Biografie di personaggi famosi e storici nato il 15 settembre

Biografie di personaggi famosi e storici

Biografie di personaggi famosi nella storia e celebrità nate il 15 settembre

Sommario:

1. Cristina Chiabotto
2. Agatha Christie
3. James Fenimore Cooper
4. Fausto Coppi
5. Francois de La Rochefoucauld
6. Oriana Fallaci
7. Pippo Fava
8. Tommy Lee Jones
9. Caterina Murino
10. Gianmarco Pozzecco
11. Moana Pozzi
12. Pino Puglisi
13. Oliver Stone
14. Umberto II di Savoia

1. Biografia di Cristina Chiabotto

15 settembre 1986

Chi è Cristina Chiabotto?


Cristina Chiabotto nasce il 15 settembre 1986 a Moncalieri, in provincia di Torino. Diventa famosa nel 2004, a soli diciotto anni, quando viene eletta "Miss Italia" (dopo aver conquistato il titolo di "Miss Piemonte"). Intraprende, quindi, la carriera nel mondo dello spettacolo: partecipa come conduttrice allo "Zecchino d'Oro" del 2004 e viene scelta da Uliveto e Rocchetta per una serie di spot pubblicitari insieme con il calciatore della Juventus Alessandro Del Piero.

Nel 2005 su Raiuno Cristina Chiabotto prende parte alla puntata di "Affari tuoi" dedicata all'estrazione dei biglietti vincitori della Lotteria Italia, ed esordisce al "Festival di Sanremo" (condotto in quell'edizione da Paolo Bonolis) curando i collegamenti con le giurie. Dall'Antoniano di Bologna è protagonista di trasmissioni dedicate alla festa della mamma, mentre a settembre torna a "Miss Italia" per incoronare Edelfa Chiara Masciotta (anche lei torinese), la sua erede. Cristina, quindi, partecipa (vincendo) alla seconda edizione del programma di Milly Carlucci "Ballando con le stelle", in coppia con l'insegnante di danza Raimondo Todaro.

Dietro le quinte, conosce l'attore Fabio Fulco, a sua volta concorrente, con il quale inizia una relazione sentimentale. La Chiabotto, scelta come testimonial per Cotonella, approda quindi a Mediaset, dove su Italia 1 presenta "Le Iene" insieme con Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu (con i quali, per altro, non ha un rapporto particolarmente buono), mentre al fianco del Mago Forrest e di Ilary Blasi è alla guida della kermesse musicale del "Festivalbar".

Dopo aver presentato la trentesima edizione del Circo di Montecarlo, nel 2007 la showgirl torinese presenta su Canale 5 "Scherzi a parte", al fianco di Claudio Amendola, Valeria Marini, Alfonso Signorini, Katia Follesa e Valeria Graci. Insieme con Ambra Angiolini e Giancarlo Giannini, invece, è la padrona di casa di un'altra kermesse musicale, i "Wind Music Awards". Nello stesso periodo Cristina Chiabotto vince il premio speciale "Comunicazione e spettacolo" nel corso della 20esima edizione del Grand Prix organizzato da Pubblicità Italia; in seguito, prende il posto di Ainett Stephens a "Real Tv", in onda su Italia 1, dove si mostra con un look sexy, vestita unicamente con lustrini sulle parti intime.

Tornata a presentare i "Wind Music Awards", questa volta in compagnia di Rossella Brescia, a partire dall'agosto del 2008 viene scelta come volto femminile di "Controcampo", programma sportivo in onda su Rete4, durante il quale mette in mostra il suo tifo per la Juventus. L'estate successiva presenta con Tommaso Vianello la finale italiana di "The look of the year", concorso internazionale in scena a Cattolica, mentre a dicembre su Italia 1 è al timone di "Fico + Fico Christmas Show", all'insegna della comicità dei Fichi d'India. Diventata testimonial di Deborah e Chateau d'Ax, nel 2010 Cristina è volto pubblicitario di Superenalotto; inoltre, torna in Rai, chiamata ad affiancare Pupo ed Emanuele Filiberto in "Ciak…si canta!", varietà musicale di Raiuno: sulla stessa rete presenta anche "Miss Italia nel mondo", con Massimo Giletti, e "Tutti a scuola", con Georgia Luzi e Fabrizio Frizzi.

Cristina Chiabotto torna alla guida di un programma comico a luglio del 2011, quando presenta il "Comedy Tour Risollevante" su Comedy Central, mentre in autunno approda a Radio Kiss Kiss in "Pronto chi sei?", al fianco di Joe Violanti. Approda nuovamente su Italia 1 nel 2012, quando insieme con Arianna Bergamaschi e l'ex Iena Marco Berry presenta "Bau Boys", mentre su Sky è la madrina di "Bravo Grazie", concorso destinato a comici esordienti. Esordisce, inoltre, a teatro in "Ti ricordi il varietà?". Riconfermata in "Comedy Tour Risollevante", insieme con l'ex concorrente del Grande Fratello Serena Garitta, nel 2013 diventa testimonial di JTV, il canale televisivo della Juventus. Cristina Chiabotto è inoltre conduttrice del nuovo programma di La5 "Tacco 12".

2. Biografia di Agatha Christie

Signora in giallo
15 settembre 1890
12 gennaio 1976

Chi è Agatha Christie?


Agatha Mary Clarissa Miller nasce nel 1890 a Torquay, in Inghilterra da padre americano.

Quando la piccola è ancora in tenera età, la famiglia si trasferisce a Parigi dove la futura scrittrice intraprende fra l'altro studi di canto.

Orfana di padre a soli dieci anni, viene allevata dalla madre (oltra che dalla nonna), una donna dotata di una percezione straordinaria e di una fantasia romantica spesso non collimante con la realtà. Ad ogni modo, il padre della Christie non era certo un esempio di virtù familiari, essendo un uomo più dedito al cricket e alle carte che alla famiglia. Ad ogni modo, l'infanzia della Christie sarebbe una normale infanzia borghese se non fosse per il fatto che non andò mai a scuola. Anche della sua educazione scolastica si incaricò direttamente la madre, nonché talvolta le varie governanti di casa.

Inoltre, nell'adolescenza fece molta vita di società fino al matrimonio, nel 1914, con Archie Christie che in seguitò diventerà uno dei primi piloti del Royal Flying Corps durante la prima guerra mondiale. La Christie aveva sviluppato intanto una forte passione per la musica e infatti, divenuta un poco più consapevole circa il proprio futuro, aspira fortemente a diventare una cantante lirica. Purtroppo (o per fortuna, dal punto di vista della storia della letteratura), non ottiene molti riscontri in questa veste, cosa che la persuade a tornare in Inghilterra. Agatha in questo periodo inizia la sua attività di scrittrice con biografie romanzate con lo pseudonimo di Mary Westmacott che, però, vengono ignorate sia dal pubblico che dalla critica.

L'idea per il suo primo romanzo giallo, "Poirot a Styles Court", le venne lavorando in un'ospedale, come assistente nel dispensario, a contatto con i veleni.

Ma il primo successo arrivò, nel 1926, con "Dalle nove alle dieci". Dopo la morte della madre e l'abbandono del marito (di cui dopo il divorzio conservò il cognome per ragioni unicamente commerciali), Agatha scompare e, dopo una ricerca condotta in tutto il paese, viene ritrovata ad Harrogate nell'Inghilterra settentrionale sotto l'effetto di un'amnesia. Per due o tre anni, sotto l'effetto di una forte depressione, scrisse romanzi decisamente inferiori alle sue opere più riuscite, fino a che un viaggio in treno per Bagdad le ispirò "Assassinio sull'Orient Express" e la fece innamorare di Max Mallowan che sposò nel 1930.

Nel 1947 il suo successo è ormai talmente radicato che la Regina Mary, al compimento dei suoi ottant'anni, chiede alla scrittrice, come regalo di compleanno, la composizione di una commedia. La Christie, assai lusingata della richiesta, stende il racconto "Tre topolini ciechi", che la Regina dimostrò in seguito di gradire moltissimo. Ma anche il pubblico ha sempre dimostrato di essere molto attaccato alle sue opere. Tradotti in 103 lingue, in alcuni casi è diventata talmente popolare da sfiorare il mito. In Nicaragua, ad esempio, venne addirittura emesso un francobollo con l'effigie di Poirot. Nel 1971 le viene assegnata la massima onorificenza concessa dalla Gran Bretagna ad una donna: il D.B.E. (Dama dell'Impero Britannico).

Nel Natale del 1975 nel romanzo "Sipario" la Christie decise di far morire l'ormai celeberrimo investigatore Hercule Poirot mentre, il 12 gennaio 1976, all'età di 85 anni, muore anche lei nella sua villa di campagna a Wallingford. E' sepolta nel cimitero del villaggio di Cholsey nel Oxfordshire. Secondo un rapporto dell'UNESCO, Agatha Christie in vita guadagnò circa 20 milioni di sterline, cioè poco più di 23 milioni di euro.

A tutt'oggi, Agatha Christie è una certezza per gli editori che pubblicano i suoi romanzi, essendo uno degli autori più venduti del mondo.

Di lei Winston Churchill disse: "è la donna che, dopo Lucrezia Borgia, è vissuta più a lungo a contatto col crimine."

3. Biografia di James Fenimore Cooper

Storie di orgoglio repubblicano
15 settembre 1789
14 settembre 1851

Chi è James Fenimore Cooper?


