Biografie di personaggi famosi e storici nato il 3 agosto

Biografie di personaggi famosi e storici

Biografie di personaggi famosi nella storia e celebrità


  1. Biografia di Tony Bennett
  2. Biografia di Francesco Borromini
  3. Biografia di Cristoforo Colombo
  4. Biografia di Joseph Conrad
  5. Biografia di James Hetfield
  6. Biografia di John Landis
  7. Biografia di Elisabeth Schwarzkopf
  8. Biografia di Martin Sheen
  9. Biografia di Clifford D. Simak
  10. Biografia di Aleksandr Solgenitsin

Biografia di Tony Bennett

Una vera leggenda americana
3 agosto 1926Leone

Il grande cantante statunitense Anthony Dominick Benedetto, com'è noto all'anagrafe, poi famoso semplicemente come Tony Bennett, nasce a New York il 3 agosto del 1926. Probabilmente, dopo la morte di Frank Sinatra è l'ultimo grande crooner del jazz a stelle e strisce, vera leggenda, attivo sino in tarda età nel mondo della musica e dello spettacolo.

In realtà, il vero nome di Tony Bennett sarebbe Antonio, semplicemente, date le sue origini italiane. Suo padre è un droghiere di Astoria, nel Queens newyorchese, e si chiama John Benedetto, emigrato nel 1906 da un piccolo paesino in provincia di Reggio Calabria, Podàrgoni. Sua madre, italiana anch'ella, è Anna Suraci, ed è una sarta.

È molto probabile che l'amore per la musica il piccolo Anthony l'abbia ereditata da suo zio, il quale era un noto ballerino di tip tap. All'età di dieci anni il futuro crooner studia già canto e si esibisce durante l'inaugurazione del ponte di Tiborough, a New York. Studia alla High School of Industrial Arts, che abbandona però all'età di sedici anni, e si fa valere come cantante anche in molti ristoranti del Queens, spesso però servendo anche ai tavoli nelle trattorie italiane.

Nel 1944, maggiorenne, Bennett viene arruolato nella 63.ma divisione di fanteria degli Stati Uniti e inviato in Germania, dove partecipa alla liberazione del campo di concentramento di Landsberg.

L'esperienza bellica dura fino al 1946, quando riprende a esibirsi nei locali e nei ristoranti di New York. Nel frattempo, con il nome d'arte di "Joe Bari", Bennett si esibisce nell'orchestra dell'esercito.

Studia "Bel canto" e nel 1949, viene notato da Pearl Bailey, attrice e cantante jazz, la quale lo invita ad aprire un suo concerto al Greenwich Village. Allo spettacolo interviene anche il comico Bob Hope, noto mecenate anche del jazz, il quale consiglia subito al cantante di origini italiane di cambiare il proprio nome.

Nasce così il nome di Tony Bennett e l'anno dopo, nel 1950, firma il suo primo contratto con l'etichetta di Frank Sinatra, la Columbia Records. Il suo primo singolo di successo si intitola "Because of You", prodotto in realtà da Mitch Miller e orchestrato da Percy Faith, e resta in vetta nelle classifiche per quasi tre mesi, vendendo oltre un milione di copie. È il momento del successo, grazie anche a brani come "Cold, Cold Heart", "Blue Velvet" e "Stranger in Paradise".

Tra il 1952 e il 1954 riesce ad esibirsi anche sei o sette volte al giorno, davanti a folle di giovani in delirio per lui, come accade al Paramount Theatre, con inizio spettacoli alle 10:30 e conclusione alle tre di notte. Nel frattempo nel 1952 sposa Patricia Beech, che gli darà due figli e dalla quale divorzierà nel 1971.

Il momento di svolta è il 1955 che segna il suo passaggio al jazz, sebbene non in modo definitivo. L'album che lo documenta è "The Beat of My Heart", dove suona con Herbie Mann e Nat Adderley.

Successivamente lavora con la "Count Basie Orchestra" con la quale pubblica due album nel biennio 1958-1959. Oscilla, al pari e forse meglio di Frank Sinatra, tra la musica leggera americana e il jazz più cool.

Ad aumentare di molto la sua popolarità ci pensa la tv, con il "Tony Bennett Show", in onda d'estate e seguitissimo dagli americani. Nel 1962, anno nel quale si esibisce anche al Carnegie Hall con ben 44 canzoni e un'orchestra di fenomeni del jazz, incide anche il brano più rappresentativo della sua carriera, "I left my heart in San Francisco", con il quale vince due Grammy Awards. L'album omonimo, diventa disco d'oro.

La British invasion del 1965 segna anche la sua diminuzione di credito dal punto di vista della popolarità. I giovani vogliono il rock e il bravo Tony Bennett, sempre sospeso tra musica leggera e jazz, non viene più apprezzato come un tempo.

Nel 1966 esordisce al cinema con il film "Oscar", ma senza fortuna. La stessa etichetta che l'ha reso grande, la Columbia, dopo avergli "intimato", per così dire, un cambio di rotta artistico, finisce per abbandonarlo nel 1972. Nel decennio degli anni '70 però, il crooner newyorchese non si abbatte. Risposatosi con Sandra di Grant, incide un paio di lavori molto apprezzati, con il grande Bill Evans.

Si trasferisce in Gran Bretagna e in un'occasione, si esibisce anche davanti alla Regina Elisabetta.

