberate i pesci" (Cristina Comencini, 2000). Una dimensione che le risulta particolarmente congeniale pur continuando ad essere cercata per rappresentare sul grande schermo ogni genere di disagi e lacerazioni.

Nel 1998 è una sociologa morbosamente assillata dal sesso a causa di una scabrosa esperienza vissuta durante l'infanzia in "Lo sguardo dell'altro" di Vicente Aranda e poi Anita in "L'anniversario", di Mario Orfini, una moglie infelice, che invece di celebrare in serenità il suo matrimonio ha una violenta lite con il marito.

Perennemente insoddisfatta, amante da sempre del teatro che in fondo rappresenta il suo humus naturale (anche per via di una recitazione intensa quanto poche altre), è tornata di nuovo a calcare le scene, spinta dalla voglia di migliorarsi, con "Le relazioni pericolose" dirette da un'inedito Mario Monicelli, e poi con "Moi", di Benno Besson. Al cinema invece la troviamo sempre in ruoli di primo piano in quasi tutti i più importanti film italiani degli ultimi anni, da "La stanza del figlio" (2001) di Nanni Moretti, a "Vajont" (2001) di Renzo Martinelli, fino a "Un viaggio chiamato amore" (2002, con Stefano Accorsi) di Michele Placido, "Ricordati di me" (2002, con Monica Bellucci) dell'ormai affermato Gabriele Muccino. Dopo il film TV "Madre Teresa" (2003), nel 2004 troviamo Laura Morante in "L' amore è eterno finchè dura" insieme a Stefania Rocca e Carlo Verdone, che ne è anche il regista.

Tra i film successivi: "L'impero dei lupi" (2004, di Chris Nahon), "Cuori" (2006, di Alain Resnais), "Il nascondiglio" (2006, di Pupi Avati), "L'estate del mio primo bacio" (2006, di Carlo Virzì), "Le avventure galanti del giovane Molière" (2007, di Laurent Tirard).

Biografia di Henrik Pontoppidan

24 luglio 1857
21 agosto 1943

Chi è Henrik Pontoppidan?


Nato a Fredericia, nella penisola danese di Jutland, il 24 luglio 1857, Henrik Pontoppidan trascorre l'intera infanzia a Randers, nella cui parrocchia suo padre Dines è chiamato a svolgere la propria missione di pastore luterano. Ultimati i primi studi, si iscrive riluttante a Scienze Naturali e Ingegneria al Politecnico di Copenaghen, ma nel 1877 trova finalmente la forza di abbandonare per assecondare l'innato desiderio di vivere e scrivere in piena libertà, immerso nella natura e lontano dalla vita di città e dal suo tradizionalismo.

Parte dunque alla volta della Svizzera, fermandosi nel paesino di Interlaken, nel Canton Berna. Fra il 1879 ed il 1880, mentre insegna presso la Scuola Popolare Superiore il cui direttore è il fratello Morten, Henrik Pontoppidan comincia la stesura dei primi racconti, tutti di ispirazione popolare e naturalistica, che pubblica su alcuni periodici. La speranza della prima pubblicazione in volume si concretizza nel 1881, quando la casa editrice Schou decide di raccogliere le sue novelle in un libro dal titolo "Ali tarpate", nel quale emerge la sua vicinanza alla classe rurale, costretta a vivere tra miseria ed umiliazioni; nello stesso anno convola a nozze con Mette Marie Hansen, una ragazza di famiglia contadina di Ostby.

Le modeste iniziative editoriali gli hanno portato una certa popolarità: frequentando gli ambienti culturali di Copenaghen, Pontoppidan incontra il direttore amministrativo della casa editrice Gyldendal, Hegel, che lo introduce a pieno titolo nella sfera intellettuale della capitale danese e, nel 1883, gli permette la pubblicazione di un'altra raccolta di novelle, "Immagini paesane" ("Lands-bybilleder"). L'anno seguente compare il racconto "L'orso polare" ("Jsbjornen", in libreria dal 1887) su uno fra i più importanti quotidiani danesi, il Morgenbladet. Fra il 1887 ed il 1889 scrive prima sul quotidiano "Politiken" e poi su "La Gazzetta della Borsa" (Borstidende), fondata dal suo amico filosofo e critico letterario Giorgio Brandes.