James Fenimore Cooper è lo scrittore statunitense celebre per il romanzo "L'ultimo dei Mohicani". James Fenimore Cooper nasce il 15 settembre del 1789 in New Jersey, a Burlington, figlio di Elizabeth e di William. Con la famiglia si trasferisce, quando ha solo un anno, nello stato di New York, alla frontiera del lago Otsego, dove il padre - giudice e membro del Congresso degli Stati Uniti - occupa territori ancora disabitati fondando un insediamento e dando vita a quella che diventerà Cooperstown.

James va a scuola ad Albany prima e a New Haven poi; quindi, tra il 1803 e il 1805 frequenta il College Yale. Viene, però, espulso dal college per avere rubato del cibo e per condotta pericolosa, dopo avere fatto saltare in aria la porta della stanza di un compagno.

L'esperienza nell'esercito

Pochi anni dopo il futuro romanziere entra a far parte della Marina degli Stati Uniti: divenuto luogotenente dopo avere effettuato due viaggi su un vascello mercantile, il 18 maggio del 2010 si sposa a Mamaroneck con Susan Augusta de Lancey, appartenente a una delle famiglie più conosciute del posto, e l'anno dopo si dimette dall'incarico.

La scrittura

Si trasferisce, quindi, nella Contea di Westchester, dove si dedica alla scrittura: il suo primo libro, intitolato "Precauzione", è un romanzo di vecchia scuola concluso nel 1820; a esso fanno seguito "La spia", uscito nel 1821 e forte di un ottimo successo di pubblico, e "I pionieri", uscito nel 1823 e primo della serie di Calza-di-Cuoio (Leatherstocking Tales).

L'ultimo dei Mohicani

Tra il 1824 e il 1825 James Fenimore Cooper scrive una coraggiosa e appassionante storia di mare con "Il pilota" e un'opera meno riuscita come "Lionel Lincoln"; si rifà, però, nel 1826 con quello che ancora oggi viene considerato il suo capolavoro, cioè "L'ultimo dei Mohicani".

Nello stesso periodo viaggia in Europa: a Parigi pubblica "La prateria" e "Il corsaro rosso" (ritenuto dai critici il peggiore libro della sua intera produzione). Negli anni seguenti dà vita a "The Wept of Wish-ton-Wish", "Le opinioni di un viaggiatore scapolo" e "La strega del mare".

In difesa degli Stati Uniti d'America

Nel 1830, poi, scrive una serie di lettere a un giornale parigino, il "National", nelle quali difende gli Stati Uniti contro alcune accuse provenienti dalla "Revue Britannique": è questo l'inizio di una lunga teoria di scontri con la carta stampata, dove di volta in volta difende sé stesso o la propria patria.

È proprio il suo spirito repubblicano ad animare i suoi tre racconti successivi: nel 1831 vedono la luce "I Bravo" (ambientato in una Venezia governata da una oligarchia rozza che si cela dietro la repubblica serenissima), cui seguono nel 1832 "Gli Heidenmauer" e nel 1833 "Il carnefice: ovvero l'abbate di Vigneron": benché "I Bravo" siano stroncati dalla critica letteraria, tutte e tre le opere ottengono un buon successo di pubblico.

Il ritorno in patria e la critica al paese

Tornato negli Stati Uniti nel 1833, Cooper pubblica una "Lettera ai miei Compatrioti", dove fornisce la propria versione sulle vicende in cui è stato coinvolto e critica i suoi connazionali: un attacco che viene ribadito nel 1835 in "I Monikin" e in "Democratico Americano".

Poco dopo, James Fenimore Cooper si dedica alla rievocazione dei propri viaggi europei e delle proprie esperienze al di là dell'oceano: in "Inghilterra", tre volumi pubblicati nel 1837, e in "Costretto al ritorno" e "Come ho trovato la mia patria", usciti l'anno successivo, spiccano soprattutto la vanagloria e l'alta opinione che l'autore ha di sé stesso.

È anche per questo motivo che il distacco tra lo scrittore e il pubblico va progressivamente crescendo: Cooper deve fare i conti con numerose citazioni per oltraggio e subire gli attacchi del Partito Whig. Riesce, comunque, a vincere tutte le cause in cui è coinvolto, così che ha la possibilità di tornare al proprio lavoro di scrittore, forte dell'orgoglio che lo contraddistingue: nel 1839 esce "Storia della Marina degli Stati Uniti", mentre del 1840 sono "L'esploratore" (che prosegue la saga di Calza-di-Cuoio) e "Mercedes di Castiglia".

Tra il 1841 e il 1844, invece, è la volta di "Il cacciatore di cervi", "I due ammiragli", "Ali ed Ali", "Wyandotte, storia di un fazzoletto da tasca", "Ned Myers" e "Le avventure di Miles Wallingford".

Gli ultimi anni

Negli ultimi anni della sua vita James Fenimore Cooper tralascia parzialmente le opere di fantasia per dedicarsi alla controversia, arte in cui si contraddistingue: lo si nota, per esempio, nei due "Manoscritti di poche pagine". Dopo aver realizzato "Vite dei celebri ufficiali navali americani" e "Il cratere, ovvero la cima del vulcano", nel 1848 scrive una rivisitazione del "Pirata Rosso", "Jack Tier", e "Il buco nella quercia".

Nel 1849 pubblica "Il leone dei mari", mentre l'anno successivo dà vita a "Le vie dell'ora". È questa la sua ultima creazione: James Fenimore Cooper muore di idropisia il 14 settembre del 1851 a Cooperstown, un giorno prima di compiere 62 anni.

4. Biografia di Fausto Coppi

Un uomo solo al comando
15 settembre 1919
2 gennaio 1960

Chi è Fausto Coppi?


Fausto Angelo Coppi nasce a Castellania, in provincia di Alessandria, il 15 settembre 1919 in una famiglia di modeste origini. Trascorre la vita a Novi Ligure, prima in viale Rimembranza, poi a Villa Carla sulla strada per Serravalle. Poco più che adolescente è costretto a trovarsi un lavoro come garzone di salumeria. Ragazzo a modo ed educato è subito apprezzato per la sua dedizione, il suo fare introverso e la sue naturale gentilezza.

Per hobby scorrazza qua e là su di una rudimentale bicicletta regalatagli dallo zio. Si distende dal lavoro con lunghe scampagnate, dove si inebria al contatto con l'aria aperta e la natura.

Nel luglio 1937 disputa la sua prima corsa. Il tracciato non è facile, anche se si svolge tutto in prevalenza da un paese di provincia all'altro. Purtroppo a metà gara è costretto a ritirarsi poiché una gomma si sgonfia inaspettatamente.

Gli inizi non sono quindi promettenti, malgrado il ritiro sia da attribuire al caso e alla sfortuna più che alle doti atletiche del giovane Fausto.

Mentre Coppi pensa al ciclismo sopra la sua testa scoppia la seconda guerra mondiale. Militare a Tortona, Caporale della terza squadra di un plotone in quadrato nella compagnia agli ordini di Fausto Bidone, viene fatto prigioniero degli inglesi in Africa, a Capo Bon.

Il 17 maggio 1943 viene internato a Megez el Bab e poi trasferito al campo di concentramento di Blida, nei pressi di Algeri.

Fortunatamente esce incolume da questa esperienza e, una volta tornato a casa, ha modo di riprendere i suoi allenamenti in bicicletta. Il 22 novembre 1945, a Sestri Ponente, si unisce in matrimonio con Bruna Ciampolini, che gli darà Marina, la prima dei suoi figli (Faustino, nascerà in seguito alla scandalosa relazione con la Dama Bianca).

Poco dopo, qualche osservatore, convintosi del suo talento, lo chiama alla Legnano, che diventa di fatto la prima squadra professionistica a cui prende parte. In seguito difenderà i colori delle seguenti squadre: Bianchi, Carpano, Tricofilina (alle ultime due abbinò il proprio nome). Alla fine del 1959 si lega alla S. Pellegrino.

Al primo anno di professionismo, arrivando con 3'45" di vantaggio nella tappa Firenze-Modena del Giro d'Italia, conquista una vittoria che gli consente di smentire le previsioni generali che volevano Gino Bartali vincitore della corsa rosa. A Milano in rosa giunse infatti lui, Fausto Angelo Coppi.

Alcune delle altre cavalcate solitarie che fecero scorrere fiumi d'inchiostro furono: quella di 192 Km nella tappa Cuneo-Pinerolo del Giro d'Italia del 1949 (vantaggio 11'52"), quella di 170 Km del Giro del Veneto (vantaggio 8') e quella di 147 Km della Milano-Sanremo del '46 (vantaggio 14').

Il Campionissimo del ciclismo, vinse 110 corse di cui 53 per distacco. Il suo arrivo solitario sui grandi traguardi era annunciato con una frase, coniata da Mario Ferretti in una famosa radiocronaca dell'epoca: "Un uomo solo al comando!" (a cui Ferretti aveva aggiunto: "[...], la sua maglia è biancoceleste, il suo nome Fausto Coppi!").

Il grande ciclista si aggiudicò due volte il Tour de France nel 1949 e nel 1952 e cinque volte il Giro d'Italia (1940, 1947, 1949, 1952 e 1953) ed entrò nella storia per essere uno dei pochi ciclisti al mondo ad aver vinto Giro e Tour nello stesso anno (tra cui ricordiamo anche Marco Pantani, 1998).

Al suo attivo vi furono tre volte la Milano-Sanremo (1946, 1948, 1949), cinque Giri di Lombardia (1946-1949, 1954), due Gran premi delle Nazioni (1946, 1947), una Parigi-Roubaix (1950) e una Freccia vallone (1950).

