Biografie di personaggi famosi e storici nato il 23 agosto

Biografie di personaggi famosi e storici


Biografie di personaggi famosi nella storia e celebrità:

1. Demetrio Albertini
2. Kenneth Arrow
3. Alex Britti
4. William Ernest Henley
5. Dean Karnazes
6. Gene Kelly
7. Luigi XVI di Francia
8. Edgar Lee Masters
9. Giuseppe Meazza
10. Rita Pavone
11. River Phoenix
12. Rocky Roberts
13. Fulco Ruffo di Calabria
14. Rodolfo Valentino
15. Giovanni Vernia


Biografia di Demetrio Albertini

23 agosto 1971

Chi è Demetrio Albertini?


Demetrio Albertini nasce il 23 agosto del 1971 a Besana Brianza. Cresciuto calcisticamente nel Milan, esordisce con la maglia della prima squadra rossonera a nemmeno diciotto anni il 15 gennaio del 1989, durante la partita Milan - Como, terminata 4 a 1 per i meneghini.

Al termine della stagione 1989/90, viene ceduto in prestito per un anno al Padova, che milita in Serie B: in Veneto ha la possibilità di scendere in campo con continuità, e conclude il campionato con 5 reti messe a segno in 28 partite.

La grande carriera al Milan

Premiato dalla Diadora come migliore speranza dello sport italiano, torna al Milan, dove rimarrà fino al 2002 rivelandosi uno dei centrocampisti più completi del campionato nostrano, metronomo e regista capace di impostare l'azione e fornire assist agli attaccanti.

L'esordio in nazionale

Il 21 dicembre del 1991, a poco più di venti anni, disputa la sua prima gara con la Nazionale azzurra, nella vittoria per 2 a 0 contro Cipro a Foggia. Nel 1994, è uno dei protagonisti dei Mondiali statunitensi (durante la semifinale con la Bulgaria è autore dell'assist che consente a Roberto Baggio di siglare il gol del 2 a 0) che vedono l'Italia perdere il titolo solo ai calci di rigore in finale, sconfitta dal Brasile.

La sua esperienza al Milan gli permette di essere allenato da Arrigo Sacchi, Fabio Capello, Oscar Tabarez, Cesare Maldini, Alberto Zaccheroni, Fatih Terim e Carlo Ancelotti: la sua stagione migliore, dal punto di vista realizzativo, è quella del 1996/97, che lo vede segnare ben otto gol, benché per il Milan si tratti di una delle annate più deludenti della sua storia recente.

Dopo aver preso parte, con la Nazionale, agli Europei del 1996 (anno in cui si sposa con Uriana Capone, che gli darà due figli: Federico e Costanza), Demetrio viene confermato anche per i Mondiali di Francia '98, quando l'Italia viene eliminata nei quarti di finale dalla Francia.

La squadra transalpina si ripete due anni più tardi, sconfiggendo gli azzurri nella finale degli Europei in Belgio e Olanda: anche in questa occasione, Demetrio Albertini fa parte della spedizione azzurra.

L'addio alla maglia azzurra

Nel 2002, invece, il centrocampista non può prendere parte ai Mondiali di Giappone e Corea del Sud a causa di un infortunio al tendine d'Achille rimediato a pochi mesi dall'inizio del torneo: è costretto, quindi, a dire addio alla Nazionale, dopo avere disputato 79 partite e segnato tre gol.

La separazione dal Milan

Nello stesso anno, Demetrio Albertini dice addio anche al Milan, dopo avere conquistato due Champions' League, cinque scudetti, una Coppa Intercontinentale, tre Supercoppe Italiane e due Supercoppe Europee, per un totale di 28 reti e 406 presenze: non rientrando più nei piani tattici e tecnici del tecnico Ancelotti, che come regista e creatore del gioco gli preferisce Andrea Pirlo, Albertini si trasferisce in Spagna, all'Atletico Madrid, in prestito.

Il centrocampista brianzolo rimane nella capitale iberica per una sola stagione, durante la quale colleziona 28 presenze e 2 gol, prima di tornare in Italia: il Milan lo cede alla Lazio in cambio di Giuseppe Pancaro. In maglia biancoceleste, il giocatore colleziona 23 partite segnando 2 volte e conquistando anche una Coppa Italia.

Al termine della stagione 2003/2004 Albertini passa all'Atalanta, rifiutando un'offerta della Fiorentina: l'esordio con i bergamaschi è bagnato da una rete, ma a gennaio le strade di Albertini e della Dea si dividono. L'ex milanista, infatti, approda al Barcellona, con il quale vince il campionato spagnolo pur giocando poco (solo cinque presenze in campionato).

Il 5 dicembre del 2005 Demetrio Albertini annuncia ufficialmente il ritiro dal calcio giocato: la festa di addio va in scena il 15 marzo dell'anno successivo, quando allo stadio "Giuseppe Meazza" di Milano si svolge un match celebrativo tra Milan e Barcellona, conclusosi 3 a 2 per i rossoneri, con la partecipazione delle vecchie glorie e dei giocatori del momento delle due squadre (presenti, tra l'altro, Franco Baresi e Marco Van Basten): nell'occasione, Albertini segna anche una rete su calcio di punizione, per poi - al fischio finale - eseguire un giro di campo per raccogliere l'omaggio dei tifosi.

La carriera di dirigente

Una volta appese le scarpette al chiodo, dopo avere annunciato l'intenzione di diventare allenatore Albertini intraprende la carriera di dirigente, grazie all'Associazione Italiana Calciatori.

Nell'estate del 2006 viene nominato vice commissario straordinario della Federazione Italiana Giuoco Calcio in seguito alle dimissioni del presidente precedente, Franco Carraro, dovute allo scandalo Calciopoli, che aveva portato alla nomina di Guido Rossi come commissario straordinario; è sua, principalmente, la responsabilità della scelta di Roberto Donadoni come commissario tecnico della Nazionale maggiore, al posto di Marcello Lippi (reduce dalla vittoria ai Mondiali) e del tandem composto da Gianfranco Zola e Pierluigi Casiraghi alla guida dell'Under 21. Già a settembre, tuttavia, Albertini presenta le proprie dimissioni dall'incarico.

La sua scuola calcio

Nel frattempo, a Selvino, in provincia di Bergamo, contribuisce alla realizzazione di una scuola calcio che porta il suo nome, che nei mesi e negli anni successivi si svilupperà sempre di più, espandendosi nel resto della Lombardia e coinvolgendo più di 1000 ragazzi.

Nel dicembre del 2006 viene nominato Ufficiale Ordine al merito della Repubblica Italiana (dopo che già nel 2000 aveva ricevuto l'onorificenza di Cavaliere Ordine al merito della Repubblica).

Diventa vicepresidente della Figc nel 2007, in corrispondenza dell'elezione a presidente di Giancarlo Abete. Nell'aprile del 2013 viene riconfermato vicepresidente, mentre a maggio del 2014 annuncia che sarà il capodelegazione della Nazionale azzurra ai Mondiali in Brasile. L'esperienza in Sud America, tuttavia, si rivela fallimentare, con la squadra di Cesare Prandelli che viene eliminata già dopo le tre partite del girone iniziale. Demetrio Albertini, quindi, decide di lasciare la Federcalcio; a luglio, tuttavia, in vista dell'elezione del nuovo presidente della Figc (necessaria dopo le dimissioni di Abete), si candida come nuovo presidente della Federazione, sfidando Carlo Tavecchio, presidente della Lega Nazionale Dilettanti, e proponendosi come portatore di innovazione e cambiamento.

Biografia di Kenneth Arrow

Terremoti intellettuali economici
23 agosto 1921

Chi è Kenneth Arrow?


Kenneth Joseph Arrow nasce a New York il 23 agosto 1921. L'economista statunitense è insieme a John Hicks vincitore del Premio Nobel per l'Economia nell'anno 1972, grazie ai loro contributi pionieristici apportati alla teoria dell'equilibrio economico generale e alla teoria del benessere.

Frequenta prima la Townsend Harris High School poi il City College di New York dove si diploma nel 1940. Perfeziona gli studi alla Columbia University dove consegue un master 1941. Interrompe gli studi a causa dello scoppio della Seconda guerra mondiale: Kenneth Arrow è ufficiale del servizio meteorologico nell'esercito degli Stati Uniti, dal 1942 fino al 1946.

Torna alla Columbia university nel 1946 dove continua gli studi; nello stesso periodo è anche ricercatore associato presso la "The Cowles Foundation for Research in Economics" dell'università di Chicago e professore assistente di economia presso la stessa università.

Si unisce in matrimonio nel 1947 sposando Selma Schweitzer, dalla quale avrà due figli, David Michael e Andrew Seth. Nel 1951 ottiene un dottorato alla Columbia.