Dopo dieci anni di vita coniugale non proprio idilliaca, nel 1891 divorzia dalla prima moglie; questa svolta coincide con l'inizio della fase letteraria meno idealistica e più calata nella storia e nella realtà socio-culturale danese, con opere che lo consegneranno alla celebrità. Con "La terra" Henrik Pontoppidan inizia la pubblicazione della trilogia "La terra promessa" ("Det forjcettede Land"), che proseguirà con "La Terra promessa" (1892) e "Il giorno del giudizio" (1895). Nel 1892 parte per l'Italia, subito dopo aver contratto un secondo matrimonio. Prosegue intanto incessante la produzione letteraria affiancata dall'attività giornalistica, con numerosi viaggi che, fra il 1893 ed il 1914, compie in vari paesi europei (Scandinavia, Germania, Svizzera, Austria, Italia).

Nel 1898 inizia la pubblicazione di "Pietro il fortunato" ("Lykke Per"), ponderoso romanzo in otto volumi che si concluderà nel 1904, seguito da "Il regno dei morti" ("De dodes rige",1912-16). Nel 1917 ottiene, "ex aequo" con Carl Gjellerup, il Nobel per la Letteratura "per le sue reali descrizioni della vita moderna in Danimarca" e, due anni dopo, l'Università di Lund gli conferisce la laurea "honoris causa" in filologia.

Pubblica ancora, nel 1927, "Il paradiso dell'uomo" ("Mands Himmerig"): in questa, come in molte altre opere, emerge una critica ferocemente realistica e scettica del liberalismo danese, da lui descritto come fragile e vacuo, ponendone in evidenza gli irrisolti conflitti sociali e religiosi. L'ultimo suo lavoro è la pregevole autobiografia "Alla ricerca di me stesso" ("Undervejs til mig selv"), uscita nel 1943, anno della sua morte. Henrik Pontoppidan si spegne a Charlottenlund, il 21 agosto 1943, all'età di 86 anni.

E' considerato il più autorevole rappresentante del naturalismo danese. Fra le altre opere di Pontoppidan citiamo: "La comunità di Sandige" (1883); "Giovane amore" (1885); "Mimose" (1886); "Dalle capanne" (1887); "Nuvole" (1890); "Il vecchio Adamo" (1895).

Biografia di Rodolfo d'Asburgo

Nobili faccende di cuore
21 agosto 1858
30 gennaio 1889

Chi è Rodolfo d'Asburgo?


La travagliata vicenda di Rodolfo d'Asburgo è tristemente nota per la sua morte, avvenuta in circostanze ambigue, in cui sembrerebbe essersi suicidato assieme all'amante, la baronessa Maria Vetsera, presso la casa di caccia di Mayerling; le notizie e la vicenda fecero allora il giro del mondo.

Rodolfo d'Asburgo-Lorena, arciduca d'Austria, primo ed unico figlio maschio di Elisabetta di Baviera e Francesco Giuseppe, imperatore del regno Austro-Ungarico, nasce nel castello di Laxenburg (vicino Vienna) il 21 agosto 1858.

L'educazione del piccolo viene affidata a Ferdinand von Hochstetter (in futuro sarà primo direttore del Naturhistorisches Museum): con lui Rodolfo si appassiona alle scienze naturali iniziando da bambino una nutrita e dettagliata collezione di minerali.

In contrasto con le posizioni conservatrici del padre, Rodolfo coltiva e sviluppa una visione politica liberale, più vicina a quella della madre. Già in età adolescenziale ha modo di esprimere il suo dissenso al patto di ferro che lega Vienna alla Germania di Guglielmo II. Considerata questa distanza di idee, il padre non affiderà mai rilevanti incarichi di politica interna a Rodolfo; gli riconoscerà però straordinarie doti diplomatiche, tanto che lo invierà in tutta Europa per negoziare e rappresentare la monarchia del casato.

Il 10 maggio 1881 Rodolfo sposa la principessa Stefania del Belgio, figlia di re Leopoldo II. Il 2 settembre 1883 nasce la loro unica figlia, Elisabetta (Arciduchessa); già allora però il matrimonio sembra essere in crisi: il rapporto degenera e Rodolfo si rifugia in una vita colma di vizi, segnata dall'alcool e dalle saltuarie compagnie femminili.