Fausto Coppi è morto il 2 gennaio 1960 per una malaria contratta durante un viaggio in Alto Volta e non diagnosticata in tempo, che gli stroncò la vita a soli 41 anni.

La sua storia di ciclista, caratterizzata dalla rivalità-alleanza con Gino Bartali, e le vicende della vita privata, segnata dalla relazione segreta con la "Dama Bianca" (relazione che causò enorme scandalo nell'Italia post bellica), hanno fatto del leggendario ciclista una figura che, ben al di là del fatto sportivo, può dirsi veramente rappresentativa dell'Italia degli anni '50.

5. Biografia di Francois de La Rochefoucauld

Le massime aspirazioni
15 settembre 1613
17 marzo 1680

Chi è Francois de La Rochefoucauld?


Francois VI, duca de La Rochefoucauld, Principe di Marcillac nasce a Parigi il 15 settembre 1613.

E' considerato uno dei più importanti scrittori di epigrammi e il più grande scrittore francese di massime.

Francois de La Rochefoucauld fu rappresentante dell'antica nobilità francese nel tempo in cui la corte reale rappresentava per la nobiltà, oscillando, talvolta un aiuto e talvolta una minaccia.

La sua opera più importante sono le "Massime", del 1665; l'autore combina sapientemente la capacità di introspezione psicologica con una concisione che conferisce eleganza ed equilibrio a ogni singolo epigramma.

Grazie alle sue origini nobili Francois de La Rochefoucauld ha l'ooprtunità di avere un'ottima educazione scolastica. A sedici anni non ancora compiuti decide di arruolarsi nell'esercito. Nello stesso periodo debutta nella vita pubblica francese; formalmente, un anno prima del suo arruolamento nominally sposa Andrée de Vivonne. Per alcuni anni il Principe di Marcillac prende parte alle campagne militari, nelle quali dimostra di avere un carattere coraggioso; tuttavia non otterrà nessun riconoscimento per i suoi valori militari.

Dopo l'esperienza militare viene preso sotto l'ala protettrice di Madame de Chevreuse, la prima delle tre donne che più influenzeranno la vita dell'autore.

Attraverso Madame de Chevreuse, Rochefoucauld si avvicina alla regina Anna d'Austria e al Cardinale Richelieu.

Marcillac acquisisce sempre più importanza a corte, ma non troverà mai quella fortuna necessaria per spiccare il salto. Anche dopo la morte del padre, il suo periodo sfortunato sembra non terminare e durante la battaglia di Faubourg Saint Antoine, nel 1652, viene colpito alla testa rischiando la cecità.

Poco tempo dopo la convalescenza, La Rochefoucauld inizia a frequentare i salotti di Madame de Sable. E' in questo periodo che inizia a scrivere le "Memorie", e le "Massime". Tre anni più tardi, nel 1665, pubblica le "Massime" (titolo originale:"Reflexions ou sentences et maximes morales"). La pubblicazione lo fa entrare di diritto tra i letterati del tempo.

Nello stesso anno inizia la sua amicizia con Madame de la Fayette, che sarà al suo fianco fino alla fine della sua vita. Dopo una lunga e tormentata malattia Francois de La Rochefoucauld muore a Parigi il 17 marzo 1680.

6. Biografia di Oriana Fallaci

Cuore e passione
29 giugno 1929
15 settembre 2006

Chi è Oriana Fallaci?


La controversa scrittrice contestata nei suoi ultimi anni di vita soprattutto a causa dei suoi interventi relativi ai rapporti con l'Islam, nasce a Firenze il 26 giugno 1929, in piena era fascista. Gli anni della sua infanzia sono quelli del potere mussoliniano: forse fa un po' effetto pensare alla "passionaria" e ribelle scrittrice alle prese con un clima simile.

L'aria che respirava in casa non è certo favorevole alla dittatura. Il padre è un attivo antifascista, così convinto delle sue scelte e delle sue idee che addirittura coinvolge la piccola Oriana - allora di soli dieci anni - nella lotta resistenziale con compiti di vedetta o simili. La piccola impara anche ad utilizzare le armi grazie alle battute di caccia organizzate dal padre, che si trascina dietro la bambina durante le sue escursioni venatorie.

Divenuta un poco più grande Oriana si unisce al movimento clandestino di resistenza, sempre guidato dal padre, diventando un membro del corpo dei volontari per la libertà contro il nazismo. E' un periodo assai duro per la Fallaci, e forse è da quegli avvenimenti che si può far risalire la sua celebre tempra di donna di ferro, tempra che poi la contraddistinguerà negli anni della maturità e della celebrità.

Questi eventi cui abbiamo accennato non solo vedono il padre catturato, imprigionato e torturato dalle truppe naziste (riuscendo fortunatamente a salvarsi), ma vedono anche la futura scrittrice ricevere un riconoscimento d'onore dall'Esercito Italiano per il suo attivismo durante la guerra, e questo a soli quattordici anni!

Terminato il conflitto decide di dedicarsi alla scrittura in maniera attiva e continuativa, con il serio proposito di farne una professione di vita.

Prima di approdare al romanzo e al libro, Oriana Fallaci si dedica prevalentemente alla scrittura giornalistica, quella che di fatto le ha poi regalato la fama internazionale. Fama ben meritata, perché a lei si devono memorabili reportages e interviste, indispensabili analisi di alcuni eventi di momenti di storia contemporanea.

Gli inizi sono legati all'ambito cronachistico per vari giornali, ma i direttori con cui viene a contatto non faticano a riconoscere in lei una stoffa di ben altro tipo. Cominciano a fioccare incarichi di più vasto respiro e di grande responsabilità, come le interviste a importanti personalità della politica o il resoconto di avvenimenti internazionali. La sua eccezionale bravura la porta all'"Europeo", prestigioso settimanale di grande spessore giornalistico e culturale, per poi collaborare anche con altre testate, sia in Europa, che nel sud America.

Fra gli exploit più memorabili è da ricordare la sua infiammata intervista all'Ayatollah Khomeini, leader del regime teocratico iraniano e poco incline a riconoscere diritti e dignità alle donne, contrariamente alla Fallaci, che è sempre stata all'avanguardia in questo genere di rivendicazioni. Khomeini fra l'altro non è stato trattato meglio o ricordato con indulgenza neanche nelle dichiarazioni contenute nell'articolo-scandalo "La rabbia e l'orgoglio".

Da ricordare inoltre l'incontro con Henry Kissinger, indotto dalla giornalista, con incalzanti domande, a parlare di argomenti mai affrontati con altri interlocutori, come alcune questioni riguardanti la sua vita privata (in seguito la stessa Fallaci ha dichiarato sorprendentemente di essere estremamente insoddisfatta di questa intervista, vissuta come una delle sue peggiori riuscite).

In seguito la summa dei colloqui con i potenti della Terra viene raccolta nel libro "Intervista con la storia".

L'atteggiamento di fondo che ha sempre contraddistinto la Fallaci lo si evince in maniera esemplare in questa sua dichiarazione che si riferisce proprio al libro e al suo modo di condurre le interviste: "Su ogni esperienza personale lascio brandelli d'anima e partecipo a ciò che vedo o sento come se riguardasse me personalmente e dovessi prendere una posizione (infatti ne prendo sempre una basata su una precisa scelta morale)".

A partire da questo è da rilevare come la scrittura della Fallaci nasca sempre da precise motivazioni di ordine etico e morale, il tutto filtrato da una tempra di scrittrice civile come poche il nostro paese può vantare. In qualche modo il suo nome può essere accostato, pur con tutte le diversità del caso, al solo Pasolini, al quale scrisse una storica e commossa lettera-ricordo in seguito al tragico evento della sua morte. Secondo quanto da lei stessa riferito l'"input" che in genere la induce ha prendere carta e penna "è quello di raccontare una storia con un significato [...], è una grande emozione, un'emozione psicologica o politica e intellettuale. 'Niente e così sia', il libro sul Vietnam, per me non è nemmeno un libro sul Vietnam, è un libro sulla guerra".

Altro esempio che calza a pennello è un testo vendutissimo e di grande impatto, che non ha mancato di sollevare alla sua uscita (come quasi tutti i suoi testi), grandi discussioni: stiamo parlando di "Lettera ad un bambino mai nato", edito nel 1975, scritto proprio in seguito alla perdita di un possibile figlio.

Un significativo esempio del pathos che la Fallaci riversa nei suoi libri è costituito dal best-seller "Un uomo" (1979), romanzo steso in seguito alla morte del compagno Alekos Panagulis. Nel romanzo "Insciallah" scrive la storia delle truppe italiane stazionate in Libano nel 1983. Come nella maggior parte dei suoi libri anche in questo caso la scrittrice mostra lo sforzo, da parte di normali individui piuttosto che di vasti gruppi, di liberarsi dal giogo di oppressioni e ingiustizie di vario tipo e specie.

I suoi libri sono stati tradotti in più di trena paesi; fra i riconoscimenti va segnalata la laurea ad honorem in Letteratura ricevuta dal Columbia College of Chicago.

Seppure di origini fiorentine, Oriana Fallaci ha risieduto a lungo a New York: "Firenze e New York sono le mie due patrie", racconta lei stessa.

Ed è proprio dal grande attaccamento per gli Stati Uniti, dalla grande ammirazione che la Fallaci sente per questo paese, che nasce la sua reazione al terribile attentato terroristico dell'11 settembre 2001 alle Twin Towers.