Con il premio Nobel del 1972, a 51 anni Kenneth Arrow è il più giovane vincitore del prestigioso riconoscimento. E' anche uno dei primi ad aver ricevuto il Nobel in campo economico, in quanto la Banca Centrale di Svezia allargò il premio a tale campo solo nel 1968.

Nel 2004 il Presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha consegnato ad Arrow la "National Medal of Science", il più alto riconoscimento scientifico americano, per i suoi contributi nella ricerca sulla determinazione delle decisioni in condizioni di informazione imperfetta e sulla gestione del rischio.

Kenneth Arrow è membro fondatore della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali: è considerato tra i fondatori della moderna economia neoclassica. I suoi principali contributi riguardano l'analisi delle situazioni di equilibrio economico generale e la teoria della scelta sociale, campo nel quale ha contribuito con il suo teorema dell'impossibilità. La dimostrazione del "Teorema dell'impossibilità di Arrow" comporta l'impossibilità della democrazia rappresentativa basata sui principi che solitamente sono considerati alla base della democrazia stessa: uguaglianza dei voti, univocità della scelta, certezza del risultato.

Arrow ha inoltre contribuito ad altre aree della ricerca economica come la teoria della crescita endogena - riguardante lo studio dei cambiamenti tecnologici, considerati un elemento chiave della crescita economica - e lo studio delle asimmetrie informative nei mercati: in molte transazioni, una parte - solitamente chi vende - possiede maggiori informazioni riguardo al prodotto, rispetto all'altra parte (chi ad esempio acquista). Queste asimmetrie incentivano comportamenti sleali da parte dell'operatore in possesso di informazioni più precise. Il risultato è stata la nascita di strumenti in grado di far funzionare questi mercati, pur sussistendo le asimmetrie, come le garanzie e l'autenticazione ad opera di una terza parte. Arrow si è dedicato poi alla questione delle asimmetrie informative nell'assistenza medica, nello scambio di titoli nel mercato secondario, nelle assicurazioni e nelle aste on-line.

Biografia di Alex Britti

23 agosto 1968

Chi è Alex Britti?


Alessandro Britti, per tutti noto come Alex, nasce il 23 agosto del 1968 a Roma. Fonda il suo primo gruppo all'età di diciassette anni, quando comincia a esibirsi in alcuni locali romani dove si fa notare per il suo straordinario talento alla chitarra; negli anni seguenti, riesce a collaborare con artisti come Billy Preston, Buddy Miles, Louisiana Red e addirittura Rosa King, bluesband olandese che segue in un tour europeo piuttosto lungo. Il suo primo disco, intitolato "Alex Britti", risale al 1992, ma l'album passa sotto silenzio; Alex, comunque, partecipa ai Concerti del Primo Maggio del 1994 e del 1995, e nel frattempo realizza le colonne sonore dei film "Uomini senza donne" e "Stressati", entrambi di Gianmarco Tognazzi. Si dedica, nel frattempo, alla scrittura di nuove canzoni, che vengono proposte alle case discografiche: nel 1997 la Universal Music lo mette sotto contratto, rilasciando il singolo "Quello che voglio".

Il successo in Italia arriva comunque nel 1998, grazie al singolo "Solo una volta (o tutta la vita)", tormentone estivo che scala le classifiche musicali con oltre 70mila copie vendute. In autunno, quindi, il musicista romano dà alle stampe il suo secondo disco, a sei anni di distanza dal primo, intitolato "It.Pop": venderà oltre 300mila copie.

Nel 1999 sale sul palco dell'Ariston al Festival di Sanremo, proponendo il brano "Oggi sono io", che gli permette di trionfare nella categoria delle Nuove Proposte. Il videoclip della canzone, diretto da Claudio Sinetti, vede Alex Britti partecipare a una festa in casa, in disparte, impegnato a osservare una ragazza; il brano viene re-interpretato due anni più tardi da Mina, che lo pubblica come singolo per poi inserirlo nella raccolta "Platinum Collection 2").

Tra bagni di folla e apparizioni tv, il suo successo prosegue, e lo spinge a pubblicare il suo terzo disco, "La vasca", nel 2000: i singoli di maggior successo sono "Una su 1.000.000" e "La vasca". Tornato a Sanremo nel 2001 con la canzone "Sono contento", con la quale si classifica in settima posizione, ritenta la sorte al Festival nel 2003: il brano "7000 caffè" arriva secondo, dietro la vincitrice Alexia. Seguono la pubblicazione degli album "3", con i singoli "Lo zingaro felice" e "La vita sognata", e "Festa", che propone brani scritti a quattro mani con Maurizio Costanzo, e i singoli estratti "Quanto ti amo", "Festa" e "Prendere o lasciare".

Nel 2006 propone al Festival di Sanremo "Solo con te", con la quale giunge terzo nella categoria Uomini, e torna al successo con il duetto "Notte di mezza estate", cantato con Edoardo Bennato: i due intraprendono un tour congiunto che percorre tutta l'Italia.

Dopo aver inciso i singoli "Milano" e "L'isola che non c'è" (cover della canzone di Edoardo Bennato), collabora con Claudio Baglioni per il disco "Q.P.G.A.", suonando la chitarra nel brano "Piazza del Popolo"; il 25 settembre del 2009 pubblica il singolo "Piove", che anticipa l'uscita del disco ".23", realizzato con la collaborazione, tra gli altri, del batterista Paco Sery, del bassista Darryl Jones (che in passato ha suonato con i Rolling Stones) e del sassofonista Bob Franceschini. Nell'album inoltre compaiono anche l'arpista Cecilia Chailly e il violinista Davide Rossi (già collaboratore di Coldplay e Brian Eno). Dopo aver scritto il brano "Immaturi", colonna sonora del film omonimo di Paolo Genovese con Luca Bizzarri, Ambra Angiolini e Paolo Kessisoglu, nel 2012 dà vita al progetto "Mo better blues:" una serie di quattro concerti strumentali in cui suona al fianco di Marco Guidolotti (clarinetto e sax baritono), Daniele Sorrentino (basso elettrico e contrabbasso), Roberto Pistolesi (batteria), Julian O. Mazariello (pianoforte) e il suo amico Stefano Di Battista (sax alto).

Biografia di William Ernest Henley

Capitano della propria anima
23 agosto 1849
11 luglio 1903

Chi è William Ernest Henley?


Il poeta William Ernest Henley nasce a Gloucester (Inghilterra) il giorno 23 agosto 1849, maggiore dei sei figli di William Henley, di professione libraio, e di Mary Morgan, discendente del critico e poeta Joseph Warton.

Il futuro letterato studia presso la Crypt Grammar School negli anni tra il 1861 e il 1867; nel breve periodo - dal 1857 al 1863 - in cui Thomas Edward Brown ricopre il ruolo di preside della scuola, Henley viene profondamente influenzato dalla sua personalità.

Oltre ad instaurare una lunga amicizia, Henley scriverà su New Review (nel dicembre del 1897) un memoriale in cui l'ammirazione per Brown, è palese.

All'età di dodici anni Henley si ammala gravemente di tubercolosi, tanto che diventa necessaria l'amputazione della parte inferiore della gamba sinistra.

Per tutta la vita la malattia non gli dà tregua, tuttavia Henley è persona dotata di una straordinaria forza d'animo: si diploma nel 1867 e si trasferisce a Londra per iniziare la professione di giornalista. Nei successivi otto anni trascorre lunghi periodi ricoverato in ospedale, trovandosi a rischio di amputazione anche per ciò che riguarda il piede destro. Henley si oppone alla seconda operazione e accetta di diventare paziente presso il The Royal Infirmary di Edimburgo, curato da Joseph Lister (1827-1912), uno dei medici pionieri della moderna chirurgia.

Dopo tre anni passati in ospedale - dal 1873 al 1875 - Henley viene dimesso e, sebbene la cura di Lister non sia del tutto riuscita, questa gli permette comunque di vivere in modo autonomo per trent'anni.

Proprio nel 1875, mentre si trova in ospedale, scrive la sua poesia più celebre, "Invictus", dedicata a Robert Thomas Hamilton Bruce (1846-1899) e resa ancor più celebre nel 2009, quando il regista Clint Eastwood gira l'omonimo film, in cui il presidente sudafricano Nelson Mandela (interpretato da Morgan Freeman) usa la poesia prima come ispirazione per alleviare gli anni della sua prigionia durante l'apartheid e poi per incoraggiare il capitano della squadra sudafricana di rugby François Pienaar (Matt Damon). La parola "Invictus" proviene dal latino e significa "invitto", ossia "mai sconfitto", oppure "non vinto".