In campo politico le idee di Rodolfo trovano quindi contrasto anche nella persona della moglie. Per le sue posizioni ritenute rivoluzionarie, il padre decide di farlo osservare e pedinare.

In campo scientifico Rodolfo sviluppa una particolare passione per l'ornitologia, stabilendo forti legami con l'Ateneo viennese. La sua dedizione e bravura in questo campo sono indiscusse, tanto che spesso è invitato a fiere e mostre di tema scientifico (dopo la morte, la sua grande collezione di minerali sarà depositata presso la facoltà di Agraria dell'Università di Vienna).

Rodolfo arriva alla certezza di non poter più avere figli maschi e quindi nessun erede diretto al trono, perché contagia la moglie Stefania con una malattia venerea, contratta in un rapporto con un'attrice polacca. Le avventure extraconiugali si fanno sempre più frequenti. La più importante delle sue amanti sarà Mizzi Caspar.

E' nel 1887 che Rodolfo acquista un edificio di campagna a Mayerling e lo adatta a casa di caccia.

L'anno dopo, all'età di 30 anni, in un periodo in cui Rodolfo è già fisicamente e psicologicamente debilitato dall'alcool e dalla morfina, conosce la diciassettenne baronessa Mary von Vetsera (Maria Vetsera).

Il giorno 30 gennaio 1889, a Mayerling, i due vengono trovati morti. Tutto fa pensare a un suicidio di coppia.

All'indomani la versione ufficiosa attribuisce la responsabilità a Rodolfo, il quale avrebbe sparato alla testa dell'amante, per poi uccidersi egli stesso. Per permettere il seppellimento all'interno del mausoleo degli Asburgo (la Cripta dei Cappuccini) Rodolfo viene dichiarato in stato di "disordine mentale".

Il cadavere della Vetsera viene traslato nel cuore della notte e segretamente sepolto nel cimitero della abbazia di Heiligenkreuz. Francesco Giuseppe trasformerà poi Mayerling in un convento penitenziale delle suore carmelitane.

Esistono anche teorie diverse sui fatti di Mayerling: secondo l'imperatrice Zita di Borbone-Parma, vedova dell'imperatore Carlo I d'Austria-Ungheria (che regnò dal 1916 al 1918), Rodolfo sarebbe stato assassinato. Responsabili sarebbero stati gli ufficiali della sicurezza austriaci, in risposta alle presunte simpatie dell'arciduca nei confronti della parte ungherese dell'Impero. Un'altra ipotesi vedrebbe agenti francesi come autori dell'assassinio di Rodolfo, motivati dal fatto che questi si sarebbe rifiutato di partecipare ad un complotto contro il padre, filogermanico. Di fatto non vi sarà mai alcuna prova a supporto di queste teorie.

Biografia di S. Francesco di Sales

Un argine alla Riforma
21 agosto 1567
28 dicembre 1622

Chi è S. Francesco di Sales?


San Francesco di Sales, considerato come il padre della spiritualità moderna, ha avuto il merito di influenzare le maggiori figure non solo del "grand siècle" francese, ma anche di tutto il Seicento europeo, riuscendo a convertire al cattolicesimo persino alcuni esponenti del calvinismo.

Nato nel castello di Thorens nel 1567, in Savoia (Francia), da una famiglia di antica nobiltà, Francois ricevette un'accurata educazione, coronata dagli studi universitari di giurisprudenza a Parigi e a Padova. Ma proprio nel corso della sua frequentazione accademica divennero preminenti i suoi interessi teologici, fino alla scelta della vocazione sacerdotale.