Con una lettera inviata all'allora direttore del "Corriere della Sera" Ferruccio De Bortoli, Oriana Fallaci ha rotto il silenzio che durava da tempo. Lo ha fatto nel suo stile, uno stile viscerale e potente che non lascia mai indifferenti e che ha sollevato una vasta eco in tutto il mondo. Noi ci limitiamo a riportare qui di seguito l'incipit di quello scritto:

"Mi chiedi di parlare, stavolta. Mi chiedi di rompere almeno stavolta il silenzio che ho scelto, che da anni mi impongo per non mischiarmi alle cicale. E lo faccio. Perché ho saputo che anche in Italia alcuni gioiscono come l'altra sera alla Tv gioivano i palestinesi di Gaza. "Vittoria! Vittoria!" Uomini, donne , bambini. Ammesso che chi fa una cosa simile possa essere definito uomo, donna, bambino. Ho saputo che alcune cicale di lusso, politici o cosiddetti politici, intellettuali o cosiddetti intellettuali, nonché altri individui che non meritano la qualifica di cittadini, si comportano sostanzialmente nello stesso modo. Dicono: "Gli sta bene, agli americani gli sta bene". E sono molto, molto arrabbiata. Arrabbiata d'una rabbia fredda, lucida, razionale. Una rabbia che elimina ogni distacco, ogni indulgenza. Che mi ordina di rispondergli e anzitutto di sputargli addosso. Io gli sputo addosso".

Da tempo sofferente di un male incurabile Oriana Fallaci è scomparsa a Firenze all'età di 77 anni il 15 settembre 2006.

Il suo ultimo lavoro, intitolato "Un cappello pieno di ciliege", esce postumo nel 2008 e racconta la storia della famiglia Fallaci su cui Oriana aveva lavorato per oltre dieci anni. Il libro viene pubblicato su ferma volontà di Edoardo Perazzi, nipote ed erede universale di Oriana Fallaci, il quale ha seguito precise disposizioni riguardo alla pubblicazione.

Bibliografia essenziale di Oriana Fallaci

I sette peccati di Hollywood
Il sesso inutile
Penelope alla guerra
Gli antipatici
Se il sole muore
Niente e così sia
Quel giorno sulla luna
Intervista con la storia
Lettera a un bambino mai nato
Un uomo
Insciallah
La rabbia e l'orgoglio
La forza della ragione
Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci
Oriana Fallaci intervista sé stessa
L'Apocalisse
Un cappello pieno di ciliege

7. Biografia di Pippo Fava

Denunciando Cosa Nostra
15 settembre 1925
5 gennaio 1984

Chi è Pippo Fava?


Giuseppe Fava, detto Pippo, nasce il 15 settembre 1925 a Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa, figlio di Elena e Giuseppe, maestri in una scuola elementare. Trasferitosi a Catania nel 1943, si laurea in Giurisprudenza e diventa giornalista professionista: collabora con diverse testate, sia locali che nazionali, tra cui il "Tempo illustrato di Milano, "Tuttosport", "La Domenica del Corriere" e "Sport Sud".

Nel 1956 viene assunto dall'"Espresso sera": nominato caporedattore, scrive di calcio e cinema, ma anche di cronaca e politica, intervistando boss di Cosa Nostra come Giuseppe Genco Russo e Calogero Vizzini. Nel frattempo, comincia a scrivere per il teatro: dopo l'inedito "Vortice" e "La qualcosa" (ideato a quattro mani con Pippo Baudo), nel 1966 crea "Cronaca di un uomo", che si aggiudica il Premio Vallecorsi, mentre quattro anni più tardi "La violenza", dopo aver vinto il Premio IDI, viene portato in tournée in tutta Italia (con debutto al Teatro Stabile di Catania).

Pippo Fava si dedica anche alla saggistica (nel 1967 pubblica per Ites "Processo alla Sicilia") e alla narrativa ("Pagine", sempre con la stessa casa editrice) prima di dare vita, nel 1972, a "Il proboviro. Opera buffa sugli italiani". In seguito, si avvicina al cinema, visto che Florestano Vancini dirige "La violenza: Quinto potere", trasposizione cinematografica del primo dramma di Fava. Mentre Luigi Zampa porta sul grande schermo "Gente di rispetto", il suo primo romanzo, Pippo Fava continua a lasciarsi ispirare dalla sua vena creativa: scrive per Bompiani "Gente di rispetto" e "Prima che vi uccidano", senza rinunciare alla passione per il teatro con "Bello, bellissimo", "Delirio" e "Opera buffa"; quindi lascia l'"Espresso sera" e si trasferisce a Roma, dove per Radiorai conduce la trasmissione radiofonica "Voi e io".

Mentre prosegue le collaborazioni con il Corriere della Sera e Il Tempo, scrive "Sinfonia d'amore", "Foemina ridens" e la sceneggiatura del film di Werner Schroeter "Palermo or Wofsburg", tratto dal suo libro "Passione di Michele": la pellicola conquista l'Orso d'Oro al Festival di Berlino nel 1980. Nello stesso anno, il giornalista e scrittore siciliano diventa direttore del "Giornale del Sud": accolto con un certo scetticismo nei primi tempi, progressivamente dà vita a una redazione giovane che comprende, tra gli altri, Rosario Lanza, Antonio Roccuzzo, Michele Gambino, Riccardo Orioles e suo figlio Claudio Fava.

Sotto la sua direzione, il quotidiano cambia rotta, e tra l'altro denuncia gli interessi di Cosa Nostra nel traffico di droga a Catania. L'esperienza al "Giornale del Sud", tuttavia, finisce nel giro di poco tempo: sia per l'avversione di Pippo Fava nei confronti della realizzazione di una base missilistica a Comiso, sia per il sostegno all'arresto del boss Alfio Ferlito, sia per il passaggio del quotidiano a una cordata di imprenditori (Giuseppe Aleppo, Gaetano Graci, Salvatore Costa e Salvatore Lo Turco, quest'ultimo in contatto con il boss Nitto Santapaola) dai profili non molto trasparenti.

Fava, all'inizio degli anni Ottanta, scampa a un attentato messo in pratica con una bomba realizzata con un chilo di tritolo; poco dopo il giornale viene censurato prima della stampa di una prima pagina dedicata alle attività illecite di Ferlito. Pippo, quindi, viene definitivamente licenziato, nonostante l'opposizione dei suoi colleghi (che occupano la redazione per una settimana, ricevendo ben poche attestazioni di solidarietà), e rimane senza lavoro.

Con i suoi collaboratori, dunque, decide di dare vita a una cooperativa, denominata "Radar", che si propone di finanziare un progetto editoriale nuovo: il gruppo pubblica il primo numero di una nuova rivista, intitolata "I Siciliani", nel novembre del 1982, pur non avendo mezzi operativi (due sole rotative Roland usate, comprate con cambiali). La rivista, con cadenza mensile, diventa un punto di riferimento per la lotta alla mafia, e le inchieste che vi vengono pubblicate attirano l'attenzione dei media di tutta Italia: non solo storie di delinquenza ordinaria, ma anche la denuncia delle infiltrazioni mafiose e l'opposizione alle basi missilistiche sull'isola.

Il primo articolo firmato da Pippo Fava si chiama "I quattro cavalieri dell'apocalisse mafiosa", ed è una circostanziata denuncia delle attività illegali di quattro imprenditori catanesi, cavalieri del lavoro: Francesco Finocchiaro, Mario Rendo, Gaetano Graci e Carmelo Costanzo avrebbero legami diretti con il clan di Nitto Santapaola. Proprio due di loro, Graci e Rendo, nel 1983 tentano di comprare il giornale (insieme con Salvo Andò) per cercare di controllarlo: le loro richieste, però, vanno a vuoto. Il 28 dicembre del 1983 Fava rilascia un'intervista a Enzo Biagi per il programma "Filmstory" in onda su Raiuno, in cui rivela la presenza di mafiosi in Parlamento, al governo, nelle banche.

E' quello il suo ultimo intervento pubblico prima del suo assassinio che va in scena il 5 gennaio 1984: è il secondo intellettuale, dopo Giuseppe Impastato, a essere ucciso da Cosa Nostra. Alle nove e mezza di sera, il giornalista si trova in via dello Stadio a Catania, e si sta dirigendo al Teatro Verga per andare a prendere la nipote, impegnata a recitare in "Pensaci, Giacomino!": viene freddato da cinque colpi, proiettili calibro 7,65, che lo colpiscono alla nuca.

In principio la polizia e la stampa parlano di un delitto passionale, evidenziando che la pistola impiegata per l'omicidio non è tra quelle usate di norma negli eccidi mafiosi. Il sindaco Angelo Munzone, invece, sostiene l'ipotesi di motivi economici alla base dell'omicidio: anche per questo motivo evita l'organizzazione di cerimonie pubbliche.

Il funerale di Pippo Fava si tiene nella chiesa di Santa Maria della Guardia in Ognina, alla presenza di poche persone: la bara viene accompagnata soprattutto da operai e giovani, e le uniche autorità presenti sono il questore Agostino Conigliaro (uno dei pochi a credere alla pista del delitto di mafia), il presidente della Regione Sicilia Santi Nicita e alcuni membri del Partito Comunista Italiano. La rivista "I Siciliani" continuerà a uscire anche dopo la morte del fondatore. Il processo Orsa Maggiore 3, conclusosi nel 1998, individuerà come organizzatori dell'assassinio di Giuseppe Fava, Marcello D'Agata e Francesco Giammauso, come mandante il boss Nitto Santapaola e come esecutori Maurizio Avola e Aldo Ercolano.