William Ernest Henley è amico dello scrittore Robert Louis Stevenson il quale nella sua celebre opera "L'isola del tesoro", ha inserito la figura del pirata Long John Silver, basandosi proprio sulla figura di Henley: il figlioccio di Stevenson, Lloyd Osbourne, avrebbe avvalorato questa notizia, descrivendo Henley "un grosso, sanguigno individuo dalle spalle larghe con una gran barba rossa e una stampella; gioviale, sorprendentemente arguto, e con una risata che scrosciava come musica; aveva una vitalità e una passione inimmaginabili; era assolutamente travolgente".

Le sue opere principali sono "A Book of Verses" (1888), "Views and Reviews" (1890), "The Song of the Sword" (1892), intitolato poi "London Voluntaries" dalla seconda edizione del 1893.

William Ernest Henley muore il giorno 11 luglio del 1903.

Biografia di Dean Karnazes

Ultra ogni limite
23 agosto 1962

Chi è Dean Karnazes?


Dean Karnazes, il cui vero nome è Constantine Karnazes, nasce il 23 agosto 1962, figlio di genitori di origini greche trasferitisi in California. Cresciuto a Los Angeles, Dean inizia a correre fin da piccolo, coprendo di corsa il tragitto da casa a scuola, e trovando sempre più divertente farlo. Il percorso casa-scuola, a poco a poco, si estende ad altri tragitti: il ragazzo inizia a stabilire piani precisi, a studiare le cartine, in modo da essere sempre più allenato e da risultare il migliore nelle competizioni cui prende parte con i suoi coetanei. Progressivamente, egli si mostra desideroso di superare i propri limiti; a soli undici anni di età, si è già arrampicato sul Mount Whitney e ha già percorso il Grand Canyon. Per il suo dodicesimo compleanno, invece, percorre circa quaranta miglia (poco meno di sessantacinque chilometri) in bicicletta per raggiungere la casa dei suoi nonni: il tutto, di nascosto dai propri genitori.

Poco tempo dopo, Karnazes conosce Jack McTavish, un allenatore che in breve diventa il suo mentore e che gli fa conoscere il fascino della corsa su lunga distanza. Le istruzioni di base che gli fornisce McTavish sono piuttosto semplici: "Inizia forte e finisci più forte". Dean tiene a mente questo motto, e così riesce a vincere la California State Long - Distance Championship, sulla distanza di un miglio, tenuta sul campo dell'Mt Sac. Alla fine della corsa, coach McTavish commenta: "Buon lavoro, ragazzo, come ti è sembrato?". La risposta dell'allievo non si fa attendere: "Bene, andare più forte è stata la cosa giusta da fare, mi sentivo piuttosto bene". La controreplica del coach è tranchant: "Se ti sentivi piuttosto bene, significa che non hai spinto abbastanza. Avresti dovuto soffrire come all'inferno".

Una settimana dopo questa gara, l'allenatore viene trasferito a San Clemente: quel botta e risposta sarà l'ultimo per Karnazes, che da allora vivrà tenendo a mente quelle parole ogni giorno. Nel 1976 Dean entra a far parte della squadra di cross country allenata da Benner Cummings, coach che ritiene che correre abbia a che fare con il trovare la propria pace interiore, all'insegna del motto "Corri con il cuore". Premiato come membro esemplare della squadra in quella stagione, Dean ha l'opportunità di prendere parte, per la prima volta nella sua vita, a un evento endurance, una corsa organizzata per raccogliere fondi che permette di ottenere dagli sponsor un dollaro per ogni giro compiuto: il giovane di origini greche riesce a raccogliere 105 dollari, a differenza dei 15 dei suoi avversari. A causa dell'incompatibilità con il suo insegnante di corsa delle superiori, Dean smette di correre e rimane fermo per ben quindici anni: riprenderà solo in occasione del suo trentesimo compleanno, percorrendo ben quarantotto chilometri. E' l'inizio di una nuova carriera che lo porta a vincere una gara dopo l'altra. Nel 1995, tra l'altro, fonda a San Francisco l'"Energy Well Natural Foods", divenendo presidente della compagnia che più tardi cambierà nome in "Good Health Natural Foods".

Nominato, nel 2004, uno dei migliori corpi dell'anno secondo "GQ", Karnazes è stato criticato da alcuni ultramaratoneti per quella che essi ritengono una auto-promozione eccessiva: critiche cui non è estranea, però, una certa gelosia. Non solo corridore, ma anche nuotatore, Dean Karnazes tra l'altro ha corso per 135 miglia senza fermarsi attraverso la Death Valley con una temperatura di 49 gradi, e una maratona al Polo Sud a 40 gradi sottozero.

Nel 2006 corre cinquanta maratone nei cinquanta Stati degli Usa in cinquanta giorni consecutivi, concludendo con la Maratona di New York, finita in tre ore e trenta secondi. Si tratta della cosiddetta "Endurance 50", iniziata il 17 settembre con la "Lewis and Clark Marathon" di Saint Louis e conclusasi il 5 novembre nella Grande Mela: otto di quelle maratone sono gare reali (considerando che le maratone solitamente vengono organizzate solo nei fine settimana), mentre le altre sono corse speciali, allestite apposta per lui: per esempio, la Maratona di Boston, da lui corsa in autunno, mentre quella ufficiale si tiene ad aprile. Superando gli sforzi e le difficoltà logistiche, Karnazes conquista un obiettivo fantastico, mantenendo inalterato il proprio peso dall'inizio alla fine, e dando lo spunto per il soggetto del film "UltraMarathon Man: 50 Marathons - 50 States - 50 Days" di JB Benna, la prima pellicola dedicata a lui.

Vincitore del premio "Best outdoor athlete" assegnato da Espn Espy nel 2007, nel 2010 appare nell'episodio intitolato "Ultra Marathon Man" della serie di documentari televisivi "Stan Lee's Superhumans", dove viene evidenziata, tra l'altro, la capacità del corpo di Dean di evitare l'aumento del livello di acido lattico nei suoi muscoli.

Nel 2011 corre per ben tremila miglia (equivalenti a circa 4800 chilometri) attraversando gli Stati Uniti in settantacinque giorni da Disneyland a New York, percorrendo una cinquantina di miglia al giorno.

Segnalato dal "Time" come una delle cento persone più influenti sulla Terra, Karnazes, che è un editorialista del periodico "Men's Health", nel corso degli anni è diventato il simbolo di una filosofia che coniuga benessere e sport. Tra gli altri segreti del suo successo, una dieta che prevede l'esclusione di grassi idrogenati, farina bianca e zucchero raffinato e un allenamento quotidiano di almeno quattro ore. Niente male per uno che nella sua vita ha provato a pedalare per ventiquattro ore consecutive e corso per più di ottanta ore di seguito.

Sposato con Julie e padre di due figli, Nicholas e Alexandria, Dean Karnazes si è stabilito in California, a Ross, ed è titolare di un negozio di yogurt a San Anselmo, chiamato "U-Top it". In carriera ha scritto tre libri: "Ultramarathon Man: Confessions of an All-Night Runner" nel 2006, "50/50: Secrets I Learned Running 50 Marathons in 50 Days" nel 2009 e "Run: 26.2 Stories of Blisters and Bliss" nel 2011.

Biografia di Gene Kelly

Quando la vita sorride
23 agosto 1912
2 febbraio 1996

Chi è Gene Kelly?


Eugene Curran Kelly, questo il nome completo dell'attore e ballerino Gene Kelly, nasce il 23 agosto 1912 a Pittsburgh, Pennsylvania (USA).

Divenuto celeberrimo nell'età dell'oro del "musical" cinematografico (ossia gli anni '50), debuttò a Broadway con il musical "Pal Joe", ottenendo da subito uno straordinario successo, grazie alle sue doti di simpatia e di irrefrenabile gioia di vivere. Prima di sfondare nei famosi teatri americani, aveva condotto una vita non più che dignitosa grazie ad una scuola di ballo che aveva aperto autonomamente a New York.

La genesi di questo successo è da ricondurre ad un talent scout di notevole fiuto, il noto produttore locale David O. Selznick, il quale lo contattò e poi ingaggiò colpito dalla sua contagiosa vivacità. Selznick lo introdusse dapprima in teatro e poi gli diede l'opportunità di intraprendere una serie di tournè dall'esito confortante. Dopo aver calcato centinaia di palcoscenici in legno, Kelly era dunque ormai pronto per calcare quelli di celluloide che, sebbene decisamente più "virtuali" di quelli teatrali, gli permisero di fare il gran balzo verso la popolarità totale e planetaria.

Nel 1942, infatti, insieme al suo grande amico Stanley Donen, Kelly è a Hollywood, alla Metro Goldwin Mayer, dove si integra con quel gruppo creato da Athur Freed (un altro produttore di fama), che in pochi anni darà vita a una serie di film geniali, autentici capolavori del cinema. Fra gli altri, e per citare solo i più noti, "Un giorno a New York", "Cantando sotto la pioggia" e "Un americano a Parigi".