Spinto da un enorme desiderio di salvaguardare la cristianità, mentre imperversava la Riforma portata avanti da Calvino e dai suoi seguaci, Francois (nome da noi italianizzato in Francesco), chiese udienza al vescovo di Ginevra, affinché lo destinasse a quella città, appunto il simbolo supremo del calvinismo e massima sede dei riformatori. Una volta insediatosi a Ginevra, non si fece remore a discutere di teologia con i protestanti, desideroso di recuperare quante più "anime" possibili alla Chiesa e soprattutto alla causa di Cristo da lui ritenuta genuina. Inoltre, il suo pensiero costante era rivolto alla condizione dei laici, preoccupandosi di sviluppare una predicazione e un modello di vita cristiana che fosse alla portata anche delle persone comuni, quelle cioè immerse nella vita difficile di tutti i giorni. Proverbiali i suoi insegnamenti pervasi di comprensione e di dolcezza, permeati dalla ferma convinzione che a supporto delle azioni umane vi fosse sempre la presenza di Dio. Non per nulla, molti dei suoi insegnamenti sono intrisi di misticismo e di nobile elevazione spirituale. L'Enciclopedia Garzanti della Letteratura lo definisce: "elegante predicatore e prosatore alieno dai toni aspri, abile nell'intrecciare immagini e idee".

Grazie ai suoi enormi sforzi e ai grandi successi ottenuti in termini pastorali, divenne a sua volta vescovo di Ginevra. La città nel suo complesso, comunque, rimanese in mano ai riformati. Nel corso della sua missione di predicatore, conobbe a Digione Giovanna Francesca Frèmiot de Chantal, e dalla devota corrispondenza con la nobil donna doveva scaturire la fondazione dell'"Ordine della Visitazione".

Morto a Lione il 28 dicembre 1622, venne dichiarato santo nel 1665 e successivamente proclamato dottore della Chiesa nel 1877, nonché patrono dei giornalisti cattolici nel 1923. E' inoltre fondamentale ricordare che al suo nome si ispira la confraternita dei Padri Salesiani, fondati da quell'altro grandissimo santo che fu Don Giovanni Bosco. L'attenzione dei Salesiani è più che altro rivolta alla crescita e all'educazione delle giovani generazioni, con un'attenzione particolare alla cura dei figli delle classi meno abbienti (come i famosi Oratori di Don Bosco hanno insegnato per primi).

Biografia di Emilio Salgari

L'avventura con tragici epiloghi
21 agosto 1862
25 aprile 1911

Chi è Emilio Salgari?


Scrittore di popolari romanzi d'avventura, ma anche considerato uno dei pionieri della narrativa fantascientifica italiana, Emilio Salgari nasce il 21 agosto 1862 a Verona in una famiglia di piccoli commercianti, madre veneziana e padre veronese.

Anche se la pronuncia Sàlgari, con l'accento sulla prima sillaba, è indubbiamente diffusa, quella corretta è Salgàri, con l'accento posto sulla seconda "a". Si tratta infatti di un cognome fitonimico, che deriva dal nome di una pianta, il salgàr, nome dialettale che indica una specie di salice, il "salice nero" Veneto.

Emilio inizia nel 1878 a frequentare il Regio Istituto Tecnico e Nautico "P. Sarpi" di Venezia, senza però arrivare a conseguire la qualifica di capitano di marina come tanto avrebbe desiderato: tuttavia per tutta la vita impropriamente amerà fregiarsi di questo titolo. L'unica sua esperienza significativa di mare sarà la navigazione delle coste dell'Adriatico, lunga tre mesi a bordo della nave "Italia Una"; gli sarà impossibile viaggiare in tutti quei paesi lontani che con così tanta dovizia di particolari descriverà poi nei suoi romanzi.

Il primo lavoro di Salgari che trova pubblicazione è "I selvaggi della Papuasia"; questo racconto scritto a vent'anni, viene poi pubblicato in quattro puntate su un settimanale milanese.

A partire dal 1883 inizia a riscuotere notevole successo con il romanzo "La tigre della Malesia", anch'esso pubblicato a puntate; il giornale questa volta è il veronese "La nuova Arena", ma sebbene questo titolo sia oggi molto noto, il suo autore non ebbe nessun ritorno economico importante.

Nel 1884 pubblica a puntate il suo primo romanzo, "La favorita del Mahdi", scritto sette anni prima, nel 1877.

Nel 1889 deve vivere e superare la tragedia del suicidio del padre. Tre anni dopo sposa Ida Peruzzi, attrice di teatro, con la quale si trasferisce a Torino.

Inizia una fase molto prolifica per Salgari che, siglato un contratto con l'editore Speirani, pubblica tra il 1892 e il 1898 una trentina di opere.