8. Biografia di Tommy Lee Jones

15 settembre 1946

Chi è Tommy Lee Jones?


Tommy Lee Jones nasce il 15 settembre del 1946 in Texas, a San Saba, figlio di una poliziotta e di un operaio. Dopo aver frequentato la Robert E. Lee High School, si diploma nella St. Mark's School of Texas e si iscrive al college ad Harvard, laureandosi cum laude nel 1969 in Inglese con una tesi sui meccanismi del Cattolicesimo nei lavori di Falnnery O'Connor. Da ragazzo è appassionato di football americano e ottimo giocatore (grazie alla sua abilità aveva ottenuto la borsa di studio per accedere alla St. Mark's School prima e ad Harvard poi), e negli anni del college è uno dei giocatori che prendono parte al celebre match tra Yale ed Harvard terminato 29 a 29. Il suo sogno di trasformarsi in un giocatore professionista, tuttavia, si infrange contro la sua costituzione troppo magra: per questo, abbandona le velleità sportive per dedicarsi alla recitazione.

In seguito Tommy Lee Jones si sposta a New York con l'obiettivo di diventare un attore: debutta a Broadway a 23 anni in "A patriot for me", mentre nel 1970 ottiene il suo primo ruolo in un film. Si tratta, guarda caso, di interpretare uno studente di Harvard in "Love story". Tornato a Broadway per recitare in "Four on a garden", di Abe Burrows, al fianco di Sid Caesar e Carol Channing, ha l'opportunità di lavorare, nella prima metà degli anni Settanta, anche in televisione, vestendo i panni del dottor Mark Toland nella soap opera della ABC "One life to live". Sposatosi, nel frattempo, con Kate Lardner, figlia del giornalista Ring Lardner Jr., nel 1974 Jones torna sul palco con Zero Mostel in "Ulysses in nighttown", mentre poco dopo è protagonista del film tv "The amazing Howard Hughes", che riscuote un ottimo successo. Sul grande schermo, interpreta un evaso in "Jackson County Jail", del 1976, e un veterano del Vietnam in "Rolling Thunder", dell'anno seguente, mentre in "The Betsy", di Harold Robbins, ha l'occasione di recitare con Laurence Olivier.

Dopo essersi separato dalla moglie nel 1978, nel 1980 l'attore conquista la sua prima nomination ai Golden Globe, grazie all'interpretazione del marito della cantante country Loretta Lynn, Doolittle Mooney Linn, in "Coal miner's daughter". Dopo aver partecipato alla commedia "Back Roads", Tommy Lee Jones riceve un Emmy come miglior attore nel 1983 per il ruolo dell'assassino Gary Gilmore in un adattamento per la televisione di "The executioner's song", di Norman Mailer, e nello stesso periodo partecipa a "Nate and Hayes", film di pirati. Intanto è diventato padre per la prima volta: la sua seconda moglie Kimberlea Cloughley, figlia dell'ex sindaco di San Antonio Phil Hardberger, ha dato alla luce nel 1982 Austin Leonard. Una nuova candidatura agli Emmy arriva nel 1989, quando veste di panni di Woodrow F. Call nella miniserie televisiva "Lonesome Dove" basata sul best seller di Larry McMurtry.

Negli anni Novanta Tommy Lee Jones, ormai interprete di rango, viene chiamato a prendere parte a successi commerciali: è il caso di "The fugitive", insieme con Harrison Ford, "Batman forever", al fianco di Val Kilmer, e soprattutto di "Men in black", dove è co-protagonista con Will Smith. Divenuto uno degli attori più pagati e più richiesti di Hollywood, egli riesce comunque a soddisfare anche la critica: non a caso riceve un Oscar come migliore attore non protagonista per "The fugitive", e al tempo stesso ha la possibilità di lavorare in produzioni più raffinate. È il caso, per esempio, di "JFK", film del 1991 (anno della nascita della sua seconda figlia, Victoria Kafka) in cui interpreta il ruolo di Clay Shaw (che gli vale una nomination agli Oscar), ma anche di "Under Siege" (dove interpreta un terrorista) e di "Natural born killers".

Nel 1995 Jones si mette per la prima volta dietro la macchina da presa, dirigendo il film tv "The good old boys". Nel 2000 (anno in cui presenta il discorso di candidatura al Congresso Nazionale Democratico di Al Gore - suo compagno di stanza al college - come candidato dei Democratici alla Casa Bianca) recita insieme con Clint Eastwood nel film "Space cowboys", dove entrambi interpretano ex piloti che guidano una missione di salvataggio nello spazio; l'anno successivo si sposa per la terza volta, con Dawn Laurel.

Dopo aver preso parte a "The three burials of Melquiades Estrada" (che segna anche il suo esordio da regista al cinema), presentato al Festival del Cinema di Cannes del 2005, Jones viene scelto come testimonial dell'azienda giapponese Suntory, e al cinema interpreta "In the valley of Elah" (film grazie al quale ottiene una nomination agli Oscar, per la prima volta nella sua vita come migliore attore protagonista, in virtù della sua interpretazione di un ex soldato impegnato nella ricerca degli assassini di suo figlio), di Paul Higgis, al fianco di Susan Sarandon e Charlize Theron, e "Non è un paese per vecchi" (No country for old men), pellicola dei fratelli Coen che conquista ben quattro statuette agli Academy Awards.

Dopo essere stato diretto da Bertand Tavernier in "In the electric mist", insieme con John Goodman, nel 2008, nel 2010 l'interpreta texano appare in "The company men", film drammatico ispirato dalla crisi economica, presentato in anteprima al Sundance Film Festival, e nel più commerciale "Captain America: the first avenger", dove interpreta il Colonnello Chester Phillips. Molto ricco di opportunità lavorative si rivela il 2012, con la dramedy romantica "Hope springs", il terzo episodio di "Men in black" e la partecipazione al kolossal storico di Steven Spielberg "Lincoln".

In Italia, Tommy Lee Jones è doppiato soprattutto da Dario Penne (che gli presta la voce, tra l'altro, nei tre episodi di "Men in black" e in "Sunset limited") e da Renzo Stacchi (sua voce in "Batman forever", "Natural born killers" e "Space cowboys"), ma anche, tra gli altri, da Saverio Moriones ("Captain America: the first avenger") e da Rodolfo Bianchi ("The company men").

9. Biografia di Caterina Murino

15 settembre 1977

Chi è Caterina Murino?


Nata a Cagliari il 15 settembre 1977, Caterina Murino inizia a farsi conoscere nel 1997 quando arriva quinta al concorso di Miss Italia. Dopo piccole parti in fiction tv si trasferisce in Francia.

Dopo alcune esperienze tra teatro e cinema, viene scelta come Bond girl nel 2006 per il film

"Casino Royale": come prevedibile, si tratta di un successo successo mondiale.

Il suo primo film da protagonista arriva nel 2008: si intitola "Il seme della discordia", girato da Pappi Corsicato e recitato insieme ad Alessandro Gassman, Isabella Ferrari e Martina Stella.

Il 5 dicembre 2008 compare senza veli sul primo numero della rinnovata edizione italiana della rivista "Playboy".

Impegnata nel sociale e attenta ai problemi dell'Africa, Caterina Murino è testimonial per Amref e, dopo un viaggio in Kenya ad osservare la pesante situazione nelle scuole, nel 2009 presta la sua immagine per la campagna pubblicitaria a favore del progetto "Adotta un ambasciatore".

10. Biografia di Gianmarco Pozzecco

Spumeggiando a canestro
15 settembre 1972

Chi è Gianmarco Pozzecco?


Gianmarco Pozzecco nasce a Gorizia il 15 settembre 1972. Nonostante sia nato a Gorizia e sia cresciuto cestisticamente a Udine, Pozzecco è orgogliosamente triestino anche se finora non ha mai giocato con la squadra della sua città.

Esordisce in prima squadra nel 1991 con la maglia della Pallacanestro Udine in serie B1.

Nel 1993 approda in serie A con Livorno e inizia a mettere in mostra i suoi numeri tutti velocità, estro e genialità. Chiude la stagione con 10 punti in 17 minuti medi di impiego.

Gli anni 2000

L'estate successiva la Pallacanestro Varese si assicura le sue prestazioni. Con la canotta della storica società lombarda Pozzecco gioca fino al 2002 e vive i momenti più belli e vincenti della sua carriera. Con Varese vive il calvario della serie A2 ma una volta tornato tra i grandi emerge come leader in campo attirando su di se le attenzioni di tutto il panorama cestistico nazionale.

Non è tra i giocatori più alti del campionato (180 cm) tuttavia è dotato di una velocità e imprevedibilità non comuni per un playmaker di scuola italiana. Inoltre Gianmarco Pozzecco abbina un gran tiro da tre punti e una straordinaria visione del gioco che gli permette di vincere per sette anni consecutivi la classifica degli assist-men del campionato italiano.

Con Varese vince il Campionato italiano e la Supercoppa nel 1999 oltre a partecipare all'ultimo McDonald's Championship a Parigi.

Di lui si vocifera anche tra i campioni NBA; Tim Duncan dei San Antonio Spurs dichiara: "mi ha impressionato quel piccolo giocatore con i capelli rossi".

L'eccentricità di Pozzecco è contagiosa e contribuisce a far nascere il "personaggio Pozzecco". Tra il 2000 e il 2001 conduce insieme a Samantha De Grenet la trasmissione "Candid Camera Show" su Italia 1, affermandosi ancora una volta per la sua simpatia. Sono numerose le sue apparizioni in TV e la sua popolarità supera anche quella di mostri sacri del basket come Dino Meneghin e Carlton Myers.