Negli States per tutto il decennio tiene un solo concerto importante, a Las Vegas. Cade in una forte tossicodipendenza e, quando il suo secondo matrimonio è sul punto di fallire, dopo avergli dato altri due figli, nel 1979 va in overdose. Chiede aiuto a suo figlio Danny Bennett, che da quel momento si prende cura di lui.

La mossa si rivela ottima, soprattutto dal punto di vista artistico. Negli anni '80 e '90, Bennett si riprende tutta la sua popolarità, firmando nuovamente per la Columbia e intraprendendo una serie di collaborazioni in studio e dal vivo insieme ad artisti diversi tra loro, ma proprio per questo di grande impatto. Suona e registra con Frank Sinatra, vince un nuovo Grammy, e si esibisce durante alcuni concerti speciali con band come i Red Hot Chili Peppers e artisti come Elvis Costello.

Mtv Music, il canale dedicato ai giovani e alla loro musica, lo inserisce negli Unplugged del 1989, del 1994 e, persino, nel 2000. Anche i camei al cinema si rivelano più che azzeccati. Appare in "The scout" nel 1994, in "Terapia e pallottole", del 1999, e nel famoso film "Una settimana da Dio", datato 2003 e con protagonista Jim Carrey.

Dopo oltre cinquanta milioni di dischi venduti, nel 1997 viene inserito nella "Big Band Jazz & Hall of Fame" e nel 2000 riceve anche un Grammy alla carriera. Pubblica nel 1997 una sua autobiografia, dal titolo "The Good life".

Il 21 giugno del 2007 sposa la sua terza moglie, Susan Crow. L'anno prima, in occasione dei suoi ottant'anni, viene omaggiato dai più celebri artisti americani, durante una cerimonia-show molto apprezzata da pubblico e critica, nella quale duetta anche con Christina Aguilera.

Nel 2011, pubblica "Duets", album ancora una volta firmato dalla Columbia. Con questo lavoro, diventa in assoluto l'artista più vecchio ad ottenere il primo posto in classifica. L'album contiene anche l'ultima canzone incisa in vita da Amy Winehouse. Alla fine del mese di novembre del 2011 partecipa in Italia come ospite al format Rai "Il più grande spettacolo dopo il weekend", in un duetto con il conduttore e showman Fiorello.

Tony Bennett è considerato, ad oggi, una vera e propria leggenda vivente della cultura americana.

Biografia di Francesco Borromini

Sinuose meraviglie
25 settembre 1599Bilancia
3 agosto 1667

Francesco Castelli più conosciuto come Borromini, architetto dalla personalità geniale e tormentata, nacque a Bissone, sul lago di Lugano, il 25 settembre del 1599.

Scalpellino presso la Fabbrica del Duomo di Milano, si trasferì in seguito a Roma, dove partecipò alla Fabbrica di S. Pietro fin dal 1619, guidata all'epoca da Carlo Maderno. Qui ebbe modo di studiare le opere antiche e quelle di Michelangelo, da allora grande modello dell'artista.

Alla morte di Maderno fu aiuto di Gianlorenzo Bernini nella costruzione del Baldacchino di San Pietro (e che tuttavia è noto solo come "baldacchino del Bernini"). Trovatosi da subito in contrasto con Bernini, cominciò la sua attività autonomamente con la realizzazione del progetto per la chiesa e il chiostro di San Carlo alle Quattro Fontane detta il San Carlino.

Negli stessi anni eseguì i lavori di ammodernamento di Palazzo Spada e Palazzo Falconieri. Nel 1637 iniziò la costruzione dell'Oratorio e del Convento dei Padri Filippini che terminò solo 1649, utilizzando anche per questa struttura superfici concave e convesse alternate (che rappresentano una caratteristica tipica del pensiero architettonico di Borromini), che proiettano all'esterno le tensioni dinamiche dell'interno. Tra il 1642 e il 1660 Borromini realizzò invece la chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza. "L'interno è a pianta centrale formato da due triangoli equilateri che si intersecano, e tre absidi e tre nicchie che si alternano, generando un motivo planimetrico che non era mai stato impiegato prima. Lo stesso equilibrio compositivo si può ritrovare all'esterno, nel tiburio che copre al cupola e nella lanterna". (www.storiadellarte.com).

Nel 1646 ricevette da Papa Innocenzo X Pamphili l'incarico di trasformare al chiesa di San Giovanni in Laterano. Borromini conciliò l'esigenza di conservazione dell'antica basilica, con i problemi di carattere statico che si erano venuti a creare, inglobando coppie di colonne all'interno di ampi pilastri. Nel 1657 Innocenzo X decise di esonerare l'architetto dai suoi incarichi per i dissapori nati per la costruzione della chiesa di Sant'Agnese in piazza Navona. Da questo momento, cominciarono anni di crisi che non terminarono nemmeno con la realizzazione del Collegio di Propaganda Fide.

Borromini ci viene descritto come una persona solitaria, impulsiva, melanconica e dal carattere molto irascibile. In vita, sofferse molto della rivalità col Bernini, più solare e predisposto ai rapporti umani, anche se, sul piano della carriera e della considerazione, Borromini riuscì pur sempre a godere del mecenatismo di papa Innocenzo X.

Ma il suo carattere depressivo, e la crescente frustrazione che gli derivava dai successi del rivale, oltre ad una serie di eventi negativ (come appunto la diatriba con Innocenzo X), lo spinsero al suicidio. Fu infatti trovato morto a Roma il 3 agosto 1667, dopo essersi gettato contro una spada.