Passa a lavorare per l'editore Antonio Donath nel 1898, inizialmente a Genova, poi di nuovo a Torino. Nel 1906 la sua casa editrice è Bemporad.

Oltre la qualità della scrittura di Salgari, ancora più importante è quindi la quantità della sua impressionante produzione romanzesca: oltre ottanta sono se le sue opere, oltre 200 se si considerano anche i racconti brevi. Le storie sono perlopiù distinte in cicli avventurosi: a lui si deve la creazione di personaggi di grande successo, immortali, come Sandokan, Yanez De Gomera o il Corsaro Nero.

Un indice che in un certo modo ci dà la misura della popolarità degli eroi salgariani è provata dalla grande diffusione di falsi o apocrifi, più di un centinaio, che editori privi di scrupoli gli hanno nel tempo attribuito; alcune di queste opere furono addirittura messe in giro dai figli dello stesso Salgari.

Sono molti i suoi romanzi che hanno ottenuto quindi grande successo, ma a posteriori possiamo affermare che è a causa dell'ingenuità di Salgari che chi veramente beneficiò dei proventi furono gli editori; per Salgari le difficoltà economiche furono una costante fino alla fine dei suoi giorni.

A partire dal 1903 la moglie inizia a dare segni di squilibrio mentale, malattia questa che fa moltiplicare i debiti che Emilio è costretto a contrarre per poter pagare le cure. Gli sforzi si rivelano vani e nel 1911 la moglie Ida viene ricoverata in manicomio.

Sensibile e fragile d'animo, ma soprattutto disperato, Emilio Salgari si toglie la vita il 25 aprile 1911. Prima di eseguire un "harakiri", scrive una lettera ai figli ed una sarcastica missiva agli editori. Salgari aveva già tentato il suicidio un anno prima, ma in quell'occasione è stato fermato per tempo.

Tragiche fini continueranno anche negli anni a venire: ancora nel 1931 sarà il suicidio la causa della morte di Romero, uno dei suoi quattro figli; infine anche Omar, il più piccolo, si butterà nel 1963 dal secondo piano del suo alloggio.

Biografia di Joe Strummer

Infiammare lo spirito
21 agosto 1952
22 dicembre 2002

Chi è Joe Strummer?


John Graham Mellor nasce il giorno 21 agosto 1952, ad Ankara (Turchia), città dove il padre lavorava come funzionario del ministero degli esteri britannico. L'attività artistica porterà Joe Strummer ad essere cantante, chitarrista e attore, ma soprattutto sarà ricordato quale leader del gruppo "The Clash", band britannica che ha messo una firma indelebile sulla storia del punk rock.

Passa l'infanzia seguendo i trasferimenti del padre che lo conducono in diversi paesi, da Ankara a Il Cairo (Egitto), poi a Città del Messico, Bonn (Germania). Quando ha nove anni la famiglia si trasferisce definitivamente in Inghilterra, vicino Londra. Joe frequenta una scuola privata che non ama per nulla. I suoi momenti di evasione sono legati alla musica, soprattutto apprezza gruppi come Beatles, Rolling Stones e Who.

Nel 1970 (Joe ha diciotto anni) la famiglia viva la tragedia del suicidio di David, fratello maggiore di Joe, persona con idee politiche di estrema destra e che coltivava un particolare interesse per l'esoterismo; Joe rimane estremamente sconvolto tanto che decide di abbandonare la casa per vivere sulla strada.

Dopo un breve periodo vissuto da busker - musicista di strada - durante il quale suona nelle stazioni della metro facendosi chiamare Woody (in onore del suo idolo Woody Guthrie) entra a far parte prima del gruppo dei "Vultures". Successivamente, nel 1974, insieme a Tymon Dogg e al batterista Richard Dudanski forma i "101'ers", band rhythm 'n' blues con cui divide una casa occupata. Girando i pub londinesi ottiene discreti successi: l'esperienza serve soprattutto a far emergere il talento di frontman che Joe possiede.

Decide quindi di rinnegare il soprannome Woody per assumere quello di "Strummer" (dal verbo inglese to strum, strimpellare), che indica la sua rozza tecnica chitarristica.