Nel 2001 Pozzecco si afferma come miglior marcatore del campionato con 27 punti di media a gara: è il punto più alto della parabola agonistica del "Poz".

Negli Stati Uniti

Finito il campionato si imbarca per gli Stati Uniti dove cerca di convincere qualche franchigia a dargli una chance nel campionato NBA. Gioca una summer league con i Toronto Raptors ma l'età (29 anni) e il fisico minuto non gli permettono di competere con i possenti giganti americani.

Torna dagli USA con molta amarezza e le motivazioni non sono più le stesse.

Il ritorno in Italia

Nel 2002 dà una svolta alla carriera firmando per la Fortitudo Bologna.

Con la squadra emiliana arriva secondo in Eurolega (Coppa dei Campioni) e in Italia, ma gioca sempre meno. La panchina lo innervosisce e nell'aprile 2005 dopo aver strappato dalle mani dell'allenatore la lavagna degli schemi in una partita, gli viene risolto il contratto.

Ripiega nella seconda divisione spagnola per non perdere il treno che porta agli europei con la nazionale.

Con la nazionale di basket

Con la maglia azzurra Gianmarco Pozzecco ha sempre avuto un rapporto di amore-odio. L'esordio risale al 1997; nel 1998 fa parte della spedizione che arriva sesta ai mondiali. Il temperamento difficile da gestire porta Pozzecco alla collisione con il CT Tanjevic che lo tiene fuori dalla rosa che vince l'Europeo del 1999.

Torna in nazionale con Carlo Recalcati (suo allenatore ai tempi dello scudetto di Varese) ma prima degli Europei del 2003 è autore di una marachella pozzecchiana. Durante il ritiro a Bormio, di notte, stufo dell'austerità del ritiro, prende senza permesso il pulmino della squadra alla ricerca di svago. E' cacciato dal ritiro ma Recalcati gli dà una seconda possibilità convocandolo per le Olimpiadi di Atene: Pozzecco diventa decisivo nella vittoria dell'argento.

Disputa anche gli Europei del 2005 ed è uno dei pochi che salva la faccia.

La vita privata e l'addio al basket giocato

A lungo fidanzato con la nota pallavolista Maurizia Cacciatori, nell'estate del 2004, i due all'ultimo momento hanno annullato le programmate nozze.

Nel 2006 Pozzecco si trova a giocare in Russia con il Khimky Mosca, in una sorta di esilio forzato. Il suo carattere difficile da controllare gli ha chiuso le porte di molti club italiani ma sono in molti a sperare che al termine del contratto possa tornare in Italia. E così è: nel 2007 torna in patria. Inizialmente sembra accasarsi alla Virtus Bologna, poi Gianmarco ci ripensa poco prima di firmare: alla fine di luglio 2007 firma un contratto con l'Orlandina Basket, squadra di Capo d'Orlando (Messina).

Lascia il basket professionistico nel maggio del 2008, dando pubblicamente annuncio ad Avellino alla fine della sua ultima gara.

La carriera di allenatore

Nel novembre 2012 viene nominato nuovo allenatore dell'UPEA Capo d'Orlando in sostituzione di Massimo Bernardi (Legadue). Prende in mano la squadra in ultima posizione (0-6) e chiude la stagione all'undicesimo posto. In estate decide di prolungare il suo rapporto con l'Orlandina Basket.

Nella stagione 2013/2014 diventa l'allenatore di Matteo Soragna e Gianluca Basile, suoi ex-compagni in Nazionale, ingaggiati nel mercato estivo dalla dirigenza paladina. La sua Orlandina chiude seconda in stagione regolare e arriverà in finale perdendo la serie 3-0 contro l'Aquila Basket Trento.

Il 13 giugno 2014 Gianmarco Pozzecco firma un contratto biennale con la Pallacanestro Varese, nella massima serie (Serie A).

11. Biografia di Moana Pozzi

Frutti proibiti
27 aprile 1961
15 settembre 1994

Chi è Moana Pozzi?


Una donna, una leggenda. Inutile nasconderlo, Moana Pozzi, la pornostar più famosa di tutti i tempi (insieme a Ilona Staller, alias "Cicciolina"), è diventata, grazie alla sua classe e alla sua indubbia intelligenza, non solo un'icona dell'erotismo ma anche una donna da ammirare per il suo coraggio e la sua spregiudicatezza morale ed intellettuale. Tanto da farne, paradossalmente, quasi il simbolo di un nuovo modello di femminismo. Questione di punti di vista, naturalmente.

Non c'è dubbio, comunque, che Moana Pozzi abbia incarnato il tipo di donna misteriosa e sensuale capace di far perdere la testa agli uomini, esercitando un indubbio potere, un'influenza ammaliante su chi la circondava. C'è anche chi si è arrovellato sull'origine del suo nome, arrivando ad ipotizzare che fosse una traslitterazione dall'inglese "to moan", che significa "gemere".

In realtà, "Moana", scelto dai genitori rifacendosi a luoghi mitici cercati sull'atlante geografico, significa semplicemente, in lingua polinesiana, "il posto dove il mare è più profondo".

Un nome, ad ogni modo, su cui molti hanno ricamato leggende intorno alla "diversità" congenita della bionda attrice, sul suo irrimediabile destino di emarginata (per quanto famosa, una pornostar non è mai realmente accettata dai benpensanti). Invece la vita di Moana, a dispetto delle apparenze, è sempre stata quanto mai lineare e serena, nella sua "anormalità". Persino la morte improvvisa e prematura non ne fa un'eroina "maudite", ma la trasforma in un'icona da venerare con malinconia e rispetto.

Nata in una famiglia genovese cattolicissima (il padre ingegnere, lavorava in un centro di ricerca nucleare mentre la madre era una semplice casalinga), Moana Pozzi studia presso un istituto delle suore Marie Pie e Scolopie. Frequenta il liceo scientifico e studia per sei anni chitarra classica in conservatorio. A diciotto anni, già ragazzona alta e formosa con un sorriso disarmante, è in cerca di libertà e trasgressione: sente il bisogno di sganciarsi dall'ambiente per lei troppo formale della sua famiglia. Comincia a partecipare a concorsi di bellezza, posa nuda per pittori e fotografi e si trasferisce a Roma per frequentare gli ambienti del cinema.

I genitori rimangono traumatizzati quando scoprono che la figlia gira pellicole erotiche. La loro reazione iniziale è drastica e arrivano a rompere qualsiasi rapporto con lei per un anno. Fortunatamente, passato il periodo di choc, la frattura si ricompone e anzi padre e madre si prodigheranno, quando si presenterà la necessità, in aiuti, supporti morali e materiali.

Anche se la scelta di Moana non sarà mai da loro del tutto accettata (vani, in particolare, i continui tentativi del padre di farle studiare teatro).

Intanto il nome di Moana Pozzi comincia a farsi notare nell'ambiente. Non solo in quello dell'hard, ma anche in quello più istituzionale. La sua vèrve e il suo carisma le permettono di affrontare tranquillamente le sempre più numerose apparizioni televisive, in cui viene sempre chiamata con lo scopo di aggiungere un po' di "pepe" al condimento generale e generalista.

Nel 1981 lavora a Raidue per la trasmissione per ragazzi "Tip Tap 2", mentre un paio di anni dopo ottiene qualche comparsata in film "normali". E' la ragazza che esce nuda dalla vasca di Manuel Fantoni in "Borotalco" di Carlo Verdone; appare addirittura in "Ginger e Fred" (1985) di Federico Fellini.

Il 1986 è l'anno dell'esplosione come pornostar. Entra nella nota scuderia di Riccardo Schicchi e gira numerosi film che producono incassi da capogiro. Il genere di mercato ormai è quasi totalmente orientato all'home video, e così Moana entra nelle case di milioni di italiani.

Nel 1987 conduce insieme a Fabio Fazio "Jeans 2" su Raitre, programma pomeridiano per ragazzi. La Federcasalinghe va su tutte le furie e costringe Moana Pozzi a ritirarsi. Passano pochi mesi e Antonio Ricci la ingaggia per "Matrjoska", in onda su Italia 1. Viene registrata una puntata in cui Moana compare completamente nuda: ancora polemiche, grida di censura e la trasmissione viene sospesa. Ricci cambia allora il titolo del programma in "Araba fenice" e riesce a far trasmettere Moana come valletta nuda, che diventa, manco a dirlo, un personaggio nazionalpopolare, oggetto di dibattiti ed editoriali, nonché di analisi da parte di intellettuali e scrittori, polemisti ed editorialisti. Tutti a sottolinearne la bellezza, il suo ruolo di fenomeno di costume ma anche la sua classe, la sua totale mancanza di volgarità nel porsi. Per molti è la donna ideale: dolce, attenta ma anche decisa e all'occasione dominatrice.

Il 1991 è l'anno di un altro scandalo, conclusosi con uno dei casi di censura occulta più incredibile dei nostri giorni. Esce infatti quella sorta di memoriale che è "Filosofia di Moana", un libro della pornostar in forma di dizionario. E' una carrellata di pensieri, gusti e inclinazioni, ma soprattutto di descrizioni di relazioni con uomini famosi "conosciuti da vicino", che fa molto scalpore. Moana non si esime dall'elargire delle vere e proprie pagelle relative alle rispettive qualità amatorie di cantanti, attori e comici: nessuno è risparmiato, tanto meno qualche politico che con Moana ha avuto commercio più o meno lecito.