Ha scritto Bruno Zevi in "Attualità di Borromini" (L'architettura cronache e storia 519, gennaio 1999): "Il caso Borromini è specifico e irripetibile: consiste nello sforzo eroico, quasi sovrumano, di effettuare una rivoluzione architettonica in un contesto sociale chiuso e indisponibile malgrado i nuovi indirizzi della scienza. L'appiglio al tardo-antico, al gotico, a Michelangiolo non era soltanto un tentativo di legittimare l'eresia sotto una copertura di riferimenti autorevoli, ma anche un modo intimo, disperato, di cercare un interlocutore.

Borromini può essere adoperato a tutti i fini, al limite anche a servizio di un borrominismo modernizzato. Gli elementi del suo metodo progettuale, dalle camere di luce ai tracciati regolatori, dalla continuità plastica al mistilineo, dalle strutture curvate alle fluenze decorative, possono essere usati in senso anti-borrominiano tanto più disarmante perché spinto da una passione reale, dal desiderio di vendicare, in qualche modo, il fallimento seicentesco. [ . . . ]

Il barocco berniniano dona alla crisi una sontuosa sceneggiatura, che spiritualmente lo arretra rispetto alle ansie e angosce manieristiche. È logico che Borromini sia trascinato a impulsi contraddittori: se dopo l'umanesimo non c'è altro, forse bisognerebbe tornare all'umanesimo, il che è impossibile. Portare avanti la rivoluzione michelangiolesca? Sembra velleitario, ma è l'unica strada plausibile, anche se costerà sconfitte, cadute, ipocondria, suicidio.

Malgrado remore, intralci, ostacoli immani, il mondo classico viene distrutto, non posto in crisi. Nasce un linguaggio nuovo, in cui ogni elemento precedente è utilizzato in senso diametralmente opposto a quello originario, cioè desacralizzato. Da Borromini si passa a Wright e ai decostruttivisti.

Sono trascorsi quattro secoli dalla sua nascita. Nel 1999 si può affermare che Borromini ha vinto. Il sogno perseguito durante cinque millenni, dall'età delle caverne, oggi è diventato realtà: un'architettura emancipata da regole, precetti, leggi "universali", idoli, principi, tabù armonici e proporzionali, vincoli geometrici e stereometrici, rapporti meccanici tra dentro e fuori; un'architettura di grado zero, anti-autoritaria, democratica e popolare, marcata dalle esigenze e dai desideri degli individui e dei gruppi. Tale traguardo sarebbe impensabile senza il contributo rivoluzionario di Borromini.

Biografia di Cristoforo Colombo

Là, dove mai nessuno è giunto prima
3 agosto 1451Leone
20 maggio 1506

Cristoforo Colombo, il navigatore ed esploratore italiano che non ha certo bisogno di presentazioni, nacque a Genova il 3 agosto 1451. Figlio di Domenico, un tessitore di lana, e di Susanna Fontanarossa, da giovane il futuro navigatore non era affatto interessato ad apprendere i segreti paterni di quest'arte ma volgeva la sua attenzione già al mare e in particolare alle conformazioni geografiche del mondo allora conosciuto. Tuttavia fino a vent'anni seguì, per non contrastare i desideri del padre, il mestiere paterno. In seguito iniziò a viaggiare per mare al servizio di varie compagnie commerciali.

Di lui sappiamo che non frequentò scuole regolari (anzi, si dice che non vi mise mai piede), e che tutte le cognizioni scolastiche in suo possesso gli derivarono dalla sapiente e paziente opera del padre, il quale gli insegnò anche e disegnare carte geografiche.

Per qualche tempo Colombo visse con il fratello Bartolomeo, un cartografo. Grazie a lui approfondì la lettura e il disegno delle carte, studiò le opere di molti geografi, navigò su molte navi, dall'Africa al nord Europa. In seguito a questi studi e a contatti con il geografo fiorentino Paolo dal Pozzo Toscanelli (1397-1482), si convinse della nuova teoria che circolava, ossia che la Terra fosse rotonda e non piatta come da millenni si andava affermando. Alla luce di queste nuove rivelazioni, che gli aprivano orizzonti infiniti nella testa, Colombo cominciò a coltivare l'idea di raggiungere le Indie, navigando verso occidente.

Per realizzare l'impresa però aveva bisogno di fondi e di navi. Si rivolse alle corti di Portogallo, Spagna, Francia e Inghilterra ma per anni non trovò letteralmente nessuno disposto a dargli fiducia. Nel 1492 i sovrani di Spagna, Ferdinando e Isabella, dopo qualche tentennamento, decisero di finanziare il viaggio.

Prima spedizione (1492-1493)

Il 3 agosto 1492 Colombo salpò da Palos (Spagna) con tre caravelle (le celeberrime Nina, Pinta e Santa Maria) con equipaggio spagnolo. Dopo aver fatto sosta alle Canarie dal 12 agosto al 6 settembre, ripartì verso occidente e avvistò terra, approdando a Guanahani, che battezzò San Salvador, prendendone possesso in nome dei sovrani di Spagna.

Era il 12 ottobre 1492, giorno ufficiale della scoperta delle Americhe, data che convenzionalmente segna l'inizio dell'Età Moderna.

Colombo riteneva di essere giunto su un'isola dell'arcipelago giapponese. Con ulteriori esplorazioni verso sud, scoprì l'isola di Spagna e la moderna Haiti (che chiamò Hispaniola.) Il 16 gennaio 1493 salpò per l'Europa e arrivò a Palos il 15 marzo.