Dal punto di vista discografico, degli anni passati con i "101'ers" rimane solo l'album "Elgin Avenue Breakdown", uscito nel 1981 - cinque anni dopo lo scioglimento della band - poi ripubblicato nel 2005 con l'aggiunta di sette brani inediti.

Nel 1976 assiste ad un concerto dei "Sex Pistols" di Sid Vicious: Joe Strummer rimane folgorato dal punk e spinto anche dal manager Bernie Rhodes, accetta di diventare cantante di un complesso che ancora non sa lo porterà al successo planetario. Con i "Clash" realizza sei album: "The Clash" (1977), "Give 'em enough rope" (1978), "London calling" (1979), "Sandinista!" (1980), "Combat rock (1982) e "Cut the crap" (1985).

Nei lavori del gruppo nel tempo si mescolano generi diversi: il punk dei primi due dischi viene gradualmente integrato con contaminazioni reggae, rockabilly, funk, calypso, fino al jazz e al blues.

La loro musica ispirerà nuove correnti musicali oltre a un'intera generazione, che in quel periodo sembrava non avere modelli di riferimento.

I naturali attriti che possono nascere tra i componenti di una band si fanno sempre più determinanti quando nel 1983, vengono allontanati il batterista Topper Headon e il chitarrista Mick Jones - con il quale Joe Strummer era spesso in forte disaccordo - di conseguenza la band smette di esistere. Una nuova formazione presenta quindi nel 1985 il disco "Cut the crap", che si rivela però un grosso buco nell'acqua.

Negli anni che seguono il declino dei Clash, Joe Strummer si dedica al cinema, come autore di colonne sonore ma anche come attore. Le pellicole fanno parte di produzioni indipendenti e tra questi vi sono "Diritti all'inferno" (1987, di Alex Cox) e "Mystery Train - Martedì notte a Memphis" (1989, di Jim Jarmusch). Sia in qualità di song-writer che di attore, Strummer non raccoglierà grandi risultati.

Esce nel 1989 il primo disco da solista, che si intitola "Earthquake weather"; lo stile usato è quello rockabilly che di fatto si distanzia molto dallo stile dei Clash e che, forse proprio per questo motivo, viene ignorato dal pubblico e dalla critica.

Nel biennio 1991-1992 Strummer accompagna in tour gli irlandesi "Pogues", a loro legato da profonda amicizia: negli show esegue sovente alcuni brani dei Clash.

Nel 1995 si rimette totalmente in gioco e forma un nuovo gruppo: "Joe Strummer & The Mescaleros". La band si compone di diversi polistrumentisti talentuosi; nel 1999 esce il disco "Rock art & the X-ray style", poi - dopo una lunga serie di concerti - nel 2001 esce "Global a Go-Go", che viene indicato dalla critica come uno dei suoi più riusciti lavori in carriera.

All'età di 50 anni, Joe Strummer muore la mattina del 22 dicembre 2002 a causa di un improvviso infarto.

Esce postumo nel 2003 "Streetcore", terzo album di "Joe Strummer & The Mescaleros", un disco che riporta al rock grezzo di strada con qualche sfumatura di country-folk.

Nel 2008 è uscito al cinema "Il futuro non è scritto - Joe Strummer", un docu-film di Julien Temple, che ha frequentato a lungo Joe Strummer e che così lo ricorda: "Per me Joe Strummer, a dispetto di come viene visto nell'ambiente del rock'n'roll, era un filosofo, ha riflettuto veramente sulla vita e i tempi che tutti noi abbiamo attraversato. Era concentrato sulla natura dell'essere umano, sul concetto di libertà, su molte cose che sono state cancellate dal nostro modo di vivere oggi".

Biografia di Palmiro Togliatti

Rivoluzioni del XX secolo
26 marzo 1893
21 agosto 1964

Chi è Palmiro Togliatti?


Palmiro Michele Nicola Togliatti nasce a Genova il giorno 26 marzo 1893. Studente dal 1911 presso la facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Torino, nell'ambiente accademico conosce Antonio Gramsci, studente del corso di Lettere. Nel 1914 Togliatti entra nel Partito Socialista: allo scoppio della prima guerra mondiale assume una posizione interventista, differentemente dei suoi compagni di partito.