Il libro a tutt'oggi è introvabile. Nello stesso anno sposa a Las Vegas Antonio Di Ciesco, suo ex autista, a quanto sembra l'unico uomo che è stato capace di tenerla legata a sé.

Sempre nel 1991 Moana Pozzi realizza insieme a Mario Verger un film d'animazione intitolato "Moanaland", che insieme a "I Remember Moana", dopo esser stato presentato al Palazzo delle Esposizioni e raccogliendo l'attenzione di Enrico Ghezzi per "Blob" e "Fuori Orario", fu l'unico cartoon premiato con la Menzione speciale all'International Erotic Film di New York. Oggi le due pellicole, conservate in Rai, sono un vero piccolo cult per gli ammiratori di Moana.

L'anno dopo è la volta della sua prima avventura "politica": si presenta alle elezioni politiche con il Partito dell'amore, sorta di "braccio politico" dell'agenzia Diva Futura di Schicchi. L'operazione fallisce, ma il tasso di celebrità balza alle stelle. Moana Pozzi è ormai una macchina che produce denaro. Compra un attico da due miliardi a Roma, vive una vita all'insegna del lusso e della ricchezza.

Nel 1993 lo stilista Karl Lagerfeld la fa sfilare in passerella a Milano. Gli stilisti si infuriano, ma lui replica: "Le donne si muovono come Moana, mica come una top model".

Sabina Guzzanti ne fa un'imitazione spassosa ad "Avanzi". E' l'apoteosi.

Il 17 settembre 1994 arriva la notizia terribile: Moana Pozzi è morta il giorno 15 in una clinica di Lione per un tumore al fegato. I funerali vengono svolti in forma privata, nessuno riesce a fotografare il corpo. Subito si scatenano le ipotesi più svariate: Moana sarebbe ancora viva, ma non vuole che qualcuno la ritragga moribonda e mette in atto un'uscita di scena anticipata; altri sostengono invece che si sia ritirata dalle scene fuggendo in India.

Di certo c'è solo la battaglia legale tra i genitori e il marito per l'eredità miliardaria. Spunta un testamento olografo senza firma, quindi non valido. L'appartamento dell'Olgiata viene svaligiato da ignoti e rimane da allora disabitato.

I fan non la dimenticano.

I suoi video continuano ad essere tra i più venduti e sui muri di Roma compaiono scritte e graffiti in sua memoria.

Finita la storia, inizia la leggenda di Moana, la donna che ha sdoganato il porno.

A 10 anni dalla sua scomparsa è uscito il libro illustrato "Moana" (2004, di Marco Giusti), un volume-diario che ripercorre con immagini, documenti e dichiarazioni la vita di questo personaggio scandaloso e contraddittorio. E' anche un viaggio nel mondo del porno visto con gli occhi della sua protagonista più eccellente, nonché uno sguardo indiscreto sulla vita privata dei tanti personaggi dello spettacolo e della politica che non hanno saputo resistere al suo fascino.

Nel febbraio del 2006 alla trasmissione tv "Chi l'ha visto" (RaiTre) Simone Pozzi, fino ad allora ritenuto fratello di Moana, ha affermato di essere il figlio. Nell'occasione ha aggiunto di avere maturato la decisione di dichiarare la sua identità e di raccontare la vicenda in un libro dal titolo "Moana, tutta la verità".

Ma il mistero che aleggia intorno alla sua morte, ma in generale anche a tutta la sua vita, non finisce: nella primavera del 2007 il marito Di Ciesco, confessa che per volere della moglie, alla quale era stato diagnosticato un tumore al ritorno dall'India, non volendo soffrire gli chiese di far entrare piccole bolle d'aria nella sua flebo. I dettagli saranno raccolti e pubblicati in un libro scritto dallo stesso Antonio Di Ciesco.

12. Biografia di Pino Puglisi

15 settembre 1937
15 settembre 1993

Chi è Pino Puglisi?


Giuseppe (detto Pino) Puglisi nasce il 15 settembre del 1937 a Palermo, nel quartiere periferico di Brancaccio, in una famiglia di umili condizioni: la madre, Giuseppa Fana, è una sarta, mentre il padre, Carmelo Puglisi, lavora come calzolaio.

Nel 1953, a sedici anni, Pino entra in seminario: viene ordinato prete nella chiesa santuario della Madonna dei Rimedi il 2 luglio del 1960 dal cardinale Ernesto Ruffini.

L'attività pastorale

Divenuto nel frattempo amico di Davide Denensi (fino al trasferimento di quest'ultimo in Svizzera) e di Carlo Pelliccetti, che lo sostengono e lo supportano quotidianamente, nel 1961 Pino Puglisi viene nominato vicario cooperatore nella parrocchia del Santissimo Salvatore nella borgata palermitana di Settecannoli, non distante da Brancaccio.

Dopo essere stato scelto come rettore della chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi e come confessore delle suore brasiliane Figlie di Santa Macrina nell'istituto omonimo, viene nominato - nel 1963 - cappellano all'orfanotrofio "Roosevelt" all'Addaura e presta servizio come vicario alla parrocchia Maria Santissima Assunta nella borgata marinara di Valdesi.

Don Puglisi educatore

In questo periodo, è vicerettore del seminario arcivescovile minorile e prende parte a una missione a Montevago, paese colpito dal terremoto; intanto, si appassiona all'educazione dei ragazzi (insegna all'istituto professionale "Einaudi" e alla scuola media "Archimede"), mantenendo tale vocazione anche quando, il 1° ottobre del 1970, viene nominato parroco di Godrano, un piccolo paese della provincia di Palermo costretto, in quegli anni, a far fronte agli scontri feroci in corso tra due famiglie mafiose: famiglie che, anche grazie all'opera di evangelizzazione di Don Puglisi, si riconciliano.

Continua a insegnare fino al 1972 alla scuola media "Archimede", e nel frattempo è docente anche alla scuola media di Villafrati.

Nel 1975 è professore alla sezione di Godrano della scuola media di Villafrati, e dall'anno successivo anche all'istituto magistrale "Santa Macrina". Dal 1978, anno in cui comincia a insegnare al liceo classico "Vittorio Emanuele II", lascia la parrocchia di Godrano e diventa pro-rettore del seminario minore di Palermo; successivamente assume l'incarico di direttore del Centro diocesano vocazioni, per poi accettare il ruolo di responsabile del Centro regionale vocazioni.

A cavallo tra anni '80 e anni '90

Nel frattempo, è membro del Consiglio nazionale e contribuisce alle attività della Fuci e dell'Azione Cattolica. A partire dal mese di maggio del 1990 svolge il proprio ministero sacerdotale anche a Boccadifalco, alla Casa Madonna dell'Accoglienza dell'Opera Pia Cardinale Ruffini, aiutando ragazze madri e giovani donne in situazioni di difficoltà.

Il 29 settembre dello stesso anno Don Pino Puglisi viene nominato parroco a San Gaetano, tornando quindi a Brancaccio, il suo quartiere di origine: un quartiere gestito dalla mafia - e in particolare dai fratelli Gaviano, boss strettamente legati alla famiglia di Leoluca Bagarella.

Contro la mafia e contro la mentalità mafiosa

In questo periodo, quindi, comincia la lotta di Don Puglisi contro la criminalità organizzata: non tanto cercando di riportare sulla retta via chi è già mafioso, ma provando a evitare che si facciano coinvolgere dalla criminalità i bambini che vivono per le strade e che ritengono che i mafiosi siano delle autorità e delle persone degne di rispetto.

Nel corso delle sue omelie, comunque, Don Pino si rivolge frequentemente ai mafiosi, dimostrando di non temere (almeno pubblicamente) eventuali conseguenze. Grazie alla sua attività e ai giochi che organizza, il parroco siciliano toglie dalla strada numerosi bambini e ragazzi che, senza la sua presenza, sarebbero stati sfruttati per spacciare o per compiere rapine, coinvolti in maniera irreparabile nella vita criminale.

Per questa sua attività, a Don Puglisi vengono rivolte e recapitate numerose minacce di morte da parte di boss mafiosi, di cui tuttavia non parla mai a nessuno.

Nel 1992 riceve l'incarico di direttore spirituale del seminario arcivescovile di Palermo, e pochi mesi più tardi inaugura il centro Padre Nostro a Brancaccio, finalizzato all'evangelizzazione e alla promozione umana.

L'assassinio

Il 15 settembre del 1993, in occasione del suo cinquantaseiesimo compleanno, Don Pino Puglisi viene ucciso poco prima delle undici di sera in piazza Anita Garibaldi, davanti al portone di casa sua, nella zona orientale di Palermo.

Dopo essere sceso dalla sua auto, una Fiat Uno, viene avvicinato al portone da un uomo che gli spara contro alcuni colpi diretti alla nuca. Le ultime parole di Don Pino sono "Me lo aspettavo", accompagnate da un tragico sorriso.

L'assassino - verrà accertato dalle indagini e dai processi successivi - è Salvatore Grigoli (autore di più di quaranta omicidi, come egli stesso confesserà), presente insieme con Gaspare Spatuzza e altre tre persone: un vero e proprio commando composto anche da Luigi Giacalone, Cosimo Lo Nigro e Nino Mangano.

I mandanti dell'omicidio sono, invece, i capimafia Giuseppe e Filippo Gaviano (che per l'assassinio verranno condannati all'ergastolo nel 1999).

I funerali del parroco si svolgono il 17 settembre: il suo corpo viene sepolto nel cimitero palermitano di Sant'Orsola, e sulla tomba saranno riportate le parole "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici", tratte dal Vangelo di Giovanni.