Re Ferdinando e la regina Isabella gli conferirono onori e ricchezze pianificando subito una seconda spedizione.

Seconda spedizione (1493-1494)

La seconda spedizione era costituita da diciassette navi, con quasi 1500 persone imbarcate, fra cui sacerdoti, dottori e contadini: l'intento era, oltre quello di diffondere il cristianesimo, di affermare la sovranità spagnola sulle terre scoperte, colonizzare, coltivare e portare in Spagna l'oro.

La partenza da Cadice avvenne il 25 settembre 1493 e, dopo la solita sosta alle Canarie (dove furono caricati a bordo anche animali domestici), si salpò il 13 ottobre.

Dopo l'arrivo a Hispaniola, Colombo continuò le esplorazioni, scoprendo Santiago (attuale Jamaica) ed esplorando la costa meridionale di Cuba (che Colombo non riconobbe comunque come isola, convinto che facesse parte del continente). Dopo essersi fatto anticipare in Spagna da un carico di 500 schiavi, il 20 aprile del 1496 salpò per l'Europa e raggiunse Cadice l'11 giugno, con due navi che aveva costruito nelle colonie.

Terza e quarta spedizione (1498-1500, 1502-1504)

Partì nuovamente con una flotta di otto navi e dopo due mesi di navigazione giunse nell'Isola di Trinidad vicino alle coste del Venezuela, per poi tornare a Hispaniola. Nel frattempo i re spagnoli, accortisi che Colombo era sì un bravo ammiraglio ma sostanzialmente incapace di governare i suoi uomini, inviarono sul luogo un loro emissario, Francisco De Bobadilla, con l'incarico di amministrare la giustizia per conto del re. Ma una delle ragioni profonde di questa mossa era anche dovuta al fatto che Colombo in realtà difese gli indigeni contro il maltrattamento degli Spagnoli.

Colombo si rifiutò di accettare l'autorità dell'emissario, che per tutta risposta lo fece arrestare rispedendolo in Spagna.

Dopo tutte queste vicessitudini Colombo venne scagionato e liberato. Due anni dopo ebbe modo di fare un ultimo viaggio durante il quale incappò sfortunatamente in un terribile uragano che causò la perdita di tre delle quattro navi a sua disposizione. Navigò però insistentemente per altri otto mesi lungo la costa tra l'Honduras e Panama, per poi tornare in Spagna, ormai stanco e malato.

Trascorse l'ultima parte della sua vita quasi dimenticato, in una difficile situazione finanziaria e senza essersi reso davvero conto di aver scoperto un nuovo continente.

Morì il 20 maggio 1506 a Valladolid.

Una statua (nella foto) campeggia solenne in mezzo alla piazza del porto vecchio di Barcellona, dove Cristoforo Colombo con l'indice puntato verso il mare indica la direzione per il nuovo mondo.

Biografia di Joseph Conrad

L'inconscio fa capolino
3 dicembre 1857Sagittario
3 agosto 1924

I romanzi di Joseph Conrad, considerato uno degli autori principali a cavallo tra '800 e '900, sono storie di mare e di avventura: storie di uomini che vivono sulle onde, trascinati e trascinatori di navi che affrontano la straordinaria solitudine delle acque, infide, infinite, divoratrici di mondi, preda continua dei rischi. E in effetti prima che un romanziere, Conrad fu veramente un uomo di mare: orfano di madre e con il padre incarcerato per questioni politiche (la famiglia era originaria di una parte della Polonia annessa alla Russia), crebbe nel sogno di solcare i mari in libertà e lontano dalla terra che gli aveva procurato, fin dall'infanzia, tanto dolore.

Joseph Conrad, pseudonimo di Teodor Jòzef Konrad Korzeniowski, pur essendo nato in Polonia (a Berdicev il giorno 3 dicembre 1857), è di fatto considerato uno scrittore inglese. La sua famiglia apparteneva alla nobiltà terriera della Polonia, a quel tempo sotto il dominio russo. Il padre, patriota e uomo di lettere, muore nel 1867 , dopo molti anni di esilio politico (la madre era già morta nel 1865). Affidato alla tutela di uno zio, il giovane Conrad compie gli studi secondari a Cracovia.

A soli diciassette anni, spinto da un'irresistibile vocazione per la vita di mare, parte per Marsiglia, dove s'imbarca come semplice marinaio. Navigare significa per lui conoscere soprattutto il mondo marinaresco che si identificava anche in traffici, contrabbando, uomini che si imbarcavano per sfuggire a chissà quale colpa. Significava insomma incontrare mondi che stavano, non solo geograficamente, agli antipodi dell'Europa civile. Dopo lunga esperienza serve nella marina mercantile francese e, dal 1878, in quella britannica, dove raggiunge il grado di capitano di lungo corso. Nel 1886 diventa cittadino inglese.

Per vent'anni viaggia per quasi tutti i mari, ma soprattutto nell'arcipelago malese. L'attenzione ottenuta dal suo primo romanzo "La follia di Almayer", e l'incoraggiamento di alcuni scrittori (Galsworthy, Wells, Ford Madox Ford, Edward Gamett) lo inducono, lasciata la marina e stabilitosi in Inghilterra, a dedicarsi interamente all'attività letteraria.