Un elemento decisivo da tenere in conto quando si parla di Kelly (e del musical in genere) è il fatto che gli americani, considerando questo genere di spettacolo, giustamente, di loro esclusiva invenzione, lo considerano anche una grande forma d'arte (altrettanto giustamente), da tenere in alta considerazione. Da qui, la grande attenzione che quel pubblico ha sempre riservato a tali produzioni.

Gene Kelly, dunque, contribuì di fatto con il suo talento ad elevare ulteriormente il livello di queste rappresentazioni, portandole ad un apice che non fu forse mai più raggiunto. Sul piano strettamente fisico-atletico, Kelly aveva tutte le doti per sfondare: dotato di un'agilità non comune era bello al punto giusto, proporzionato e in possesso di una tecnica completa da tutti i punti di vista. Basti pensare, tanto per fare un esempio, che il celebre coreografo Maurice Bejart, uno dei massimi del Novecento, ha dichiarato che il suo talento non aveva nulla da invidiare a quello di Nurejev...

Certo, non bisogna dimenticare le peculiarità della ripresa cinematografica, peculiarità che hanno senz'altro contribuito ad accentuare quelle doti di simpatia e di vivacità già così caratteristiche in lui. Attraverso un sapiente uso del montaggio e della macchina da ripresa, dei primi piani come delle coreografie, la figura del ballerino Kelly, nonché quella dell'uomo (o, per meglio dire, del personaggio), venivano esaltati alla massima potenza, producendo effetti travolgenti sullo spettatore dell'epoca, bisognoso di evasione e di distensione a causa della situazione internazionale.

Alcune scene che lo vedono protagonista rimangono pietre miliari della storia del cinema. Il suo numero centrale di "Cantando sotto la pioggia" è forse la più bella manifestazione di felicità proposta dal cinema.

La MGM gli diede comunque modo di misurarsi anche in altri ruoli, anche drammatici, e i risultati furono sempre ottimi, con un Kelly sempre a proprio agio in qualunque situazione.

Anche come regista Gene Kelly non si è limitato a riproporre semplicemente di idee altrui o stili consolidati, ma ha tentato strade diverse e alternative, spesso azzeccando alla grande i suoi prodotti (da cineteca la sua insuperata edizione de "I tre moschettieri", del 1948 o lo stupendo "Hello Dolly"). Suo è anche un western particolare e intelligente ma di scarso successo dal titolo, "Non stuzzicate i cow boys che dormono".

In seguito, lo ritroviamo ballerino di "carattere" in Xanadu, ma in un momento ormai di inevitabile declino. Molti critici, comunque, ritengono che, per completezza di attitudini Kelly sia stato probabilmente il più grande uomo-spettacolo del cinema. Per capire quanto questo attore sia ancora nel cuore degli americani, basti dire che di recente i famosi "tre tenori" lo hanno onorato cantando "Singin in the Rain" al Madison Square Garden. Kelly, molto malato e quasi paralizzato, era in prima fila. Durante l'ovazione della sala si sforzò di alzarsi, con enorme fatica.

Morì tre giorni dopo, il 2 Febbraio 1996 nella sua casa di Beverly Hills.

Biografia di Luigi XVI di Francia

Il carattere e la rivoluzione
23 agosto 1754
21 gennaio 1793

Chi è Luigi XVI di Francia?


Luigi XVI nasce a Versailles il 23 agosto 1754 dal delfino di Francia, il principe Luigi e da Maria Giuseppina di Sassonia. Il nonno è il re Luigi XV che il piccolo Luigi nel 1774 sostituirà sul trono di Francia. L'infanzia trascorre serena attraverso i cerimoniali di corte e l'istruzione dovuta ad un bambino del suo rango che doveva studiare grammatica, storia, geografia, lingue e latino, oltre ai fondamenti di politica internazionale e di economia. Il padre muore nel 1765 quando Luigi ha undici anni e nove anni dopo muore anche il nonno.

Luigi ha vent'anni quando sposa Maria Antonietta d'Austria con la quale instaura un rapporto non facile, dovuto al suo disinteresse e alla sua apatia che ne mostrano subito la fiacchezza di carattere. Il suo compito, delicato e complesso, in un'epoca di crisi economica lo mette di fronte a difficili decisioni che spesso non riesce a prendere. Il regno ha bisogno di riforme ma Luigi XVI non riesce ad appoggiare, con la dovuta energia, i suoi governi ed in particolare i ministri delle finanze Turgot e Necker che avevano approntato riforme necessarie a contenere gli sprechi legati ai privilegi delle corte e dell' aristocrazia.

Malgrado sia lui a dare ordine di riaprire il Parlamento chiuso dal nonno nel 1771, la sua debolezza nella dialettica instaurata con i deputati mette l'istituzione monarchica in cattiva luce. La monarchia, che in seguito gli storici hanno in parte rivalutato, soprattutto nelle intenzioni mal realizzate del re, riaccende speranze quando Luigi decide di richiamare al governo il ministro Necker, nell'agosto del 1788 convocando anche gli Stati Generali, nella totale crisi economica e finanziaria dello Stato e con il compito di portare a termine la riforma monetaria. Ma la sua cronica indecisione gli fa fare degli errori, soprattutto nei confronti del Terzo stato che proclama il voto individuale. Questo errore è una delle cause della Rivoluzione.

L'11 luglio del 1789 Necker viene licenziato e questo provoca la presa della Bastiglia. Nelle settimane successive il re rifiuta di controfirmare la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e di dare avvio alla riforma del regime aristocratico con l'abolizione dei feudi. Questo fa aumentare il malcontento popolare che si sviluppa i primi di ottobre del 1789. A questo punto la monarchia rischia di scivolare verso la controrivoluzione, cosa che il re a differenza dei suoi fratelli, il Conte di Provenza e il Conte d'Artois, non vuole che accada. Tuttavia i tentativi dei liberali di far approvare riforme più libertarie non trovano appoggio nella corte e nello stesso monarca.

Il re incapace di prendere una posizione coraggiosa decide per la fuga, il 25 giugno del 1791, facendo sprofondare la monarchia nel ridicolo e nel dileggio. Costretto al giuramento alla Costituzione del 13 settembre 1791, riprende le sue funzioni che nel frattempo erano state sospese. Di fatto il re è agli arresti domiciliari.

Il suo ruolo è in bilico e decide di appoggiare la guerra contro l'Austria nella speranza che l'esercito rivoluzionario perda e avvenga una restaurazione della monarchia. Nel frattempo l'Assemblea legislativa approva una serie di misure eccezionali che il re non controfirma con la conseguenza di far precipitare gli eventi. Il 13 agosto del 1792 il re viene arrestato con l'accusa di cospirare con gli austriaci e il 21 settembre l'Assemblea nazionale dichiara la Francia una Repubblica.

Dopo due mesi, il 13 novembre, si apre il processo al monarca che si difende con maggior forza di quella che mette durante il suo regno, tuttavia viene condannato a morte con 387 voti a favore e 334 per la detenzione. Il 21 gennaio 1793 Re Luigi XVI di Francia viene ghigliottinato in piazza della Rivoluzione a Parigi.

Biografia di Edgar Lee Masters

Un fiume di poesia
23 agosto 1869
5 marzo 1950

Chi è Edgar Lee Masters?


Il poeta statunitense Edgar Lee Masters nasce a Garnett (Kansas, USA) il giorno 23 agosto 1869. La madre Emma J. Dexter e il padre Wallace si erano trasferiti in quella cittadine solo per un breve periodo per avviare l'attività forense. La famiglia fa presto ritorno alla fattoria dei nonni paterni vicino a Petersburg, nella Contea di Menard, nello stato dell'Illinois. L'infanzia è segnata da due morti precoci: nel 1878 quella del fratellino minore; l'anno successivo è il suo migliore a scomparire, morto schiacciato da un treno. Nel 1880 con la famiglia si trasferisce a Lewiston, nel Maine: qui Edgar frequenta la scuola superiore e nello stesso periodo pubblica i suoi primi articoli per il Chicago Daily News.

Il clima culturale della città, il cimitero cittadino a Oak Hill e il vicino fiume Spoon saranno per Edgar Lee Masters grande e preziosa fonte di ispirazione per l'Antologia di "Spoon River", che molta fama gli procurerà. L'Antologia, che rappresenta la sua vendetta contro l'ipocrisia e la mentalità ristretta di una piccola città, avrebbe certamente decretato la fama del suo autore, tuttavia anche la rovina della sua posizione di prestigio nella società cittadina. Le sue poesie intanto raccolgono apprezzamenti da tutto il mondo, dall'Inghilterra tra gli entusiasti c'è anche Ezra Pound.

Nel 1889 e nel 1890 frequenta l'accademia Knox (un corso preparatorio tenuto presso il Knox College) che l'autore è però costretto ad abbandonare a causa delle difficoltà economiche.