Al termine del conflitto il mito della rivoluzione russa dilaga in tutta Europa così come nel mondo, appassionando le masse dei lavoratori, che nella vittoria del socialismo vedono l'avvento di una società più libera e giusta. Togliatti è uno dei collaboratori de "L'Ordine Nuovo", giornale fondato da Antonio Gramsci nel 1919, vicino alle posizioni di Lenin. Proprio nel 1919, a Mosca, nasce la "III Internazionale" alla quale possono aderire i partiti che accettano i cosiddetti "ventuno punti", deliberati dal suo II congresso, nel luglio del 1920: in accordo alle direttive bolsceviche qualunque partito voglia aderire all'Internazionale deve cambiare il proprio nome con quello di comunista, e deve espellere i riformisti.

Togliatti quindi insieme a Gramsci, Bordiga e Tasca, lascia il PSI durante il XVII congresso, che si svolge a Livorno nel gennaio del 1921, e dà vita al Partito Comunista d'Italia. Come tutti i partiti, anche quello comunista viene messo fuori legge dal regime di Benito Mussolini. Gli esponenti vengono rinchiusi in prigione o costretti a fuggire. Togliatti si trasferisce in Unione Sovietica nel febbraio del 1926. Dopo l'arresto di Antonio Gramsci, il giorno 8 novembre 1926, Togliatti diventa segretario del partito; ricopre la carica fino alla morte.

Nel 1937 è segretario della III Internazionale. A Mosca assiste e collabora alle purghe staliniane.

Il 27 marzo del 1944 fa ritorno in Italia a bordo della nave Tuscania che attracca al porto di Napoli. Di fronte ai conflitti che agitano il Comitato di Liberazione Nazionale, Togliatti propone ai partiti antifascisti di abbandonare la pregiudiziale antimonarchica, di combattere insieme contro il fascismo e di affrontare la questione istituzionale solo dopo la liberazione del paese: tale storico avvenimento viene chiamato "la svolta di Salerno", dal nome della capitale provvisoria del Regno del Sud.

Di fatto Togliatti appare come leader di un partito nuovo, non più una piccola formazione leninista degli anni Venti, ma una forza popolare candidata a diventare un grande partito di massa. Nel giugno del 1946, in qualità di Ministro della Giustizia, Togliatti propone l'amnistia per gli ex fascisti e nel marzo del 1947 si batte per l'approvazione dell'articolo 7 della Costituzione, che stabilisce che i rapporti fra Stato e Chiesa vengano regolati dal Concordato stipulato nel 1929 fra la Santa Sede e il regime fascista. I socialisti e i repubblicani gli rimproverano di non difendere la laicità dello Stato, mentre la Democrazia Cristiana trova in lui un interlocutore importante. Nella primavera del 1947, tuttavia, si conclude l'esperienza del PCI al governo. Anche in Italia inizia la "guerra fredda" e Alcide De Gasperi estromette i partiti di sinistra dalla compagine governativa.

PCI e PSI, alleati nel Fronte Democratico Popolare, perdono le elezioni del 18 aprile 1948. La DC ottiene il 48,5% dei voti e lega il paese al blocco occidentale, all'Europa e alla NATO. Due mesi dopo, Antonio Pallante, giovane di estrema destra, spara contro il segretario del PCI ferendolo gravemente. Nel paese si diffonde la notizia. Il cordoglio per Togliatti si trasforma in una manifestazione nazionale di protesta contro il governo. La CGIL vorrebbe proclamare lo sciopero generale. È lo stesso Togliatti insieme con i dirigenti del PCI a impedire che la protesta degeneri in un sussulto rivoluzionario.

L'anno più drammatico per la politica di Togliatti - così come per tutto il movimento operaio - deve ancora arrivare: è il 1956. Nel mese di febbraio, durante il XX congresso del partito comunista sovietico, il segretario Kruscev denuncia il culto della personalità di Stalin e i crimini commessi dal dittatore georgiano. La sinistra di tutto il mondo viene scossa. Togliatti, che ha partecipato al XX congresso, per la prima volta si esprime contro l'idea di una guida unica e unitaria del movimento operaio, e a favore dell'indipendenza dei partiti comunisti dal PCUS.