Caso più unico che raro, Conrad diviene un maestro della letteratura scrivendo in una lingua non sua, appresa quando era già un uomo fatto. Il suo tema fondamentale è la solitudine dell'individuo, in balìa dei ciechi colpi del caso di cui il mare è spesso eletto a simbolo. L'eroe solitario di Joseph Conrad è quasi sempre un fuggiasco o un reietto, segnato dalla sventura o dal rimorso, stretto parente dell'angelo caduto caro ai romantici, che conquista la sua identità affrontando con stoicismo le prove che il destino gli ha riservato.

Tra i suoi tanti capolavori, ricordiamo "Un reietto delle isole" (1894), "Il negro del Narciso" (1896), "Gioventù" (1898), "Cuore di tenebra" (una forte denuncia del colonialismo e un romanzo che, forse pochi lo sanno, ha costituito il canovaccio per il film di Francis Ford Coppola "Apocalipse Now"), "Tifone" e "Lord Jim" (1900).

In questi lavori Conrad sonda gli stadi evolutivi dell'inconscio che a tratti sembrano anticipare la tecnica dello "stream of consciousness" che poi Virginia Woolf e James Joyce trasformeranno in genere letterario.

Dopo altre diverse pubblicazioni, ottiene un buon successo con "La linea d'ombra" (1917), altro capolavoro assoluto, divenuto l'emblema della difficoltà di crescere e di ciò che questo passaggio comporta.

Irripetibile scrittore, sondatore come pochi dell'animo umano, Joseph Conrad muore per attacco cardiaco il 3 agosto 1924, a Bishopsboume Kent (Ucraina).

Biografia di James Hetfield

3 agosto 1963Leone

James Hetfield nasce in California il 3 agosto 1963.

Fin da giovane dimostra un discreto talento musicale, seppur senza trovare da subito la sua strada: inizia infatti la carriera musicista come chitarrista.

Dopo aver formato svariate band con gli amici e compagni di scuola, e dopo aver coperto diversi ruoli musicali all'interno delle stesse, nel 1981 fonda finalmente i Metallica.

Agli esordi si poteva assaporare a pieno quello stile thrash metal un po' acerbo che poi, nel corso degli anni, con l'esperienza, è stato raffinato e migliorato. La formazione originale, durante la vita del gruppo, ha subito alcuni colpi e cambiamenti ma James rimane ad oggi il leader dei Metallica.

Biografia di John Landis

Regista in blues
3 agosto 1950Leone

Nato a Chicago il giorno 3 agosto 1950, John Landis è l'autore di molti film cult tra cui il mitico "The Blues Brothers" (con John Belushi e Dan Aykroyd) e "Un lupo mannaro americano a Londra". E' solo un adolescente quando inizia a lavorare come portalettere per la famosa casa di produzione cinematografica 20th - Century Fox. Nelle sue pellicole, ancora oggi considerate pietre miliari del cinema di ogni tempo, si nota la sua sensibilità adolescenziale caratterizzata da una vena trasgressiva e fantastica.

Questa esperienza e la sua lunga gavetta gli permettono di conoscere moltissimi personaggi importanti, di cui raccoglierà una ricca serie di aneddoti. Raggiunge un discreto livello di confidenza con Alfred Hitchcock: quando al maestro giunge la notizia di un riconoscimento alla carriera da parte dell'"American Film Institute", egli commenta sarcasticamente davanti a John Landis: "Questo significa che sono morto".

Animato da una notevole forza di carattere e da una grande voglia di lavorare, John Landis passa gli anni della sua gavetta frequentando quanto più possibile i set cinematografici. L'entusiasmo lo spinge a lavorare come assistente di produzione per molti film diversi. E' il 1978 quando finalmente può mettersi alla prova e farsi conoscere con il suo "Animal House": il risultato pare un vero trionfo.

La critica cinematografica internazionale si è sempre divisa sulla valutazione dell'eclettico regista: c'è chi lo riconosce come autore di culto, e chi lo considera un semplice autore di commedie un po' troppo sopravvalutato. John Landis sfugge le polemiche definendosi un "buon artigiano", rinunciando forse alle responsabilità che la sua figura di autore comporta.

La sua non sembra una falsa modestia: Landis, che non mai perso la sua venerazione nei confronti degli autori classici, è da sempre un cinefilo a 360 gradi. E' capace di frequentare con la stessa passione una retrospettiva di Federico Fellini e, nello stesso tempo calarsi con godimento nelle pellicole più trash. Possiede una collezione di cimeli e manifesti autografati da celebri cineasti.

Come scrive Fabrizo Marchetti su film.it: "John Landis appartiene a quella generazione proveniente dal sessantotto che ha cercato di impadronirsi dei mezzi di comunicazione per operare una ribellione dall'interno, cercando di rovesciare i meccanismi dell'industria culturale attraverso il consolidamento della comicità demenziale, un genere che intende incrinare a colpi di eccessiva insolenza la facciata conformista della società.

Scorrendo i personaggi dei suoi film si può notare come il regista abbia sempre cercato di esprimere il suo sguardo eversivo mettendosi dalla parte del "diverso", dell'emarginato che piomba in un contesto armonico e ben ordinato e lo mette a soqquadro con la propria vena caotica".

Biografia di Elisabeth Schwarzkopf

Mai nessuno come lei
9 dicembre 1915Sagittario
3 agosto 2006

Olga Maria Elisabeth Frederike Schwarzkopf, considerata come una della più grandi cantanti nel campo della musica vocale da camera, nasce il 9 dicembre 1915 a Jarocin, Polonia. Fin da bambina dimostra un forte interesse per la musica. Canta la sua prima opera nel 1928 come Euridice in una produzione della scuola di "Orfeo ed Euridice" di Gluck in Magdeburg, Germania.