Dopo aver lavorato presso l'ufficio legale del padre, ottiene l'Admission to the bar nello stato dell'Illinois (titolo corrispondente alla laurea italiana in Legge e all'abilitazione alla professione forense).

Diviene socio a Chicago di Kickham Scanlan nel 1893. Edgar Lee Masters sposa nel 1898 Helen M. Jenkins, figlia di un avvocato, dalla quale ha tre figli.

Nonostante un lungo periodo di incertezze e agitazioni (dal 1908 al 1911) dovute a una relazione extraconiugale e a una disputa con l'avvocato Clarence Darrow di cui era stato socio, nel 1911 si mette in proprio ed apre un suo ufficio legale.

La sua opera riceve il riconoscimento "Mark Twain Silver Medal" nel 1936, i premi "Poetry Society of America" e "Academy of American Poets Fellowship" nel 1942 e il "Shelly Memorial Award" nel 1944.

Due dei suoi figli seguiranno le sue orme letterarie. La figlia Marcia si dedicherà alla poesia, mentre il figlio Hilary Masters, diverrà romanziere. Proprio quest'ultimo, insieme al fratellastro Hardin, scriverà una biografia del padre.

Dopo lo scarso successo della raccolta "The New Spoon River" (pubblicata nel 1924), l'autore abbandona definitivamente la professione di avvocato per dedicarsi alla scrittura. Negli ultimi anni riesce a sostenersi presso il Chelsea Hotel di New York solo grazie ai prestiti di pochi amici. Qui risiede fino al 1943, periodo in cui la sua attività si fa frenetica e spazia dai poemi alle biografie, dai saggi storici a nuovi romanzi; Masters però non ritrova né l'ispirazione né il successo delle poesie legate allo Spoon River. Quando peggiorano le sue condizioni di salute si trasferisce in North Carolina con la moglie.

Edgar Lee Masters muore di polmonite, in condizione disgraziate, il giorno 5 marzo 1950; è sepolto nel cimitero Oakland di Petersburg. Il suo epitaffio include la poesia "To-morrow is My Birthday", tratta dall'opera "Toward the Gulf":

"Good friends, let's to the fields… | After a little walk and by your pardon, | I think I'll sleep, there is no sweeter thing. | Nor fate more blessed than to sleep. | I am a dream out of a blessed sleep | Let's walk, and hear the lark."

(Buoni amici, andiamo ai campi... | Dopo una piccola passeggiata e vicino al tuo perdono, | Penso dormirò, non c'è cosa più dolce. | Nessun destino è più dolce di quello di dormire. | Sono un sogno di un riposo benedetto, | Camminiamo, e ascoltiamo l'allodola).

Biografia di Giuseppe Meazza

Lo stadio del fuoriclasse
23 agosto 1910
27 ottobre 1979

Chi è Giuseppe Meazza?


Ricordato oggi dai più giovani soprattutto grazie allo stadio milanese che porta il suo nome, Giuseppe Meazza è stato un autentico campione, uno dei calciatori più amati del primo dopoguerra. Nato il 23 agosto 1910 a Milano, veste la sua prima maglia nerazzurra a quattordici anni, dopo aver conquistato il tesseramento nerazzurro a seguito di un provino particolarmente felice con le squadre giovanili.

Era il lontano 1924 e il piccolo Giuseppe Meazza, dopo aver perso il padre all'età di sette anni durante i tragici combattimenti della prima guerra mondiale, viveva con la madre, venditrice di frutta al mercato di Milano. Ovvio che il calcio e il suo mondo, anche se ancora lontano dagli eccessi divistici e miliardari di oggi, rappresentasse una grande speranza di riscatto. E bastava vedere palleggiare "il Peppe" per capire che quel ragazzino di strada, fra le due porte, ne avrebbe fatta parecchia.

Nel 1927, ancora in calzoni corti, Meazza gioca con la prima squadra nel torneo Volta di Como, ma Gipo Viani, centromediano di quell'Ambrosiana-Inter, nel vederlo afferma: "la prima squadra sta diventando la rappresentativa dell'asilo". Durante il torneo Viani non può che rimangiarsi le parole: l'esordio per il giovanissimo Meazza è da favola. Segna due gol e regala la Coppa Volta alla propria squadra. Nel 1929 il grande campione milanese disputa il primo campionato di seria A; con l'Ambrosiana-Inter, gioca 33 partite su 34, vince lo scudetto 1929/30 e la classifica dei cannonieri, segnando ben 31 gol.

E' il 9 febbraio 1930 quando a Roma esordisce in Nazionale: segna 2 gol alla Svizzera e l'Italia vince per 4 a 2. Meazza riceve la vera e propria consacrazione il giorno 11 maggio di quel 1930, quando a Budapest la compagine azzurra umilia la grande Ungheria con un sonoro 5 a 0: tre di quei gol sono realizzati proprio da quel ventenne centravanti che sta diventando uno dei più grandi attaccanti della storia del pallone, un autentico fuoriclasse, mago del palleggio e della finta.

Nel 1934 Giuseppe Meazza, battendo nella finale di Roma la Cecoslovacchia per 2 a 1, è campione al Campionato Mondiale disputato in Italia.

Con la maglia azzurra ha giocato 53 partite, segnando ben 33 gol. Il record verrà poi battuto da Gigi Riva, tuttavia gli esperti sono concordi nell'affermare che i gol di Meazza hanno avuto diverso peso e sono stati fatti mediamente contro squadre più importanti da quelle incontrate da Riva.

Nel 1936 tenne sempre alta la sua fama di fuoriclasse vincendo per la seconda volta la classifica dei cannonieri del campionato italiano con 25 gol. I suoi gol in serie A sono stati in totale ben 267.

Meazza ha concluso la sua carriera nel 1948, a 38 anni, indossando la maglia della "sua" Inter. Un record anche di longevità. Dopo la fortunata carriera da calciatore è diventato giornalista ed allenatore, ma non ha avuto lo stesso successo professionale. Ha allenato l'Inter, la Pro Patria ed altre squadre (oltre ad essere per vari decenni responsabile del settore giovanile dell'Inter), senza ottenere risultati significativi. Un merito importante l'ha però avuto anche in questo settore: nel 1949, commosso dalla storia personale di Sandro Mazzola, giovane di talento ma orfano di padre, lo convince a firmare un contratto con l'Inter, coltivandolo e facendone di fatto il suo erede naturale.

Giuseppe Meazza muore a Rapallo il 27 ottobre 1979, vittima di un male incurabile. A lui è stato intitolato, pochi mesi dopo, lo stadio di San Siro di Milano.

Biografia di Rita Pavone

23 agosto 1945

Chi è Rita Pavone?


Rita Pavone nasce il 23 agosto 1945 a Torino: il suo debutto avviene al Teatro Alfieri, nel capoluogo piemontese, nel 1959 in occasione di uno show per bambini chiamato "Telefoniade", organizzato dalla Stipe, società telefonica del tempo. Per la prima volta davanti al pubblico, si esibisce nell'interpretazione dei brani di Al Jolson "Swanee" e di Renato Rascel "Arrivederci Roma". Negli anni successivi, sale sul palco in diversi locali della città come il "Principe", l'"Hollywood Dance", "La Perla", "La Serenella" e l'"Apollo Danze", venendo soprannominata "la Paul Anka in gonnella", visto che il suo repertorio attinge soprattutto alle canzoni dell'artista canadese.

Nel 1962 prende parte alla prima edizione del "Festival degli sconosciuti" di Ariccia, manifestazione patrocinata dal cantante Teddy Reno: egli diventa in breve tempo il pigmalione di Rita, ma anche il suo compagno (si sposeranno sei anni più tardi tra le polemiche, dovute alla differenza di età tra i due e al fatto che l'uomo è già padre di un figlio e sposato civilmente). Rita vince il festival e si guadagna un provino con la RCA Italiana: provino superato cantando alcuni brani di Mina. Dal suo esordio a livello nazionale alla fama il passo è molto breve: merito di singoli di successo come "Sul cucuzzolo", "La partita di pallone" (entrambe scritte da Edoardo Vianello), "Come te non c'è nessuno", "Alla mia età", "Il ballo del mattone", "Cuore" (versione italiana di "Heart", hit americana), "Non è facile avere 18 anni", "Che m'importa del mondo" e "Datemi un martello", cover di "If I had a hammer".