Quando nel novembre del 1956 i carroarmati sovietici entrano a Budapest e reprimono nel sangue la rivolta d'Ungheria, "L'Unità" scrive che è necessario tutelare la rivoluzione e reagire contro i reazionari: si tratta del momento di maggiore distacco fra il PCI e il PSI dalla fine della seconda guerra mondiale. Il PSI, infatti, condanna risolutamente l'intervento sovietico e, di lì a pochi anni, dà vita con la DC alla stagione del centro sinistra.

Togliatti muore a Jalta (Ucraina), sul Mar Nero, il 21 agosto 1964. Al suo funerale, a Roma, partecipa una folla compsta da un milione di persone.

Biografia di Sergio Toppi

Violazione dei quadrati
11 ottobre 1932
21 agosto 2012

Chi è Sergio Toppi?


Sergio Toppi è il genio del fumetto che ha fatto più volte scomodare ai commentatori il termine "arte" e versare fiumi di inchiostro in oziose disquisizioni circa il fatto se le meravigliose storie che egli ha realizzato su carta, siano da paragonare a certa grande letteratura.

Nasce il giorno 11 ottobre 1932 a Milano, città che di talenti in questo particolarissimo settore ne ha visti sempre ben pochi.

Giovane prodigio nell'Italia degli anni '40 il talento di Toppi nel fumetto tuttavia fiorirà lentamente nel tempo dopo una successione di importanti esperienze che gli insegneranno a gestire le sue potenzialità.

Negli anni '50 entra nel mondo dell'illustrazione lavorando per una casa prestigiosa come la UTET, per poi collaborare con gli studi d'animazione Pagot in diverse campagne pubblicitarie.

Il vero e proprio esordio nel campo dei fumetti è datato 1966. La sede ancora una volta è assai prestigiosa: si tratta del primo giornale in assoluto, in termini di copie vendute, rivolto ai bambini: "Il Corriere dei Piccoli".

Su testi di Carlo Triberti, sul mitico mensile prendono così corpo le storie ormai altrettanto mitiche del Mago Zurlì. Su questa testata Toppi realizzerà anche numerose storie a sfondo bellico o legate ad episodi di cronaca.

In seguito collabora anche al "Corriere dei Ragazzi" (per le serie "Fumetto verità" e "I grandi nel giallo)" e al "Messaggero dei Ragazzi" (con numerosi fumetti storici su testi di Mino Milani) affinando ulteriormente il suo personalissimo stile.

Qui, per usare le chiarificatrici parole di un vero esperto, Fabrizio Lo Bianco, lo stile di Sergio Toppi "si personalizza e acquisisce caratteristiche che saranno peculiari del suo modo di disegnare fumetti: vero sacrilego per quegl'anni, Toppi viola i quadrati che delimitano le vignette precorrendo novità grafiche che erano di là da venire".

Slegato da personaggi fissi (se si esclude l'eccentrico "Collezionista", creato nel 1984 per la collana "I Protagonisti"), Toppi ha realizzato alcuni titoli della collana "Un uomo un'avventura" della Cepim, e alcuni episodi dell'"Histoire de France en bandes dessinées" e de "La Découverte du Monde", entrambe della Laraousse, purtroppo inediti nel nostro Paese.

Le collaborazioni nella carriera di Toppi sono davvero infinite e sarebbe impossibile ricordarle tutte. Basti ricordare che il suo nome è comparso su tutte le più importanti testate italiane fumettistiche e di altro genere.

Infine è impossibile non ricordare la sua collaborazione con Enzo Biagi per il capitolo "Americani" inserito nella "Storia dei popoli a fumetti" della Mondadori.

Sergio Toppi ha collaborato per moltissimi anni con le maggiori riviste italiane (da "Linus" a "Sgt Kirk", da "Corto Maltese" a "Il Giornalino") con storie dal taglio inconfondibile raccolte successivamente in diversi volumi.

Tra i principali riconoscimenti ricevuti vanno ricordati il premio Yellow Kid (1975), i premi Caran D'Ache e A.N.A.F.I. (1992), il Romics d'oro (2006).

E' morto a Milano il 21 agosto 2012 all'età di 79 anni.

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