Nel 1934 viene ammessa all'Hochschule di Berlino, sotto la guida di Lula Mysz-Gmeiner inizialmente come mezzo soprano; segue anche corsi di pianoforte, viola, armonia e contrappunto. Elisabeth è una musicista completa e dalla grande cultura, qualità non sempre riferibile alla categoria dei cantanti lirici.

Successivamente, sempre a Berlino, studia con il Dott. Egonolf come soprano di coloratura.

Nel 1938 arriva il primo debutto ufficiale nello scomodo "Parsifal", poi viene scritturata per più stagioni presso l'Opera di Stato di Vienna. Nel 1946 Elisabeth Schwarzkopf firma un contratto esclusivo con la casa discografica EMI, una collaborazione voluta dal mitico Walter Legge "deus ex machina" dell'etichetta e uomo dalla profonda cultura e sensibilità. I due stabiliranno un leggendario sodalizio artistico-produttivo ma anche sentimentale, diventando marito e moglie.

Il contributo di Legge per la maturazione espressiva della cantante sarà fondamentale, così come lo sarà per molti altri grandi artisti, che Legge sapeva sempre ben consigliare e indirizzare. A lui si devono bellissimi dischi entrati nella storia.

Eccelsa interprete di ogni genere di repertorio, la Schwarzkopf si è segnalata in particolare come stupenda interprete mozartiana. Al genio salisburghese ha donato la malìa del suo timbro vellutato e cristallino, sorretto da un'attenzione spasmodica per le parole e il testo.

Nel 1955 è stata premiata personalmente da Toscanini con l'Orfeo d'oro, prestigioso riconoscimento tanto più importante perchè difeso dal Maestro parmense, in genere così avaro di giudizi favorevoli.

In questi anni si esibisce nei maggiori Teatri europei imponendosi anche nel repertorio di Strauss, plasmando un'indimenticabile Marescialla, personaggio chiave del "Cavaliere della Rosa". Ma anche nel repertorio Liederistico i risultati conseguiti sono a dir poco vertiginosi: resta memorabile, a questo proposito, un'affermazione di Mario Bortolotto quando, nell'introdurre un libro di scritti di Glenn Gould, parlando di un'incisione dei Lieder di Strauss del pianista con la Schwarzkopf, afferma che il disco "[...] andrebbe ascoltato in ginocchio".

Con il passare degli anni la grande artista ha inevitabilmente diradato la sua attività, ritirandosi gradatamente in un glorioso crepuscolo e dedicandosi all'insegnamento. Nel 1992 riceve dalla regina Elisabetta II°, il DBE (Dama dell'Ordine dell'Impero), la più alta onorificenza britannica.

Elisabeth Schwarzkopf muore a 90 anni, in Austria, il 3 agosto 2006.

Biografia di Martin Sheen

Ruoli familiari per un pubblico familiare
3 agosto 1940Leone

Nato a Dayton nella regione americana dell'Ohio il 3 agosto 1940 in una famiglia numerosa (il padre di origine spagnola, la mamma irlandese), il suo nome vero è Ramón Gerardo Antonio Estévez. Ha la passione della recitazione fin da piccolo. Il padre, però, non lo asseconda in questo, così è costretto a raggiungere New York con il denaro prestatogli da un prete mariano per cercare di realizzare il suo sogno.

Con tenacia e molti sforzi l'aspirante attore riesce a formare una piccola compagnia teatrale. Ben presto arriva la sua prima occasione importante, recitando un ruolo di rilievo nello spettacolo "La signora amava le rose", al Broadway Theatre. Nel 1968 partecipa alla versione cinematografica dello stesso. Nel 1973 è la volta del film "La rabbia giovane", nel quale interpreta un ruolo importante insieme all'attrice Sissy Spacek.

Uno dei film più famosi di Sheen, per il quale l'attore ottiene la nomination come "migliore attore" per l'Emmy Award è "The execution of Private Slovik", una pellicola televisiva che racconta la storia di un soldato americano durante la Guerra di secessione. L'interpretazione di Sheen in questo film colpisce a tal punto il regista Francis Ford Coppola, che lo sceglie come protagonista del famoso film "Apocalypse Now" (1979). Durante le riprese, però, Martin Sheen abusa di sostanze alcoliche e viene colpito da un infarto.

Nel 1982 conquista ben nove Oscar con il film "Gandhi". Per la serie televisiva "West Wing - Tutti gli uomini del Presidente", Sheen - che interpreta il presidente degli Stati Uniti d'America - è candidato a sei nomination per gli "Emmy Awards" come Miglior interprete principale. Inoltre ottiene due SAG Awards e un Golden Globe per la sua carriera cinematografica.

Tra i numerosi film a cui ha partecipato ne ricordiamo alcuni tra i più premiati: "Wall Street" (1987, di Oliver Stone) in cui tra i protagonisti, oltre a Michael Douglas, c'è anche il figlio Charlie Sheen; "JFK - Un caso ancora aperto" (1991, di Oliver Stone), "Il presidente - Una storia d'amore" (1995, di Rob Reiner); "Prova a prendermi" (2002, di Steven Spielberg, con Leonardo DiCaprio, Tom Hanks e Christopher Walken); "The Departed - Il bene e il male" (2006, di Martin Scorsese, con Leonardo DiCaprio, Matt Damon, Jack Nicholson).