Nel 1964, la Pavone viene chiamata a interpretare "Il giornalino di Gian Burrasca", sceneggiato televisivo diretto da Lina Wertmuller e tratto dal famoso romanzo di Vamba, musicato da Nino Rota. La sigla di questo prodotto è "Viva la pappa col pomodoro", brano destinato a scavalcare i confini nazionali nelle versioni inglese ("The man who makes the music"), tedesca ("Ich frage mainen papa") e spagnola ("Que ricas son le papasin"). Finita addirittura nel saggio di Umberto Eco "Apocalittici e integrati", vince nel 1965 il "Cantagiro" con la canzone "Lui", cui fanno seguito hit famose come "Solo tu", "Qui ritornerà", "Fortissimo", "Questo nostro amore", "Gira gira", "La zanzara" e "Stasera con te", sigla di "Stasera Rita", programma tv diretto da Antonello Falqui; nel 1966, invece, incide "Il geghegè", sigla di "Studio Uno".

L'anno successivo Rita vince nuovamente il "Cantagiro" con il brano scritto da Lina Wertmuller e Luis Enriquez Bacalov "Questo nostro amore", colonna sonora della pellicola "Non stuzzicate la Zanzara"; partecipa, inoltre, ai film "La Feldmarescialla" e "Little Rita nel West", al fianco di Terence Hill. La sua popolarità in quel periodo supera i confini nazionali: viene invitata per cinque volte nella trasmissione della Cbs "Ed Sullivan Show", negli Stati Uniti, e si ritrova sul palco al fianco di artisti come Ella Fitzgerald, Duke Ellington, Marianne Faithfull, The Beach Boys, The Supremes, The Animals e addirittura Orson Welles.

Tra le date indimenticabili c'è il 20 marzo del 1965, quando Rita si esibisce in concerto nella Carnegie Hall di New York. Con la Rca Victor Americana pubblica tre dischi, che vengono distribuiti in tutto il mondo: "The International teen-age sensation", "Small wonder" e "Remember me". Ma il successo della cantante piemontese arriva anche in Francia, grazie a "Coeur" e "Clementine Cherie", colonna sonora dell'omonimo film con Philippe Noiret. Oltralpe, però, le soddisfazioni maggiori arrivano grazie a "Bonjour la France", scritto da Claudio Baglioni, con oltre 650mila copie vendute. Mentre in Germania i suoi 45 giri compaiono spesso nelle classifiche dei dischi più venduti ("Wenn Ich ein Junge War" vende da solo più di mezzo milione di copie), e "Arrivederci Hans" arriva addirittura al primo posto, Argentina, Giappone, Spagna, Brasile e Regno Unito sono altri Paesi in cui il mito di Rita Pavone si impone: nella terra di Albione soprattutto grazie a "You only you", che le spalanca tra l'altro le porte di programmi tv in cui compare al fianco di Cilla Black e Tom Jones, con la Bbc che le dedica addirittura uno speciale chiamato "Segni personali: lentiggini".

Il matrimonio con Teddy Reno del 1968, tuttavia, pare produrre un effetto piuttosto destabilizzante rispetto alla carriera della Pavone: da adolescente sbarazzina ma rassicurante, diventa una giovane donna che si unisce in matrimonio a un uomo più vecchio di lei e già sposato. Complice l'interesse della stampa scandalistica, che riporta le vicende relative alla separazione dei suoi genitori, il personaggio di Rita appare in discussione. Lasciata la RCA, la cantante approda alla Ricordi, con cui incide canzoni per bambini che passano inosservate. Nel 1969 arriva al Festival di Sanremo, ma il suo brano, "Zucchero", non supera il tredicesimo posto. Diventata mamma di Alessandro, suo primogenito, Rita viene imitata da Sandra Mondaini a "Canzonissima", mentre suo marito non gradisce l'imitazione a "Doppia coppia" di Alighiero Noschese. Anche per questo motivo, le sue apparizioni in tv si diradano.

Il rilancio arriva negli anni Settanta, con i brani "Finalmente libera" (cover di "Free again" di Barbra Streisand) e con "Ciao Rita", speciale sul piccolo schermo in cui l'artista canta, presenta, imita e balla. Partecipa, con "La suggestione" (scritta da Baglioni), a "Canzonissima", e torna a Sanremo nel 1972 con "Amici mai". La seconda metà del decennio regala successi come "…E zitto zitto" e "My name is Potato", sigla della trasmissione con Carlo Dapporto "Rita ed io". Molto più sfortunata la partecipazione a "Che combinazione", show in onda sul secondo canale in prima serata, a causa dello scarso feeling con l'altro conduttore Gianni Cavina: il programma, comunque, guadagna dodici milioni di spettatori di media e si avvale delle sigle "Mettiti con me" e "Prendimi", realizzate dalla stessa Pavone.

Negli anni Ottanta, la cantante insiste sul proprio ruolo di cantautrice con "Rita e l'Anonima Ragazzi" e "Dimensione donna", mentre la sua canzone "Finito" diventa la sigla di "Sassaricando", soap opera in onda in Brasile su Tv Globo. Nel 1989 esce "Gemma e le altre", il suo ultimo disco di inediti. Da quel momento, Rita si gode un meritato riposo, alternato a numerose partecipazioni teatrali: veste i panni di Maria nella "XII Notte" di William Shakespeare, al fianco di Renzo Montagnani e Franco Branciaroli nel 1995, e di Gelsomina ne "La strada", al fianco di Fabio Testi nel 1999.

Nel 2000 e nel 2001 su Canale 5 conduce "I ragazzi irresistibili", varietà musicale che vede protagonisti anche Maurizio Vandelli, Little Tony e Adriano Pappalardo, in occasione del quale ha l'opportunità di duettare, tra l'altro, con Josè Feliciano e Bruno Lauzi: sempre sulla rete ammiraglia Mediaset, è protagonista di "Giamburrasca", spettacolo teatrale in cui interpreta Giannino Stoppani, al fianco di Ambra Angiolini, Katia Ricciarelli e Gerry Scotti. Nel 2006, ufficializza a "L'anno che verrà" la decisione di ritirarsi a vita privata, esibendosi in pubblico per l'ultima volta e si candida per la Circoscrizione Estero (visto che vive in Svizzera, Paese di cui ha anche la cittadinanza) alle elezioni per il Senato nella lista di Mirko Tremaglia "Per l'Italia nel mondo".

Torna a esibirsi il 6 ottobre del 2010 con Renato Zero, in concerto a Roma, in occasione del sessantesimo compleanno del cantautore romano, cantando tra l'altro "Fortissimo", "Mi vendo" e "Come te non c'è nessuno". Nel 2011 riceve il premio "Capri Legend Award 2011", nel corso della sedicesima edizione di "Capri - Hollywood International Film Festival".

Biografia di River Phoenix

Bello e dannato
23 agosto 1970
31 ottobre 1993

Chi è River Phoenix?


River Jude Bottom, noto con il nome d'arte di River Phoenix, è lo sfortunato quanto bravissimo attore deceduto a soli ventitrè anni il 31 Ottobre del 1993: una fine che, anche a causa della fama di maledetto che era riuscita a costruirsi in così breve tempo (è spirato per un arresto cardiaco causato da droghe), è riuscita a farlo diventare una leggenda.

Nato il 23 Agosto del 1970 a Madras, Oregon (USA), il tormentato attore era il primogenito di cinque figli. Una famiglia numerosa e turbolenta solita a continui cambiamenti, se è vero che fra le tappe dei loro traslochi si contano Paesi come il Venezuela, la Florida o la California. Non c'è da stupirsi, se si considera che i genitori di River appartenevano all'inquietante setta chiamata "I bambini di Dio": una setta che fra l'altro è stats messa sotto inchiesta per molestie sessuali a danno di minori.

E' alla madre che River deve l'inizio della sua breve carriera. E' lei infatti che trovò, tramite un occasione speciale, un lavoro come segretaria della NBC, nota televisione locale. River viene lanciato a soli dieci anni (al fianco della sorella Rainbow) nel serial TV "Real Kids" nel 1980.

Da allora la sua scalata al successo è stata inarrestabile.

Un "vizio" quello della ricerca del successo, che ha contagiato tutta la famiglia, tant'è che gli altri fratelli hanno tutti seguito le orme di River. Oggi sono tutti attori ed uno, in particolare, ha raggiunto un'ottima notorietà, Joaquin Phoenix, celebre anche per una love story con Liv Tyler.

Anche River ha avuto modo di apprezzare la vertigine del batticuore: durante le riprese di "Running on Empty" si innamora della coprotagonista femminile, Martha Plimpton, che di lì a poco diviene sua fidanzata ufficiale.

Successivamente, lasciata Martha, ebbe un'altra partner famosa, la bellissima Samantha Mathis, coprotagonista con lui di "The Thing Called Love", una pellicola speciale anche per via di un particolare curioso: nel film, River suona con un gruppo musicale alcune canzoni scritte da lui; la vera inclinazione dell'attore era quella verso la musica, anche se poi, inspiegabilmente, si è sempre dedicato soprattutto al cinema (l'attore aveva comunque una band chiamata Aleka's Attic con cui ha realizzato la colonna sonora originale del film che più lo ricorda: "Belli e Dannati").