Il film "Alla luce del sole"

Nel 2005, il regista Roberto Faenza dirige il film "Alla luce del sole", in cui Don Pino Puglisi è interpretato da Luca Zingaretti: la pellicola è ambientata nella Palermo del 1991, e racconta la storia del sacerdote e del suo impegno per allontanare i bambini del luogo dagli artigli della malavita.

13. Biografia di Oliver Stone

Documenti d'autore
15 settembre 1946

Chi è Oliver Stone?


"Platoon", "Nato il 4 luglio", "JFK", "The Doors" o il pur violentissimo "Natural Born Killers" sono tutti titoli usciti dalla prolifica attitudine immaginativa (ed investigativa al tempo stesso) di quel grande regista che risponde al nome di Oliver Stone. Il quale, sia detto per inciso, non si è mai limitato a fare solo quello che sta dietro alla macchina da presa ma ha esteso le sua capacità anche in veste di sceneggiatore e produttore di pellicole a lui congeniali.

Nato a New York il 15 settembre 1946, dunque, Oliver Stone è ancora un regista relativamente giovane e che può dare ancora tanto, come sembra dimostrare la sua indefessa attività. La voglia di fare è sempre stata connaturata a questo straordinario quanto pertinace artista: di padre americano e madre francese, Stone, partito per Saigon, in Vietnam, dove oltreché soldato si improvvisa anche insegnante di inglese e matematica, finisce in un carcere messicano per il possesso di una piccola quantità di marijuana. Tornato in patria si iscrive alla New York University Film School.

Influenzato dalla Nouvelle Vague francese, dà vita ad gruppo di cinefili che, forse in maniera non troppo originale visto il clima del tempo, teorizza l'uso politico del cinema. L'idea insomma è quella di utilizzare un mezzo apparentemente effimero ma dalla forte e forse indelebile potenza evocativa come uno strumento per dichiarare le proprie idee, come un mezzo per lanciare messaggi e trasformare il sapere collettivo, ribaltando di fatto la fruizione leggera che spesso e volentieri si fa di quest'arte.

Un obiettivo sicuramente centrato per lo Stone di allora, se è vero che ogni suo film in uscita riesce sempre puntualmente a spaccare l'opinione pubblica e la critica.

Nel 1977 incontra e conosce il regista Alan Parker per il quale scrive la sceneggiatura del drammatico film "Fuga di mezzanotte", conquistando il suo primo premio prestigioso, l'Oscar per la Miglior Sceneggiatura.

Nel 1983 entra in punta di piedi in uno dei capolavori di sempre della settima arte, firmando la sceneggiatura di "Scarface", diretto da Brian De Palma. Un dettaglio che pochi conoscono.

La sua prima regia importante è del 1986 per "Salvador", una pellicola di denuncia della dittatura sudamericana e della complicità del governo statunitense. Nello stesso anno, "Platoon" (Willem Dafoe nomination all'oscar come miglior attore non protagonista) è un altro atto di accusa nei confronti del governo americano. Alla stessa stregua di quest'ultima pellicola si pone la drammatica storia del pluri-premiato "Nato il 4 luglio", con Tom Cruise come protagonista.

Passano gli anni ma l'ansia di denuncia del regista non si placa, così come rimane immutata la sua voglia di fare un cinema d'inchiesta capace di affrontare le tematiche più scottanti del suo e del nostro tempo. Nel 1991 è la volta dell'episodio chiave della storia americana, l'evento che per i cittadini di quel paese rappresenta quasi un'ossessione, anche a causa del fondo misterioso di cui quell'evento è ampiamente ammantato. Si tratta dell'omicidio del presidente John Fitzgerald Kennedy, a cui Stone dedica un'ampia rivisitazione, con il capolavoro "JFK". Il regista si avvale in questo caso di un altro nome famoso, Kevin Costner, mentre nella pellicola mescola sapientemente le riprese della regia a immagini documentaristiche.

Con "Natural Born Killers - Assassini nati" (tratto dal soggetto di Quentin Tarantino, il quale ha poi polemizzato, per via dell'arbitraria sceneggiatura realizzata da Stone), il regista offre un inquietante affresco di due menti malate, nella fattispecie i due serial killer interpretati da Woody Harrelson e Juliette Lewis, sollevando un vespaio di critiche che, dopo i fiumi di sangue presenti nel film, si trasformano metaforicamente nei fiumi di inchiostro unanimamente vòlti a stigmatizzare la pellicola.

Sempre nel 1996 ha prodotto "Larry Flynt. Oltre lo scandalo" di Milos Forman, ritratto dell'editore di materiale hard americano, mente nel 1998 torna alla regia con "U-Turn", dove impazza un grande Sean Penn.

Uomo come detto dalla forte personalità e dai molteplici quanto variegati interessi (nel 1988 è anche apparso un suo romanzo autobiografico, scritto prima di intraprendere la strada del regista), Oliver Stone continua tuttora a lavorare dietro al macchina da presa tanto che, dopo una serie di film non proprio riusciti, ha da poco annunciato l'uscita di un film con protagonista, nientemeno, il lìder maximo Fidel Castro.

14. Biografia di Umberto II di Savoia

Re di Maggio
15 settembre 1904
18 marzo 1983

Chi è Umberto II di Savoia?


Il 15 settembre 1904, nel castello reale di Racconigi, nel cuneese, Elena del Montenegro dà alla luce il suo primo (ed unico) figlio maschio, Umberto. L'avere per padre il re d'Italia Vittorio Emanuele III sembra assicurare al piccolo Umberto un futuro di tutto riguardo, in quanto legittimo erede al trono del Regno. Eventi eccezionali interverranno, però, a segnare profondamente la vita del rampollo di casa Savoia e la stessa storia d'Italia: Umberto sarà re, ma molto sui generis.

Cresciuto all'insegna di una rigida educazione militare, consegue la laurea in giurisprudenza e si avvia ad una rapida carriera nelle forze armate. Nel 1930 prende in moglie Maria José del Belgio, con la quale avrà quattro figli: Maria Pia, Vittorio Emanuele, Maria Gabriella e Maria Beatrice. Conseguito nel 1936 il grado di generale, quattro anni dopo assume senza alcuna convinzione il comando del gruppo di armate del settore occidentale. La guerra a Francia e Inghilterra, al fianco della Germania, è stata infatti decisa da Mussolini contro il parere dei Savoia che avrebbero voluto il protrarsi della neutralità italiana. Nel 1942 passa al comando delle truppe dell'Italia meridionale e insulare: un ruolo decisamente marginale, conseguenza della sua (e di sua moglie) sempre meno sottaciuta avversione nei confronti di Mussolini ed Hitler.

Il duce, a conoscenza dell'ostilità di Umberto, si va adoperando a sua volta per porlo in ombra ed in cattiva luce, favorendo invece il duca d'Aosta - di un ramo collaterale dei Savoia - sul quale comincia verosimilmente a puntare per la successione al trono. Il precipitare delle sorti della seconda guerra mondiale determinano la sfiducia del Gran Consiglio a Mussolini, il 24 luglio 1943, e Vittorio Emanuele III ne consente l'arresto nominando Badoglio Capo del Governo.

L'8 settembre viene sottoscritto l'Armistizio fra l'Italia e gli Alleati, ma la guerra continua, questa volta contro l'ex alleato tedesco. Abbattuto il fascismo, il rancore popolare si rivolge ora al re ed alla stessa monarchia. Vittorio Emanuele III, nel tentativo da salvare la corona, il 5 giugno 1944 rinuncia sostanzialmente alle prerogative reali nominando suo figlio Luogotenente: è il primo passo verso l'abdicazione, che avverrà formalmente il 9 maggio del 1946, a meno di un mese dal referendum popolare che deciderà fra monarchia e repubblica. Il principe di Piemonte sale dunque al trono con il nome di Umberto II e, fra i primissimi suoi atti, si impegna a consentire il referendum, dicendosi disponibile ad accogliere qualunque verdetto.

Quando però la Suprema Corte di Cassazione annuncia la nascita della repubblica, e mentre all'ex monarchico Alcide De Gasperi vengono affidate temporaneamente le funzioni di Capo dello Stato, Umberto II diffonde un proclama nel quale denuncia brogli nello svolgimento delle operazioni di scrutinio. Per evitare che i disordini già esplosi a Napoli ed in altre città degenerino in guerra civile, decide di abbandonare l'Italia alla volta di Cascais, nei pressi di Lisbona, in Portogallo, dove assume il titolo di conte di Sarre.

In questo modo si conclude il suo regno, dopo appena 24 giorni dall'ascesa al trono, il 2 giugno del 1946. Cotanta fugacità gli varrà il beffardo appellativo di "Re di maggio".

A Cascais i rapporti con Maria José, mai stati idilliaci, si deteriorano ulteriormente fino alla separazione di fatto: Umberto rimane a Cascais con le figlie, mentre sua moglie si trasferisce a Merlinge, in Svizzera, col piccolo Vittorio Emanuele.

All'età di 60 anni è colpito da un tumore che lo accompagnerà lentamente e dolorosamente alla morte. Umberto II di Savoia si spegne, settantanovenne, a Ginevra, il 18 marzo 1983. Nel suo testamento dispone che la Sacra Sindone, proprietà dei Savoia da oltre quattro secoli, venga donata al Papa Giovanni Paolo II; dona inoltre allo Stato italiano il preziosissimo archivio storico di Casa Savoia. Le sue spoglie, insieme a quelle di Maria José, riposano nella storica abbazia di Hautecombe, in Alta Savoia.

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