Qualche cenno alla vita privata dell'attore statunitense: nel 1961 Sheen sposa Janet Templeton. La coppia mette al mondo quattro figli, tutti inseriti nel mondo del cinema e dello spettacolo: oltre al già citato Charlie Sheen, ci sono anche Emilio Estevez, Ramon Estevez e Renée Estevez.

In un'intervista, all'età di 65 anni, l'attore ha rivelato il suo desiderio di proseguire negli studi universitari non portati a termine durante la giovinezza, per inseguire il sogno di diventare un attore.

Un'altra grande passione di Martin Sheen è la politica. Attivista con idee liberali, Sheen si batte con veemenza contro la pena di morte, l'aborto e la guerra. Nel 2004 si schiera nella campagna elettorale a favore dei Hovard Dean, candidato democratico. Dopo poco tempo appoggia John Kerry. Nel 2006, sul "New York Times", appare un articolo nel quale si legge che Martin Sheen è stato scelto come candidato al Senato da parte del Partito Democratico. Ma l'attore rifiuta, adducendo la motivazione di non possedere i requisiti per farlo. L'anno prima Sheen chiede di essere ricevuto dall'allora Presidente americano George W. Bush, per esprimere il suo convinto dissenso verso la guerra in Iraq.

Tra i suoi lavori più recenti ricordiamo "The Double - Doppia identità", uscito a marzo 2012. Il protagonista della pellicola (un thriller) è Richard Gere, mentre Sheen riveste il ruolo del capo della CIA, Tom Higland. Il prossimo film di Martin Sheen in uscita nelle sale cinematografiche sarà "The Amazing Spider-Man" dove impersonerà lo zio Peter.

Biografia di Clifford D. Simak

Fino alla fine del tempo
3 agosto 1904Leone
25 aprile 1988

Moralista e mistico, Clifford Donald Simak è il massimo esponente americano di quel tipo particolare di fantascienza che può essere identificata come "pastorale" in quanto radicata nell'amore per la Terra e per la campagna. Nato il 3 agosto 1904 a Millville, località rurale del Wisconsin, da padre emigrato boemo e madre americana, lì trascorre tutta la giovinezza: i paesaggi agresti della fattoria del nonno paterno torneranno frequentemente nelle ambientazioni bucoliche e nei personaggi rurali dei suoi romanzi.

Come Fritz Leiber e Ray Bradbury, Simak ignora sistematicamente le implicazioni scientifiche o speculative della fantascienza, per dedicarsi ai suoi personaggi, ai loro sentimenti, al loro confrontarsi con realtà più grandi di loro, investigando più volentieri il loro universo personale che quello che sta loro attorno. Sensibile però agli stimoli delle mode, Simak ha toccato nella sua narrativa i temi più classici della fantascienza: da quello dell'invasione aliena a quello dei viaggi nel tempo, fino ai temi della licantropia, della metamorfosi, della paranormalità e dell'occultismo.

Ma la vocazione professionale che manifesta fin da giovane è quella per il giornalismo, tanto che a venticinque anni è già redattore di un giornale locale del Michigan. Passione mai esaurita dato che, malgrado i successi letterari e i libri tradotti in tutto il mondo, dal 1949 sino alla pensione lavorerà stabilmente per il "Minneapolis Star".

La febbre per la fantascienza lo colpisce fin da bambino, scoppiata con virulenza dopo aver sfogliato le pagine della leggendaria rivista "Amazing Stories". Il suo primo racconto, "The Cubes of Ganymede", viene tuttavia rifiutato dalla rivista e non sarà mai pubblicato.

La sua prima opera ad avere l'onore delle stampe è "Il mondo del sole rosso" (sull'altrettanto mitica "Wonder Stories"), un racconto influenzato pesantemente dagli standard del tempo, ancora appiattito sul gusto della prosa pubblicata dalle riviste popolari. Molto più originale e personale come stile e come tema sarà "Il creatore", che appare nel 1935 su "Marvel Tales".

Dopo un certo periodo di lontananza dalla fantascienza Simak inizia nel 1944 la pubblicazione della serie di racconti che sarà poi raccolta nel volume che darà vita al suo capolavoro: "City" (apparso in Italia anche con il titolo di "Anni senza fine"). Questi racconti apparvero tutti su "Astounding" tra il 1944 e il 1947, tranne uno, "The trouble with ants", rifiutato dal tetragono Campbell, capo della rivista, e messo da parte per poi apparire su "Fantastic Adventure" nel 1951.

Dopotutto i suoi rapporti con John W. Campbell non furono mai idilliaci. Lo scrittore era più che altro innervosito dal fatto che Campbell rispondesse alle opere inviate con lettere che più che di rifiuto erano soprattutto brevi saggi sull'opera.

Tuttavia un racconto finale dal titolo "Epilog", apparve nel 1973 su "Astounding: The John W. Campbell Memoral Anthology" e fu aggiunto poi al libro.

"City" è uno splendido romanzo sulla fine dell'uomo, parla di una terra abbandonata e ripopolata da tecnologiche formiche, mentre la memoria di ciò che è avvenuto viene conservata dai cani che hanno acquistato non solo la parola ma anche un'etica superiore a quella umana: è la proiezione in un futuro impossibile solo da pensare, un tempo in cui realisticamente si ammette la scomparsa della specie umana ma senza catastrofismi, con humour e malinconica ironia.