Come ha giustamente scritto il noto critico Pino Farinotti: «Benché abbia interpretato anche commedie ("Indiana Jones e l'ultima crociata", 1989 e "Ti amerò fino ad ammazzarti", 1990), la sua fama di novello James Dean, soprattutto fra i teen-agers, è legata essenzialmente a tre film in cui ha interpretato il ruolo del ragazzo difficile, introverso e ribelle: "Stand by me-Ricordo di un'estate" (1986), delicata storia sulla fine dell'infanzia e la scoperta della morte; "Vivere in fuga" (1987), dove Phoenix è lo sbalestrato figlio di una coppia di radicali americani e soprattutto "Belli e dannati" (1991) di G. Van Sant, avventura on the road di una coppia di adolescenti tossicodipendenti e omosessuali».

Degli istanti legati alla sua morte ormai si sanno diversi particolari. Pare che River quella sera avesse bevuto troppo, mischiando oltretutto farmaci e droghe. Poco dopo la mezzanotte cominciarono i problemi seri e l'attore cominciò a stare male seriamente. Uscito dal locale in cui si trovava, cadde a terra in preda alle convulsioni e fu trasportato al Cedras-Sinai Medical Center. Gli infermieri non riuscirono a rianimarlo.

Una curiosità: la sorella Rainbow è la protagonista del video dei R.E.M. "At my most Beautiful".

Biografia di Rocky Roberts

L'energia, il rock, il blues
23 agosto 1941
14 gennaio 2005

Chi è Rocky Roberts?


Rocky Roberts nasce a Miami Beach (Florida) il 23 agosto 1941. Dopo aver prestato il servizio militare come marinaio sulla portaerei "Independence", e dopo una breve esperienza pugilistica che gli causa la frattura di una mandibola, sul finire degli anni '50 inizia a dedicarsi alla musica soul e al rhythm'n'blues.

In seguito viene ingaggiato dal gruppo degli "Airdales". Parte per l'Europa, precisamente in Francia, dove si esibisce per tre anni nei locali notturni della Costa Azzurra. A Cannes, nel 1964, Rocky Roberts vince il campionato internazionale di Rock'n'roll.

Successivamente giunge in Italia. Rocky Roberts viene notato da Renzo Arbore e da Gianni Boncompagni che gli affidano l'interpretazione del brano "T.Bird", sigla della trasmissione radiofonica "Bandiera Gialla".

Nel 1967, valorizzandola con le sue doti di ballerino e la sua grinta intrisa di Rhythm'n'blues, Rocky Roberts incide "Stasera mi butto", il brano che resterà per sempre legato al suo nome e alla sua immagine, che continuerà a cantare con grande successo per gli oltre 30 anni successivi. Il brano vince il Festivalbar e raggiunge il vertice della classifica dei dischi più venduti, restando in vetta per alcune settimane.

Il cantante è spesso invitato a partecipare a show e spettacoli televisivi. L'artista consolida il successo interpretando altre canzoni ("Per conquistare te", "Se l'amore c'è", "Just because of you", e altre) fino a riconfermarsi con il celebre brano, dall'impronta decisamente ballabile, "Sono tremendo".

In coppia con Robertino, nel 1969 Rocky Roberts partecipa al Festival di Sanremo con la canzone dalla vena melodica "Le belle donne". Anche l'anno successivo interviene all'importante manifestazione canora, proponendo insieme al "Supergruppo", il brano "Accidenti".

Dopo aver girato l'Europa, soprattutto Francia e Spagna, con lunghe tournée, Rocky Roberts riparte poi per l'America.

Poi si ristabilisce nuovamente in Italia: nonostante sia molto impegnato con apparizioni dal vivo, tournée all'estero e partecipazioni a programmi televisivi, Rocky Roberts torna spesso in sala d'incisione. Rivisita i suoi intramontabili successi e realizza alcune cover anni '60, appartenenti alla grande tradizione del genere Soul e Rhythm'n'blues, ispirandosi al grande Otis Redding.

La sua figura è nota per i suoi enormi occhiali, il suo modo elettrico di ballare, per la sua irrefrenabile energia, nonchè il suo sorriso e la costante voglia di divertirsi.

Malato da tempo Rocky Roberts si è spento a 63 anni, il 14 gennaio 2005.

Fulco Ruffo di Calabria

Nobiltà e audacia
18 agosto 1844Leone
23 agosto 1946

Fulco Ruffo di Calabria


Quella dei Ruffo è una genia che nel corso dei secoli ha dato nomi illustri alla storia paria. Risalente al tempo dei Normanni, è sotto gli Svevi che acquisisce prestigio e potere con Pietro I, nel 1253, maresciallo del regno e conte di Catanzaro. Altri personaggi di primo piano sono stati Pietro II, anch'egli conte di Catanzaro sotto gli Angioini; Elisabetta, moglie di Antonio Centelles; Enrico, conte di Sinopoli nel 1334, ultimo discendente diretto prima che la famiglia si divida nei due rami di Sicilia e di Calabria (Bagnara). Entrambi i rami, nei secoli seguenti, conservano ruoli di primo piano esprimendo alti ufficiali, prelati e politici.

Da un tale considerevole blasone risalente all'XI secolo nasce a Napoli, il 18 agosto 1884, dal principe Beniamino già sindaco di Napoli e dalla nobile belga Laura Mosselman du Chenoy, Fulco Ruffo, con i titoli di principe, duca di Guardia Lombarda, conte di Sinopoli, nobile dei principi di Scilla, patrizio napoletano. Educato al rigoroso rispetto per la storia della famiglia paterna e per i nobili valori che l'hanno caratterizzata, ultimati gli studi si arruola come volontario nell'XI Reggimento Cavalleggeri Foggia. Nel 1905, dopo il congedo, lavora come vicedirettore presso la "Wegimont", una società che gestisce le vie commerciali sul fiume Giuba, in Somalia.

La selvaggia Africa si rivela per lui un'ottima palestra dove dare pieno sfogo allo spirito di avventura che lo anima. Allo scoppio della prima Guerra Mondiale rientra nelle forze armate. Il suo desiderio di lasciare la cavalleria per entrare in aviazione viene esaudito e, dopo appena un anno di addestramento fra Torino e Pisa, durante il quale emerge una spiccata propensione per il volo acrobatico, nell'agosto 1915 ottiene il brevetto di pilota con destinazione la IV Squadriglia di Artiglieria. Comincia con incarichi di ricognizione sui movimenti del nemico e sulla dislocazione della sua artiglieria, mettendosi subito in evidenza per il coraggio nell'affrontare l'antiarea austriaca e per l'alta utilità delle informazioni che riesce a fornire al suo comando.

Riceve un primo elogio nel novembre 1915, preludio alla Medaglia di Bronzo al Valor Militare: "Tra vivo e continuo fuoco di artiglieria, fucileria e mitragliatrici nemiche, navigava a 750 metri sulle posizioni avversarie, allo scopo di agevolare l'osservatore nel ritrarre fotografie. Non essendo riuscita completa la serie, causa un guasto alla macchina fotografica, si manteneva nella stessa quota e, nonostante la persistenza del fuoco, riusciva a precisare la posizione di batterie e ricoveri nemici. Basso Isonzo, 8-9 aprile 1916".

Ma si tratta soltanto della prima di una lunga serie di Medaglie che lo attendono: quattro di Bronzo, due d'Argento, la seconda delle quali lo proclama "Asso dell'aviazione", fino alla Medaglia d'Oro al Valor Militare, nel 1917: "Dotato di elette virtù militari, pilota da caccia di insuperabile ardire, provato in ben 53 scontri aerei, con spirito di sacrificio pari al suo valore, continuò a cercare la Vittoria dovunque la poteva trovare. In 2 mesi fece precipitare 4 apparecchi avversari sotto i suoi colpi sicuri. Il 20 luglio 1917, con incredibile audacia assaliva da solo una squadriglia compatta e di 5 velivoli nemici, ne abbatteva due e fugava i superstiti. Mirabile esempio ai valorosi…".

Al massimo riconoscimento si aggiunge la promozione a Capitano e l"Asso degli assi", Francesco Baracca, lo chiama nella appena istituita Squadriglia degli Assi, con grande entusiasmo di Ruffo che rifiuta, invece, la tranquilla direzione di una Scuola di acrobazia aerea. Dopo l'eroica morte del Maggiore Baracca, avvenuta il 19 giugno 1918, Fulco Ruffo di Calabria è chiamato a sostituirlo nel comando della Squadriglia; qualche mese dopo assume il comando del XVII Gruppo. Compie l'ultima azione ardimentosa il 29 ottobre 1918 quando il suo aereo viene gravemente colpito dal fuoco degli austriaci in ritirata ed egli riesce comunque, dopo un atterraggio ad alto rischio, a fuggire a piedi e rientrare fra le linee amiche.

Alla fine della guerra rimane in servizio ancora due anni, per poi tornare nel 1925 alla "Wegimont", della quale diviene presidente, oltre ad occuparsi delle cospicue proprietà terriere. Intanto sposa la contessa Luisa Gazzelli dei conti di Rossana, dalla quale avrà sette figli. La dedizione all'attività agraria, che egli svolge con grande passione, lo porta alla scoperta di una varietà di pianta erbacea che verrà chiamata "trifoglio Ruffo".

Per la sua prestigiosa carriera, il 6 aprile 1934 è nominato Senatore del Regno. Il 17 maggio del 1939 riceve il grado di Maggiore dell'Aeronautica.

Vive gli ultimi anni nella sua casa a Ronchi di Apuania, in Toscana, dove si spegne il 23 agosto 1946, a soli 62 anni.

Oltre alle elencate medaglie, ottiene i riconoscimenti di Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia (1918), Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia (1922), Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia (1938), Gran cordone dell'Ordine della Corona d'Italia (1939), Croce al merito di Guerra.

Nonostante il duello aereo richieda particolari doti di abilità e di cinismo all'insegna del motto "mors tua, vita mea", Fulco Ruffo di Calabria ha sempre sofferto per la sorte degli avversari abbattuti, non provando mai alcun piacere nell'infliggere sofferenza e morte, inevitabile conseguenza degli scontri in volo: in uno dei suoi tanti duelli, dopo aver abbattuto un velivolo nemico, egli atterra per soccorrerne il pilota e, considerata la sorte di prigioniero che lo attende, gli consente di scrivere una lettera alla mamma che egli si curerà di lanciare in territorio nemico, dopo averla inserita in una custodia metallica.

Biografia di Rodolfo Valentino

Il modello del fascino
6 maggio 1895
23 agosto 1926

Chi è Rodolfo Valentino?


Quando si parla di Rodolfo Valentino ci si riferisce a uno dei più grandi "sex-symbol" maschili che Hollywood abbia mai conosciuto, tanto che il suo nome costituisce un sinonimo del termine. Rodolfo Valentino è colui per cui milioni di donne in tutto il mondo hanno sospirato giornate intere, sognando di passare almeno qualche momento in compagnia di questo grande seduttore latino. Ma la sua fama di amatore dello schermo rischia di essere piuttosto riduttiva, per un uomo che è stato un vero attore, dotato di notevoli doti di eleganza e sensibilità. Oggi sono in tanti, specie i giovani delle ultime generazioni, a conoscerlo solo di fama. Ma anche tra coloro che lo ricordano, le sue immagini, complice la quasi irreperibilità dei suoi titoli, risultano sbiadite.

Eppure il culto e la leggenda dell'immigrato Rodolfo Guglielmi, perito agrario mancato che, nato povero nell'Italia del Sud, sbarca in America nel 1915 in cerca di fortuna, sono iscritti con forza nella storia del divismo cinematografico. Nato il 6 maggio 1895, la sua è stata una vita dagli inizi grami: dopo aver vissuto qualche periodo dormendo sulle panchine al Central Park di New York, si fa assumere come lavapiatti in un night-club, e grazie alla sua prestanza e alle sue doti di ballerino, comincia anche a fare l'accompagnatore di attempate signore danarose.

Quando una di queste per lui uccide il marito, Valentino, spaventato, scappa in provincia arruolandosi come ballerino nella compagnia teatrale di Al Jolson. Qui viene notato da un attore che lo raccomanda ad Hollywood. Il fascinoso Rodolfo Valentino (il nome è ormai assunto come pseudonimo dal giovane Guglielmi) debutta sullo schermo nel 1919, e per qualche anno interpreterà solo ruoli da "mascalzone" latino, fin quando, nel 1921, viene notato da una talent-scout di nome June Mathis, la quale propone alla Metro Goldwyn Mayer di farne il protagonista della pellicola di genere avventuroso, "I quattro cavalieri dell'Apocalisse" (The Four Horsemen of the Apocalypse, 1921) di Rex Ingram, di cui rimarrà memorabile la scena in cui Valentino balla con grazia e sensualità un appassionante tango.

Nonostante il successo ottenuto dall'attore in questo film, lo Studio lo impiegherà successivamente solo come comprimario in film di poco conto, negandogli addirittura uno stipendio decente. Questo fin quando la Paramount lo ingaggerà, offrendogli un vantaggiosissimo contratto, come protagonista de "Lo sceicco" (The Sheik, 1922) di George Melford, un film misto di avventura e sentimento, in cui Rodolfo Valentino, nel ruolo di un ambiguo quanto seducente sceicco arabo, infiamma lo schermo grazie al suo magnetismo e al suo conturbante fascino mediterraneo.

A partire da questo film Rodolfo Valentino diventerà il prototipo dell'amante straniero portatore di fascino tenebroso, tutto capello impomatato, occhio rapace e strategia sessuale all'insegna della passività. Nel giro di poco tempo diventa così la prima star letteralmente inventata dalle fantasie del pubblico femminile. Intanto l'attore, dopo un infelice matrimonio neanche consumato con l'attrice lesbica Jean Acker, aveva cominciato un'appassionata quanto tormentata storia d'amore con la sofisticata ed affascinante stilista Natacha Rambova, che vorrà trasformarlo in un attore raffinato dallo smisurato senso artistico, il contrario, insomma, del Rodolfo Valentino virile e sensuale che il pubblico femminile amava.

Nel giro di pochi anni sarà il seduttore sedotto in "Sangue e arena" (Blood and Sand, 1922) di Fred Niblo, e un "Robin Hood" della steppa ne "L'aquila nera" (The Eagle, 1925) di Clarence Brown; infine lo si vede nel doppio ruolo del giovane sceicco e di suo padre ne "Il figlio dello sceicco" (The Son of the Sheik, 1926) di George Fitzmaurice, girato quando la Rambova (che intanto era diventata sua moglie) lo aveva lasciato e il fisico cominciava a dare i primi segni di cedimento. Rodolfo Valentino sarebbe morto prima della proiezione di quest'ultimo film, il 23 agosto 1926, a causa di una peritonite, a soli trentuno anni.

Biografia di Giovanni Vernia

Ooh fratello... spettacolo!
23 agosto 1973

Chi è Giovanni Vernia?


Giovanni Vernia nasce a Genova il 23 agosto 1973. Lì vive e siccome è un giovanotto "che è studente che studia che si deve prendere una laura" (cfr. Totò Peppino e la Malafemmina) si Laurea in Ingegneria Elettronica col massimo dei voti. A gennaio del 2000 decide che Genova è bella, ha il mare, ma gli sta stretta e si trasferisce in cerca di fortuna e di nebbia a Milano. Trova un lavoro in una grossa società di consulenza americana e un monolocale in zona Bonola, e non consiglia entrambi a nessuno. Acquista una pluriennale esperienza in Comunicazione e Marketing Online ma Giovanni ha un'unica passione: far ridere.

Così, invece che limitarsi a raccontare barzellette ai colleghi agli aperitivi (e la tentazione è forte, perchè a Milano abbondano sia gli uni che gli altri) decide un giorno di iscriversi ad una scuola di teatro. E' qui che ha la prova di avere per davvero un'innata verve comica che decide di approfondire maggiormente iscrivendosi alla Scuola Teatrale di Improvvisazione Comica Teatribù.

Nel frattempo scrive e comincia a testare nei laboratori di cabaret milanesi le sue idee. In questo periodo partecipa attivamente al laboratorio Barrios (Ex Scaldasole). Nel frattempo studia con Manuel J. Serantes teatro comico e costruzione della maschera comica.

Agli inizi del 2007, assecondato dall'amico e collega Pablo Scarpelli, con cui Giovanni fa alcuni stage di improvvisazione teatrale, comincia a costruire e a far crescere uno dei suoi personaggi più riusciti: Jonny Groove.

Jonny Groove nasce dall'attenta osservazione di Giovanni della vita notturna milanese, ibizenca e del panorama della musica house in generale, vissuti per passione in prima persona. Jonny Groove è un ragazzo innamorato follemente della discoteca, non usa droghe o alcool, la sua unica droga sono la musica e il ballo da cui è un po' "rintronato".

E' una meravigliosa, innovativa e divertentissima parodia del mondo della notte con la quale Giovanni Vernia approda poco dopo ai laboratori "Zelig On The Road" di Verona e Rimini. Qui il personaggio ha modo di crescere ulteriormente per arrivare a far parte, a giugno 2008, del cast della trasmissione "Zelig Off".

Caratterista e monologhista, Giovanni Vernia porta in scena il frutto di un'attenta e vivace osservazione della realtà. La forte presenza scenica e le ottime doti attoriali lo portano a realizzare pezzi di assoluto pregio artistico.

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