Simak contribuì al successo della nuova rivista "Galaxy" di Horace Gold, soprattutto con la pubblicazione a puntate di "Oltre l'invisibile", una intricata storia temporale dove un uomo lotta per i diritti degli androidi.

Clifford D. Simak è scomparso il 25 aprile 1988 all'età di 83 anni, presso il Riverside Medical Center di Minneapolis.

Di lui Isaac Asimov disse: "E' una delle tre persone a cui devo la mia formazione e carriera di scrittore. Devo ringraziare John Campbell e Fred Pohl di precetto, e Cliff Simak per il suo esempio".

Biografia di Aleksandr Solgenitsin

Radiografia della repressione
11 dicembre 1918Sagittario
3 agosto 2008

Aleksandr Isaevic Solgenitsin nasce a Kislovodsk (Russia) l'11 dicembre 1918, da una famiglia discretamente agiata. Morto il padre pochi mesi prima della sua nascita in un incidente di caccia, la madre si trasferisce col piccolo a Rostov-sul-Don. Nel 1924, a causa degli espropri ordinati dal regime, i due si trovano nella miseria. Ciò non toglie che Aleksàndr continui gli studi e si laurei in matematica nel 1941. Nello stesso anno si arruola come volontario nell'Armata Rossa e viene inviato sul fronte occidentale. Riceve persino un'onorificenza.

Ma nel febbraio del 1945, a causa di una lettera (intercettata) in cui critica aspramente Stalin, viene arrestato, trasferito nella prigione moscovita della Lubjanka, condannato a otto anni di campo di concentramento e al confino a vita. Comincia il pellegrinaggio di Solgenitsin da un lager all'altro. Nel 1953, nel domicilio coatto di Kok-Terek, nel Kazakistan, gli è concesso di lavorare come insegnante. Nel frattempo raccoglie una quantità enorme di appunti sugli orrori dei campi, e ha meditato sulle ragioni intrinseche della vita dell'uomo e sul suo profondo valore morale.

Nel 1961 la rivista Novyj Mir pubblica "Una giornata di Ivan Denissovic", il primo capolavoro assoluto dello scrittore. Il romanzo è un terribile atto di accusa contro i lager staliniani e contro tutti coloro che vogliono soffocare la libertà dell'uomo. Nel raccontare la giornata "tipo" del deportato (in questo caso, appunto, l'emblematico Ivan Denissovic), Solgenitsin dà una immagine realistica, anche se molto cruda, dei campi di concentramento siberiani, dove la vita di ogni uomo era quotidianamente messa in gioco e dove non era solo l'esistenza fisica ad essere prigioniera, ma sono anche i pensieri e i sentimenti ad essere condizionati. Con questo libro, destinato a grande fama, nasce di fatto il "caso" Solgenitsin. D'ora in poi le vicende che riguardano lui e le sue opere saranno strettamente legate.

Dopo altri due fondamentali romanzi ("Divisione Cancro" e "Arcipelago Gulag"), inizia la lotta dello scrittore contro il sistema. Insignito del premio Nobel per la Letteratura nel 1970, viene espulso dalla Russia nel 1974 e solo allora si reca a Stoccolma, dove pronuncia un memorabile discorso. In esso afferma di parlare non per sé stesso ma per i milioni di persone annientate nei tristemente celebri Gulag sovietici.

Con la seconda moglie, sposata nel 1973, e i tre figli da lei avuti, si stabilisce in America, per tornare infine in patria nel 1994 atterrando con l'aereo a Kolyma, simbolo dei lager staliniani, e far rientro a Mosca da Vladivostok in treno, attraversando tutta l'immensa landa russa.

Solo dopo il 2000, malgrado la diffidenza con cui i suoi connazionali hanno continuato a trattarlo, Alexander Solgenitsin si è riconciliato con il suo amato Paese, dal quale è stato a lungo perseguitato come dissidente, incontrando il presidente Vladimir Putin.

Il critico letterario Antonio D'Orrico ha scritto a lettere di fuoco parole definitive sullo scrittore russo e sul suo ruolo nel Novecento: "L'importanza (ma la parola è inadeguata) di Solzenicyn, non per la storia della letteratura ma per quella del mondo, è immensa. Spesso si dice, e con qualche ragione, che è stato Karol Wojtyla a far cadere il Muro di Berlino. Con molte ragioni in più va detto che è stato lo scrittore russo ad abbattere quasi da solo il socialismo reale e, addirittura, la filosofia da cui traeva ispirazione. Un'impresa titanica. Vi sarete chiesti in qualche momento della vostra vita a che serve la letteratura. Ecco, la letteratura in alcune occasioni può servire a questo, ad abbattere un regime, piegare un impero. E non è un'esagerazione. Basta pensare alla vita di Solzenicyn, prima ancora che leggere la sua opera, basta guardare i suoi libri, messi su un tavolo come i modelli per una natura morta, per capire quello che semplicemente è successo. Solzenicyn è una forza (come si dice in fisica ma anche nei film di fantascienza di Lucas). Ricordate il ragazzo di Tienanmen davanti al carro armato? Solzenicyn è un po' come lui, con l'aggiunta che il carro armato l'ha smontato a mani nude (ci sono mani più nude di quelle di uno scrittore?). Però Solzenicyn non è conosciuto quanto dovrebbe essere conosciuto (in Italia specialmente)". Un incentivo per leggere sempre più i testi di questo grande intellettuale.

Alexander Isaevich Solgenitsin, muore a causa di una insufficienza cardiaca all'età di 89 anni, la sera del 3 agosto 2008.

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